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Sempre sulla “puntualità” della tariffa

…e, speriamo, del servizio

  07/06/2021

Di E.V.

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A dimostrazione del profilo “anglosassone” della nostra testimonianza giornalistica (che, pur permettendosi “licenze” opinionistiche, si affida ai fatti) riprendiamo, senza rinunciare alle perplessità manifestate nel corso della presentazione del dossier “tariffa puntuale” da applicare alla raccolta differenziata, l'argomento, fino al punto (ma anche un po' oltre) in cui è stato trattato dalla comunicazione della Civica Amministrazione. 

Era stata ampiamente illustrata l'innovazione del passaggio dalla tariffazione, vissuta per oltre un decennio, a quella, appunto “puntuale”, che andrà a regime, una volta affrontato il tagliando. Noi, speriamo, della sostenibilità concreta; di un modulo, che, sembra essere messo in sospensione da quel vorrei ma non posso, non dichiarato ma rilevabile nei tormenti strategici di questa Amministrazione. 

All'interno della quale si fronteggiano (in materia di rimodulazione dell'intera filiera rifiuti) posizioni non conciliabili. Non tanto (per quanto riguarda il riferimento alle politiche ambientali e al trattamento rifiuti) sul terreno strategico, quanto sui tempi della praticabilità dell'approdo a modelli radicalmente diversi. 

Galimberti dovette il successo della sua OPA (ostile, bisognerebbe aggiungere) sulle prerogative egemoniche del PD (in materia soprattutto di leader maker e di occupazione dei vertici istituzionali), al profilo anti “casta” con cui si presentò alle “primarie” del 2013. Come catalizzatore di tutte le malmostosità di derivazione dalla “ditta” postcomunista e di spericolato cavalcatore di un nuovismo estremo. 

Fattispecie questa che non può non essere esercitata se non nel ramo di eccellenza, che è il fondamentalismo ambientalista. 

Ma su questa palingenesi (del profilo caratteriale e politico-istituzionale) avremo modo di esercitarci in un breve prosieguo. 

Vero è che un conto è misurarsi con “primarie” e disfide elettorali (per cui vale la regola di Trinchetto) altro, specie quando la scansione temporale del mandato è sufficientemente lunga, è tira su la claire dell'azione della macchina comunale ogni mattina che il buondio manda sulla terra. 

E su questo terreno, diciamolo pure, il combinato delle relazionalità andate in frantumi e degli eventi strategici, sfuggiti dalle mani delle decisionalità in house, all'eterno ragazzo di Baden Powell non gliene è andata bene una, nel percorso della traduzione dei “sogni” in progetti strategici ed in atti concreti. 

In materia, aggiungiamo, di programmi che correlassero l'importante segmento della trattazione dei rifiuti al sogno più vasto dell'economia circolare. 

“Chi vende non è più suo”, gli avrebbe suggerito, al momento della svendita della holding dei servizi municipalizzati, il maneggione Nardoni (di “Speriamo sia femmina”). 

Un po' per spregiudicata inconsapevolezza che induceva a fare come Verdone nel film “In viaggio con papa” coprirsi gli occhi e tapparsi gli orecchi per non vedere e non sentire le sgradevolezze. Ma, soprattutto, per la percezione di una situazione di insostenibilità dell'autonomia patrimoniale e finanziaria del gioiello autogestionario (messo a punto nel 1914 e a seguire dalle giunte prevalentemente socialiste). Ma anche su questo torneremo con approfondimenti molto più impegnativi. 

Vero è che il monito/aforisma di Nardoni avrebbe presentato il conto molto prima di quanto non confidasse il Sindaco parolaio. 

Che forse confidava nella prospettiva di salvare la capra (dei conti prefallimentari) e il cavolo (della continuità delle gestioni ispirate da quel “chichinscì l'è semper festa, foriero, nel volgere di vent'anni al default). Che sarebbe stato omologato, se non fosse intervenuta una certa Multiutility (diciamo) molto comprensiva. Ma non fino al punto, dopo averci cacciato i soldi per trarre dall'impiccio l'azienda di Viale Trento Trieste, di fare proprie le ebbrezze progettuali del Galimberti degli esordi e della compagnia di giro. Che in parte lo sostenne e che in parte gli si contrappone (in materia). 

Per ragioni di chiarezza dichiariamo senza difficoltà non proprio il nostro sperticato gradimento, ma la nostra realistica comprensione nei confronti della filiera raccolta/smaltimento rifiuti/produzione energia. Che è tuttora operativa e che, sempre sul terreno del realismo, non sembra destinata (contrariamente ai testimonial della linea massimalista e dogmatica) a tirare le cuoia tanto presto. 

Non tanto per meditata autocritica, quanto per l'impellenza del “fare necessità virtù”. 

Si dà il caso che il senior partner del vorace aggregato societario sia abituato ad andare fino in fondo ai progetti pluriennali. Quale la riconversione della termovalorizzazione, che le punte più avanzate della contestazione collocherebbero in una scansione temporale ravvicinatissima. 

Ma, siccome ciò non s'ha da fare e siccome l'autosbugiardamento non è potabile, allora ci si applica a dei cambiamenti d'annuncio. Quale vorrebbe essere il passaggio alla tariffa “puntuale”, prodromica alla graduale riduzione della massa conferita e, quindi, al passaggio di un trattamento finale (che non sia più la termodistruzione). Sé, campa cavallo. 

Sia come sia, la campagna è partita dai pre-preliminari, che, con la distribuzione dei sacchetti “personalizzati”, rinvia un po' ai gesti del mondo dei boyscout. Il bello dovrà venire. Del che abbia scritto in un precedente approfondimento (che confermiamo per intero). 

Una delle controindicazioni di questo modello discendente dalla cultura “interventista” dell'azione pubblica è rappresentata dall'eludibilità delle regole e delle buone intenzioni. 

Il Sindaco e l'Assessore Manzi pensano in termini di cultura calvinista, in materia di buone pratiche civili. Già avviene (senza “tariffa puntuale”) a Cremona quel che da anni capita in comprensori in cui la linea rigorosa è stata applicata da anni. In Trentino in fregio a qualsiasi area di svago sono stati abrogati i contenitori, in cui venivano stivati i rifiuti del picnic. 

Risultato: da lunedì in poi devono girare TIR comprensoriali a raccogliere i “regalini” che i vacanzieri avrebbero dovuto riportarsi a casa. 

Anche lì vige (ma in modo più cruento) la “puntuale” per il secco e l'umido (mentre per conferire le 22 tipologie di differenziata devi farti 10 chilometri in direzione del sito). Una “puntuale” esosa al limite dell'usura. Un sempre più frequente inconveniente collaterale è rappresentato dall'abbandono del “sacchetto”, a fianco dei cestini predisposti per i piccoli rifiuti occasionali e non raramente in posti non esattamente esposti. 

Succederà (per effetto di incombenti da “grande fratello” e da comunità da Pol Pot) che la gente più che evadere la tariffa, preferisca la via semplificata dell'abbandono. 

Il particolare della foto scattata in un incrocio di Via Massarotti (nell'immagine di copertina) ne è un preannuncio. Il fatto che il punto raccolta abusivo affacci su una vecchia casa popolare, prevalentemente abitata da emigrati, non attenua la previsione di diffusi comportamenti non esattamente rigorosi.

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