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Estote parati
Il fermo immagine del pc si arresta su Noa Argamani (25), una nostra figlia una nostra nipote. Innocente. Partecipa con il suo ragazzo a un rave-party nel deserto del Neghev a poche centinaia di metri dalla Striscia di Gaza. All'alba arrivano i terroristi di Hamas, muniti dell'odio inculcato dai loro religiosi, dalla loro religione di morte. Uccidono 260 giovani partecipanti al raduno. In due acchiappano Noa, la caricano sulla moto e la rapiscono, mentre il fidanzato, in mezzo ad altri terroristi, viene portato via a piedi verso la probabile morte. Sappiamo, sapete cosa faranno a Noa questi misogini complessati -si dice ipodotati- che temono le donne tanto da costringerle sotto i veli. Guardatelo il volto di questa ragazza che è ancora sul monitor del mio computer mentre in strada, qui a Parma, decine di giovani vocianti e allegri stanno raggiungendo il liceo scientifico Marconi, uno dei più frequentati della città. Penso a loro e al destino che si sta apparecchiano: il dolore mi stringe il petto. Sderot (30.000) è un centro abitato costruito a 1 km da Gaza, nato come campo di transito per migranti (ebrei romeni, russi ed etiopi) e diventato negli anni simbolo della resilienza di un popolo. All'alba di sabato 7 un gruppo di terroristi palestinesi è entrato in città e ha sistematicamente ucciso i civili che la sorte metteva loro di fronte. Sul web potrete vedere tante foto di bambini, donne e uomini assassinati in strada. Molti i cittadini catturati in casa e trasferiti nella Striscia come ostaggi. Quello di Sderot è uno delle decine di casi verificatisi in contemporanea e che hanno riportato la guerra in luoghi che da 50 anni non vedevano nulla di simile: 600 morti secondo l'Ansa di ieri. Nel 1973, l'attacco dello Yom Kippur fu eseguito dalle forze armate di Siria, Giordania ed Egitto senza atti terroristici nei confronti dei civili. Per chiarezza, questo non è il momento dei «distinguo» e dei «ma»: è il momento della solidarietà nei confronti di un popolo, provato e perseguitato nei secoli sino alla Shoa nazista, che sembrava aver ritrovato la sua patria, quella scritta nella Torah. Gli osservatori specializzati segnalano che nell'agosto del 2022, Hossein Salami, comandante dei pasdaran iraniani aveva enunciato la filosofia bellica che avrebbe dovuto ispirare la distruzione di Israele: non tanto droni e missili quanto operazioni di terra e combattimenti urbani volti a terrorizzare la cittadinanza e a spingerla ad abbandonare il paese. A Washington e a Londra ci si chiede quale sia ora il progetto dei capi di Hamas, l'organizzazione terroristica che governa la Striscia di Gaza e che, scatenando le stragi, non poteva non immaginare quanto sarebbe stata dura e sanguinosa la reazione di Gerusalemme. Le risposte provvisorie sono sostanzialmente 3: innanzi tutto questo attacco così coerente con la direttiva del capo dei pasdaran, Salami, così pubblicizzato dagli attaccanti mediante video e foto diffuse tramite social, potrebbe essere l'inizio di una strategia del terrore che, peraltro, non può non essere limitata nel tempo, vista la disparità delle forze in campo; Hamas pensa che il conflitto possa indurre l'Asse della Resistenza diretto da Teheran e composto oltre che da essa, dai pasdaran, dagli hezbollah libanesi, dal regime siriano di Assad e dai suoi fedelissimi, dagli houthi dello Yemen, e dalle tante organizzazioni sorte nei territori musulmani a opera di sciiti, a intervenire scatenando quella resa dei conti in cui sperano da decenni. In subordinata, ci sarebbe l'intenzione di interrompere il processo di avvicinamento e pace tra Israele e l'Arabia Saudita: la feroce ostilità di Riad nei confronti dell'Iran e dei movimenti sciiti dovrà rimanere sotto traccia, di fronte alle manifestazioni di giubilo e di esecrazione per gli odiati fratelli di sangue ebrei che attraverseranno tutto il mondo musulmano e non potranno essere sfidate. Ciò che sorge sabato 7 ottobre deve allarmare l'Europa. In essa la presenza musulmana è ampia e radicata. Cellule dormienti di terroristi sono ovunque in un numero imprecisato pronte a rispondere al richiamo dell'imam di turno e a macchiarsi le mani di sangue innocente occidentale. Anche in Italia, non dubitate. L'inquilino di Santa Marta ha sparso in Occidente la sua dose di tossine, diffondendo l'idea che questa parte del mondo che fonda le sue origini sul cristianesimo dubita di se stessa, del proprio ruolo e della propria difesa. Un dubbio seminato a piene mani dall'inquilino di cui sopra che sin dall'inizio del suo mandato non ha mancato di sferzare l'Occidente, il capitalismo, il nostro modello di vita. Bruxelles deve farsi carico delle conseguenze di quanto sta accadendo a un tiro di schioppo dalle coste italiane. Illudersi che lo stato di guerra sia limitato a Israele è il peggior errore che l'Europa possa compiere. L'abbiamo visto al Bataclan, a Londra, in Svezia ovunque si sia manifestato quanto odio islamico non si appunti non soltanto sugli ebrei ma su tutti noi. Il barbiere egiziano è venuto di lunedì al bar sottocasa per mostrare agli italiani che lo conoscono come persona mite, la sua gioia per la barbarie compiuta dai suoi correligionari. La sicurezza non è quindi un fatto italiano. È un fatto europeo. Ora non ce ne rendiamo conto, ma non passerà una settimana perché noi e i nostri governanti avremo innanzi l'intero nuovo spartito che, partendo da uno degli stati criminali, l'Iran, sarà suonato ovunque, anche in Occidente. E forse sarà la volta buona perché l'Europa si schieri con l'Italia a difesa dei propri confini marittimi. Dunque, i prossimi giorni ci diranno quale sarà l'evoluzione della crisi, anche se il quadro globale rimane preoccupante: siamo nel mezzo di una guerra scatenata dall'aggressione russa all'Ucraina con connessi attacchi al Nagorno Karabakh a opera dell'Azerbaijan e destabilizzazione del regime armeno. Con la Cina in pressione per Taiwan e con l'ingresso ampio e articolato di cinesi e russi in Africa. Situazioni che inducono a ritenere quanto sta accadendo manifestazione di un disegno politico complessivo volto a colpire gli Stati Uniti e l'Europa occidentale. Non si possono formulare previsioni sul futuro prossimo. Quello remoto, però, non induce all'ottimismo. Estote parati, dunque: siate pronti, apprestiamoci ad affrontare ciò che il destino ci sta apparecchiando. L'unico modo di esorcizzarlo è essere forti tanto da dissuadere i nemici della pace, i nostri nemici. Là dove i palestinesi hanno attaccato, gli israeliani avevano abbassato la guardia e non erano preparati. Come non lo erano cecoslovacchi, polacchi, austriaci, francesi e inglesi sull'abisso del 1939.
La nuova strage contro gli ebrei
Studiato nei minimi dettagli, preparato col supporto di altri gruppi terroristi e con la compiacente connivenza di potenze straniere, innanzitutto l'Iran, ma non solo, si é consumato il più barbaro e vile attentato di Hamas in territorio israeliano. Oltre 700 morti, oltre 2mila feriti, 7cento persone disperse, rapite, scomparse nel nulla. La comunità internazionale, Israele compresa, é stata colta di sorpresa. E resta attonita e sconcertata di fronte a tale sconvolgente atto di violenza spietata. Non si tratta, come nel 1973, e son passati cinquant'anni, di una guerra di eserciti, come pure nel 1967, ma di terroristi che uccidono, sgozzano, rapiscono inermi cittadini israeliani. Non é una guerra, ma un eccidio deliberatamente studiato e commesso contro persone senza armi. E senza possibilità di difendersi. E se anche fosse una guerra gli atti terroristici deliberatamente compiuti contro civili vanno sempre condannati. E anche se fosse per un nobile ideale gli omicidi contro innocenti restano esecrabili. Ricordiamoci l'attentato di Felice Orsini a Parigi il 13 marzo 1858 contro Napoleone III, che provocò la morte di diversi innocenti e che non trovò l'approvazione nemmeno di Giuseppe Mazzini, quello che progettava attentati ma contro militari stranieri, e non contro innocenti, perché, oltre tutto, tale atto indeboliva la nobile causa dell'unità d'Italia. Questa strage contro gli ebrei (si badi bene, si usa proprio questa parola, come ricorda opportunamente oggi Paolo Mieli sul Corriere) apre una catena di interrogativi. Primo: la condanna della Comunità internazionale è stata unanime, o quasi. Se l'Iran, come appare evidente, è coinvolta in questa orrenda operazione, il conflitto rischia di diventare tra stati. Se Israele ha le prove che la strage è stata attuata col contributo determinante dell'Iran potrebbe attaccare questo paese e il conflitto rischierebbe di allargarsi. E se all'operazione hanno partecipato anche gli ezbollah libanesi anche quest'ultimo paese potrebbe essere coinvolto. La guerra rischia di allargarsi e di diventare da conflitto israelo-palestinese a guerra tra stati. 2) Israele ha già reagito bombardando la striscia di Gaza e provocando a sua volta centinaia di vittime. È legittimo reagire col proposito di colpire obiettivi militari, oppure no? I pacifisti a senso unico protesteranno per la strage o per la reazione? O metteranno sullo stesso piano una strage contro civili e una reazione contro obiettivi militari che ha prodotto anche morti tra i civili 3) Non si può stabilire un nesso fra la guerra all'Ucraina da parte della Russia e il vile attentato di Hamas e delle altre organizzazioni terroristiche in Israele. Ma attraverso l'Iran e la Siria, storicamente legate alla Russia, non é da escludere che un filo diretto si possa stabilire. Questo é il più grande e terribile rischio che si possa correre. Se ciò si verificasse o se addirittura fosse in corso questo legame unendo il conflitto in Ucraina e la strage in Israele, allora la guerra sarebbe non più territoriale e forse non ancora mondiale,.ma la più ampia e la più vicina all'Europa che sia stata mai combattuta dalla fine della seconda guerra mondiale. E l'Italia ne sarebbe tanto più coinvolta. Più ancora che a fronte del conflitto arabo israeliano degli anni settanta che pure ci vide colpiti o complici nella fase degli anni di piombo. Meditate, compagni e sappiate che i socialisti sono sempre stati dalla parte degli aggrediti e della vittima del terrorismo “senza se e senza ma”, come si usa dire oggi. Soprattutto da parte di chi “i se e i ma” li usa quando le vittime non hanno il loro stesso colore.
Quel bimbo in piazza a Gaza
Ha cinque anni, é israeliano, è stato rapito dai terroristi di Hamas. E' stato portato in piazza ed esposto come un trofeo. Insultato, colpito, minacciato da altri bambini su suggerimento dei miliziani. Il bimbo, capelli biondi, si mostra spaventato e forse non capisce. Non é un gioco. Perché tanta crudeltà? Perché cosi tanta ed efferata miscela di odio omicida verso i ragazzi e le ragazze massacrati uno alla volta dai soldati di Hamas al rave nel deserto? E verso bambini e bambine uccisi e verso famiglie assalite e distrutte in un kibbutz come appare chiaramente in un video? Sparano a tutti, sparano come fosse normale. Non é una guerra. Una guerra uccide anche i civili come sta avvenendo anche oggi a causa dei bombardamenti israeliani su Gaza. Ma un minimo sentimento di umana pietà dovrebbe pur calare nel cuore di coloro che guardano negli occhi un bambino o una ragazzina e gli sparano in testa. Sghignazzando. Ci sono state guerre e bombardamenti e centinaia di migliaia di morti. Ci sono state infinite crudeltà e anche campi di sterminio. Pensavamo che tutto questo fosse alle nostre spalle. Non é così. Srebrenica docet. Non ricordo, in una guerra, uno sterminio programmato e attuato ad personam di ragazzi armati solo dalla voglia di vivere. Neppure nel drammatico Novecento. Siamo di fronte a un fatto nuovo. E' avvenuto recentemente per mano dell'Isis a Parigi, al Bataclan e alla redazione di Charlie Hebdo. E' avvenuto sul lungomare di Nizza. Si spara al volto guardando in faccia la vittima, non importa se uomo, donna o bambino, perché lo si fa non solo a nome dell'ideale professato. Sarebbe troppo poco. Un ideale ancorché represso, non basta a giustificare tale brutale e cruenta e fredda e cinica violenza. No. Si spara a nome di un Dio e si massacrano anche i bambini o li si mostra al pubblico ludibrio perché non credono a quel Dio e sono dunque infedeli. E l'infedele non ha che due strade: la redenzione o la morte. Il mix tra patriottismo palestinese e islamismo é qui evidente. Ed é quel che tiene insieme una teocrazia assolutista come l'Iran o gli Ezbollah libanesi all'eccidio spietato consumato venerdì. Ma un Dio crudele può essere Dio? Che Dio mai possono adorare quelli che lo ritengono ispiratore di tali nefandezze? Si dirà che nella storia anche in nome della religione cattolica si sono consumati orribili episodi. Pensiamo alla pratica della colono-evangelizzazione in America latina che continuamente associo alla straziante colonna sonora di Ennio Morricone nel film Mission. Pensiamo al rogo per le streghe e per gli eretici. Ai tanti Giordano Bruno bruciati vivi nelle piazze. Ma dobbiamo risalire a 400 e più anni orsono. Qui e adesso si stanno girando queste scene di crudeltà. Che il mondo arabo le possa giustificare o addirittura approvare lascia preoccupati. E anche perplessi. Penso che il comunicato di Riad, ad esempio, possa essere il frutto del fianco scoperto lasciato dalla proclamata intesa, frutto della mediazione americana, tra Arabia Saudita e Israele. Avremo modo di parlarne. Per ora mi piace ricordare la nostra Ilda Riedmiller che venerdì si trovava nel luogo della strage. E' fuggita a Tel Aviv col marito. È tuttora sotto il fuoco delle bombe che sulla città piovono continuamente. Le ho parlato. Piangeva ricordando quei ragazzi assassinati e quel bimbo di cinque anni in piazza a Gaza che non sappiamo che fine farà. Terribile.
Finché funzionerà l'aforisma del postino Mario Ruotolo (la poesia non è di chi la scrive ma di chi gli serve), questa rubrica estenderà ai propri lettori l'opportunità di leggere testimonianze (come quelle di Cacopardo e del Bue) difficilmente rintracciabili in sincronia (condizione che consente di rifuggire dalla vulgata e ad un tempo di esercitare lo sforzo dialettico).
Sicuramente l'argomento calca, come si suol dire, la scena. Un po' perché in sé è difficile starne lontani e un po' perché offre una vasta audience.
Un impagabile tratto comune nei due autori, però, è rappresentato dallo sforzo di rimandare al passato e aguzzare la vista sul futuro.
La sfera di cristallo per leggerlo non ce l'ha nessuno. Ma quel Estote Parati di Cacopardo, sfugge alla banalità ed induce seriamente a trarre dagli eventi in corso ammonimenti e previsioni realistiche sul prosieguo.
I quotidiani sono (e questo è segnalatore di uno sforzo di approfondimento) zeppi di rimandi agli avvenimenti degli ultimi 70 anni, supportati da edificanti quadri sinottici dei percorsi di una vicenda, che non solo si mostra lontano dall'essere avviata ad un cambio di fase, ma che trae dalle ultime battute motivi e alimenti per incartarsi.
Da osservatore e, sia pure in posizione marginale, da testimone di quelle vicende, non possiamo rifuggire dall'impulso di associare dato storico e metabolizzazione personale.
Eravamo nella sede nazionale della Federazione Giovanile Socialista in via del Corso 476 quando avemmo la notizia quasi in diretta (allora non esisteva l'attuale dotazione mediatica).
Pochi giorni dopo al rientro comprendemmo bene anche in sede locale le dinamiche di collocazione delle variegate sensibilità militanti. Sinistra e, come si diceva a quel tempo, organismi di massa, a sostegno del mondo arabo (che aveva attaccato ed invaso Israele).
Il centro-sinistra (più i liberali che erano all'opposizione del governo) a sostegno degli attaccati. A Cremona, diversamente da altre realtà territoriali, i movimenti giovanili democratici allestirono ed animarono in Piazza del Comune un'importante manifestazione di appoggio ad Israele. L'aneddoto è per presentare senza infingimenti la nostra posizione.
Difficile vaticinare che nel caso in corso possa valere (dal punto di vista militare e dei futuri sviluppi politici) che che chi mena prima ha quasi la vittoria in tasca. Purtroppo, non è più l'Israele dei padri fondatori portatori del socialismo dei kibbutz e dell'esercito del popolo. L'attuale establishment di Telaviv appare in buona parte inconsapevole della storia e del ruolo di unica realtà civile e liberaldemocratica di Israele nel quadrante mediorientale. Da ora ci mettiamo seduti sull'argine per osservare cosa transiterà sul pelo del fiume in termini di sostegno alle ragioni degli aggressori. Già…i poveri palestinesi, a sostegno dei quali la cooperazione di consumo alcuni anni fa era arrivata a sabotare i prodotti agricoli di Israele. Giustissima la correlazione di Cacopardo tra quanto sta avvenendo in M O e la potenziale deflagrazione dell'accumulo degli indotti dei flussi.