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Forum dei lettori: due spunti di Silvano Bonali

  03/01/2023

Di Redazione

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Abbiamo ricevuto dal nostro lettore soncinese Silvano Bonali e (forse un po' out of time) pubblichiamo. Nell'intento di favorire un approfondimento su temi che entrano nel mirino mediatico, salvo uscirne frettolosamente, cessata l'audience.

Piccolo è bello?...

Ecco quando piccolo non è bello e portatore di guai.

Dalla tragedia di Ischia si può imparare che l'eccessivo frazionamento amministrativo del territorio non è per niente utile anzi …. probabilmente colpevole.

La superficie dell'isola di Ischia è di 46 chilometri quadrati vale a dire come la superficie del comune di Soncino.

Sull'isola però ci sono 6 comuni… e quindi 6 sindaci... 6 PGT (Piani di Gestione del Territorio) … 6 DUP (Documento Unico di Programmazione triennale) ecc. ecc. ecc.

Risultato nessuna gestione coordinata e efficace del territorio ma un vero e proprio aiuto alla vocazione all'abusivismo tipico della zona.

Stranieri, partite IVA e tasse in provincia di Cremona

A leggere alcune statistiche si resta sorpresi rispetto ai parecchi pregiudizi che abbiamo e paure che ci hanno inculcato verso gli stranieri.

Nel 2022 in provincia di Cremona i contribuenti stranieri che hanno pagato le tasse sono il 11,6% del totale dei contribuenti pari a circa 30.000 persone.

E non sono solo lavoratori dipendenti perché le nuove partite IVA in provincia di Cremona aperte da stranieri sono il 9,9% sul totale annuale.

Evidentemente sono brave persone, brave famiglie che si danno da fare e lavorano sodo, non sono tutti “vù cumpra” come si dipingono nell'immaginario collettivo.

Inutile negarlo, gli stranieri sono sempre di più importanti per la nostra economia.

Ognuno dei due spunti inviatici da Bonali meriterebbe un'ampia riflessione

Del primo si è incaricata la Comunità Socialista Territoriale che, da tempo ha avviato un approfondimento destinato, come si evince dal dibattito aperto sui mezzi di informazione, a sfociare, speriamo, in conclusioni che siano qualcosa di più dei contemporanei confronti usa e getta.

La nostra testata ne ha dato conto e anche qui non perde l'occasione per segnalare la vastità e l'urgenza di una questione sempre più presente nelle prospettive e nella quotidianità di un territorio, come il nostro, vieppiù marginalizzato nelle strategie sistemiche di un fai da te concentrato sull'area metropolitana e sulla pedemontana.

Abbiamo detto e ripetuto che un processo di ottimizzazione della configurazione dell'unità territoriale di base che è il Comune non può e non deve essere derivata dall'idea bizzarra di ricavarne tagli di spesa pubblica. Anzi, per un giusto riequilibrio finalizzato anche al contrasto dello spopolamento delle aree periferiche, deve essere chiaro che la rimodulazione dell'entità territoriale deve necessariamente comportare un salto quanti-qualitativo della spesa comunale, corrente e di investimento, di queste realtà. Che, come ha dimostrato una recente pubblicazione della stampa locale, interessano il 60% dell'azzonamento municipale.

Si vuole assistere ad una lenta agonia del piccolo Comune? Si vuole fare spallucce di fronte agli scenari para apocalittici di aggregati civili; in cui nell'arco di un quarantennio si sono spente la lucine dell'insediamento scolastico, dello sportello postale e bancario, dello spaccio alimentari, dell'osteria. Con il risultato di obbligare ad una vita di pendolarismo e di mera sussistenza una popolazione disaggregata e destinata, nel breve volgere, a rinunciare, come dimostrano le dinamiche istituzionali, anche alla amministrazione per mandato elettivo.

Non ci riuscì neanche Mussolini (dicevano i miei nonni) ad invertire la tendenza al frazionamento. Con le buone, si è visto che il postulato non ha probabilità di resilienza. La formula salvifica risiede in un'inversione della tendenza in capo all'istituto regionale. Che, come abbiamo anticipato, non ha il tema neanche nell'anticamera del cervello.

Nonostante che esistano in materia i presupposti di funzione sul terreno dell'incidenza nei processi territoriali.

In cui appare in tutta la sua evidenza e priorità la questione di un'ampia visuale nelle politiche di programmazione urbanistica. Per nostra fortuna non siamo arrivati a tanto, di quanto denunciato da Bonali in materia di devastazione del territorio. Una certa tendenza ad una visione “concorrenziale” in capo, frequentemente, a entità comunali contermini emerge di tanto in tanto. Ed è ciò che più di ogni altra cosa dovrebbe suggerire, come fa il nostro lettore, l'approdo a visuali resipiscenti.

Il secondo argomento è qualcosa di più di un invito a nozze. Certo che ha ragione il nostro lettore ad inquadrare la questione in una visione di razionalità e di fattualità.

Che si deduce, se non altro, dai dati e dall'evidenza.

Diversamente dalla narrazione delle due opposto sponde. Che vivono dell'aspettativa dell'indotto di insanabili dispute, ingaggiate e sviluppate per becero interesse elettorale e mediatico.

D'altronde è facile dedurre dalle tendenze elettorali e dai cicli politici.

Ok, non abbiamo rinunciato anche dal corredo fotografico del titolo che fa il verso al modo con cui la copia dei migrantes au caviar ce l'hanno fatta a dire la nostra. Che è incompatibile con qualsiasi contaminazione sovranista ma anche molto severa con concept fuori dalla realtà.

Che alimentano un sempre più esteso compattamento di posizioni praticando le quali a livello di scelte di governo non si andrà da nessuna parte.

Negare, a sinistra, l'esistenza di una filiera che lucra (politicamente e non solo, come dimostrano “lady Gucci” e il deputato della sinistra) ripugna al senso di verità.

Ha ragione Bonali quando richiama la fattualità dei dati edificanti. Senza dei quali il nostro disgraziato Paese lo sarebbe ancor di più.

Nel 1995 Ralph Dahrendorf in un saggio (quadrare il cerchio) illuminante metteva in rilievo le difficoltà a tenere insieme tre grandi beni sociali ai quali ci siamo assuefatti: estese libertà politiche, crescita economica e società civile coesa.

Ecco, tra questi grandi beni sociali c'è l'irrisolta questione dell'accoglienza. E qui ci rifacciamo a Galli della Loggia: “salvare dalla morte un uomo è un conto, accoglierne stabilmente milioni nel proprio paese è un altro. Il primo è un obbligo assoluto per una comunità civile, il secondo è una scelta politica “. Una scelta che, una volta adottata è terribilmente difficile revocarla. Quanti immigrati possiamo accogliere? Il sistema politico alla domanda fa finta di nulla, conformandosi nei fatti a due comandamenti etici e/o ideologici: cosmopolitismo multiculturale e sollecitudine cristiana “.

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