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Election Day 2021: c'è un futuro per la testimonianza riformista nel governo istituzionale locale?

Intervista a Vittore Soldo (Segretario Provinciale del PD) e a Silvano Bonali (esponente della Comunità Socialista )

  07/02/2021

Di Redazione

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Soncino, a differenza di altri comuni vicini, è un Comune che ha ben salde le radici nel moderatismo conservatore, di democristiana memoria (tanto per semplificare molto e per capirci). Qui, a differenza anche solo della quasi contigua Orzinuovi, non ci sono mai state fabbriche medio grandi o realtà dove sarebbe potuta nascere una forte comunità, sensibile alle tematiche sociali e progressiste.  

Una sensibilità pienamente progressista, a Soncino, deve ancora essere tutta costruita. Non mi sorprende, quindi, che le comunità socialiste avanzino delle proposte in tal senso. 

Uniti per Soncino rappresenta un tentativo in quella direzione: provare a lavorare per Innescare una coscienza progressista condivisa e comune, anche qui.  

Non dimentichiamo che Soncino, fu uno dei pochi comuni, in Italia, dove, per le amministrative del 1995/96, non si riuscì a fare l'Ulivo. Parliamo, quindi, di divisioni di lunga data. Il centrosinistra, a Soncino, dopo gli sbagli e le divisioni laceranti, si può dire che cominci la sua strada adesso: un processo di consapevolezza che si costruisce cercando di costruire un progetto di comunità ben definito e circoscrivibile e alternativo a quello proposto dal centrodestra.  

Ho ben presente che la forza preminente, dentro Uniti per Soncino, è il Partito Democratico e questo è testimoniato dalla composizione del gruppo consigliare. Sono altrettanto cosciente che per una consapevolezza politica non uniforme, interna a Uniti per Soncino, serva fare un passo alla volta e accompagnare i processi.  

Ben vengano le proposte, ma non dimentichiamo che la politica e i partiti hanno la necessità di ritornare tra la gente e possono farlo provando a riorganizzare la propria presenza sul territorio. Credo che serva lavorare di più sul fronte "pre-politico", cercando di creare quelle sensibilità indirizzate verso le tematiche, a noi, più vicine e che ci rappresentano, e non dimenticando, ovviamente, di continuare a far vivere una presenza politica e partitica sul territorio. 

Organizzare serate a tema e proiezioni di sensibilizzazione nei confronti delle tematiche ambientali ma anche urbanistiche e sociali oppure proporre stili di vita diversi rispetto a quelli a cui siamo abituati e contemporaneamente provare a far conoscere come funzionano e come cambiano le istituzioni, significa fare politica sul territorio, fra la gente e non bisogna avere la paura di farlo come partito o come lista civica. 

Adesso serve fare questo: provare ad innescare un nuovo progetto di comunità e di territorio che a Soncino continua a mancare e lavorare sia sulle future generazioni che su quelle più legate ad ideologie e logiche più legate ai partiti. 

L'importante però che si parta da chi c'è, da chi ci mette la faccia e le ore di impegno, tolte a famiglia e lavoro e da chi si mette a disposizione mettendo in campo azioni oltre che fare dichiarazioni sul giornale: da segretario provinciale vedo e sento tantissime proposte per rilanciare l'azione politica ma vedo anche pochissima iniziativa. 

Tutto si ferma alle dichiarazioni, a volte su un giornale o a volte tramite email e social network ma l'azione conseguente,di solito, muore nel momento in cui viene dichiarata. 

Quindi ben vengano le proposte ma conseguenti a quelle, mi aspetto delle azioni, diversamente si riesce a mettere in campo ben poco e alla fine che lavora per il bene comune sono sempre quei pochi che invece parlano poco e fanno un lavoro che non viene mai riconosciuto. 

Vittore Soldo 

Questa volta, più che alla formula “abbiamo ricevuto e volentieri pubblichiamo”, dobbiamo, per ragioni di trasparenza, rivelare che questa testimonianza del Segretario Provinciale del PD, Vittore Soldo, l'abbiamo sollecitata e siamo molto compiaciuti di averla ricevuta e di postarla. Nel rilievo dovuto e nella consapevolezza di aver assolto alla costituency della nostra testata. Che, tra le tante e principali cose, integra la promozione della “civiltà” del confronto politico. 

Specialmente tra le sensibilità e le espressioni di un campo politico-culturale che, pur nelle logiche e, a un certo punto, auspicabili differenziazioni, sono ascrivibili ad una comune visione di evoluzione della società e dei suoi aggregati territoriali. 

Le torsioni gastriche suscitate dai livelli prestazionali dei soggetti della terza repubblica (in primis un certo Nencini, cui, tanto per essere franchi, andrebbe sottratta la prerogativa di portavoce di ciò che è restato del movimento socialista) gettano un fascio di luce sulla profonda trasformazione del modello politico-istituzionale, imperniato sull'associazionismo di massa. 

Per un quarto di secolo la filiera di comando, officiata dai superpoteri (occulti ma non inimmaginabili) ha gestito la “transizione” in regime di gestione stralcio. 

Avrebbe dovuto scaturire una palingenesi virtuosa, capace di rivoltare il calzino delle nefandezze della prima repubblica e rigenerare il modello Italia. 

Se volessimo attivare anche il più benevoli dei factchecking , il giudizio non lascerebbe scampo. 

Non che fosse la migliore del mondo, ma il modello rottamato non è stato oggetto di una reconversion molto riuscita. E, per generosità intellettuale, la finiamo qui.  

D'altro lato, anche il nostro (gradito ed apprezzato) interlocutore non ha difficoltà ad ammettere che il fulcro ipnotico dei partiti strutturati è venuto meno; fino al punto di annullare totalmente il concetto di bacino di raccolta. 

Con la probabile nuova legge elettorale (inappuntabilmente orientata in senso ultraproporzionale) ai campi di alleanza a livello nazionale cadrà la maschera: ognuno per sé e dio per tutti. Resisterà una residua motivazione per i livelli elettivi incardinati sulla stregua del maggioritario. Vale a dire Regioni e Comuni. Ma, anche qui, le recenti esperienze ci suggeriscono che il concetto aggregativo, discendente da comuni perni progettuali, è quasi completamente abusato, sfruttato strumentalmente, destinato solo a compiacere le aspettative di piccole nomenclature interessate a lucrare fino all'ultima goccia le opportunità della gestione delle istituzioni. 

Il sistema liberaldemocratico può, in sintonia con altri modelli storicamente privi di politica di massa, funzionare ugualmente (per intenderci, in assenza di partiti “grandi fratelli” e di nomenclature di viventi di politica). 

Da anni la nostra testata sostiene che, nella nostra situazione data di territorio marginalizzato, questa metamorfosi in senso di sistema “asciugato” dalle invadenze possessive in qualche misura supplisce all'indotto dei cambiamenti e, soprattutto, con l'adozione del modello “civico” fa compiere un salto qualitativo nella testimonianza ideale e progettuale. 

Usque tandem …? Il punto di collasso è più vicino alle aree marginalizzate; in cui la rarefazione del campo della testimonianza e della militanza attiva getta luci sinistre anche sulla concreta praticabilità della partecipazione dal basso. Molte piccole realtà comunali, l'abbiamo ripetutamente sottolineato, non possono più permettersi il privilegio di candidature contrapposte. Altre, addirittura, hanno subito l'onta del commissariamento per difetto di “offerta”. Casi estremi, certamente! Ma già il fatto che alcuni movimenti (per non fare nomi, il PD) mostrino (senza obbligo di ammissione, tanto è palese) la quasi avvenuta destrutturazione di presenza e di ruolo, è di per sé un motivo inquietante. 

Però, sul punto bisogna essere chiari: non si può rivendicare il profilo “civico” con la riserva di beneficiare dei meccanismi di raccolta di consenso tradizionale. 

Per essere chiari, molto chiari: è vietato fare da sé con candidature, immaginate nella logica della sussistenza di aggregati (cresciuti fuori dai partiti), e confidare nell'indotto della moral suasion derivante dal mettere ciò che resta dei partiti con le spalle al muro. 

I partiti di “massa” non sono più tali e i portatori delle mani libere pensano di essere autosufficienti (vedi Soncino e, in itinere, Rivolta d'Adda): OK, procedamus. 

Ciò che non è consentito è la pretesa di trovarsi come quattro amici al bar (o nella giunta uscente) decidere irrevocabilmente tutto e per tutti. 

Siamo stati rampognati da nostri compagni più attenti all'eloquio misurato. Per principio badiamo a non ferire nessuno. 

Con quell'immaginifico speech (“Il fatto che i partiti “strutturati” non siano più quelli egemonici di una volta, non significa che qualche, pur rispettabile ragazzotta, si senta legittimata a praticare comportamenti, inaccettabili a partire dallo stile irriguardoso.”) non volevamo essere irriguardosi. 

Ma l'impulso di chiarezza ha le motivazioni. Perché dietro ogni micina frettolosa e qualche rispettabile ragazzotta (locuzioni emendabili) ci sono stati grandi vecchi (desiderosi di fare i maestri (buoni si spera) e ci sono complicità che non sempre traggono spunto solo da fermenti ideali e progettuali. Hai voglia se siamo per il ringiovanimento dei ranghi! Vorremmo, però, che ci fosse anche il ringiovanimento dei propositi idealistici e progettuali.

Di seguito riportiamo con altrettanto piacere il pensiero di Silvano Bonali, esponente della Comunità Socialista soncinese

Venerdì il giornalista del quotidiano La Provincia, su sua iniziativa, mi chiese un commento in merito alla tempistica relativa alla ricomposizione dell'area di centro sinistra dopo la dolorosa sconfitta elettorale a Soncino e la posizione dei socialisti in merito al tale questione. 

Nel breve colloquio telefonico ho espresso due pensieri. 

Il primo, che il tempo lasciato scorrere è sempre tempo perso e quindi non è mai troppo presto. 

Il secondo, che occorre superare veti e ostacoli alla partecipazione dei partiti come tali, come aggregazione di persone con idee e linee politico amministrative dibattute e condivise. Condizione questa ineludibile se si vuole sperare in un successo. 

Non era non è mia intenzione introdurre sterili polemiche improduttive e vorrei precisare che non sono un “rottamatore” delle liste civiche come con fantasia mi ha descritto il giornalista. Sono un propugnatore della loro evoluzione nella direzione della concretezza per essere componenti ancora più importanti nell'agone politico-amministrativo. 

Ribadisco il mio pensiero: tutti coloro che partecipano alla elaborazione delle idee ed alla proposta di politiche amministrative devono essere accolti, soprattutto i partiti i quali, pur con tutti i difetti e limiti, continuano ad essere un luogo di elaborazione di idee e una scuola di democrazia di base. 

Un grazie enorme va a coloro che si impegnano a mantenerli attivi dedicando il proprio tempo e le proprie risorse spesso a scapito di altre opportunità affettive, economiche e familiari.  

Ecco perché mi irrita molto non vedere accolti i partiti con i loro simboli nell'area di centro sinistra come avvenuto a Soncino e come avviene in altri comuni che affronteranno le elezioni in primavera. 

Ben vengano le liste civiche! Non si sentano però come club esclusivi e prendano posizione in modo chiaro e forte dove si collocano rispetto alle forze che sono in campo.  

Per ritornare a quanto accaduto a Soncino nelle scorse elezioni amministrative, lo scarso consenso è figlio anche dal fatto che non tutti gli elettori delle liste civiche hanno sostenuto il centrosinistra (erano di area di centro sinistra?) e, insisto, che la mancanza dei simboli dei partiti ha perso i voti di chi non segue il dibattito politico locale e vota per fiducia il simbolo. 

Non sono critiche, peraltro ormai inutili, ma semplici considerazioni e idee per un percorso migliore nel prossimo futuro. 

Un piccolo contributo se lo si vuole accettare, ognuno da e fa quello che può e o gli è permesso dalle contingenze. 

Silvano Bonali

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