Chiude (con modalità che replicano l'imboscata e la totale assenza di consapevolezza sociale insita nell'esercizio imprenditoriale) lo stabilimento ex Bertarini di Sesto Cremonese.
Un'entità aziendale sin qui restata al riparo dei picchi del mercato; con una maestranza di 50 addetti e un discreto ruolo socioeconomico in questa realtà territoriale. Come si trattasse di macchine (quelle proditoriamente smontate nottetempo e reinstallate nella casa madre societaria), i 50 dipendenti si sono trovati in strada (come si diceva un tempo).
Non abbiamo mai perorato l'invarianza indipendente della tutela dei diritti e delle prerogative salariali dalla sostenibilità delle realtà aziendali.
Ma quanto sta avvenendo nel raviolificio ricalca esattamente le modalità del padrone delle ferriere.
Auspichiamo, esprimendo la nostra totale solidarietà alle lavoratrici e ai lavoratori e al Sindacato, che la situazione possa essere almeno in parte recuperata.
E ci appelliamo ad una robusta testimonianza delle istituzioni locali e degli investiti di mandato rappresentativo.
Tra i primi (a voler essere precisi, l'unico, fino ad ora) a far sentire la sua voce è stato Matteo Piloni, esponente del PD e Consigliere della Regione Lombardia.
Di cui riportiamo una dichiarazione di sostegno alla causa dei lavoratori.
La notizia della chiusura della ex Bertarini di Sesto e il licenziamento di 54 persone è vergognosa, soprattutto per le modalità che sono state utilizzate dall'azienda.
Nell'esprimere massima solidarietà alle lavoratrici e ai lavoratori e pieno sostegno ai sindacati, dopo aver chiesto la convocazione della commissione Attività Produttive di regione Lombardia, oggi ho inviato una nota all'assessore regionale al lavoro Melania Rizzoli e alla direzione generale. Una lettera per informare Regione Lombardia della situazione e soprattutto chiedere la disponibilità per mettere in campo tutte le iniziative possibili per sostenere e accompagnare i lavoratori coinvolti, sia per quanto riguarda le misure di politiche attive del lavoro relative sia alle azioni di ricollocamento che a quelle riguardanti gli ammortizzatori sociali, tenendo anche presente che ci sono lavoratori a cui mancano ancora anni alla pensione.
Si tratta di 54 famiglie coinvolte in questa difficile situazione che non possono e non devono essere lasciate sole, soprattutto di fronte all' atteggiamento irresponsabile dell'azienda.