Nel 50° della scomparsa Un ricordo di Bruno Calatroni Sindaco di Cremona della Liberazione
Il 16 agosto di sessant'anni fa moriva, in circostanze tragiche, l'avv. Bruno Calatroni, un'eminente figura della vita civile e professionale di Cremona. La notizia provocò sgomento in una città, che, a prescindere dalle variegate sensibilità politiche, aveva grande considerazione per un suo cittadino il quale, per un lungo tratto, aveva, in circostanze difficili, incrociato la propria esistenza e la propria testimonianza civile con i destini della comunità.
Ma su ciò torneremo non prima di aver lumeggiato le drammatiche contingenze della morte, sua e della moglie Nerina. I coniugi Calatroni erano, con il figlio Guido, in vacanza sul Garda. Nel pomeriggio di ferragosto ne solcavano a bordo di un'imbarcazione le acque, quando furono letteralmente travolti da uno dei non rari e devastanti nubifragi che di tanto in tanto accadono e mettono a repentaglio la sicurezza dei bagnanti e degli appassionati del diporto nautico.
L'improvvisa e violenta tromba d'aria avrebbe rovesciato il natante travolgendo i tre sventurati e trasformando una serena giornata di vacanza in una devastante tragedia.
L'avvocato Bruno quasi immediatamente venne inghiottito dal gorgo; mentre la giovane moglie, nonostante le proibitive condizioni, avrebbe coraggiosamente condotto alla salvezza il figlio adolescente. Purtroppo, la signora Nerina, avrebbe pagato, a pochi metri dalla riva, quel generoso gesto.
La Cremona della politica, delle istituzioni, della cultura, come la Cremona popolare, rimase attonita alla notizia del crudele evento. Che privava la città di una copia affiatata e di un eminente cittadino, nel recente passato impegnato sia nella professione forense sia nelle angosciose vicende dell'ultima fase della guerra e della liberazione dal regime autoritario e naturalmente vocato, con altre virtuose personalità, all'impegnativo sforzo di stabilizzare e di ricostruire.
Del Suo ricco ed interessante profilo abbiamo anticipato, nella primavera scorsa, un'ampia e per alcuni versi inedita rievocazione ad opera del professor Federico Favalli che è di grande aiuto tanto alla nostra ricognizione quanto ad eventuali sviluppi storiografici.
Una memoria, destinata ai contemporanei e soprattutto alle nuove generazioni, che, in occasione del cinquantesimo della scomparsa del defunto Sindaco, riprendiamo con una particolare sottolineatura per il ruolo che Calatroni ebbe nell'opposizione clandestina al fascismo e nell'organizzazione politica e militare della Resistenza e nella preparazione della Liberazione.
Perché andrebbe sottolineato il fatto che, mentre per la stragrande parte degli antifascisti la Resistenza sotto il profilo militare avrebbe costituito un approccio sconosciuto della intrapresa testimonianza, per Calatroni e pochi altri, tra cui il tenente Corbani primo coordinatore delle Brigate Matteotti, non rappresentava una novità assoluta.
Infatti, entrambi e pochi altri uscivano da un significativo percorso di preparazione nei ranghi dell'esercito.
Calatroni, sin dalla giovane età ne aveva fatto parte come tenente della Fanteria Costiera addetto alla difesa del territorio.
Tale esperienza, conclusasi rocambolescamente e sotto inaspettati auspici, sarebbe tornata utile “tecnicamente” nella transizione dalla scelta ideale e morale della Resistenza alla conseguente intelaiatura organizzativa e militare del movimento politico.
Come ricordava il prof. Favalli, nella puntuale e appassionante memoria, Bruno Calatroni, anche grazie alle conoscenze ed alle relazioni stabilite con importanti circoli resistenziali, tra cui il “Compagno Maurizio” (alias Ferruccio Parri, destinato solo due anni dopo ad assumere il più elevato ruolo di governo), divenne il riferimento dell'organizzazione politico-militare nel cremonese ed il crocevia per lo smistamento, a partire dagli ultimi mesi del 1943, dei molti giovani che scelsero la renitenza all'arruolamento nella R.S.I. per approdare alle Brigate Partigiane prevalentemente dislocate, nell'efficace azione di osservazione e sabotaggio, sull'Appennino piacentino.
Contemporaneamente, contribuiva al rafforzamento ed al coordinamento dei partiti antifascisti e delle singole personalità, che non raramente, come ricordano univocamente le più accreditate memorie storiche in materia, si riunivano presso il suo studio.
Si può dire che Calatroni, i cui riferimenti ideali erano già da allora saldamente di stampo liberal-socialista e repubblicano, fece parte della regia insurrezionale in rappresentanza, come ricorda Giuseppe Azzoni in “Fascismo a Cremona e nella sua provincia 1922-1945”, del PSI.
Anche se la Liberazione della città è riferita ad una data convenzionale, si può osservare che l'affrancamento dalla guerra e dall'occupante fu di fatto un work in progress, che impegnò soprattutto il versante del disinnesco della presenza ancora rilevante del tedesco invasore e dei repubblichini.
Bruno Calatroni viene insediato nell'incarico di Sindaco di Cremona per unanime volontà del Comitato di Liberazione Nazionale, ratificata dal Comando Alleato.
Il 28 aprile, sempre come ricorda Azzoni, il Sindaco, che benché, per ovvie ragioni, non ancora elettivo (lo sarebbe stato nel marzo del 1946), abrogava la figura monocratica ed autoritaria del podestà e ripristinava il mandato popolare. Come primo atto, rimetteva al Prefetto un rapporto sulla dinamica della Liberazione: “Si può calcolare che le forze partigiane clandestine che hanno partecipato alla liberazione della città assommassero a circa tremila uomini… con trenta caduti dalla parte dei patrioti”.
Con tale rapporto il primo cittadino, espressione dell'arco resistenziale, poneva formalmente la parola fine ad un dramma durato a lungo e foriero di tragedie e di lutti. Il quadro non era esattamente sereno; ma il più era fatto. Sarebbe iniziata una non meno difficile stagione per dare risposta alle miserie materiali e morali e per avviare la ricostruzione.
Anche se in un arco temporale decisamente ristretto, la sindacatura Calatroni avrebbe profuso, in un contesto, come abbiamo premesso, assolutamente emergenziale, una massa ragguardevole di provvedimenti coerenti sia con il momento sia con la domanda di impostazioni tendenziali per la successiva fase di impostazione dell'attività amministrativa e programmatica.
Un'impostazione che, per quanto suscettibile di mediazioni con le altre culture politiche, si sarebbe sempre correlata ai cardini ispiratori della cultura turatiana del municipalismo socialista. A Cremona tracciata a partire dal 1914 con l'elezione del primo sindaco socialista Attilio Botti.
All'esortazione turatiana saranno sempre fedeli i sindaci socialisti destinati a governare Cremona dalla Liberazione in poi: appunto, Bruno Calatroni, Gino Rossini, Arnaldo Feraboli, che precedettero Zanoni nell'incarico comunale e che, come Lui, connotarono il loro stile di servizio alla città con autorevolezza morale e professionale ed umanità.
Scrivevamo, nel capitolo di presentazione de Il Socialismo di Patecchio, edito nel 2007 a cura dell'Associazione costituita nel nome di Zanoni (ma a ben vedere di tutti loro), titolato “un poker di sindaci dalla grande popolarità…senza bisogno di lifting”, che “Nel corso della raccolta delle testimonianze, indispensabili a supportare il lavoro di ricerca, abbiamo contattato un numero cospicuo di persone dalla condizione sociale, dal livello culturale, dalla classe di età anagrafica largamente differenziati.
Escludendo l'ultima generazione, abbiamo constatato, con una certa sorpresa, che dei quattro Sindaci socialisti, che hanno retto il governo comunale in diverse fasi dagli anni quaranta agli anni settanta, la Città non ne ha perso il ricordo.
Ma non solo; non ha perso cognizione del profilo umano e morale, che resta nitido a ricordare Bruno Calatroni, Gino Rossini, Arnaldo Feraboli, Emilio Zanoni.
Il dato essenziale del loro ricordo dicendo dalla loro autorevolezza ed alla loro umanità.
D'accordo, è passato più di mezzo secolo e sono cambiati i comportamenti, ma soprattutto sono cambiati i canoni di percezione del profilo di chi governa.
Neanche lontanamente si vuole anche solo accennare, in termini di raffronto, a scenari successivi.
Ma dobbiamo dire che abbiamo rilevato il permanere di una vasta considerazione popolare dello “stile” di quel contesto e di quegli uomini.
Uomini, per estrazione e caratteristiche, diversi da loro; se non per la comune militanza politica, il comune amore verso la loro Città, tutta e con una particolare attenzione a quella degli sfavoriti, i comuni modi di comportamento e di rapporti, nella vita di ogni giorno come nell'esercizio della funzione civile.
Sentivano profondamente tale funzione come un dovere da assolvere con abnegazione, ma soprattutto con semplicità.
Del decisionismo e della spettacolarità, che costituiranno la cifra delle epoche successive, nessuna traccia; neppure a livello di immaginazione del come si sarebbero comportanti, se l'assolvimento del loro compito pubblico li avessero richiesti.
Tanto dimostrarono di esserne lontani, sicuramente indisponibili.”
Occupandoci del profilo di Calatroni, consideravamo: “Ebbe come caratteristica comune agli altri due sindaci degli anni quaranta-cinquanta la totale assenza di “colla” che lo tenesse legato alla poltrona.
Fu nominato dal C.L.N. due giorni dopo la Liberazione e si trovò a fronteggiare una situazione, i cui contorni saranno meglio percepiti nel prosieguo; anche se facilmente immaginabili.
Non c'erano risorse e non c'erano strumenti; in quanto le prime erano state divorate dal regime e dalle sue guerre ed i secondi, specie dal punto di vista dell'impianto burocratico, erano stati spazzati via dal discredito popolare verso il fascismo, che lo aveva permeato nel corso del ventennio, e da una fase di caos e di instabilità.
Calatroni, una persona colta e dall'incredibile memoria (come ricorda ancora Mario Coppetti, che, giovane scultore, lo incontrava nel suo studio e che lo avrebbe avuto collega di Giunta), era stato ufficiale ed aveva apportato, insieme a pochi altri, agli sviluppi della clandestinità un indispensabile contributo di nozioni militari e di senso pratico. Che sarebbero stati preziosi sia durante la preparazione dell'insurrezione che nel difficile compito di fronteggiare la successiva situazione di disordine.
Al punto tale che il C.L.N., come si evince dalle pagine del Fronte Democratico, aveva impartito disposizioni di controllo sui movimenti dei cittadini al di fuori dei rispettivi comuni di residenza.
Ebbene Calatroni non si limitava ad emanare dall'alto burocratiche disposizioni, che nel clima convulso avrebbero avuto l'efficacia delle gride manzoniane, ma (come ricordano Beppe Carletti, vicino di casa ed amico di famiglia ed il Prof. Ludovico Favalli, pure amico di famiglia), pistola nella fondina, coordinava sul posto le operazioni di controllo e di mantenimento dell'ordine pubblico.
Fu sindaco per meno di un anno e, per quanto fosse stato rieletto in Consiglio Comunale, accettò di buon grado (forse egli stesso, costretto dalle necessità famigliari a rituffarsi nell'attività forense, suggerì) l'elezione del compagno e fraterno amico Gino Rossini; con cui collaborò in Giunta come assessore.”
La loro comune elezione sarebbe stata conseguente allo svolgimento della terza tornata delle elezioni per l'insediamento dei Comuni elettivi che si svolse, per quanto riguarda il comune capoluogo della provincia, domenica 24 marzo. Il P.S.I. si presentava con il proprio programma e simbolo e con una qualificata lista, capeggiata, come si direbbe oggi, da una testa di serie (Caporali G. Ernesto – organizzatore sindacale; Rossini Luigi –rappresentante; Verzeletti Arturo – organizzatore sindacale; Boldori Giuseppe Comunardo – dirigente cooperative; Calatroni Bruno – Avvocato) e composta da candidati autorevoli e rappresentativi (Granata Carlo – ferroviere; Chiappari Ferruccio – medico; Ferragni Gaetano – avvocato; Brugnelli Ettore – ingegnere; Del Miglio Giovanni – edile; Maggi Dismo – artigiano; Fezzi Piero – professore; Ferrari Annibale, contadino; Rusconi Mario – ingegnere (reduce);Gamba Davide Annibale – artigiano; Rossi Ugo – impiegato; Ronco Ferruccio – operaio; Musoni Achille – tipografo; Melegari Elsa – insegnate; Germani Carlo – edile; Castiglioni Vezio – impiegato;Gatti Guido – ferroviere; SALI Francesco –artigiano, Aldovini Rosolino – geometra (reduce); Piccioni Luigi di Achille – operaio; Lazzari Ernesto – muratore; Grassoni Augusto – impiegato (reduce); Zappieri Ugo – commerciante; Galliani Maria – impiegata; Pagliari Ultimo – ferroviere; Ferrami Carlo – impiegato; Della Noce Fulvio – operaio; Sgarbazzini Ferruccio – commerciante (fraz. Cavatigozzi); Pilati Alberto – contadino (frazione Bagnara); Giacinti Ettore – operaio; Raseti Giulio – operaio -; Billi Giovanni – commerciante; Curti Mario – operaio; Crotti Primo – contadino (fraz. Picenengo); Ruggeri Sivio – contadino (fraz. Boschetto).
Va sans dire, l'avv. Calatroni sarebbe stato eletto e avrebbe assunto, a fianco del Sindaco Rossini da Lui autorevolmente sostenuto, l'incarico assessorile. Sostenuto, aggiungiamo, con grande convinzione ed encomiabile dedizione.
“Una collaborazione (scrivevamo nelle pagine del libro sopra richiamato) talmente intensa, specie nelle fasi acute della grave malattia di Rossini, da far eccepire al capogruppo democristiano l'esistenza di due sindaci.
La fungibilità nei ruoli di governo, come si vede, ben lontana dall'essere vissuta come diminutio capitis e portatrice di impermalimento, costituiva una risorsa della concezione dei ruoli individuali strettamente correlati alla superiore funzione civica”.
Negli anni Cinquanta, Bruno Calatroni, pur non essendosi ulteriormente candidato, sarebbe, come si suol dire, rimasto nella “riserva” delle testimonianze civili.
Sarebbe tornato alla vita attiva delle istituzioni comunali con le elezioni del 1957, quando, per effetto di equilibri incerti ed a seguito di un'amministrazione commissariale, si ricandidò nelle liste socialdemocratiche e fu rieletto.
Concorrendo a dare, con la Giunta Feraboli, di cui fu chiamato a far parte con la delega ai Lavori Pubblici, certezza di equilibri e stabilità al governo comunale.
Tutto quanto ci induce ad una riflessione che, forse, potrebbe apparire prevenuta.
E che parte da un retorico invito: alzi la mano chi ha contezza di un qualsivoglia episodio contraddistinto dal gesto di un Sindaco, virtuoso e molto amato dai suoi cittadini, che rinuncia al rinnovo del mandato e si mette a disposizione dell'esponente che ha concorso a candidare.
Sbagliato, assolutamente sbagliato, sarebbe il compiacente impulso a contrapporre le passate epoche auree dei virtuosi protagonisti alla pochezza del presente.
Non ci faremo guidare dalla nostalgia per il tempo nell'enucleare gli edificanti esempi che furono, ma indubitabilmente i grandi cicli ed i grandi personaggi sono esauriti.
L'accostamento sarebbe, infatti, incongruo; in quanto i contesti sono profondamente cambiati ed il sia pur volonteroso parallelismo sarebbe destinato all'incongruenza.
La rivisitazione ed il ricordo, però, sono edificanti ed utili a guardare a quel passato ed al nostro presente con stimoli critici più rigorosi e con sintesi più realistiche e più costruttive.
Il nostro lavoro di ricerca e di divulgazione è sorretto da una convinzione: che Il passato ci aiuti anche a capire chi e cosa sia stato importante.
Bruno Calatroni certamente lo fu per i destini di una città che lasciava alle spalle una triste eredità di sopraffazione e di miserie e che era proiettata verso un futuro di progresso e di benessere.
Ma, oltre che sul piano della dedizione civile, la figura di Calatroni si staglia sul terreno di eccezionali doti morali e d'animo.
Nell'occasione della cerimonia di omaggio agli antifascisti socialisti del 70° della Liberazione abbiamo favorito l'incontro fra gli eredi dei due grandi Sindaci Calatroni e Rossini, l'avv. Guido Calatroni e Clara Rossini, che, per inciso, è l'attuale presidente dell'associazione Zanoni ed il prof. Mario Coppetti che è il più autorevole superstite di quell'eccezionale contesto ideale capace di produrre testimonianze così autorevoli.
Ci siamo, quindi, rivolti al nostro compagno ed amico, che coi suoi 102 anni (suscettibili di significativi arrotondamenti), per una memoria del personaggio che oggi onoriamo. Mario Coppetti ci ha ricordato: “Il 16 agosto di cinquanta anni or sono tragicamente moriva, assieme alla moglie Nerina, nelle acque del lago di Garda.
Da allora molto tempo è passato, ma il suo ricordo è ancora ben vivo in me che ebbi con lui una lunga frequentazione durante il periodo clandestino, poi al partito ed infine in Comune come assessore.
Egli era dotato di una memoria eccezionale tanto che l'avevamo spinto a presentarsi alla televisione a Lascia o Raddoppia dove avrebbe dovuto rispondere a tutte le domande riguardanti la storia delle locomotive.
Svolgeva con grande impegno il suo lavoro di assessore ai lavori Pubblici.
Amava molto il Po che aveva percorso in barca fino a Venezia.
Di carattere molto aperto e cordiale, dopo le sedute del Consiglio Comunale (che finivano verso la mezzanotte) ci intratteneva in piacevoli discussioni. “
Ecco, abbiamo assolto, speriamo con compiutezza, indipendenza e serenità, l'ineludibile dovere di ricordare un virtuoso cittadino del passato che, per i rimandi ai contesti attuali e futuri, oltre che per il ruolo pubblico svolto, meriterebbe una celebrazione corale.
Anche da parte delle civiche istituzioni (evidentemente in tutt'altre vicende affaccendate).
Poco male, lo faremo noi, alla ripresa post-feriale; anche senza di loro.
Ci siamo, come si suol dire, portati avanti con questa rivisitazione e con il gesto simbolico dei garofani. Che Laura, a nome dell'Associazione e de L'Eco del Popolo, ha posato sui sepolcri sia di Calatroni che di Zanoni, entrambi scomparsi nel giorno di Ferragosto.
Lo segnaliamo a beneficio di tutti e dell'attuale vertice comunale, nel caso volesse aggiungere ai nostri garofani un gesto di omaggio.
E.V.
1° foto: Avv.Bruno Calatroni
2° foto: Clara Rossini figlia di Gino e Guido Calatroni figlio di Bruno
3° foto: Il sepolcro di Bruno Calatroni
4° foto: La prima giunta Calatroni del dopoguerra