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La sinistra e la questione socialista /25

  11/04/2023

Di Redazione

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Vabbè… anche stavolta correremo il rischio di essere rampognati da alcuni nostri lettori che, inappuntabilmente, ci rimproverano “di essere troppo lunghi”, di privilegiare uno speech troppo strutturato, di perdere il contatto con la consapevolezza del mantenimento, da parte dei lettori, di una soglia di attenzione rapportata al profluvio della nostra offerta editoriale.

Che dire? Tutto vero! Gli è che, assumendoci le dovute immancabili conseguenze, abbiamo adottato un format editoriale, in contrasto con l'universo mondo della comunicazione dei social e della “stampa” telematica: niente pubblicità, niente fake civetta, nessuna indulgenza al mordi e fuggi. Bensi, appunto, edizioni “strutturate”, uscite quasi monotematiche, quasi ogni giorno uscissimo con un settimanale.

Accettiamo i rilievi critici, con senso di umiltà e di rispetto verso i lettori. Che anche se ci richiamano riservatamente, ci apprezzano e ci leggono. Probabilmente ci vogliono segnalare le loro predilezioni. Di cui, dichiarando che non accetteremo mai, neanche sotto tortura, gli inserti “dei consigli per gli acquisti” (vabbè si campa una sola volta!), terremo conto.

Ma non ogniqualvolta ricorrerà la fattispecie dell'edizione che andiamo a postare. Il cui format non può prescindere da un'impostazione “strutturata” finalizzata a fornire al lettore un quadro d'insieme dell'argomento in trattazione (che rappresenta, ogniqualvolta scendiamo per li rami del core business della rivisitazione storica agli incroci con gli attuali contesti, un percorso ermeneutico impegnativo).

L'edizione 25 della rubrica dice di per sé stessa della priorità nella gerarchia editoriale, che, è bene, come sillaberemo meglio nella chiusa, mantenere impermeabile da pulsioni “militanti”, rappresentata, appunto, dalla La sinistra e la questione socialista.

Siamo ben consapevoli della probabilità di uscire dal radar del presente, che blocca qualsiasi “confronto” sui cardini di una dialettica che non sa alzare lo sguardo al di sopra dello sciagurato deragliamento avvenuto nella forma della politica “liquida” e della fine della storia.

Ci proviamo ugualmente. Il presente dossier si compone di una prima parte dedicata al confronto “in casa socialista” favorito da alcuni eventi interni (di cui abbiamo dato conto), di una seconda in cui riprendiamo passi scelti di editorialisti di cultura socialista, di una parte finale, che, in una corretta impronta informativa, farà il punto.

Forum dei lettori

La Comunità socialista cremasca e la ricostituzione della Federazione del PSI

Su richiesta, ritorno a ribadire alcune considerazioni sul tema premesso, come titolo, al seguente contributo. In questi anni sul territorio provinciale, il municipalismo socialista, è stato mantenuto vivo dalle Comunità socialiste: cremasca, cremonese e casalasca.

Quella cremasca, soprattutto, pur consapevole dei limiti organizzativi e politici, è stata un laboratorio di idee e di riflessioni, riconosciuta da molti amministratori comunali ed esponenti altrettanti politici locali.

A fronte delle sconfitte elettorali, registrate dal centro sinistra, sia nelle ultime elezioni politiche che regionali, ci siamo posti l'interrogativo di come continuare il nostro impegno.

Due le opzioni principalmente discusse:

  • la prima orientata ad ampliare l'assetto culturale esistente, rinnovando i propri referenti, sempre in piena autonomia politica,
  • la seconda tesa alla confluenza nel PSI, facendoci parte attiva nella promozione di un congresso provinciale, in linea con gli obiettivi della convocazione degli stati generali del socialismo italiano.

È prevalsa l'indicazione favorevole alla ricostituzione della Federazione del PSI cremonese, ma altrettanto chiaramente la necessità di concorrere ad una radicale rigenerazione del Partito socialista Italiano.

Il Congresso tenutosi il 1° aprile 2023, ha centrato l'obiettivo del ripristino formale del PSI provinciale, mentre ha mancato, per l'assenza di significative realtà socialiste territoriali, gli auspici volti al dialogo con le associazioni, i circoli e le fondazioni di ispirazione socialista.

Quanto accaduto a Cremona, sta accadendo, purtroppo, un po'ovunque; rappresenta un segnale su cui riflettere sollecitamente per recuperare un potenziale grandemente diffuso, che non ravvisa più nel PSI, il proprio esclusivo referente politico.

Per riprendere il dialogo in ogni direzione, ed arrestare la nostra marginalizzazione generale dei socialisti, prioritariamente servono alcuni inaggirabili presupposti, quali riassuntivamente:

  • un chiarimento definitivo della linea politica,
  • un progetto di società che ridia motivazioni ai tanti elettori sfiduciati,
  • una militanza unitaria, ancorché dialettica, nello stesso Partito.

Insistere con iniziative autoreferenziali, senza dirimenti confronti tra le opzioni politiche in campo, ma miranti solo ad ottenere un cenno di attenzione da parte del PD, da un lato, oppure dal “Terzo polo”, dall'altro, non ha oggettivamente alcun senso, perché nei manifesti identitari delle forze citate, il termine socialista non è proprio mai menzionato. Decisamente più opportuno sarebbe invece ora di concentrarci sulla definizione di un programma/appello nazionale, a sostegno della presentazione, alle elezioni europee del 2024, di una lista socialista autonoma, aperta alle sensibilità laiche, civiche ed ambientaliste, saldamente ancorata nel campo del centro sinistra.

L'appuntamento, ove finalmente, con il previsto sistema elettorale proporzionale, si determinerà il consenso effettivo di ciascun Partito, per l'area socialista democratica e liberale, deve segnare un netto spartiacque rispetto alle reiterate scelte del passato, dissolventi la presenza socialista in vari rivoli e alleanze, senza alcun dignitoso risultato e riconoscimento politico. Un contesto ideale per il rilancio dei valori della libertà e della giustizia sociale, fondanti la tradizione socialista, e ancora particolarmente attuali alla luce delle crescenti diseguaglianze esistenti nella società e nella vita delle persone: da quelle culturali, a quelle economiche, lavorative ed ambientali.

Una opportunità che deve sollecitare tutti coloro che oggi manifestano apertamente delle perplessità verso gli indirizzi dei loro attuali Partiti, a convenire attivamente per il successo della Lista e del socialismo europeo.

A supporto della prospettiva sopra descritta, oggi ancor più convintamente di ieri, in dissenso con la indisponibilità della maggioranza del Psi nazionale, riteniamo fondamentale far seguire agli stati generali del socialismo, l'indizione di congresso straordinario, che formalizzi l'allargamento e la rinnovata composizione dell'area socialista, nonché del nuovo gruppo dirigente del Partito. Un congresso che ci offra un po' di visibilità in vista della consultazione europea, ma anche uno slancio superiore nei territori, come il nostro, a rischio di sfilacciamenti, dannosi per tutti, già dai prossimi rinnovi amministrativi.

Virginio Venturelli.
Virginio Venturelli.
Virginio Venturelli.

Perché siamo qui?

Ebbene, ora come allora noi siamo qui perché crediamo nei valori di libertà, giustizia sociale e laicità, ovvero, siamo socialisti, senza ulteriori aggettivi.

E oggi siamo qui riuniti per il congresso dei socialisti cremonesi per dare ulteriormente forza politica, gambe e struttura ai nostri valori e idee e per assicurare una presenza politica di riferimento nel territorio.

E possiamo essere qui oggi anche e soprattutto grazie a chi ha pervicacemente mantenuto la presenza socialista sul territorio e mi riferisco in particolare alle comunità socialiste e ai Circoli Amici dell'Avanti.

Un grazie pure alla redazione dell'Eco del Popolo, strumento che è stato, è e dovrà continuare ad essere la voce dei socialisti cremonesi.

Tutti noi abbiamo le idee chiare su chi siamo e da dove veniamo ma oggi, qui e adesso vogliamo porre basi più solide della nostra presenza livello provinciale ricostituendo la Federazione Provinciale del PSI.

E non solo, ci impegneremo a trovare quello che ci unisce, ad assicurare la massima apertura verso chi ci è molto vicino per ideali e valori.

Penso in primis ai socialisti che militano in altre forse politiche ma anche, ai radicali, repubblicani e ai liberali ai veri riformisti.

Bene, torneremo come nostra tradizione alle animate discussioni ma resteremo all'interno della amichevole dialettica; dovremo essere capaci a fare sintesi per via democratica ed infine proseguire uniti per riaffermare la nostra cultura, prima ancora della nostra storia.

Sia chiaro, non possiamo e non vogliamo tornare ad essere quelli di un tempo ma essere interpreti dell'oggi e ideatori del futuro.

Desideriamo fare una politica democratica, sociale, riformista e di lotta contro le disuguaglianze, lontana dai tabù e dalle ideologie attenti alle persone in particolare gli ultimi.

Vale a dire come era, è e resterà il nostro DNA.

Silvano Bonali, Soncino.
Silvano Bonali, Soncino.

Vorrei portare il mio contributo proponendo tre argomenti che, al mio avviso, debbono essere presi in seria considerazione dal Partito, a tutti i livelli, se vuol essere incisivo nella società italiana, europea e internazionale.

Argomenti che una volta definiti devono diventare il modello di comportamento dei socialisti, in questo ritornando alle origini del socialismo italiano quando parlava un linguaggio unitario senza bisogno che venisse deliberato da nessuna assemblea.

La prima considerazione è quella della collocazione internazionale. E' pacifico che sia occidentale e atlantista per quanto attiene ai sistemi di difesa e alle alleanze socioeconomiche.

Meno pacifico che questa collocazione preveda un appiattimento sulle convinzioni ideologiche e le prassi sociali dei Paesi trascinanti.

Abbiamo tutti ben compreso che non opporsi, come si sarebbe dovuto fare, o almeno non collaborare ad iniziative guerrafondaie come quelle dell'Irak e della Libia è stato un errore politico, una sciagurata mancanza di coraggio e preveggenza. Ciò ha causato e sta causando inenarrabili sofferenze ai popoli interessati, con disastri economici, sociali famigliari di milioni di persone che vagano per il mondo, quando ci riescono, alla ricerca di un luogo di pace.

Ciò che pare non sia ancora ben compreso dagli occidentali è che la pretesa di esportare la democrazia è un abuso che non avrà risultati, non tanto perché si cerca di farlo con la guerra, ma perché molti, anzi, la maggioranza dei paesi dell'est, del Medioriente e dei Paesi arabi, hanno una organizzazione sociale con radicate tradizioni che solo una evoluzione lenta e nascente dall'interno possono modificare e non è detto che debbano aderire pianamente alla nostra organizzazione sociale, anzi, più noi procediamo verso forme sociali nuove, vedi le famiglie omosessuali, più si radicalizza il distacco. Questi Paesi non hanno firmato la carta dei diritti dell'uomo del 1948, hanno assunto gran parte dei principi con un trattato, riconfermato nel 2010, che è seguito da una postilla: “la carta dei diritti è una fonte di diritto gerarchicamente inferiore al Corano e alle tradizioni islamiche.”

Un esempio di quanto possano incidere le convinzioni religiose nella popolazione si può trarre dal risorgere della religiosità nelle campagne russe e non solo nelle campagne, a Mosca all'indomani della caduta del sistema sovietico, nel 1992 si ricostruì la chiesa del Salvatore che Stalin aveva fatto distruggere nel 1931 creando una splendida piscina riscaldata per il popolo.

Una questione, quella fra Stato e Chiesa, che in Europa si trascinò per circa 300 anni. La Francia la chiuse con una legge del 1905 su proposta di un deputato socialista “moderato” e in Italia ebbe una prima soluzione solo con i Patti Lateranensi degli anni 20 e una, forse definitiva conclusione, con il concordato del 1984 stipulato con il governo Craxi.

Ho fatto questa non breve premessa per introdurre la discussione sul perché ci sia questa ostilità dei Paesi dell'est e di quelli arabi nei confronti degli occidentali. Diversamente da come viene presentata non è una semplice ragione di potere, ma è il timore che le loro società vengano uniformate al modello occidentale. Un modello che lascia perplessi anche molti occidentali benpensanti, dove benpensante non significa necessariamente il solito conservatore retrogrado e bacchettone, ma una persona che si interroga chiedendosi se lo sviluppo della nostra società abbia i titoli per essere presentato come modello da seguire completamente da altri paesi. Una riflessione su questo punto andrebbe fatta.

La popolazione russa é certamente disinformata, tuttavia pare appoggiare la politica di Putin perché questi, spalleggiato dal clero ortodosso, la rappresenta come una battaglia di civiltà.

Putin si presenta come il difensore della famiglia e della religione, ostacolando con mezzi spesso non legittimi qualsiasi deviazione o innovazione. Putin il “conservatore” che per necessità e altruismo ha scatenato una guerra fratricida dalle conseguenze imprevedibili.

Questo ultimo punto introduce il secondo argomento: democrazia, partecipazione, governo del bene comune, Democrazia senza partecipazione non può essere, così come il governo può dirsi tale solo se riesce a realizzare azioni per il bene comune.

Esempi recenti come quello della Russia, per non dire di quello di Paesi Arabi come l'Arabia Saudita, dimostrano che gli spazi di partecipazione e condivisione dei cittadini sono molto ristretti. Il governo mantiene un potere quasi assoluto sui mezzi di comunicazione, televisione, giornali, Internet e media in genere. Esercita un potere dispotico con l'uso delle “forze dell'ordine” condiziona gli altri poteri quali la Giustizia e blandisce e dirige le forze armate lasciandole al riparo dalle operazioni più difficili utilizzando eserciti mercenari.

Questo accade in quei Paesi ma da noi? Un paio di esempi: Alle ultime elezioni in Italia ha espresso il suo pare poco più del 30% dell'elettorato, in Francia, in questi giorni, Macron ha fatto approvare, in commissione, temendo che di non avere la maggioranza in parlamento, una legge che vede contraria gran parte della popolazione.

Macron tira dritto perché è convinto che questo sia il bene del suo Paese. In Italia non riusciamo a fare un gassificatore a Piombino e pare anche da nessun'altra parte. Da 40 anni dobbiamo decidere dove collocare le scorie delle centrali nucleari smobilitate e potrei continuare con decine di esempi. Siamo tutti solidali ma i problemi e meglio che siano portati lontani dal nostro comune.

Esiste un problema di governo che tocca tutte le nostre istituzioni che va risolto cercando di mantenere inalterati o anzi migliorandoli i livelli di partecipazione.

I sindaci interessati dai vari problemi cercano di superarli e dimostrarsi democratici indicendo dei referendum locali sui vari temi, referendum che non hanno valore di legge ma verificano la percentuale di gradimento. È questo, a mio avviso un metodo falsamente

democratico in quanto in moltissimi casi il problema non riguarda unicamente gli abitanti di quel territorio ma l'insieme dello stato. In questo modo si rompe di fatto l'unità nazionale e sovente anche quella europea, come nel caso delle tratte ferroviarie internazionali.

L'art. 75 della Costituzione consente solo i referendum abrogativi con l'esclusione per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.

I costituenti si erano preoccupati di porre dei limiti alle abrogazioni per garantire la funzionalità economica del Paese e i principi di diritto. Oggi la complessità dei problemi rende a volte più onerosa per il Paese la non realizzazione di alcune opere e infrastrutture di quanto lo potesse essere l'abrogazione di una parte delle leggi tributarie. L'esempio prima riportato delle scorie radioattive calza a pennello, quanto ci sono costati in termini economici gli affitti dei siti esteri per ospitare le scorie? Si noti, affitti, perché gli accordi prevedono che quando avremo individuato i siti dovremo ospitare uguali quantità di scorie provenienti da altri Paesi.

A mio avviso sarebbe utile pensare a introdurre referendum confermativi, come in Svizzera, dove l'insieme della comunità vota su una proposta del governo o del Parlamento e questa diventa legge solo dopo l'approvazione da parte dei cittadini.

Questo aumenterebbe il livello di partecipazione e di consapevolezza. Su questo tema andrebbero anche valutate e modificate le competenze dei tribunali amministrativi regionali, istituiti a garanzia dei provvedimenti regionali e divenuti factotum su qualsiasi disciplina legislativa.

Da ultimo, il nostro comportamento, il comportamento dei socialisti per essere accettati ed entrare nelle simpatie delle persone, E' un punto dolente, abbiamo da superare una diffidenza, che si è trascinata per trent'anni e che forse non è più ostilità.

I motivi li conosciamo anche se come tutti, cerchiamo di ricordare solo quelli causati da altri sminuendo quelli nostri. Dico nostri in senso lato non volendo colpevolizzare nessuno ma….. Ma certo è che la gran parte della responsabilità è del quadro dirigente di allora che non ha saputo reggere a situazioni difficili ma non impossibili. Quadro dirigente che si è squagliato quando era necessario restare in trincea al freddo e al gelo come i soldati della prima guerra mondiale. Oggi questi ex dirigenti si propongono ancora come guide e ispiratori di strategie politiche di rinnovamento. Gente con testa, cultura e buone penne, sono numerosi, molto di più di quanto ci si potrebbe aspettare. Credo che ancor oggi abbiamo nel campo socialista il numero più elevato di circoli culturali e di pubblicazioni cartacee e on line di tutta la sinistra. Un capitale umano e di idee elevato che non riesce a sviluppare una proposta politica aggregante. Sono bravi ma non riescono a fare breccia

nel “popolo” cioè nei non addetti ai lavori, in quelli che leggono poco, si informano con qualche dibattito televisivo e qualche notizia giornalistica. L'esatto contrario dei socialisti di

un tempo che si informavano nelle cooperative, nei circoli, in fabbrica e nel sindacato. Un mondo totalmente cambiato, la grande fabbrica non c'è più, i circoli e le sezioni (che non abbiamo quasi più) non sono frequentate (questo vale anche per i compagni del PD) il sindacato esprime ancora un'azione a livello nazionale ma è parecchio assente nelle fabbriche ed è quasi sempre superato dai fatti nei momenti di crisi aziendali.

Dobbiamo cambiare linguaggio ed essere più aderenti al senso comune Il comune modo di “sentire” cioè di giudicare giusto, sbagliato, opportuno a fuori luogo, nasce dalle nostre convenzioni/ convinzioni, sviluppate da un processo educativo maturato dalla famiglia, dalla scuola dalla Chiesa, sia per i credenti che per quanti si dichiarano atei. Sono questi principi che guidano, o dovrebbero guidare i nostri comportamenti e naturalmente quelli dei governanti.

Dobbiamo avere l'umiltà di verificare se le nostre convinzioni sono aderenti al modo di sentire della gente. Vi assicuro che quando faccio leggere alcuni dei nostri ordini del giorno alle “ragazze o ragazzi” che vengono con me nei soggiorni al mare e ai monti, noto che la gran parte non capisce ciò che vogliamo esprimere e questi sono nostri elettori potenziali anche se non condividono alcune nostre posizioni. Purtroppo ci credono uniformati alle posizioni del PD e ad esempio erano indignasti sul fatto che la nuova segretaria abbia partecipato alla manifestazione a favore della registrazione dei figli delle famiglie omosessuali. Sono persone che hanno votato a sinistra e per questo si indignano, perché si sentono tradite.

Sul tema ho già scritto che ho molte perplessità a che vorrei che anche i compagni del PSI si facessero carico di questo anche se i più vicini mi dicono, “ci sono problemi più importanti. sono coinvolte poche persone Sarà anche vero ma il tema è caldo oggi e se vogliamo farci sentire dobbiamo farlo ora. Dobbiamo avere il coraggio di dire e sostenere anche battaglie, scomode per gente di sinistra, se ci convinciamo che queste abbiano sostanza.

Capisco che gli spagnoli, con Sancez, siano “più avanti di noi” e noi abbiamo bisogno del segretario del PSE, ma loro hanno una storia diversa. I socialisti spagnoli sono sempre stati anticlericali e certe scelte sono state fatte più per dimostrare la laicità dello stato che le esigenze delle persone, ma noi abbiamo una diversa sensibilità.

Vi invito ad esser coraggiosi e a non incominciare con i tatticismi proprio in questa fase. Corriamo il rischio di farci dettare la linea da gente come Peter Gomez che sostiene “papale papale” che non vale la pena di fare battaglie di principio sia su questo tema che su quello dell'Ucraina.

Un partito senza principi non sarà mai capace di trascinare aderenti e ottenere consenso elettorale. Osate, osiamo!

Sandro Gaboardi, Crema.
Sandro Gaboardi, Crema.

Ho avuto modo di riflettere e analizzare gli Stati generali del Socialismo, come scrive Valdo Spini alle prossime elezioni Europee del 2024 i voti per l'asse popolari socialisti saranno fondamentali per la formazione della Commissione Europea. L'asse popolari conservatori, ove si colloca ora Meloni, potrà essere bilanciato verso i populisti e creare problemi se non si annullerà il veto di alcuni Paesi. Applaudo al Forum Socialista e agli interventi di Martelli e Del Bue i temi trattati: ratifica Mes, elezione Schlein, giustizia, scuola e sanità sono da me condivisi. Mi piace meno il continuo richiamo alla Memoria storica del Socialismo, all'ideologia e ai valori del riformismo ci vuole umiltà, bisogna pensare all'oggi i giovani, le donne e i cittadini, purtroppo, guardano più a volti nuovi, a guadagni personali che al Bene del Paese. Se si vuole arrivare ad un riformismo lib lab ci vogliono convergenze e larghe vedute, rimanere arroccati al proprio prato verde porterà ad una disfatta e non a una rinascita del PSI. Mi piace il tuo contraddittorio sull'Eco, efficace e sincero.

La questione socialista è per te una spina nel fianco, io la penso,te l'ho anche scritto, in modo diverso dai dirigenti socialisti progressisti che vogliono tessere, militanti, congressi, discussioni infinite e divisorie. Ci vuole un approccio più visibile con la popolazione, spiegare i progetti e i programmi che si vogliono realizzare, sensibilizzare alla lungimiranza non siamo più in periodi di emergenza ma si lavora come se lo fossimo. Nei giorni scorsi Schlein è stata al Parlamento Europeo, accolta fra i socialisti con grande entusiasmo. Lavoriamo insieme per unire, anche nelle diversità si può sempre trovare un punto d'incontro. Ottimo il focus per la rigenerazione urbana, anche a Vicenza c'è tanto da lavorare, speriamo cambi amministrazione alle prossime elezioni.

Caterina Lozza, Vicenza.
Caterina Lozza, Vicenza.

Gentile Direttore, ho continuato a seguire gli articoli pubblicati dal giornale La Provincia relativi alla ricostituzione del PSI a carattere provinciale. Voglio credere alla buona fede degli organizzatori responsabili. Il Partito Socialista è sempre nel cuore di chi ha creduto nei suoi più alti valori. Chi si è mosso però nel lungo arco di tempo in cui la voce del PSI rimaneva al di fuori di ogni accettabile margine credo abbia voluto combattere perché il contributo dei fondatori, dei combattenti con armi o pensieri, dei martiri non andasse calpestato e ancora più dimenticato dai contemporanei e dai posteri. Sinceramente non sarà facile unire i vari tasselli di un puzzle sperando che si incastrino alla perfezione per arrivare all'unico risultato finale. Coltivare e difendere i germogli di in socialismo mai spento non necessita di un non voluto appiattimento comportamentale. I tempi sono cambiati, vi è smarrimento e delusione in ogni cittadino, prova ne è l'alto astensionismo. Utile e' il contributo di tutti, a seconda delle personali capacità, per giungere a risolvere qualcuna delle più disparate necessità territoriali per un benessere comune. Si evitano così spiacevoli fraintendimenti nel rispetto della libertà personale e della conquistata, si fa per dire, democrazia, l'arcobaleno, ahimè non della Pace, degli attuali partiti politici, le varie correnti al loro interno, al dire oggi e nel disdire domani mi destabilizzano. Sposiamo la legge del fare, ognuno con gli intenti più sentiti e sinceri per superare i numerosi ostacoli di una politica ormai obsoleta. La ringrazio caro direttore per l'ospitalità e ringrazio chi ha avuto la pazienza di leggere uno scritto critico, forse reso non molto chiaro dalla complessità della trattazione.

Clara Rossini, Cremona.
Clara Rossini, Cremona.

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Gestione unitaria e fallimento

Di Domenico Cacopardo
Di Domenico Cacopardo

Elly Schlein non è una sprovveduta catapultata al vertice del Pd da un'ennesima operazione farlocca di Romano Prodi (promotore di Enrico Letta, dopo esserne stato vittima, quando il dean dell'Ecole parigina era segretario del consiglio dei ministri dal 2006 al 2008 e responsabile primo dei disastri del governo in ragione della sua -di Enrico Letta- inidoneità nei confronti del lavoro di cucitura e di mediazione politica che, allore, gli era affidato), dall'entusiasmo cieco e inconsapevole delle giovani generazioni cresciute intorno al Pd, ma non per questo attrezzate culturalmente rispetto ai problemi politici e istituzionali del Paese, e dalla visione marpiona e disincantata dei vecchi sepolcri imbiancati di scuola democristiana (Franceschini) e comunista (Bersani). È una persona giovane, non ancora quarantenne, diventata furba operando nel e col mondo delle mezze tacche politiche che danno ai partiti (di destra, centro e sinistra) quel ceto di assessori che sanno che hanno una solo chance per andare più avanti: diventare il delfino del capo locale, regionale o comunale e un giorno succedergli.

Una scuola di furbizia e di attesa con la quale non si può superare il gap culturale dei giovani ipocinquantenni ignari della storia politica e altresì della scienza politica, di cui al massimo hanno appreso un derivato, la constatazione che la politica è una scienza geografica, nel senso che, guardata la mappa delle disposizioni di forze e uomini, va scelta la propria posizione sulla base di parametri oggettivi. Giacché quelli soggettivi, cioè le doti di ogni politica pertengono alla volontà superiore che rende Tizio un genio e Caio un imbecille con buona pace delle volenterose e illusorie aspirazioni alla generale eguaglianza.

Questo per dire che Elly è una furbina collaudata che non ha ancora manifestato significativi sintomi di essere padrona dell'intelligenza politica che consolida le leadership consegnando il bastone del comando a chi il bastone non l'ha.

Ora, nella magmatica situazione post-congressuale, nella quale s'è affermato un modus vivendi con il presunto (perché non reale, solo virtuale) perdente del congresso, Stefano Bonaccini (perdente perché privo della fiducia del generone imbiancato di cui dicevamo prima, quello di Franceschini, Bersani e Bettini, tutta gente che sa di non potersi fidare della vis conservatrice del presidente dell'Emilia-Romagna troppo vicino a Renzi per affondare nell'immobilismo), che ora dovrebbe essere formalizzato nella magica endiadi «gestione unitaria» le questioni irrisolte (e quelle irrisolvibili) stanno emergendo tutte insieme di fronte alla Schlein e a Bonaccini, costringendoli a uscire dagli slogan per affrontare la realtà reale.

«Gestione unitaria» è una formula vecchia e consunta nella quale c'è stato di tutto. Il suo contrario è «gestione maggioritaria» cioè piena responsabilità di chi ha vinto un'elezione o un congresso nell'assumere i compiti che gli spettano e nel perseguire le proprie linee politiche. Era di De Gasperi la gestione unitaria della Democrazia cristiana e di Fanfani quella della maggioranza che, con lui, assunse la responsabilità del partito. Era di Moro una apparente gestione unitaria, nella quale le sue capacità di manovra (si diceva allora di lui che il suo motto era: «mi piego ma non mi spezzo» che la tragica esperienza della prigionia confermò) gli permetteva, giocando gli uni contro gli altri, di dominare anche con il concorso del vitale controllo delle finanze del partito.

Craxi partì con una segreteria unitaria di cui in pichi mesi fece un boccone. Il Pci ebbe segreterie unitarie più formali che sostanziali, all'interno del dominante «centralismo democratico», la trasposizione italiana del partito leninista sovietico che ben presto si dissolse nelle articolazioni tipiche del nostro costume politico.

Quindi, la «gestione unitaria» di Elly Schlein per il momento significa soltanto che lei non ha la forza per assumere la piena direzione del suo partito formando organi a lei congeniali sulla base delle personali simpatie. Giacché lo si è visto bene, a qualche più o meno felice slogan, tra Schlein e Bonaccini è difficile trovare argomenti di sostanziale distinzione o divisione.

Ora, occorrerà del tempo -non molto, al massimo un paio di mesi-per capire se la «gestione unitaria» permetterà alla segretaria di impadronirsi del partito o la costringerà a dividere oneri ed onori con Bonaccini, fermo restando il fatto che non potrà liberarsi dei sepolcri imbiancati di cui sopra che di lei sono i protettori e i riferimenti.

«Working in progress», mentre il Paese affronta le prime serie difficoltà in Europa e si deve confrontare con un contesto difficilmente omologabile alle esigenze che la presidenza Meloni manifesta. E qui, rispetto alla smaccata strumentalizzazione delle opposizioni (compresa quella non prevista del noto Calenda), ricordo a me stesso un vecchio detto britannico: «right or wrong it's my country» e, con esso, che le difficoltà italiane a Bruxelles non sono una novità, soprattutto sul tema controverso e irresolubile dei migranti economici (sui quali lo sciacallaggio ha raggiunto livelli mai visti).

Se la segreteria Schlein significherà strumentalizzazioni e basse polemiche, il governo ne scirà rafforzato.

Non entrerò nel gioco delle previsioni sulle qualità che Elly Schlein mostrerà o non mostrerà. Soprattutto per rispetto nei suoi confronti e per conoscenza del gioco difficile che dovrà iocare.

Questa posizione non significa indulgenza, giacché come persona Elly la può pretendere, come politica dovrà rifiutarla.

Mauro del Bue

Nella giornata della Pasqua, auguri a tutti, anche alla segretaria del Pd Elly Schlein, che dopo due mesi ha partorito infine la nuova segreteria. Un commento a caldo di un dirigente: “Che coraggio, ha inserito anche qualcuno del Pd”. In massima parte i nuovi dirigenti provengono infatti da Articolo 1, da Sel, da Rifondazione comunista, dai movimenti radicali di estrema sinistra. E, un particolare non di poco conto, responsabile dell'ambiente è un esponente laziale che si é espresso contro il termovalorizzatore di Roma, che il sindaco Gualtieri ritiene essenziale e che é stata ragione della divisione tra Pd e Cinque stelle alle recenti elezioni regionali. Sono infuriati gli esponenti di Base riformista e in generale quelli che hanno votato Bonaccini. Anche l'area Cuperlo protesta. Insomma la Schlein ha fatto quel che aveva promesso. Una sterzata a sinistra ha bisogno di dirigenti di estrema sinistra, e anche di quel Ruotolo, il barbuto giornalista di piazza di Santoro, per esempio. La verità é che la Schlein sta costruendo un partito che non ha nulla a che vedere con quello del Lingotto di veltroniana memoria che, pure sconfitto dall'armata berlusconiana nel 2008, raggranellò oltre il 30%, e men che meno con quello di Renzi che, con le europee del 2014, riuscì addirittura a superare il 40%, cifra mai raggiunta da alcun partito di sinistra. Ma nemmeno con quello immaginato da Bonaccini (nella giunta regionale dell'Emilia-Romagna sono presenti anche i renziani), aperto al dialogo e all'unità col centro. Il partito della Schlein pare assomigliare sempre più al partito di Corbyn che, nel Regno unito, ottenne la più esaltante delle sconfitte elettorali del Labour. Ora, mi pare evidente che la segreteria Schlein apra uno spazio per i riformisti. Bisognerebbe che lo capissero innanzitutto Renzi e Calenda, che la smettessero di punzecchiarsi a vicenda, che lanciassero un percorso costituente con convinzione ed entusiasmo, e che lo comprendessero bene i riformisti del Pd perché dubito che il nuovo partito della Schlein assegnerà loro altra funzione che quella dei meri testimoni. Ma anche nell'area socialista si dovrebbero alzare le orecchie e avvertire il nuovo vento della politica. Si ha la sensazione che l'attuale gruppo dirigente del Psi si atteggi verso il Pd come l'Italia medioevale si atteggiava ai nuovi occupanti: “Vegna Franza, vegna Spagna, purché se magna”. A parte il fatto che, come insegnano le ultime elezioni, il piatto langue, mi chiedo: un socialista che ha vissuto i fasti degli anni ottanta potrà mai avere come riferimento un soggetto che premia Samarcanda e chi contesta i termovalorizzatori, e occhieggia al pentastellato in prestito Conte, magari col megafono di Boccia e Franceschini?

COORDINATE: IBAN: IT78L0503403264000000006648

Intestato a: ASS.NE POL.CULT.SOCIALISTA LIBERALE

Ragione Sociale: ASSOCIAZIONE POLITICO CULTURALE

Filiale: ROMA -MONTECITORIO

Sito: socialistaliberale.it

Giornale:

La giustizia. Net

Meglio essere chiari…

John Reed suggeriva: non disperatevi, organizzatevi. Qualcuno l'ha preso in parola. Anzi, qualcuno, tra il lusco ed il brusco di contesti permeabili a qualsiasi proditoria intromissione e nelle more della mai traguardata aspirazione di riagguantare la “copertina di Linus” (nome, tessera, simbolo del Partito) ha attivato una tattica da OPA ostile; nei confronti della preesistenza. Preesistenza delle modalità con cui una cospicua aliquota dei socialisti territoriali, consapevoli dei cambiamenti intervenuti nella politica, ma non di meno determinati a continuare la testimonianza ideale (senza soggiacere né al fascino della “divisa” né alla lusinga del continuare la militanza nei ranghi dei due poli contrapposti).

I partiti classici non esistono più. Anche se all'orizzonte non appare nessuna offerta associativa in grado di fornire risposte strutturate.

Indubbiamente in campo si arrabattano due modelli contrapposti: l'indecisionismo compiaciuto delle pulsioni populistiche (ultima generazione del massimalismo) e il decisionismo tout court. In cui svetta la mancanza di responsabilità dei players del sistema politico in atto. Figurarsi se, con queste premesse, ci può lusingare l'idea di “Stati Generali” che abbiano come uno (evidente, anche se non dichiarato) il reimpianto di qualcosa di lillipuziano, in sedicesimo replicante il format corrente. Ovviamente per lucrare qualche piccola rendita di posizione (meglio sarebbe dire, di servile acquiescenza). Essendo nota la nostra, diciamo, idiosincrasia a replicare formae mentis non più praticabili, rendiamo onore delle armi ai socialisti che postulano come precondizione per la ripresa della testimonianza il ripristino della struttura partito, del nome, del simbolo e quant'altro che sa di apparatcik e nomenklatura. Non perché ne abbiamo fatto senza dal 1992. Ma perché consideriamo le chances di resilienza degli ideali socialisti meglio riposte nella forma associativa, dialogante, permeabile dei convincimenti e delle coscienze di tutti coloro che postulano il socialismo lib lab. Per queste ragioni in oltre 30 anni insieme ad altri compagne e compagni abbiamo testimoniato, mi pare, non meno di molti altri, che hanno sventolato tessere PSI, salvo, com'era nel loro diritto, perdersi per strada. Il PSI di ultima generazione è, senza alcuna intenzione offensiva, la progressione del peggio: nessun progetto teorico, cinismo nelle alleanze, totale assenza di condizioni minime di associazione militante. Per impronta culturale e per propensione alla contaminazione coi nuovi fermenti, non abbiamo mai chiuso porte, ma sempre aperto dialoghi. Nonostante ciò negli ultimi due anni non è mai sfuggita l'intenzione di un'OPA ostile di annessione della Comunità Socialista, da parte di una piccola, "ditta". Interessata (ci riferiamo, ovviamente, alla sala regia) solo a sottomettere ai propri calcoli cinici e alla propria arrogante autoreferenzialità qualche scampolo di disponibilità a farsi marchiare. Le micro ditte, che nella migliore delle ipotesi rispondono ad un impulso feticistico, non fanno per noi, da quando è finita la storia. Senza malanimo e con grande rispetto per i portatori sani di idealismo e buona fede, questa "cosa" da noi non avrà, come disse Turati, né un uomo né un soldo. Sono convinto che siamo più utili alla preservazione della storia socialista e alla contaminazione dei valori del socialismo lib lab con una testimonianza di tipo culturale ed editoriale. In modo da incidere nelle consapevolezze per il futuro. Per queste ragioni, esposte con benevolenza ma anche con chiarezza, ci troviamo a disagio nel dover precisare che Eco del Popolo (testata di cultura e storia socialista, ma non del PSI) e Associazione Zanoni (istituzione di ricerca e divulgazione, peraltro partecipata dal Comune di Cremona e dalla Provincia) non sono in alcun modo ascrivibili ad alcun collateralismo. Per quanto ci riguarda la Comunità Socialista Cremonese avvierà un "tavolo" progettuale in vista delle prossime Comunali e per il proseguimento del confronto sulle questioni territoriali.

Dall'archivio L'Eco Politica e Istituzioni

  martedì 31 maggio 2022

Liste, Partiti e referendum giustizia

Abbiamo ricevuto da Virginio Venturelli della Comunità Socialista Cremasca e riferimento dell’aggregazione Crema Riformista, il comunicato che pubblichiamo

  giovedì 30 marzo 2017

Dal Congresso Nazionale del PSI un'esortazione a tutta la sinistra italiana

Dal Congresso Nazionale del PSI un'esortazione a tutta la sinistra italiana perché abbia un’anima che la rimetta in piedi. Premessa: la prendiamo (come sempre, sostengono molti dei nostri pochi lettori) un po’ larga. Anche se forte sarebbe l’istinto a colmare, a tentare almeno, il deficit di informazione con cui il sistema mediatico ha registrato l’evento congressuale socialista

  venerdì 5 giugno 2020

Hong Kong 31 anni dopo Tienanmen

Flash Mob Radicale (dialettico)

  lunedì 6 luglio 2020

Legge Del Rio

Il sindaco Bettinelli risponde

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