Otto giorni fa, a Soncino, in quella che ormai molti chiamano la capitale dei vaccini, mi sono vaccinata. Un pool di sanitari preparati, gentili, e competenti mi hanno accompagnata all'interno della filanda, e lì, aspettando il mio turno ho fatto la mia prima dose di Astrazeneca. Passati i canonici dieci minuti dopo l'iniezione sono tornata a casa e, ho passato tutto il pomeriggio impegnata in una riunione scolastica. Ero felice, mi sentivo sollevata, mi sentivo più leggera. Avevo atteso da giorni il momento, lo avevo atteso prima per i miei genitori e finalmente era arrivato per loro e per me. Ho cercato di capire, di analizzare e di comprendere perché mi sentivo così serena. E poi finalmente avevo colto un quid molto importante. Il sentimento di gioia non era personale. Era una sorta di rassicurazione e di protezione ulteriore per gli altri: per i miei alunni, con i quali avevo passato gli ultimi mesi in classe, scanditi spesso dal suono delle autoambulanze, quindi dalla paura condivisa; per i miei genitori, appunto, per la mia famiglia, per mio figlio e per l'intera collettività con la quale ogni giorno venivo, per ragioni diverse, a contatto. Sì, serena, felice forse di contribuire nel mio piccolo, alla salute e al bene della società in cui vivo.
L'articolo 32 della Costituzione Italiana tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività. Credo che il vaccinarsi sia una sorta di tutela dell'altro, di rispetto dell'altro (come il portare la mascherina è anch'esso un atteggiamento responsabile nei confronti della società in cui viviamo), non mettendo in condizione l'altra persona di rischiare la sua salute, bene prezioso sancito dalla Costituzione. Un atto di generosità. Un atto di rispetto. Per anni ci siamo vaccinati contro la tubercolosi, contro la poliomielite e finalmente almeno in alcuni paesi come l'Italia queste malattie sono state debellate. Non ci resta ora che continuare a tenere in considerazione gli altri, coloro che vivono nella società con noi…basta poco, pochissimo. Alla fine, forse, ci sentiremo tutti liberi.