Proseguendo nel "dibattito" sul "Dossier Lavoro", emerge quanto l'Europa si trovi, oggi più che mai, ad un bivio. Se il progetto dei nostri "padri fondatori" aveva come finalità (chissà quando) gli Stati Uniti d'Europa, ne consegue che non è più procrastinabile un'unico sistema fiscale, realmente omogeneo, dell'Unione. Che, nella logica interconnessione col mondo del lavoro, potrebbe creare il giusto humus per un diverso sistema di relazioni industriali/sindacali più forte e, magari, coeso. Il quale necessiterà di una Politica che sappia svolgere l'imprescindibile funzione regolatrice rispetto all'economia, sia quando le cose vanno bene, sia qualora dovessero andare male.
Per uscire dalla crisi economica causata dalla pandemia, gli Stati nazionali saranno utilizzati come bancomat. Quegli stessi Stati che sono visti dalle imprese come un sistema vessatorio per l'estrema farraginosità burocratica e l'elevata pressione fiscale (che è poi la medesima in capo ai cittadini-lavoratori).
Riceviamo e pubblichiamo il graditissimo contributo di Marco Pedretti, Segretario Generale CGIL Cremona:
La fase che stiamo attraversando è sicuramente molto complicata dovendo affrontare e fare convivere una emergenza sanitaria con una difficoltà economica determinate dalla pandemia da Coronavirus.
Sappiamo con evidenza che attraverseremo una fase di crisi economica e di recessione, con il rischio di gravi ricadute sugli assetti economici e produttivi e che a tutto questo si potrebbe accompagnare una pesante crisi sociale. Non sappiamo però né quanto sarà l'entità dell'impatto né per quanto tempo dovremmo affrontare tutto ciò.
Sicuramente si è modificata la scala di valori nella percezione delle persone a partire dalla centralità del sistema sanitario nazionale e delle reti pubbliche quali presidi fondamentali di cittadinanza, unitamente alla consapevolezza della necessità di una profonda revisione degli assetti istituzionali a partire dal ruolo delle regioni.
A differenza del passato, servirà che gli interventi straordinari che si stanno mettendo in campo abbiano come priorità la tutela del lavoro oltre che la tutela della salute, non si può certo pensare di usare questa pandemia per mettere in discussione i diritti nel lavoro.
Anzi al contrario si deve qualificare il lavoro, abbattere la precarietà, definire nuove regole per contrastare la competizione svalutativa del lavoro.
È proprio il lavoro il grande tema di questa fase e per questo ci attendiamo risposte all'altezza dei problemi, visto che anche nel lavoro la pandemia lascerà profondi cambiamenti: l'utilizzo massiccio della tecnologia digitale, il distanziamento sociale imposto dalle misure di contenimento, la necessità ancora maggiore di determinare condizioni massime di sicurezza nei luoghi di lavoro, gli effetti economici che cambieranno il sistema produttivo anche con la nascita di nuovi bisogni oltre che con il perire di altri.
A questo cambiamento delle condizioni non si può rispondere con l'armamentario noto di chi ha come unico obiettivo lo scaricare sulle spalle dei lavoratori e delle lavoratrici le conseguenze di questa difficile situazione. Servono risposte nuove, inedite e coraggiose per non lasciare nessuno indietro a partire da una valutazione seria sulla possibilità di una riduzione generalizzata degli orari e del tempo di lavoro, a parità di salario, finalizzando la redistribuzione dell'orario a favore dell'occupazione e della sua qualità.
Siamo di fronte ad un quadro severo non solo sul piano finanziario, ma anche per le incognite che stanno trovando le nostre imprese alla riapertura, in rapporto ai fornitori ed ai clienti e dunque sulla capacità di ricollocare i propri prodotti. Sarà necessario agire sulla domanda interna consapevoli però che dalle esportazioni deriva 1/3 del PIL del paese.
Tutto ciò però ha come condizione la comprensione da parte del sistema delle imprese della sfida di cambiamento che questa situazione impone e di non pensare di tornare alla situazione precedente come se nulla fosse accaduto.
I «tempi» sono dunque quelli di una accelerazione nel cambio profondo degli indirizzi di politica economica e sociale, degli investimenti, pubblici e privati, e di una diversa finalizzazione degli incentivi. Dobbiamo spingere sull'innovazione, sulla riconversione ecologica e sul cambio energetico proprio come condizione del rilancio, attraverso la centralità dei bisogni fondamentali della persona e del territorio, al valore del lavoro e delle sfide globali.
Questo rinnovato ruolo pubblico non deve riguardare solo le politiche nazionali ma anche quelle europee. È l'ultima chiamata per l'Unione Europea. O ci saranno risposte all'altezza della situazione o non ci sarà più Europa.
È necessario affrontare con estrema forza e rapidità la situazione economica e sociale senza utilizzare le vecchie ricette di austerità ma con strumenti finanziari che permettano investimenti senza condizionalità. Una politica europea che metta tutti i paesi sulla stessa linea di partenza grazie a regole omogenee sul versante fiscale e investimenti in welfare e politiche industriali comuni.
È indispensabile non tornare indietro e non cedere alle pulsioni di chi vorrebbe approfittare di questa fase per mettere in campo quelle stesse politiche liberiste che sono state la causa dell'impoverimento del sistema pubblico del nostro paese.
Marco Pedretti
Segretario Generale CGIL Cremona