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Le due metà del cielo…insieme/2

Focus 8 marzo 2022

  08/03/2022

Di Redazione

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Procede (e procederà fino a quando la complessa situazione di questi giorni tremendi e complicati ci darà motivo di triangolazione tra l'ineludibile rievocazione della Giornata della Domma e l'impulso a non perdere di vista il carico delle conseguenze di questo contesto su quella che dovrebbe essere celebrata) il focus 8 marzo 2022. 

Una celebrazione che, come suggeriscono la cronaca delle iniziative celebrative snodatesi su tutto il territorio, non ha sacrificato gli aspetti culturali della sua specificità, anche se si è, come giusto, prevalentemente dedicata agli approfondimenti ed alle denunce attorno ai profili tematici che gravano sulla condizione femminile. Più di ogni altro, le consapevolezze del macigno che è un generalizzato pericolo per la pace e l'inasprimento delle conseguenze del default della sanità pubblica lombarda. 

Deve essere stato un dispettoso folletto a suggerire alla sala regia dell'ASST di Cremona a metter in onda, in perdurante pandemia e a ridosso dell'8 marzo, la riorganizzazione (si fa per dire) dell'Area Donna, un apprezzato format curativo/ospedaliero dedicato alla specificità clinica femminile. 

Nei giorni scorsi lo sconcerto suscitato dall'improvvido e penalizzante provvedimento è salito di tono ed, una volta tanto (come raramente capita), le consapevolezze sono diventate patrimonio comunitario. Lasciando la parvenza di una prerogativa di genere e mobilitando la protesta e la proposta di tutta l'opinione pubblica e delle espressioni del mondo del lavoro (benvenute a bordo!). Così dimostrando che, almeno nella giornata della donna, è possibile testimoniare a metà del cielo unificate che le problematiche al femminile, specie quando investono aspetti nodali della qualità della vita e la stessa preservazione dell'esistenza, costituiscono patrimonio universale della comunità. 

Riportiamo la cronaca autogestita della manifestazione organizzata spontaneamente e irrobustita dalla partecipazione sindacale, imperniata sulla denuncia dello smantellamento di Area Donna. 

Purtroppo la filiera della comunicazione di annuncio dell'evento non ha raggiunto che piccola parte dell'opinione pubblica. 

Di buon grado di facciamo strumento di ampia divulgazione. 

#RivogliamoAreaDonna  

Ogni cosa ha un cuore. Più batte forte più emoziona. 

Oggi il centro di tutto, senza bandiere, senza megafono, con tanto coraggio di raccontare il suo dramma, facendo un sorriso con gli occhi, descrivendo anche la parte umana della sua storia, mandando baci a chi riconosceva dietro la mascherina rosa, facendo commuovere noi che la ascoltavano, era lei: Cristina Marenzi... 

Ci siamo conosciute ad una battaglia per l'ambiente, ci siamo ritrovate in questo S.O.S. rivolto principalmente al direttivo di ASST il dottor Rossi, ma anche all'assessore Moratti in regione Lombardia, e al sindaco e ai vari consiglieri comunali e regionali che ci hanno ascoltato. 

A completamento del trio, che il 21 febbraio si è trovato con l'intenzione di utilizzare proprio l'8 Marzo in occasione della Festa della Donna, anche Giovanna Bonetti, anche lei come noi una delle pazienti di Area Donna. 

I dettagli negli articoli e filmati delle TV e testate locali, (linkati qui sotto). Invece io ho voluto dedicare i primi piani delle amiche che sono venute a darci il loro sostegno. 

Come sempre... l'unione fa la forza. Ci siamo fatte ascoltare. 

Ora tocca ad ASST nel prossimo incontro aperto al pubblico, organizzato dal sindaco presso il comune di Cremona sabato 19 marzo. 

Noi ci saremo. Grazie a tutte e tutti che ci hanno messo testa e cuore 

Comitato #RivogliamoAreaDonna

8 marzo 2022, presidio davanti all'Ospedale di Cremona 

(clicca qui per il video)

È cominciato tutto dall'iniziativa di tre donne giustamente arrabbiate, pazienti e utenti di Area Donna, a cui si sono aggregate tante e tante altre passate per quel reparto che oggi la Regione Lombardia e la direzione dell'Ospedale vogliono smantellare. I racconti delle pazienti, toccanti, ci dicono che i servizi sanitari, se sono fatti a misura delle necessità dell'utenza, funzionano e le pazienti guariscono di più perché l'alta professionalità del personale viene amplificata e resa più efficace grazie alla qualità della vita garantita durante i ricoveri e i periodi di cura. È molto preoccupante che le istituzioni decidano di tagliare, rifare, rimescolare servizi su cui nel tempo si è investito molto e che hanno dato ottimi frutti. Area Donna non solo non deve chiudere ma deve ritornare ai livelli degli scorsi anni e superarli. È un dovere per rispetto di queste donne coraggiose che oggi hanno preso parola e a cui la cittadinanza si è stretta in un grande abbraccio. È un dovere in una zona in cui l'incidenza di patologie tumorali è altissima. È un dovere in una città in cui non si riesce da anni a portare a termine lo studio epidemiologico che potrebbe tracciare la mappa delle gravi patologie che affliggono la popolazione correlandole alle possibili cause ambientali. La salute è un diritto, la sanità non è un'azienda! Basta con le esorbitanti spese militari, basta con la follia della guerra: i nostri soldi siano spesi per gli ospedali pubblici, per le scuole pubbliche, per la manutenzione del territorio, per la qualità dell'aria, per i servizi essenziali che oggi tante troppe persone non possono più permettersi.  

Avanti tutta, donne! l'8 marzo è solo l'inizio! Paola Tacchini Pjg Stefania Lampugnani Cristina Marenzi Gloria Barili 

#8marzo #collettiva menapace 

Una chiosa (in auto-violazione di privacy)… 

…sia consentita a chi scrive qui. Che non ha potuto non ricordare, commuoversi ed incazzarsi (sì, incazzarsi e molto). Perché, care e coraggiose amiche, chi scrive qui sa di che avete manifestato. Per un dovere di conoscenza che incombe su chi scrive e di conoscenza diretta. Mi avete commosso e costretto a ricordare. Dicembre 1993: un campanello d'allarme per l'altra mia metà del cielo. Da cui scaturisce l'accelerazione dell'abituale controllo senologico presso Lega Tumori: Avvertito un nodulino. Consiglio: impacchi tiepidi (per superare la pausa natalizia). A Befana archiviata, interpelliamo l'amico medico e vicino di casa, nonché volontario presso la Lega, che indirizza ad un ago aspirato. Urgente. Che dà luogo ad un esito, diciamo, da non prendere sottogamba. Nella struttura opera un giovane medico, entrato da poco nella chirurgia diretta dal prof. Palmiro Alquati. È nipote di un collega consigliere comunale. Non lo conosco. Ma lui riconosce (dal nome) mia moglie e me. Tramite zio, esorta alla speditezza.  Si effettua la stadiazione. Esito, preoccupante, anche in considerazione della condizione ancora fertile. Conoscevo il luminare per eccellenza, il prof. Veronesi che avevo ospitato a Cremona per importanti conferenze. A lui, in forza di questo rapporto, non dico di amicizia, ma reciproca stima e conoscenza, avevo dirottato numerosi casi disperati. Non si era mai sottratto. Nel giro di una settimana si occuperà anche di mia moglie. Niente ruffiana pacca sulla spalla di minimizzazione. Ma, come si deve fare sempre, la verità sul caso che si presenta in tutta la sua realistica gravità.  Soprattutto (a domanda, risposta, circa la struttura presso cui affrontare il caso) un consiglio da bingo: rivolgetevi all'ospedale di Cremona: il caso verrà affrontato come lo farebbe l'Istituto Tumori di Milano. Si inizia un percorso fatto di: 1) un mese di chemio preventiva, per la riduzione del "cecio" come direbbero le interpreti di Parenti serpenti, e per entrare negli standards della quadrantectomia. 2) un mese dopo, l'intervento chirurgico (praticato dal primario Alquati e dell'equipe chirurgia 2) 3)entro un mese successivo (in contemporanea con l'avvio del secondo ciclo chemioterapico) avrebbe dovuto iniziare la radioterapia (posticipata sine die causa una  capienza del reparto, limitata da flussi extra regionali) 4) ma siccome quando si è consapevoli del diritto alla salute e dei protocolli terapeutici, chi la dura la vince, il ricovero per il ciclo radioterapico inizia immediatamente dopo il ciclo chemioterapico successivo alla quadrantectomia chirurgica. 5) Dopo il collaudo del secondo ciclo, avvenuto in costanza di degenza, le successive sedute avvengono in regime di paziente esterno. Soprattutto, va focalizzata una circostanza: in quel 1994 non esisteva presso l'ospedale Maggiore uno specifico Reparto di Oncologia. Specialità praticata, per quanto si riferisce a Senologia, sotto la direzione del primario e il diretto impegno dell'aiuto dott. Bottini (alle prime, ma promettentissime, armi). Il reparto non esisteva né come Unità Terapeutica né come, diciamo, location. Gli interventi avvenivano nella parte terminale del corridoio chirurgico del terzo piano (accoglienza, pausa e controllo) e nella sala adiacente. Vi operavano due giovani infermiere professionali (sfornate dell'eccellenza scuola formativa del nosocomio). Eccellenti professionalmente e umanamente.  Rese tali anche dalla consapevolezza di una stagione pionieristica.  In cui si doveva badare al sodo. Una parola va spesa anche su un lato non marginale di quella vicenda clinico-umana, in cui la diretta interessata non si fece mancare niente. Tra cui la Curie Terapia. Segmento anche nel quale si ebbe modo di incrociare quel mostro di umanità e di professionalità che risponde all'indimenticata dottoressa Cafaro. Parliamo di cose avvenute quasi trent'anni fa. Periodo in cui le acquisizioni scientifiche e le relative pratiche diagnostico-curative erano, a livello territoriale, agli albori. Ma pressantemente nelle consapevolezze, negli auspici e nell'intensità del lavoro quotidiano dell'apparato medico e paramedico e della sala regia del nosocomio di largo Emilio Priori. In cui operavano apostoli della sanità pubblica come Celo Cottarelli, Felice Majori ed il direttore Sanitario dott. Lanzarini. Puro pionierismo, quello. La privacy e la "complicità relazionale" dei pazienti (tanto per richiamarci al senso della giusta protesta delle pazienti contemporanee) erano, diversamente dal presente in cui le scelte aziendalizzate vengono orientate dell'ottimizzazione dei costi, negate da uno stato di avvio e di sperimentazione di protocolli terapeutici e di moduli assistenziali allo stato nascente. Poi tutto avrebbe preso consistenza e velocità.  Fino alla costituzione di eccellenti Unità di cura. Da lì non si può retrocedere. La ghigliottina dell'aziendalizzazione venne introdotta col menzognero slogan "fuori la politica dalla sanità " Intendendosi fuori l'invadenza del controllo dal basso dell'utenza e delle istituzioni territoriali (dei "rossi"). Si sta compiendo la devastazione del nostro ospedale. La comunità del territorio non può stare che da una parte sola, con Area donna. Gridando: fuori i Rossi dalla sala comando della strategia che sta marginalizzando la sanità pubblica e impinguando i profitti e i patrimoni della sanità capitalistica! Indietro non si torna!!! (e.v.) 

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