Con questa pubblicazione riprende, non prima di dover precisare, in un format escludente qualsiasi propensione militante, la rubrica, incardinata da molti anni, dedicata all'approfondimento della questione socialista.
Al confronto partecipano Virginio Venturelli, in questi anni riconosciuto riferimento della rete territoriale di testimonianza socialista, Clara Rossini, presidente dell'Associazione Emilio Zanoni e riferimento della Comunità Socialista, la lettrice Caterina Lozza. Come non sarà difficile avvertire, riflessioni rimarchevoli per carica idealistica e per appropriatezza.
Socialisti: ennesima occasione sprecata
Tra gli aderenti alla Comunità socialista cremasca e cremonese, in molti hanno individuato nella iniziativa degli stati generali del socialismo italiano, la svolta per decidere se accentuare o meno il loro impegno politico locale. Il controverso esito dalla manifestazione, che tra i primi abbiamo sostenuto, sia pure con modalità diverse rispetto a quelle attuate, merita qualche riflessione più oggettiva di quelle lette nell'ambito dell'area socialista. L'evento mal condiviso preventivamente con i movimenti, i circoli, le associazioni e le personalità del mondo socialista, ha mancato innegabilmente diversi obiettivi.
Al riguardo fuori luogo, ci sono sembrate sia l'enfatizzazione dei risultati ottenuti da parte del PSI, cosi come le saccenti derisioni dei detrattori, assenti a tutte le riunioni programmate. Senza alcun confronto libero e franco sulle prospettive politiche della tradizione socialista italiana, abbiamo per l'ennesima volta sprecato l'occasione per ricostituire un punto di riferimento distinguibile nello schieramento del centro sinistra, oltremodo bisognoso di un progetto unitario di governo, politico ed istituzionale. Abbiamo mancato di affrontare le questioni dirimenti della autonomia socialista, della militanza unitaria, ancorché dialettica, nello stesso Partito, delle future alleanze politiche ed amministrative, lasciando in campo tutte le ambiguità che più volte abbiamo sottolineato come deleterie per la credibilità di un Partito. Abbiamo mancato di coraggio nello scegliere tra l'opzione mirante alla presentazione di una lista socialista autonoma alle elezioni europee, rispetto a quella di essere ospiti in altri Partiti, in attesa delle decisioni delle altre forze politiche alleate.
In ogni ambito è tempo di agire come diceva Nenni, “ fare quel che si deve e poi succeda quello che può” Per non portare più semplicemente i voti a nessuno, nascondendo ovunque diligentemente i nomi ed i simboli, davanti ai socialisti c'è solo una scelta: quella della definizione di un programma/appello nazionale, a supporto di una lista autonoma aperta alle sensibilità laiche, civiche ed ambientaliste, alle prossime elezioni europee del 2024, saldamente ancorata nel campo del centro sinistra. Tergiversare in vista di qualche accordo sulle candidature con il PD, Azione o Italia Viva, quando il primo aderisce al PSE solo per ragioni strumentali, e gli altri due Partiti dichiaratamente guardano al sostegno di Macron, politicamente non ha alcuna giustificazione. Lavorare per la rinascita di Liste distintamente di matrice socialista, oltre che funzionale alla fine della diaspora conseguente la dissoluzione dello storico PSI, segnerebbe finalmente il punto di ripartenza verso obiettivi ben più credibili ed ambiziosi. Come quello di aprire un dialogo ed un impegno comune, con esponenti ed aderenti, oggi a disagio nei rispettivi Partiti, ma senza alcun imbarazzo a definirsi socialisti.
Quello ineludibile di aumentare la forza elettorale per poter incidere nella rifondazione dello schieramento di centro sinistra e del suo programma riformista, oggi lontanissimo dall'essere competitivo con il centro destra. Quello di arrestare, anche sul piano locale, la progressiva diserzione dalle urne che aumenta anche nelle consultazioni amministrative, ove nonostante il fiorire delle liste civiche la disaffezione dei cittadini non si è affatto attenuata. Al Psi ed alle organizzazioni associative più significative dell'area socialista, chiediamo una severa riflessione sulle responsabilità alla base della stagnante situazione in essere, variamente differenziata e senza ancora alcun sbocco unitario.
Registrare nuove personalizzazioni e autoreferenzialità, prive di generosità, volontà di aggregare con passione, responsabilità e sobrietà nelle parole, è veramente insopportabile. Gli auspici di cui sopra li abbiamo ribaditi anche nella fase ricostituente della Federazione provinciale del PSI, ma pur generalmente condivisi, sono stati presto accantonati per assecondare Dirigenti ed indirizzi nazionali. Ne siamo dispiaciuti, ma ciò detto, per cambiare e condizionare le scelte future dell'area socialista, l'iscrizione al Partito Socialista Italiano, resta la via principale rispetto a tutte quelle che ne incentivano l'abbandono, senza alcuna autorevolezza per farlo.
LA SINISTRA: che vale una tessera?
Caro direttore, un tempo e sin da ragazzina, avevo una certezza: la sinistra aiuta e rivendica i diritti delle classi più deboli, la destra al contrario solidarizza per evitare di perdere il proprio potere economico e sociale. In famiglia, seguendo l'esempio di mio padre, la politica era distribuire agli altri o condividere quel poco che si aveva grazie al doppio lavoro di mia madre. Non eravamo un convento di frati francescani, ma si seguivano le leggi del cuore. Crescendo cercavo di capire come il partito a cui apparteneva mio padre, partigiano ma già ragazzo (invalido) del ‘ 99, seguisse la linea dei padri fondatori, se li vogliamo chiamare così. Non nascondo che sceglievo di votare sempre più “a sinistra” quando dubitavo che le belle idee del socialismo si stemperavano e il nostro sole “sbiadiva“. Tanti anni sono trascorsi, troppi. Una utopia riuscire a distinguere le varianti degli animi che dovrebbero sorreggere e risolvere i problemi dei più bisognosi. Credo sia inutile ricordare come questo disorientamento abbia determinato l'assenteismo dei votanti …regalando ancora una volta il potere alla destra. Ho paura, direttore, del futuro che ci aspetta a settembre, ormai qui alle porte. Tre o quattro partiti “si stringeranno a coorte “per “non mollare “, anche senza una convergenza di propositi ben diversa. Guardiamo a quella che è diventata l'opposizione? “Non ho più occhi per piangere “direbbe sconsolata mia madre” …ma non possiamo permettercelo. Se la destra rimane opportunisticamente unita, perché la sinistra non torna a riabbracciare gli antichi valori che avevano determinato la conquista di una società moralmente migliore? Non lo ricordo cantando la Marsigliese, ma mi riferivo a quelli.
Non desidero perdermi ulteriormente nel rimpianto del passato. Il mondo è cambiato. il facile guadagno, esempi non edificanti all'ordine del giorno, il permissivismo, sempre nuove esigenze buttate qua e là e non ci si riconosce più.
Ci si perde in tanti rivoli di giustificazioni, antipatie, prevenzioni anche nate dal nulla per non ritrovarsi più in un unico partito: LA SINISTRA. Che vale una tessera? La convinzione che qualcuno ti appoggia e ti rende più forte di chi sembra essersi allontanato dal tuo stile di pensiero? In cabina tu ci sei? “in cabina Dio ti vede. Stalin no!! “sentenziava il grande Don Camillo. Perché ridurci a mezzucci per difendere chi? Noi stessi?? Sono sempre dell'idea (vedi quanto già in precedenza scritto) che l'Unione fa la forza. Se il fine ultimo è uguale per tutti i ben pensanti non oscuriamolo! Sulle differenti proposte per raggiungerlo si può lavorare, qualcuno ci ha dotato di intelletto …o sbaglio? Opportunismo, gelosie, falsi sorrisi, accomodamenti vari, lasciamoli alla destra.
Il Paese desidera ben altro e vi è ancora tanta ma tanta strada da fare, magari iniziando a vedere come si possano parare i colpi che giungono dall'alto tesi a prevaricare i desideri e le necessità dei cittadini che vivono in fiducia di un governo onesto, capace e responsabile.
Grazie gentile direttore, confidiamo in tempo migliori? Si sa, la speranza è l'ultima a morire
La tessera: un sistema superato
Dopo aver letto le ultime newsletter de L'Eco, ho fatto una mia riflessione. L'ideologia socialista certamente va conservata e custodia, ma le logiche di partito e l'iscrizione con tessera mi sembra un sistema superato. Lo strumento da utilizzare oggi è il coinvolgimento dei cittadini sul territorio. Bisogna lavorare per portare gli astensionisti al voto. Bene il salario minimo, riforma della sanità pubblica, istruzione e rincari. I militanti e i dirigenti del PSI con umiltà devono cercare convergenza con il PD e lavorare per il bene comune. Se ognuno di noi porta il suo apporto e non si lascia prendere dall'indifferenza pensando solo al proprio tornaconto, allora si avranno risultati elettorali che rispecchiano la vera democrazia e libertà del Paese.
L'Eco del Popolo costituisce fonte di una lettura intelligente e conoscitiva. Condivido pienamente il modo che usi per arrivare al centro dei problemi sociali. Spiegare con parole non forbite ma chiare le possibilità di risoluzione a problemi complessi non è facile. Oggi ho sentito il messaggio del Presidente Mattarella al Meeting di Rimini i suoi richiami alla solidarietà, al valore del bene comune, ad una politica che unisce di confronto e ovviamente al rispetto della Costituzione mi ha commosso. Parole ricche di patos, di umanità, di passione e amore per la Patria. Mi ha toccato l'anima
Ci pare di poter fondatamente affermare che siamo in presenza di belle riflessioni, che onorano l'idealismo di chi le ha fatte e che mantengano una pur esile speranza sulla possibilità di qualche resilienza della bella politica, meglio se nei bacini della sinistra riformista.
Scrive oggi sul Corsera Sabino Cassese, civil servant della Repubblica e autorevole commentatore politico: “Gli iscritti ai partiti, oggi il 2% della popolazione, erano l'8%. Strumento essenziale della democrazia, sono implosi: hanno una base ristretta che non viene consultata”.
Il dato è allarmante per l'intero sistema liberaldemocratico. Oseremmo dire: trasversale. Anche se il rilievo dovrebbe allarmare maggiormente l'area di centrosinistra.
Siamo stati antesignani, pur restando testimoni della cultura e della storia socialista, del superamento delle vecchie demarcazioni-partito. Che si traducono in una turlupinatura dei sinceri idealisti e nel mantenimento di nomenklature animate solo da impulsi di potere e prebende. Per di più, con l'asfaltatura della partecipazione di massa e con lo sfarinamento cognitivo, i partiti come li abbiamo conosciuti sono improponibili. Quello socialista, prima di tutti. Il cui nome, simbolo, storia, residuale bacino di voti e tessere vengono disputati da cinici continuatori di una narrazione controfattuale.
Il giudizio sulle tracce prestazionali di tutto quanto è avvenuto nel movimento socialista dopo il 1993 non può non essere severo. Di ciò che è rimasto non metto neanche conto accennare. Un insignificante, inutile, forse dannoso e deviante involucro. Che replica le cattive posture dell'arroganza arrivistica di una nomenklatura il cui unico scopo è il lucro di piccole prebende scambiate con la perdita di dignità e ruolo politico.
Si sono evocate mirabolanti suggestioni circa la testimonianza del passato e la riaffermazione della militanza, poi non si è in grado o probabilmente ci si oppone acché ai tesserati vengano riconosciute le minimali prerogative di agibilità politica. Rappresentate dalla partecipazione alla definizione della linea politica, alla sua verifica, alla scelta delle alleanze ed alla definizione delle candidature interne ed esterne, alla selezione dei vertici dirigenti.
Come nel caso dell'ultimo Congresso, in cui si è tolta la parola ai dissenzienti e si sono contingentati gli interventi. Esilarante, infine, la pomposa definizione dei cosiddetti Stati Generali, arenati, dal punto di vista di una minimale definizione strategica, sul nulla.
Ripetiamo, bellissime, oneste, per quanto caratterizzate, riflessioni. Che favoriscono, o dovrebbero, la ripresa del confronto su una questione nodale. Per la testimonianza socialista e per una convergenza più vasta di rilancio della sinistra riformista. Come è risaputo, negli ultimi 30 abbiamo vissuto e operato (ci pare di dover aggiungere, fattivamente) anche senza tessera. Anzi è stata proprio la mancanza di tessera a proiettare il nostro, visto che abbiamo agito insieme ad altre compagne e compagni, impegno in una visuale più vasta e consapevole. In una prospettiva di resilienza del valore del socialismo liberale e laburista, nel vasto contesto della sinistra riformista.