Fanno 135 primavere: ad multos annos…ancora e per nuove testimonianze civili!
Complimenti per il tuo editoriale inerente ai 135 anni della fondazione dell'Eco del popolo. Hai descritto con passione socialista e ricchezza di particolari, attinti da fonti storiche, la vita di una comunità attiva con ideali civili e sociali liberali e democratici. Vero è che oggi manca la consapevolezza, anche da parte dei media giornalistici, che l'informazione deve essere trasparente e libera da legami opportunistici, ma soprattutto veritiera. Come sempre Clara Rossini ha testimoniato il suo impegno socialista elogiando "i grandi personaggi" che hanno fatto il bene del Paese: Bissolati, Coppetti... Continua il tuo lavoro con l'entusiasmo e la passione che ti distinguono otterrai almeno la soddisfazione di aver coinvolto molti cittadini assopiti a operare per risolvere problemi che riguardano non solo loro stessi ma tutta la collettività.
Caro Enrico è commovente e esaltante la tua ricostruzione storico politica degli anni dell'eco. Commovente perché i ricordi delle vicende personali non possono toccare gli animi sensibili agli impulsi forniti da questi "eroi" della politica. Esaltanti perché il lavoro fatto è stato tanto ma molto c'è da fare.
Purtroppo, come tu ben dici, le nuove leve non germinano e quelli ancora incardinati a questo sogno latitano. Una latitanza che a volte era per ignavia, oggi spero non più, ma maggiormente legata alla non più giovane età e, per molti, come nel mio caso, dai doverosi impegni solidali verso i più prossimi.
Avanti comunque, finché L'Eco vive c'è speranza.
Ovviamente ci fa piacere il riscontro di Sandro Gaboardi, indimenticato dirigente aclista e amministratore del Comune di Crema, e della lettrice e amica di Vicenza. In particolare, ci fa piacere la verifica nel sentiment dei lettori capaci di cogliere la finalità con cui abbiamo allestito l'ineludibile celebrazione dell'anniversario a tre cifre.
Celebrazione che, come sarà facile percepire, non è stata, come si dice, fatta scappare e congegnata nell'accezione e nella gestualità di torta e candeline.
Insomma, anche considerando sia la difficoltà a reclutare fresche forze nella mission dell'aggregato testata/associazione Zanoni sia la consapevolezza dell'ingravescente aetate, abbiamo inquadrato la ricorrenza e i suoi conseguenti memo in una verifica di sostenibilità dell'agenda che ci siamo dati un quarto di secolo fa.
Allo scopo, ovviamente, di rinserrare le residue risorse umane e di ridefinire l'agenda alla luce della consapevolezza della praticabilità effettiva.
L'anno da poco iniziato integra, o dovrebbe, la ricorrenza centenaria della nascita di Emilio Zanoni, al cui nome 25 anni fa un gruppo di indomiti innamorati di inarchiviabili idealismi e di testimonianze storico-civili, intitolò un generoso tentativo di reviviscenza collettiva. Ci pare di poter azzardare che i tratti essenziali di quel progetto siano stati colti; a cominciare dalla messa a fuoco del complesso profilo personale e pubblico e dal significato del contributo culturale, politico, istituzionale e, ultimo ma non ultimo, eticomorale. Di Emilio Zanoni abbiamo approfondito, se non tutto, molto. Resta una dissolvenza (a noi non imputabile) che andrebbe colmata: la pubblicazione del saggio sulla Liberazione di Cremona. In aggiunta a tale lacuna resterebbe la mission permanente di attualizzare, nei contesti correnti un po' così dal punto di vista della tensione ideale nella vita pubblica, la sua complessiva testimonianza.
Quanto alla continuità editoriale della testata, stimiamo di potercela fare. Ovviamente con la debita percezione dei nostri limiti operativi, le cui conseguenze si riverberano in una quotidianità, fatta da un lato dal mantenimento della mission nell'alveo di una testimonianza di nicchia, in cui si coniughino le ragioni di dar voce ad espressioni ostracizzate, e dall'altro della permanente triangolazione tra informazione/approfondimento e sollecitazione a coniugare l'attualità col passato storico.
Abbiamo da anni in corso (dopo averne salvato le fonti materiali) l'impegnativo lavoro di catalogazione e riordino delle “carte” socialiste (per esse intendendosi tutto di cartaceo contenuto trent'anni fa nelle sedi socialiste e, ça va sans dire, destinato alla sorte tipica dell'umano impulso del “tutti a casa”). Una parte (l'archivio del censimento del Raggruppamento delle Brigate Matteotti) è già stato conferito all'Archivio di Stato.
Tutto il resto (archivio delle Federazione socialista e del Club Turati, nonché la relativa biblioteca) è in riordino ed è destinato ad approdare all'Archivio di Stato. Come gesto preliminare di consapevolezza civile, che fa obbligo di preservare le fonti, per renderle disponibili allo studio ed alla ricerca.
Da tempo stiamo pensando anche ad un'impresa ciclopica: la digitalizzazione di tutte le edizioni della testata a partire da quella fondativa del 4-5 gennaio 1889 e fino ai giorni nostri. Che sono conservate presso la Biblioteca Statale e sono consultabili.
Noi ne abbiamo conservate numerose annate, che restano, come abbiamo fatto presente alla gentilissima Direttrice della Biblioteca, disponibili per integrare qualche “buco”.
Questo lavoro di digitalizzazione (fatto prima di noi dall'Avanti e da Critica Sociale) consentirebbe una consultabilità universale. Per di più trarrebbe vantaggio, dal punto di vista della sostenibilità economica, dalla circostanza che L'Eco del Popolo è testata storica e, come tale, teorica destinataria delle provvidenze del Dipartimento dell'Editoria Pubblica.
Basterebbe, come da anni rappresentiamo ai nostri interlocutori istituzionali, l'”aiutino” di qualche giovane inserito nella filiera del servizio civile. Ma, dall'assordante silenzio (anche dell'istituzione che 30 anni fa incamerò il lascito testamentario del compianto Sindaco) non è stato difficile trarre le debite conseguenze. D'altro lato, più di vent'anni fa avevamo prospettato alle istituzioni territoriali l'idea di costituire un centro provinciale di coordinamento e di indirizzo delle numerose entità associative operanti nel campo della divulgazione storica e della testimonianza culturale. Tamquam non esset! Ce ne siamo fatto una ragione. Ma proseguiremo.
Devastata la sede FIT-CISL
La Fit-Cisl esprime ferma condanna e indignazione per il grave episodio che ha provocato seri danni alla sede Fit-Cisl di Cremona, esprimendo vicinanza e solidarietà alle amiche e agli amici impegnati nell'attività sindacale in un terriorio complesso. Confidiamo che si faccia luce sulla vicenda e i responsabili di tale atto vergognoso vengano individuati al più presto e consegnati alla Giustizia” è quanto dichiara in una nota la Fit-Cisl sull'attacco vandalico della notte scorsa alla Fit-Cisl di Cremona.
La CGIL di Cremona condanna fermamente l'attacco alla sede della FIT CISL di Cremona
La CGIL di Cremona esprime una ferma condanna rispetto all'attacco alla sede della FIT CISL di Cremona. Attaccare una sede sindacale è inammissibile e significa attaccare i lavoratori e le basi della nostra democrazia che sul lavoro si fonda. Esprimiamo, infine, la massima vicinanza e solidarietà alla FIT CISL e alla CISL Asse del Po e auspichiamo che si faccia quanto prima chiarezza sull'accaduto e che siano individuati i responsabili di un gesto vile, violento e intollerabile.
Sinistra Italiana esprime una ferma condanna dell'attacco alla sede della Fit-Cisl di Cremona.
Colpire un sindacato significa colpire la rappresentanza dei lavoratori, le istituzioni e le fondamenta stesse del nostro stato democratico.
Atti come questo sono inaccettabili, intollerabili, attendiamo che la giustizia faccia il proprio corso, che sia fatta luce su quanto accaduto e sui responsabili di questo vile gesto.
Piena solidarietà alla Fit-Cisl e alla Cisl Asse del Po.
Paolo Losco
Coordinatore Provinciale
Sinistra Italiana Cremona
Anche la Comunità Socialista Territoriale esprime piena solidarietà alla CISL, nel contempo però osservando e riflettendo, con una visuale lunga che, pur soffermandosi sull'epicentro del fatto delle ultime ore, non può prescindere dall'obbligo di inquadrarlo in una più vasta spirale di decadimento della vita civile. Decadimento fatto di violenza e, come dimostra la devastazione della sede cislina, travolgimento, anche simbolico, dei presidi sociali e politici, quali sono le organizzazioni sindacali e le loro strutture.
Stabilire se questo atto di vandalizzazione sia più un gesto di ordinaria violenza dei tanti di ogni giorno che il buondio manda sulla terra ovvero se sia un segnale ad hoc con cui viene alzata l'asticella non è cosa di poco conto. Sia quel che sia, a parere della Comunità Socialista, la risposta collettiva, la più collettiva possibile, non può limitarsi alla solita indignazione d'ufficio.
È necessario e doveroso, a questo punto, prendere il proverbiale toro per le corna e chiedere la convocazione del Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica. Partendo dallo specifico fatto e indirizzando l'analisi alla riflessione della permanenza delle garanzie per il pieno e libero svolgimento delle prerogative nella rappresentanza degli interessi dei lavoratori.
Contro l'autonomia differenziata - Per un Paese di pace, unito e solidale
Il Governo Meloni, tutto chiacchiere e distintivo con la retorica della patria e della nazione, ci serve lo spezzatino dell'Italia, in salsa leghista.
Il DDL Calderoli sta per entrare in Parlamento, la discussione in Aula al Senato inizia il 16 gennaio.
Il boccone avvelenato viene servito in sordina, alle spalle di un Paese stremato dalla crisi economica, impaurito dalla guerra, deprivato di un'idea di futuro.
L'autonomia differenziata si abbatterà come una mannaia sulle fasce sociali più disagiate e sui territori più svantaggiati, su un sud impoverito e depredato.
Sanità, istruzione, lavoro, servizi pubblici e beni comuni dipenderanno, ancora di più e in modo irreversibile, dal territorio di residenza.
Incurante di tutti gli indicatori economici e sociali che denunciano diseguaglianze insostenibili e ignorando le voci autorevoli che si sono levate ad evidenziare i rischi dirompenti per la tenuta sociale, il Governo tira avanti con il progetto di regionalismo predatorio, senza aver ottemperato neppure ai suoi stessi impegni sulla definizione dei LEP (livelli essenziali di prestazione), i diritti sociali e civili da garantire ad ogni cittadino/a.
Un percorso perverso e pasticciato giunge ad un punto cruciale, non senza contraddizioni ma forte dello scambio governativo fra autonomia differenziata e premierato, nella disattenzione generale e col balbettio delle cosiddette opposizioni, del centrosinistra responsabile di quella riforma che ha aperto le porte alla dissoluzione del Paese, col silenzio imbarazzante, tranne alcune lodevoli eccezioni, dei rappresentanti istituzionali locali, che dovrebbero difendere i diritti dei cittadini e delle cittadine che amministrano.
Rifondazione comunista è dalla parte dell'Italia unita e solidale con i comitati che si oppongono senza ambiguità a questo scempio. Il 16 in tante città, da Nord a Sud, anche in Lombardia, parteciperemo alle mobilitazioni contro il governo leghista e neofascista che vuole sfasciare la Repubblica nata dalla Resistenza.
Bisogna fermarli! Il momento è ora.
Brava. Condivido. Oddio...non è che l'aggregato italico sia esente da rilievi. Come direbbe Churchill, gli italiani sono, più che individualmente nella loro dimensione comunitaria, figli di p... ma sono i nostri figli di p...
Stereotipo, questo, con cui si sanziona abitualmente il rango prestazionale dell'ordinamento, deducendolo dalla propensione comunitaria e civile del popolo. Peraltro, sarà utile ricordarlo, già oggetto di una esortazione di valore didattico a fare gli Italiani dopo che si era fatta l'Italia.
Al di là della facile e frusta vulgata, per invertire il degrado dell'ordinamento, basterebbe mettersi alle stanghe per riporre sui cardini l'attuazione della Costituzione. Le Regioni nacquero nel 1970 per dare attuazione al mandato costituzionale in materia di rete istituzionale territoriale periferica e per sostanziare l'ordinamento preposto alla programmazione. Non già come ulteriore soggetto e scaturigine di una spesa, che anziché essere virtuosa e coerente con le ragioni del decentramento, si è rivelata, nella seconda metà dell'ultimo mezzo secolo da quando nacque (corrispondente alla seconda repubblica), foriera di maggior centralismo di quello dello Stato, di una spesa ispirata, neppiù nemmeno di quella centrale, parassitaria ed improduttiva. Si prende motivo o pretesto dal modello delle speciali prerogative delle cinque Autonomie, per estenderle a tutte le restanti giurisdizioni ordinarie.
A parte il fatto che le cinque fattispecie furono giustificate quasi ottant'anni fa da una giusta interpretazione di condizioni particolari in sede di formulazione della Costituzione e che alcune di esse (Friuli e Trentino Alto Adige) hanno fornito sul piano prestazionale e su quello dell'aderenza ad un corretta interpretazione dell'eccezionale contesto locale, andrebbe aggiunto che semmai, essendo cadute o riassorbite nella normalità nazionale quelle situazioni locali, sarebbe giunto il tempo per rivedere, pur restando coerenti nei principi ispiratori, l'estensione di quella specialità.
Va aggiunto che qualcuno a sinistra (campo al quale, con tutte le prudenze e circospezioni, guardiamo preferenzialmente e /o per disperazione, in assenza di un'offerta militante più congrua) dovrebbe battersi il petto dell'autocritica per suoi certi inconsiderati impulsi “riformatori” (dicesi Titolo V). Ovviamente non sfugge il fatto che a un tema, come quello della funzionalizzazione dell'ordinamento istituzionale, che dovrebbe essere in cima alle sollecitudini super partes di tutto lo schieramento politico, gli si tira la giacca per biechi strumentalismi di parte.
Focus impianto biometano
Da un passaggio della lunga intervista che il Sindaco di Cremona Gianluca Galimberti ha rilasciato lo scorso venerdì 5 gennaio al quotidiano locale apprendiamo con sconcerto che il principale sponsor politico dell'operazione intrapresa in città dalla Multiutility A2A ripropone una narrazione dell'impianto di biometano totalmente mistificatoria nel maldestro tentativo di spostare l'attenzione dal merito di un progetto disastroso al dibattito ormai sterile e meramente propagandistico sulle sorti dell'inceneritore di Cremona. A smascherare l'infondatezza del presunto contributo che l'impianto di biometano dovrebbe dare nella prospettiva della chiusura dell'inceneritore è la stessa relazione tecnica depositata da A2A agli atti della conferenza dei servizi in corso per la Valutazione di Impatto Ambientale. Nel progetto si legge infatti che uno dei pilastri su cui si fonderebbero sia il piano economico che la stessa scelta della localizzazione dell'impianto in un luogo così inadatto è precisamente la sua ‘sinergia' con l'inceneritore e l'impianto a biomasse legnose, dai quali il digestore trarrebbe il calore necessario al processo produttivo.
Il Comitato BiometaNO Cremona esprime grande preoccupazione per la superficialità e la mancanza di conoscenza del progetto sostenuto con tanta pervicacia dall'amministrazione comunale, soprattutto a fronte delle schiaccianti evidenze che stanno emergendo in sede di valutazione tecnica in termini di quantità delle emissioni climalteranti prodotte dal digestore, della sua incompatibilità urbanistica con l'area sottoposta a tutela dal Parco del Po e del Morbasco, nonché del consistente impatto emissivo di sostanze nocive, di polveri sottili e di odori, oltre che per le ripercussioni rilevate dagli uffici competenti sul traffico e sulla sicurezza delle strade attraversate dai mezzi pesanti in entrata e in uscita dall'impianto. Al Sindaco, in qualità di massima autorità sanitaria, chiediamo da mesi risposte serie su questi temi e non possiamo certo accettare in cambio narrazioni fantasiose. In conclusione, stante l'assoluto disinteresse del Comitato ad entrare nel contesto dell'imminente campagna elettorale, a conferma della linea di serietà e rigore con cui stiamo affrontando il percorso di valutazione del progetto in Conferenza dei Servizi, preso atto delle dichiarazioni pubbliche del Sindaco, ci riserviamo di depositare in quella sede una richiesta di chiarimento specifica in ordine all'asserita cogenerazione di calore con il metano prodotto ed alle eventuali ulteriori sinergie con altri impianti finora non dichiarate dai proponenti; tutti elementi che, se verificati, potrebbero richiedere nuovi e diversi percorsi autorizzatori integrativi rispetto a quelli oggi in discussione, se non addirittura far venire meno le motivazioni della scelta del sito individuato.