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L'Anpi ed il NO alla riforma costituzionale Già proprio senza parole !

Antefatto: Nei giorni immediatamente successivi allo svolgimento del recente congresso Nazionale dell’ANPI, l’Eco del Popolo, nel darne conto (perché è stato comunque un evento di rilievo nella vita civile del Paese), ha contribuito a mandare in emersione un profilo, fino ad allora quasi inedito e poi ampiamente raccolto dai media nazionali e locali.

  07/06/2016 16:48:00

A cura della Redazione

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Era stato un cremonese, iscritto all’ANPI ed al PD, a segnalare l’incongruenza sia della decisione congressuale di impegnare la maggiore associazione partigiana alla testa della battaglia referendaria per il NO sia del divieto, pur nell’affievolito riconoscimento della libertà di pensiero, per qualsiasi iscritto a testimoniare pubblicamente l’avviso opposto (il SI). In un successivo contributo, intitolato “Calma e gesso”, eravamo ulteriormente intervenuti per argomentare pacatamente quanto appresso riassunto.

Il Parlamento ha approvato, con tre “letture” ed in entrambi i rami legislativi, una impegnativa riforma che non interviene sulla prima parte, quella dei principi, della Costituzione, ma riguarda, per andare sommariamente, la forma dello Stato.

È profonda convinzione di chi scrive che il collaudo della Carta scaturita dalla Liberazione e dall’opzione repubblicana abbia rivelato, in settant’anni, molte luci riflesse da un lungo periodo di libertà, democrazia e sviluppo prima mai conosciuto, ma anche qualche ombra. Rappresentata dalla tendenza ad interpretare il senso della coesione resistenziale e costituente come viatico permanente anche per riti consociativi, metodi paralizzanti, incoercibili poteri di veto.

I forti cambiamenti impressi nell’ultimo decennio impongono alla funzione pubblica, ad ogni livello, di rendere congruente, efficiente, tempestiva la propria azione. Pena la caduta dei livelli di competitività, il declino della tutela dei ceti sociali più deboli, il venir meno dell’autorevolezza della democrazia nei rapporti coi cittadini.

Per questa ragione di fondo, pur nella ferma consapevolezza che tutto è perfettibile, consideriamo accettabile e, come tale, sosterremo in occasione del referendum confermativo, la legge approvata dal Parlamento.

La tenuta delle prerogative democratiche non è, come si afferma apocalitticamente, da parte di qualcuno, in alcun modo minacciata. Anzi, trarrà, secondo noi, vantaggio da questa prima significativa riforma.

Rispettiamo gli avvisi contrari; a patto che non siano caricati di obiettivi strumentali e non pretendano di discendere da speciali ed indiscutibili investiture e/o prerogative etico-morali.

L’epopea resistenziale della Liberazione costituisce l’ascendenza culturale e morale dell’Italia Repubblicana. Ma le associazioni partigiane sono radicate solo nella testimonianza dei valori e dei principi dell’antifascismo. Come tali non sono legittimate a pretendere uno speciale ed esclusivo ruolo interpretativo di qualsivoglia requisito di conformità allo spirito costituzionale; specialmente quando la materia è fuori campo ed attiene problematiche, che, ancorché stimabili, non attengono espressamente a principi e a valori costituzionalmente significativi.

La legge di riforma in questione ragionevolmente ricade nelle prerogative di valutazione e di giudizio, che auspichiamo meditato ed edificante, di tutti i cittadini; compresi i partigiani, cui va riconosciuto sempre il merito di aver reso possibile con la loro testimonianza e, per molti, con il loro sacrificio le conquiste della libertà, della democrazia, della Repubblica.

“I partigiani sono partigiani, senza altri aggettivi. Alcuni voteranno no, moltissimi altri invece diranno sì al referendum costituzionale. Vanno rispettate tutte le posizioni”. ha detto il Segretario del Psi, Riccardo Nencini, che condividiamo totalmente.

Della polemica a sportellate, incardinata da un confronto che dovrebbe essere impegnativo ma tollerante, ci amareggiano ed addolorano i toni sopra le righe della decenza e della dialettica tollerante e moderata. Ci amareggiano ed addolorano anche gli attacchi all’ex Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che, con un consenso quasi unanime, dichiarò di accettare la conferma nella più alta magistratura a condizione che si operasse per la riforma della Costituzione necessaria per il Paese. Ci amareggiano ed addolorano ancor di più gli ammonimenti e le minacce rivolte ai dissidenti nei confronti di una arbitraria linea. Con cui l’ANPI vorrebbe condizionare la libera espressione dei propri dirigenti ed iscritti. Perciò, dichiariamo apertamente che nessuno ha titolo per ammonire, giudicare, condannare in nome della Resistenza (specie su tematiche che non hanno attinenza). Concludevamo, allora ed ora, facendo appello al Presidente Prof. Giancarlo Corada ed all’Associazione dei Partigiani Cristiani perché su un tema così delicato si riscopra la ragionevolezza, la sola capace di dare sostanza alla testimonianza democratica e, ad un tempo, scongiurare divisioni nell’associazionismo partigiano.

Tale era ed è la posizione del nostro giornale; che è di piena condivisione dell’analoga assunta, in particolare, da riconosciuti esponenti dell’antifascismo cremonese. Trattasi di Mario Coppetti – socialista – esule in Francia negli anni trenta – perseguitato dal fascismo – partigiano combattente nelle file delle Brigate Matteotti – per tre decenni consigliere, assessore e vicesindaco del Comune di Cremona – iscritto all’ANPI dalla fondazione – componente del Comitato Direttivo, vicepresidente e Presidente dal 1996 al 2006 - insignito con altri dodici partigiani della medaglia del Ministero della Difesa in occasione dell’anniversario della Liberazione e di Giuseppe (Pino) Rossi – socialista – imprigionato dai nazifascisti - partigiano combattente sull’ Appennino emiliano nelle Brigate Garibaldi - iscritto all’ANPI dalla fondazione – componente del Comitato Direttivo, Presidente della Sezione di Casalmaggiore fino al recente Congresso - insignito con altri dodici partigiani della medaglia del Ministero della Difesa in occasione dell’anniversario della Liberazione- già presidente dell’Opera Pia Busi di Casalmaggiore. Tale posizione, lo sottoleiamo di passaggio, è stata ampiamente condivisa da Clara Rossini – socialista – presidente dell’Associazione Emilio Zanoni - figlia di Luigi (Gino) Rossini - perseguitato dal fascismo e ripetutamente manganellato dalle squadre fasciste (con esiti compatibili, in aggiunta alle ferite della prima guerra mondiale, da volontario ragazzo del 99, con la prematura scomparsa) – componente il Comitato Esecutivo del PSI clandestino – componente del Comando militare del Raggruppamento delle Brigate Matteotti – componente del Comando CVL - fondatore dell’ANPI e delegato al Congresso Nazionale costitutivo – Sindaco di Cremona, successore dell’indimenticato Sindaco della Liberazione avv. Bruno Calatroni.

Abbiamo espresso ed esprimeremo ancora tale indirizzo senza tema di sanzioni. Anche di fronte alla pretesa, da parte di qualcuno, di recuperare la cultura ed i “fasti” del “centralismo democratico” di stampo stalinista ed unitamente ai medesimi a restringere anche la libertà di pensiero e di parola, per gli iscritti come per i non iscritti. Che costituisce valore non negoziabile della testimonianza partigiana; non già prerogativa esclusiva dell’ANPI e del collateralismo politico che se ne sta impossessando. La querelle, se di querelle si tratta (mentre si sta sempre più rivelando una premessa per la battaglia della vità), sarebbe finita con il meditato e composto Direttivo Provinciale dell’ANPI. Che, sabato 28 maggio, sotto l’oculata presidenza di Giancarlo Corada, sostanzialmente disinnescava la spoletta: l’ANPI aderisce alla campagna del NO, ma è prerogativa di ogni iscritto acconciarsi (sul terreno della scelta del voto e della relativa testimonianza) secondo coscienza.

Evidentemente era scritto nel destino che il despolettamento del meccanismo polemico e potenzialmente divisivo non aveva da realizzarsi.

Non tanto nell’ambito dell’associazione, che aveva germinato, non si sa più per sottovalutazione dei rischi o per iattanza, la contrapposizione monstre.

Quanto sugli spalti di una tifoseria, che si autodefinisce continuatrice della testimonianza dei valori dell’antifascismo partigiano. Ma che in realtà è interessata ad avvalersi di un abusato titolo di rappresentanza per battaglie politiche della quotidianità.

Nelle more si è discusso dell’opportunità e dell’attualità di un associazionismo partigiano senza gli aventi titolo (cioè i partigiani, molti dei quali ci hanno lasciato in forza di meccanismi dolorosi ma implacabili).

L’ANPI, come quasi tutte le associazioni dei combattenti e reduci, ha parificato, consapevole di tale ineluttabile approdo, l’originario titolo di appartenenza (l’essere stati partigiani su basi certificate) alla potenziale platea di tutti coloro che dichiarano di volerne testimoniare principi e valori.

Tutto bene; fintanto che la testimonianza riguarda, su un prevalente terreno civile, storico e culturale, il patrimonio dell’antifascismo.

Non certamente quando il titolo di continuità viene usurpato da chi, per generazione e profilo, vuole ripararsi dietro il dito dell’associazionismo partigiano per “deragliare” nella, pur legittima, contrapposizione politica.

Ingaggiata, magari, su temi che lambiscono (come nel caso della Costituzione) i limiti di una certa attinenza; ma che in nessun caso riconoscono all’associazionismo, generazionalmente “derivato”, titoli esclusivi di giudizio e di rappresentanza (specie se con modalità, come nel caso, poco congrue con il patrimonio di libertà e di democrazia dell’antifascismo).

Che il “confronto” sia ormai deragliato dai giusti binari e che il movente originario non fosse solo la difesa “della più bella Costituzionale” è dimostrato dalla sua post-produzione.

Dopo oltre mezzo secolo di partecipazione alla politica, sappiamo bene che non sempre la dialettica è un gala.

Ma, sinceramente, non ci saremmo mai aspettati una deriva così preoccupante di intolleranza e di abbruttimento.

Cominciamo dagli strali diretti alla direzione de L’Eco del Popolo; finita, suo malgrado, nel tritacarne dei social.

Omettiamo, ovviamente, i nomi e ci limitiamo a riportare inserti tratti da mail ricevute.

Cominciamo con un bel:

“Leggo ora questa serie di mail in cui sono stato inserito. Chiedo a chiunque l'abbia fatta di venire tolto immediatamente; la mia posizione è in netto contrasto con quanto viene propagandato. Io sono per il NO e tutti i miei parenti che hanno versato sangue per quel foglio stupendo e intoccabile che è la Costituzione mi sputerebbero in faccia. E fatevi una ragione, cari, che votare PD oggi non è come votare PCI trenta e più anni fa, ma piuttosto PDL di cui Renzi si sta rivelando essere un degno continuatore. Non tollererò altri messaggi che portino avanti questa linea, e vergognatevi di appoggiare una simile assurdità. Siete come Benigni, prima tutti contro le riforme costituzionali poi tutti a favore per seguire a pecore i poteri forti. Il mio voto sarà NO. “

Proseguiamo con un altro, ancor meno criptico, contributo ispirato da serenità d’animo:

“Si prega non disturbare da parte di 'renzianì e banchieri reazionari che stanno distruggendo la Nazione tramite un coacervo perverso di conventicole arruffapopoli.....peggio, ben peggio di Berlusconi. Grazie”

 

Della stessa serie un’altra tollerante testimonianza: “Allora, ho chiesto di essere cancellato da questa mail list.

Nulla....seguito a leggere polemicuzze di un paese che ritengo perduto, salvo non intervengano cambiamente epocali che, se mai vi saranno, noi non vedremo.

Non mi interessa questo vaniloquente ciancicare che altro non rivela di come la lotta di classe, in Italia e non solo sia, ancora, all'ordine del giorno, ma non ci ne avveda. È quindi solo il caso di rinviare che si rimaterializzi ai sensi dell'imponderabile futuro (nessuno ha la sfera di cristallo), appunto chissà quando.

Ora chiedo nuovamente di non essere disturbato; ho troppo problemi a pagare i balzelli che sempre più mi scaraventa addosso questo coacervo di bandoleros, banchieri, abbuffini, conventicole di ogni sorta; ho sempre più difficoltà a poter far valere ciò che si chiamava diritto acquisito, oggi in balìa di pregiudicati (de facto!) che in ogni dove decidono quanto costa il mio tempo-lavoro; non ho più un sindacato che mi ascolti, salvo non ricorra al sindacalismo di base che deve salire sui tetti, fare scioperi della fame o farsi bastonare per far sentire anche solo il proprio grido di "FAME!": sono mortificato di trascorrere certi periodi dell'anno, almeno alcune settimane, con cinque euro nel portafoglio e nella pausa pranzo mangiare con 2 (DUE!) euro un pezzo di focaccia ed un cappuccino, anche sono inquadrato come 'funzionariò e sono laureato. Sono stufo di pagare sempre più alte tasse universitarie per poter far studiare un figlio; sono stufo di non poter cambiare auto dopo 16 anni e sentirmi redarguire se questa mi pianta in asso in autostrada perché non ho la possibilità di cambiarla ma solo di metterci delle pezze. Il mio matrimonio, non solo ma anche, per quanto sopra è ormai un'associazione per aiutarsi ed aiutare la prole ad andare avanti.

 "Me cago en la leche..." ecc... faceva dire Hemingway a certi personaggi delle sue novelle, ma tutte tratte da cronache e fatti veri. Faccio mia la frase.

Niente da fare. Siamo avversari. Chi è al vertice di questo paese è mio nemico giurato. Non vedo nella "fase" miei rappresentanti degni di questo nome, e le -fasi- di questo genere, chi sa intendere lo faccia (vedasi la teoria marxista delle 'fasì (materialistische Geschichtsauffassung) ecc..., possono durare, come scrivo in incipit, decenni e decenni.

 Sperate solo che chi lavora ed è 'subalternò o schiacciato seguiti ad essere bue o pecora e -----non vi si svegli mai-----.

Fine: blocco in rete ogni replica perché mi infastidisce questo torvo brusìo.”

Ed un’altra, infine, ancora:

“Ma come ti permetti di usare certi termini contro l'ANPI; se non condividi la linea sei libero di andartene, come ho fatto io dal PD dopo la linea imposta da Renzi, nonostante fossi uno dei primissimi tesserati; ma se ci resti prendi atto (non si pretende che la condividi) quello che ha deciso il Comitato nazionale con solo tre astensioni. Ti diffido dal continuare ad inviarmi queste e-mail propagandistiche. ”

“Non vedo il fastidio che procura chi voterà NO al referendum; guai se ci si allineasse al SI solo perché lo chiede un "uomo solo al comando. State sereni e votate liberamente perché l'ANPI non epurerà chi voterà SI. Un compagno che voterà NO.”

Abbiamo provato a controdedurre e a scusarci per l’involontaria invasione del campo dei destinatari, con una mail intenzionalmente chiarificatrice:

“Egregio Signore, non ho il piacere di conoscerLa e le norme di buona creanza mi consigliano di non invadere la riservatezza di nessuno. Mi scuso sin d'ora se otto righe dirette esclusivamente ad un interlocutore sono finite al Suo indirizzo. Quasi sicuramente a causa di inciampo telematico favorito dalla mia scarsa attitudine. Non capiterà più. Ella potrà, invece, liberamente inviarmi qualsivoglia punto di vista che possa arricchire le mie conoscenze. Caro Signore, succede per chi ha il culto della tolleranza e del pensiero critico. Per il resto, voglio, se puo farLa vivere meglio, tranquillizzarLa: non sono "renziano". Anche se esserlo non mi pari rappresenti un abominio. Perimetro nel quale racchiudo mentalmente solo il fascismo, il razzismo ed un certo fascismo di sinistra. Rinnovo le mie scuse e Le auguro ogni bene (a cominciare dalla serenità dell'animo)”

Allo sconcerto suscitato da tale aggregato di intolleranza, che fa di un dissenziente un nemico inesorabile, altri hanno, come noi, provato ad argomentare, con rispetto e con volontà edificante:

“L’uso politico della Resistenza. La discussione pubblica deve essere aperta, libera, franca, consapevole dell’importanza del verdetto; non dovrebbe insomma assumere i toni della resa dei conti tra bande. Invece, si è caricato di un significato ideologico prerogativa solo di una minoranza. La lotta partigiana non fu fatta solo dai partigiani inquadrati nelle regolari formazioni, non tutti i partigiani appartenevano alle Brigate comuniste Garibaldi, non tutti i partigiani delle Brigate Garibaldi erano comunisti.

Alla resistenza è sempre stata tirata la giacca per testimonianze poco o punto attinenti, per quanto legittime, all’antifascismo.”

“Caro …, le riforme le chiedono milioni di cittadini che le attendono invano da anni. Anch'io le attendo, per me e per mio figlio che di anni ne ha 19. In quanto alle epurazioni sai com'è.. vengo da una famiglia di antifascisti e non le temo Stai sereno anche tu dunque, il Si vincerà ed avremo finalmente un paese migliore, anche per te e per tutti quelli che preferiscono lasciare sempre le cose come stanno. un cordiale saluto”.

Fatto è che la “campagna” non solo continua, ma, come un crescendo rossiniano, alza i toni. Bersaglio preferito: tutti coloro che non si schierano per il NO alla riforma Renzi-Boschi. Cuore del bersaglio il sotto-segretario Pizzetti, che, con il suo costante lavoro in aula, è stato il vero motorino dell’approdo al traguardo legislativo.

Il tiro a Pizzetti, che ha le spalle larghe, è diventato il must elettivo dei nemici giurati (della sinistra radicale) come dei praticanti del fuoco amico.

Ma, come abbiamo appena detto, il sottosegretario alle riforme ha le spalle larghe e risponde da par suo.

Noi continueremo la nostra funzione di informazione, di approfondimento e di confronto.

Anche se, di fronte alla piega degli eventi, siamo un po’ sgomenti.

Tale è, infatti, il sentimento in noi suscitato da due performances letterarie di un abbonato alla corrispondenza diretta alla pagina di Spazio Aperto del quotidiano locale, da tempo approdata al rango di paradiso dei frustrati desiderosi di apparire.

Negli ultimi giorni tal S.A. (omettiamo l’intero nome-cognome sia perché la missiva era diretta ad altri sia perché vogliamo togliere ai genitori l’orgoglio derivante dalla constatazione del “talento” prodotto) non ha voluto perdere l’opportunità di partecipare alla batracomiomachia referendaria.

Al substrato di dogmatica intolleranza, già incardinato ab origine, il summentovato S.F. ha apportato una variante eutanasica o forse eugenetica: la delegittimazione per fascia d’età degli interlocutori indesiderati (ça va sans dire, coloro che si schierano per il SI).

A beneficio dei lettori sensibili o dei deboli di cuore (come direbbe Zampanò) riportiamo solo uno stralcio evocativo delle ragioni che delegittimerebbero la testimonianza dei vecchi partigiani che si esprimono a favore del SI.

La prosa di S.F. è un po’ claudicante; ma il senso, per quanto truculento, non lascia spazio all’immaginazione “È un dato ineluttabile di natura che invecchiando le doti naturali vengano meno, più o meno gradualmente, e che prima o poi si arrivi a consegnare l’anima al Padre”.

Ipse dixit, tal S.A.; riferendosi, l’ha fatto esplicitamente nella prima lettera, al prof. Mario Coppetti (che sicuramente non conosce di persona). Anche noi di persona non conosciamo il logorroico S.A. Ma neanche lontanamente ci sfiora l’idea che la sua mente, al pari della sua educazione, sia raffrontabile, anagrafe a parte, a quella di Mario Coppetti.

Nell’acquarello a china dedicato, nella inquietante circostanza, da uno dei tantissimi amici ed estimatori, l’artista Graziano Bertoldi, l’artista e testimone civile Coppetti viene ritratto nel gesto di scolpire, a 102 a compiuti ed invidiabilmente sfoggiati in tutto lo scibile umano, le ragioni del suo SI.

A petto della maleducazione e dell’intolleranza di quel tal S.A., che dice sufficientemente della deriva di abbruttimento cui sono giunti i costumi “civili” e su cui rischia di incagliarsi il referendum costituzionale, l’amico Bertoldi chiude il lavoro con l’epigrafe, invero un po’ malinconica ma realistica “senza parole”

e.v.

Nella foto da sx Pino Rossi e Mario Coppetti

Dall'archivio L'Eco Politica e Istituzioni

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