Con questo PD ti annoi sempre! Era indotto anche il meno severo (come noi) censore dei tornanti della storia e delle fortune del centro-sinistra. Eh no! Adesso anche i più riflessivi e garbati, aggettivo ricorrente nell'eloquio del guru-stilista Brunello Cucinelli, (come noi) alzano bandiera bianca, nel loro piccolo s'incazzano (come le formiche di Marcello Marchesi) e cambiano registro dialettico.
Nel caso non se ne fosse avvertita adeguatamente l'inanità e fors'anche, per effetto dell'assenza di validi presupposti, la dannosità della “tre giorni” bolognese, bisognerebbe una volta tanto atteggiarsi in modo esattamente contrario al gesto del medico pietoso. Per evitare di rendere non più rimarginabile la piaga e, soprattutto, per evitare che il morto tiri giù il vivo.
Fino a qualche mese fa si era (almeno chi non era parte in causa dell'utilità di questo accanimento terapeutico) indotti a catalogare lo stato cachettico del senior partner della sinistra un sintomo grave, ma non irreversibile.
Adesso, neanche il peggior fondamentalista si azzarderebbe ad opporsi al distacco della spina.
Il sentiment viene rafforzato, non solo dalla constatazione dell'avvitamento della spirale dell'irrilevanza, ma, soprattutto, dalle contromisure immaginate ed attuate per uscire dalla crisi.
Tra queste (pur amorevolmente astenendoci da un severo giudizio sulla scelta di sostenere un siffatto governo) si segnala, come massimo della sconsideratezza, il tentativo di resilienza attivato in un incandescente ring elettorale.
La politica si pasce nei contesti attuali di comunicazione e di sovraesposizione. E non c'è sicuramente meglio della bulimia mediatica, favorita dalle tenzoni pre-elettorali, per veicolare anche i tentativi più disperati.
Il combinato disposto, congegnato dal binomio Zingaretti-Orlando tra endorsement a favore della conferma dell'apprezzabile giunta regionale emiliana e rimodulazione dell'aggregato teorico-progettuale, si sta rivelando quanto di più pernicioso (potenzialmente, dio non voglia) per le chances di riconferma del candidato-presidente Bonaccini e, plasticamente, per la verifica plastica dell'irriformabilità dell'aggregato ircocervico tra post-comunisti e post-democristiani.
“La giustizia sociale, la rivoluzione verde per lo sviluppo, che sono l'anima del nostro progetto alternativo alla destra, richiedono pensiero e cultura”: la chiave di volta del rilancio concepita dalla mente fervida del leader primus inter pares, posto alla testa del movimento dei pretoriani allo (solo?) scopo di derenzizzare quel che resta della “ditta” e di poco altro. Se ne mostra parzialmente consapevole il fratello minore di Montalbano (“Il risentimento verso il leader di Italia Viva è un buon collante, ma non basta a rilanciare il PD).
La ricetta configurata per il rilancio Tra le prime performances dell'era Zingaretti: l'abolizione dell'automatismo della coincidenza delle funzioni di leader del PD e di candidato premier
Come direbbe don Camillo a Peppone: “ non ti sei mica fatto venire il mal di testa.”.
Ammesso, come sosteneva ieri sul Corsera Buccini, che l'operazione inverta veramente il trend elettorale e l'appealing (probabilità che anche il più sprovveduto prenderebbe con le pinze), il rischio è che un PD derenzizzato anziché attrarre a sé le ragioni del grillismo se ne faccia risucchiare. Risucchiare in una spirale che forse correggerebbe marginalmente la tendenza convincendo qualche ex militante a rientrare nell'ovile del massimalismo demagogico del fu PCI, ma che farebbe perdere credibilità e consensi al profilo pragmatico, gradualista e riformista, cucito addosso dieci anni fa al Lingotto.
La ricetta (dato che siamo in piena accomodation emiliana, come direbbe Peppone, non si è mica fatto venire il mal di testa) configurata per il rilancio dell'era Zingaretti prevede: l'abolizione dell'automatismo della coincidenza delle funzioni di leader del PD e di candidato premier; un non meno definito cambio dello Statuto (incardinare una “svolta”), la ripresa dell'iniziativa parlamentare per lo ius soli e per lo ius culturae.
Non commentiamo l'irrilevanza, ai fini del riaccreditamento nell'opinione pubblica e nei consensi, degli aggiustamenti tecnici interni (la perdita di consensi ha ormai rivelato un profilo strutturale, non già congiunturali).
Di sicuro, pur disapprovando su tutta la linea Salvini, è lecito prevedere la ripresa dell'appealing leghista nelle fasce poco propense ad un'accoglienza senza limiti e condizioni.
Ci vuole ben altro per invertire le sorti (all'attuale nomenklatura interesserebbero ovviamente solo quelle elettorali) di un ircocervo risultato dalla fusione esclusivamente utilitaristica di DC e PCI e restare nell'incertezza irrisolta di essere solido (come il passato non esattamente rimpianto dei due partners) ovvero di essere liquido (poco associazionismo impegnativo e quanto bastasse per mantenere un popolo mobilitabile per gli adempimenti elettorali e di occupazione del potere e, soprattutto, impianto teorico-progettuale ridotto al minimo, allo scopo di lucrare sul genericismo).
Il troncone post-democristiano voleva essere detentore del profilo ministerialistico che fu della Balena bianca. Quello post-comunista voleva semplicemente moltiplicare l'effetto annuncio della Bolognina. Un minimo sindacale di cambiamento: il nome e poi si sarebbe visto.
Una sorta di metadone, quella che ha orientato il profilo prevalente dei protagonisti della seconda repubblica. La sinistra si è rivelata assolutamente incapace nell'ultimo quarto di secolo di fornire un progetto di controllo dei cambiamenti intervenuti. Si è limitata a gestire in una ininterrotta inclinazione governativista. Inclinazione negativamente potenziata dall'adozione del pensiero liquido e della politica leggera tendono sempre più ad ignorare le sfide a sviluppo lento, come si direbbe un tempo, le questioni strategiche.
Mentre la destra ha saputo cogliere lo smarrimento degli italiani, lo sradicamento di legami antichi, la paura della frammentazione e della dispersione, il centro-sinistra annaspa nel tentativo di accreditare un progetto alternativo rispetto alla destra.
Il tornante del picco di consensi delle europee del 2014 ha indubitabilmente consegnato al potenziale bacino di identificazione popolare e militante l'assenza di una costituency anche minimale, ma suscettibile di ancorare consensi.
Non riusciamo a vaticinare nulla neanche rispetto a tappe ravvicinate o secondarie (come l'esito delle consultazioni regionali).
Di sicuro non ci è difficile percepire un diffuso impulso verso il tutti a casa, che preserva, come nella fattispecie del Tognazzi cinematografico difensore del bidone della benzina, gli apparatÄÂÂik che hanno ancora qualche privilegio od aspettativa da difendere.
D'altro lato, anche a livello locale si avverte plasticamente che le ultime cartucce sono vanificate dall'assenza quasi totale di lucidità anche su questioni (come la gestione della Provincia), importanti ma non trascendentali.
Sono rivelatori di questo smarrimento e di questa assenza di prospettive gli outing, degni di molto rispetto, di leaders come il deputato Pizzetti e di un esponente di rilievo come Virgilio.
Zingaretti negli ultimi giorni ha osservato che “ Non si vive senza una casa. Queste difficoltà non si risolvono con un partito monoculturale o del leader. Ricostruire una comunità aperta”.
Ha osservato, però, con l'impronta di chi vuol essere il capomastro della ricostruzione.
Una pretesa inaccettabile per il leader di un movimento che è il primo responsabile del tracollo dell'intera area di sinistra. Non v'è dubbio che ciò che resta dell'esperienza dem debba essere associato al rilancio della sinistra. Ma in una posizione che se non proprio di coda deve accettare la pari dignità dei partners.
Da questa pubblicazione, L'Eco del Popolo apre un forum di testimonianze su come riformare la sinistra politica e sociale (ev)
Lo fa ospitando una riflessione della Comunità Socialista Provinciale.
Le Comunità socialiste della provincia di Cremona
cogliendo la vivacità del dibattito in corso all'interno dei partiti della sinistra cremonese, attraverso l'ECO del Popolo, intendono inserirsi nel dibattito allargando lo sguardo sulla situazione politica nazionale e locale, con l'esplicito obiettivo di contribuire alla ricostruzione di un nuovo partito del socialismo italiano.
A distanza di quasi cento anni dalla scissione di Livorno, e di 30 dalla "svolta" della Bolognina di Achille Occhetto, conseguente al crollo del muro di Berlino, quanto mai opportuna resta ancora una onesta e definitiva valutazione politica degli errori compiuti dello storico PSI, ma soprattutto dal PCI, fiero oppositore dell'unità socialista e propugnatore contenitore elettorale, quale è PD, privo di una chiara identità politica.
Nonostante la storia abbia oggettivamente dato ragione ai socialisti e non ai comunisti, per decenni e per convenienze elettorali, si è lasciato che le vicende di tangentopoli, criminalizzassero l'intera vita del partito socialista.
Nonostante più volte più sollecitati PCI, PDS, DS e PD, non hanno ammesso questa verità che ancora oggi rivendichiamo, senza presunzione, ma semplicemente perché è ineludibile per favorire l'avvio di una nuova ed unitaria fase progettuale della sinistra storica.
Inevitabile a fronte della scissione di Italia Viva dal PD, che non è stata solo una spregiudicata scelta di potere, per condizionare il governo in carica, ma una separazione esplicitamente mirante a ripetere nei confronti del partito democratico, quello che Macron ha fatto ai socialisti francesi: assorbirli in una forza moderata di centro.
La decisione di Renzi segna il fallimento del compromesso storico tra post democristiani e comunisti, e mantenere in vita il mal riuscito amalgama del PD, non ha più oggettivamente alcun senso.
Un nobile e ambizioso proposito di realizzare la confluenza in una nuova forza politica di due grandi correnti sociali, una sinistra laica e una sinistra cattolica, avvenuto senza alcuna elaborazione culturale, senza un progetto di società come fondamento ideologico del nuovo partito.
Oggi la sinistra del PD, dopo aver sacrificato all'opportunismo delle convenienze immediate, i propri valori e le proprie ragioni, è chiamata ad elaborare una nuova proposta di società che rilanci i valori del socialismo europeo, rispetto ai cedimenti nei confronti delle teorie del liberismo.
Un compito certamente arduo, ma ineludibile per una formazione politica impegnata a combattere povertà e diseguaglianze, riaffermare l'universalità dei diritti sociali e il ruolo fondamentale del pubblico, ponendo al centro il valore del lavoro e l'obiettivo della piena e buona occupazione, unita alla sostenibilità ambientale ed ecologica.
Un compito difficile, ma non impossibile visto che il ‘socialismò sta ritornando ad appassionare i giovani, anche negli Stati Uniti, ove il termine per lungo tempo è stato impronunciabile.
Le comunità socialiste della provincia di Cremona, sono da tempo disponibili a contribuire alla riaffermazione di forte e chiara rappresentanza politica, oggi assente, sia a livello nazionale che locale.
In questa ottica, siamo pronti a condividere futuri percorsi comuni con tutti coloro che ritengono necessario anche in Italia, rilanciare i valori del socialismo democratico, con successo al governo in diversi Paesi europei.
Per evitare gli errori del passato, poniamo una sola condizione: la preliminare condivisione, ragionata ed approfondita, di progetti culturali, politici ed amministrativi, che eviti nuove “fusioni a freddo”, oppure altre scorciatoie senza prospettive.