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La sinistra e la questione socialista /27

  03/07/2023

Di Redazione

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Riprendiamo per intero da La Giustizia, quotidiano socialista telematico, rifondato e diretto da Mauro Del Bue, L'occhiodelbue del 1° luglio 2023, riflettente i percorsi, da quanto percepiamo, tortuosi del PSI.

Contrordine compagni

Ennesima giravolta Psi. Riepiloghiamo. Prima la direzione lancia la lista del solo Psi alle elezioni europee della prossima Primavera. Poi una successiva direzione precisa che la lista da fare é quella del socialismo europeo, dunque del Pd italiano, infine ci si mescola ad una riunione con le liste civiche convocata a Milano dalla Moratti. Infine si inneggia alla vittoria dopo la secca sconfitta alle regionali e alle comunali. Ieri il segretario di Roma diffonde una nota sostiene l'unità di tutte le forze dell'opposizione per battere la destra e oggi il segretario nazionale, oplà, fa una rettifica di 180 gradi dicendosi contrario al campo largo, cioè all'unità di tutte le forze dell'opposizione. Si tratta di una politica a la carte. Ogni giorno una novità. Una sorta di jubox stile anni sessanta, quando inserendo una monetina potevi ascoltare una canzone. Quale politica vuoi? E la si ascolta. Anche senza la monetina. Per sentire le proposte del Psi sull'autonomia differenziata era stata promossa dalla Fgsi veneta una riunione a Padova a cui era stato invitato anche il segretario nazionale del Psi. Ma quando un esponente della Fgsi ha chiesto la parola, ad inizio riunione, gli é stata negata. E i giovani sono usciti dalla sala. Sono rimasti in dieci. I famosi dieci piccoli indiani di Agatha Christie. Dove, a forza di eliminazioni, alla fine non ne rimase manco uno. O forse uno, ma con le idee parecchio confuse.

Mauro Del Bue
Mauro Del Bue

Un contributo per sollecitare un dibattito sereno

Caro Direttore,

in questi giorni mi giungono nuove segnalazioni di socialisti che se ne vanno ed altri che minacciano di farlo se il partito non cambia e non si fornisce di una linea chiara. Analoghe posizioni ritrovo in alcuni compagni non iscritti al PSI che sono quantomeno delusi.

Ti riporto un pezzo di dialogo, la risposta alla mia richiesta di impegno, via WS con un caro amico, di famiglia socialista da sempre, lui stesso è stato nostro candidato.

Ciao giovanotto. Mio papà ha il cellulare vecchiotto e non legge whatsapp... inseriscimi pure nel gruppo, purtroppo il lavoro mi prosciuga, inoltre provo un generale sconforto sul modo di porsi del psi. Sono un esterno simpatizzante e capire le dinamiche interne è difficile, ad ogni modo faccio fatica a trovare una progettualità nel psi attuale.... probabilmente è un mio limite.

Buona serata.

La mia risposta:

La progettualità è difficile da far conoscere specialmente a chi a poche risorse. Lo sconforto è una sensazione che hanno in molti, in particolare per chi ha sentimenti di rivalsa o quantomeno di riscossa. Bisogna prendere atto che il PSI oggi parte da zero. Uno zero assoluto appesantito da una nuvola di ex che pensano sempre di essere stati il meglio di tutti e credono ancora di essere i migliori giudici, del presente e del futuro Partito Socialista 

I vari ex, a cominciare da quelli che ancora hanno audience sui giornali e le televisioni, farebbero bene a sé stessi, alla politica italiana e al PSI se non parlassero o, se lo fanno, diano una nota di credito a quelli che stanno cercando di ricostruire il PSI. (l'ultima nota di Bobo Craxi sembrava avvicinarsi a questo mio desiderio)

Il progetto è rifare il partito come se fosse appena nato ma collegarlo con l'eredità del passato.

Per quel che capisco io l'idea era, ed è, quella di non cercare alleanze precostituite, ma con un'attenzione verso Renzi.

Purtroppo Maraio (NDR, Segretario Nazionale del PSI) è caduto ingenuamente nella trappola di Letta che gli aveva proposto un seggio in parlamento. Seggio che sarebbe comunque stato utile al partito che ora non ha più nemmeno quella posizione istituzionale.

Appare evidente che, nel breve periodo, il partito non è appetibile per nessuno che abbia ambizioni politiche e anche, purtroppo, per quelli che vorrebbero essere incisivi col proprio voto. Un partito testimonianza, del quale si sentano orgogliosi quelli come tuo padre che sono sempre stati socialisti veri.

Digli che la tessera 2023 costa 14 euro.

Altro compagno più addentro alle evoluzioni attuali mi ha mandato la lettera di un dirigente toscano del PSI che spara a zero sulla segreteria e minaccia di andarsene perché gli attuali dirigenti portano i socialisti al suicidio di massa. La mia risposta:

Il suicidio di massa è stato fatto quando tutti quelli che potevano fare qualcosa non l'hanno fatto. Quando non avevano il coraggio di dirsi socialisti e navigavano a vista, partecipavano o dirigevano liste senza simboli di partito.

Una linea politica chiara, purtroppo, non l'hanno anche molti di noi. Insisto, sarà suicidio, ma dobbiamo provare a fare da soli. Il problema è convincere tutti, noi stessi e i dirigenti.

Il problema grosso è che tutti vorremmo un partito ideale, che non esiste e non è mai esistito. Leggetevi la storia del partito. Lo vorremmo dinamico e protagonista come ai tempi del primo Craxi. Illuminato come ai tempi del centro sinistra, dimenticando che Nenni aveva prima fatto il patto d'acciaio con il PCI, andando allo scontro con la DC i socialdemocratici, i repubblicani e i liberali portando così i socialisti in una posizione minoritaria.

Gli attuali dirigenti del PSI mi appaiono come il prete che stamattina ha celebrato   il funerale di un povero/ricco morto a 59 anni. Il prete faceva tutto lui, cantava, pregava si dava le risposte, perché fra la cinquantina di persone di praticanti eravamo solo 3 o 4. Il prete resisteva a tenere la sua funzione ma nessuno lo seguiva. Proprio come il PSI.

Chi regge oggi il timone lo fa certamente con l'ambizione di riuscire ad affermarsi e a far decollare il Partito.

Ogni struttura ha difficoltà a crescere omogenea, in particolare se nasce da una diaspora e da successive sconfitte. Per rimettere in piedi in modo autonomo il PSI ci vogliono persone che abbiano chiara una linea politica e siano ambiziosi e costanti. Gli attuali, almeno i nazionali e, sicuramente Maraio, possiedono entrambe queste caratteristiche.  Tuttavia l'ambizione è una nota che ha caratterizzato la storia della politica, socialista è non solo. Il guaio è quando l'ambizione non è supportata da capacità progettuali e da qualità umane. In questo ultimo caso Il fallimento è quasi sicuro. Qualora il progetto si avverasse ma la qualità umana dei capi fosse labile, si andrebbe quasi sicuramente verso la dittatura, con gli eccessi consentiti dalla quantità di potere posseduto che possono portare al dispotismo. 

Il PSI di Maraio è stato dispotico con i compagni del Veneto che sono stati commissariati? Non lo so, ma mi piacerebbe conoscere le motivazioni. 

I problemi su accennati valgono anche in piccolo quando qualcuno, con tanta buona fede e buona volontà tiene in piedi una sezione augurandosi di ingrandirla ed espanderla ma di fatto, rimanendo sempre autocertificante in tutto: alleanze, reperimento fondi, partecipazione ad iniziative ecc. Come scriveva Bolognesi, difficile far convivere il riformismo con il massimalismo, e io aggiungerei con l'anarchismo. Fra noi socialisti c'è di tutto, far convivere in un unico contenitore questa effervescenza è impossibile.  Come è impossibile definire i limiti. Va da sé che il buon senso è il buon gusto permettono ad ognuno di noi di esserci o di andarsene. 

Modestia vorrebbe che chi non ci sta non lo faccia apparendo schifato dal contenitore.

Alessandro Gaboardi (già dirigente delle ACLI, già Vicesindaco di Crema, iscritto PSI)
Alessandro Gaboardi (già dirigente delle ACLI, già Vicesindaco di Crema, iscritto PSI)

PS. Non sono il difensore d'ufficio della dirigenza del PSI, e non conosco nessuno dei dirigenti. Il mio è un contributo per sollecitare un dibattito sereno, non intriso dei veleni del passato e dalle prese di posizione preconcette. La nota è indirizzata a tutti ma in particolare a al Direttore che so poco incline a fare sconti.

L'impresa… riuscì solo al ragionier Emerenziano Paronzini…

…ma solo come innesco-scaturigine della narrazione della svolta esistenziale, con cui il mutilato di guerra approdato al distaccamento luinese delle Finanze escogitò, riuscendovi, un ascensore (di affettività e di rango sociale). Che in un sol colpo lo “accasò”, nel rango di capo della famiglia Tettamanzi, stimata, benestante e, soprattutto, dotata di tre nubende (o almeno di aspiranti tali), se non proprio smaniose, sicuramente desiderose di uscire dalla condizione di nubilato.

Con una soluzione (come si accerterebbe rileggendo il romanzo di Piero Chiara La spartizione e/o riguardando il film derivato Venga a prendere il caffè da noi di Piero Chiara) estemporanea, ma efficace: prendi tre e paghi uno. Per farla breve, il mutilato di guerra (alle natiche) si accasa, sposando la sorella maggiore, con la prerogativa di un menage a trois. Accettato e comodo. In cui il movente prevalente non era stata l'avvenenza, che semmai avrebbe costituito una severa controindicazione. Abilmente bypassata, con una forte valenza evocativa in sede letteraria e soprattutto cinematografica, con l'assemblaggio della parte buona di tre mele, recate come dessert in tavola, vistosamente bacate.

Insomma, avrebbe preso il buono dei tre frutti, apparentemente suscettibili di essere scartati.

La metafora, soprattutto nei portatori di una forte indole pragmatica, sarebbe applicabile in tutte le circostanze in cui si deve scegliere tra il niente e l'arte di accettare soluzioni di realistico compromesso.

Molti se ne adattano. Altri, quasi tutti, nei tempi correnti e soprattutto nella vita politica, se ne astengono. Nessuno, infatti, accetta di ricomporre il frutto come risultanza della rinuncia agli scarti e della fruizione delle parti integre.

E quando, raramente, si tenta questo metodo “minimalista” (ma in qualche misura destinato a qualche risultato), gli strateghi recuperano le mezze mele bacate.

Il rilievo, ça va sans dire, riguarda una postura ormai incardinata nelle consapevolezze e nei gesti collettivi. Maxime, in quella che si definisce cultura della sinistra e dei socialisti, in particolare. La cui storia è fatta, al netto di qualche discontinuità di splendori ideali e prestazionali, soprattutto di idiosincrasia nei confronti delle ragioni unificanti, a vantaggio del livello estremo della dialettica e del pensiero critico.

Pensa a cosa sarebbe stato il socialismo, inteso come sistemazione teorico-pratica del pensiero politico e movimento associativo voce strumento delle istanze del bacino di riferimento, se, anziché spaccare il capello in quattro, avesse, senza nulla rinunciare nella pratica del relativismo e della dialettica, avesse sapientemente e convenientemente tenuto a freno la verve. Per i socialisti sarebbe stato improponibile (diversamente non sarebbero stati socialisti) il modello del centralismo democratico (alla base della proliferazione di un concorrente che si sarebbe avvalso nella sua progressione di consenso e di ruolo del vantaggio della disciplina, quasi cospirativa) o un qualsiasi modello anche meno arcigno, che in ogni caso prevedesse un'etica coesiva minimale, a danno di un'incomprimibile impronta invece disagregante. Che nella storia di centotrent'anni sarebbe stata una costante. Con gli ovvi indotti, sul terreno della perforabilità del movimento e della sua tenuta nella competizione con gli avversari e i competitors.

Non si piange sul latte versato. E, detto con tutta franchezza, non avremmo potuto immaginare, per noi stessi, un diverso percorso militante ed esistenziale.

Ma di ciò (vantaggi ideali e handicaps di percorso) occorre essere consapevoli ed avveduti.

Ma, come direbbe, il compagno Totò De Curtis, ogni limite ha una sua pazienza. Perché va, per una doverosa facilitazione della narrazione, aggiunto che, quando si è alla canna del gas, dovrebbe prevalere il senso dell'utilità marginale di una postura che collide con la sostenibilità dei requisiti fondamentali per qualsiasi residuale prospettiva.

Diciamo che per quanto ci riguarda siamo nel pieno di questo contesto.

Non solo per effetto dei calcinacci che continuano a rovesciarsi sui socialisti italiani come effetto inarrestabile ed incontenibile dell'asfaltatura di 30 anni fa. Un evento di dimensioni e caratteristiche bibliche, da cui difficilmente ci si sarebbe potuti smarcare; ma da cui ci si sarebbe potuti risollevare (prendendo, ad esempio, le distanze dall'arrogante rifiuto, in chiave difensiva e giustificativa, all'ammissione). E con esso con l'avvio di un processo di rigenerazione, che partisse dalla conferma del profilo dell'ultimo ciclo riformista, ma che indicasse chiaramente l'approdo ad un format militante più consono alle aspettative dell'opinione pubblica e alle premesse dell'idealismo.

È andata così. E, come sosteniamo da sempre, noi che non abbiamo mai più avuto tessere senza rinunciare alla testimonianza ed alla militanza politica (sia pure nella forma della comunità), a certi errori e a certi fuori strada è impossibile porre rimedio.

Specie, se più o meno in buona fede e disinteressatamente, ci si inventano (per restare in gara) ruoli in contesti profondamente mutati, in cui la persistenza di ragioni di compatibilità appare di difficile riscontro.

Trent'anni fa, al netto di chi (come noi e pochi altri, rimasti a fare la guardia al bidone dell'idealismo e della memoria storica) ognuno ha scelto e compiuto la propria strada, in termine di testimonianza civile. Qualcuno (e ne abbiamo parlato recentemente in occasione del lutto nazionale e dei funerali di Stato) ha rinvenuto motivi di continuità e di coerenza sotto i nuovi incroci astrali. Altri non hanno faticato a ad identificarsi in nuove opportunità “di servizio”. Spesso o quasi sempre, nel campo della sinistra, senza troppo sofisticare in materia di coerenza e dignità, ma accettando ruoli al limite ancillare.

Ognuno risponde alla propria coscienza. Ma questi spunti ritornano, come dimostrano le querelles in corso tra opposti ed irriducibili competitors racchiusi in formats misurabili a livello di prefisso telefonico.

L'ultimo appello che abbiamo personalmente fatto e di cui diamo, con uno strappo alla regola della riservatezza, conto, è l'appello di quasi vent'anni fa. Con cui esortavamo a ritrovare le ragioni dell'armonizzazione e della convergenza a livello di una comune testimonianza ideale.

Poi, ognuno per la propria strada. Alcuni continuando nei segmenti della seconda repubblica. Altri, come noi e pochi altri idealisti, a testimoniare la storia e la cultura del socialismo riformista.

Ben convinti che la sagacia del ragionier Paronzini non è applicabile alla fattispecie socialista.

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