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Dossier Sanità - basta con lo specchietto per le allodole

Ineludibile il recupero dello spirito della riforma del SSN

  31/08/2021

Di E.V.

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Nella parte introduttiva della riflessione sulla sanità in generale e, in particolare, di quella territoriale abbiamo dato largo spazio all'evidenza dei forti limiti appalesati ed aggravati dal fenomeno pandemico della cosiddetta “eccellenza” lombarda. Limiti incontrovertibili per qualsiasi fact check allestito sul campo e mosso dalla volontà di capire le criticità e di riprendere i sentieri virtuosi della buona amministrazione comunitaria. 

Del che, come abbiamo precedentemente osservato, non c'è assoluta traccia nello speech degli investiti del ruolo di governo e tracce molto labili nel campo di coloro cui il pronunciamento del corpo elettorale ha affidato il compito di critica e di proposta alternativa. 

In realtà, di fronte alle innegabili falle di un modello sanitario, riplasmato nel tempo al solo scopo di convertirlo alle logiche di una sanità di stampo capitalistico e comunque avulsa da qualsiasi visione strategica che contemperasse anche le previsioni di contesti eccezionali, i “boiardi” di Palazzo Lombardia, che, prima avevano negato e depistato da una analisi veritiera, sono approdati all'idea di lusingare i portatori di una forte discontinuità facendone il verso. Territorializzazione dei servizi? Ok! E qualche altro specchietto per le allodole. 

La linea editoriale della nostra testata milita semplicemente a favore del totale riavvolgimento della pellicola in cui per trent'anni la sala regia, legislativa ed esecutiva, del potere regionale ha minuziosamente smontato il piano sanitario di fine anni 80. 

Chiediamo, apertis verbis, il ritorno ad un modello di gestione della sanità lombarda che corrisponda all'idea insita nella legge di riforma che era di rendere sistemica la tutela universale del diritto alla salute; attraverso una filiera prestazionale in cui le istituzioni locali avessero un ruolo nella programmazione e nel controllo in una stretta aderenza al territorio. 

Riteniamo sciagurate tutte le scelte che dall'inizio degli anni 90 hanno accuratamente smantellato la territorializzazione dell'impianto sociosanitario e la forte impronta riconosciuta alla prossimità dei presìdi, sinergicamente all'intelaiatura socio assistenziale in capo alle Province e ai Comuni, alla prevenzione. 

In questa ottica non v'è chi non veda, come passaggio propedeutico (dell'asserita volontà di un ritorno al territorio), la ricomposizione delle originarie USSL in coincidenza con la giurisdizione provinciale. Meglio ancora, come nel caso di province articolate come la nostra, alle USSL comprensoriali. 

Tale è la prima pietra di un non facile, ma ineludibile processo di ritorno, lo ripetiamo, alle originarie linee ispiratrici della riforma. 

Tutto il resto non diciamo sia fuffa; ma, soprattutto in capo agli attuali governanti regionali, è il manifesto tentativo di make up della Legge 23 del 2015, affinché, cambiando perché nulla cambi, non vengano alterati i cardini dell'aziendalizzazione e della polarizzazione. 

Come direbbe Bush senior, look at our lips: la legge 2015 va semplicemente revocata e sostituita con un provvedimento che tenga conto sia dell'ispirazione della riforma sanitaria nazionale sia del test della tremenda prova pandemica. Alla luce della quale, nel caso occorressero altre conferme, impianti vocati alla “parità di opzione” (formula congegnata per gettare fumo negli occhi e sviare dalla volontà di tutelare il privato, che per sua natura persegue il profitto e non gli eventi calamitosi), non corrispondono al superiore interesse comunitario. 

Prima se ne renderanno conto i protagonisti dei “protocolli” sottoscritti con gli oligarchi regionali e prima si imposterà quanto meno un contesto di consapevolezze utile a fissare strategie di contrasto e di alternativa. 

Alla luce di quanto, non possiamo non considerare, da un lato, fuorvianti e complici le pulsioni campanilistiche emerse nelle more dei conversari istituzionali e addirittura conniventi di disegni irresponsabilmente avulsi dagli interessi originari i pronunciamenti delle istituzioni locali. Quel “Ringraziamo Regione Lombardia per i fondi che mette a disposizione e ci prepariamo a intercettarne altri con il Pnrr” recentemente pronunciato dal Sindaco del Capoluogo è rivelatore di una grave incapacità di percezione dei fatti e di rapporto con la realtà del territorio. 

Una menda che fa il paio con la confidenza nella praticabilità della promessa del nuovo ospedale, come approdo taumaturgico all'inversione di tutte le negatività emerse nel corso degli ultimi vent'anni. 

In aggiunta all'evidente finalità ingannevole, c'è una circostanza su cui i creduloni (dei pifferai magici) dovrebbero chiedere conto ai flauti ingannevoli; una circostanza che riguarda l'annuncio dell'investimento di circa 5 mln di euro per il rifacimento ex novo del padiglione del Pronto Soccorso.

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