Eh sì è passato, senza che ce ne accorgessimo, quasi un biennio dall'annuncio e dai primi passi della cosiddetta Legge Del Rio (dal nome del “braccio-destro”, che Renzi nel frattempo ha trovato modo di traslocare a manca).
Parliamo del riordino dell'amministrazione periferica inquadrata nel prioritario e giusto progetto del governo di centro-sinista di riformare profondamente l'impianto istituzionale.
Un progetto che, a prescindere dai contenuti non sempre espliciti e congrui, evidenzia la consapevolezza del premier/leader e della sua maggioranza di prendere il toro per le corna nell'impresa di innovare il sistema Italia. Infatti, se non si comincia da qui, vale a dire dall'intelaiatura di un paese complesso e per molti versi inconsapevole dei suoi ritardi e delle cause che li producono, difficilmente la stagione renziana fornirà un apporto apprezzabile allo sforzo di innovazione e di razionalizzazione del Paese.
La Legge Del Rio ha costituito il rompighiaccio dei propositi riformatori renziani, fatti po' di ineludibile spending review ed un po' di condivisibilissima (almeno di chi ama il suo Paese) consapevolezza che, come nel pesce non freschissimo, i problemi vengono dalla testa. Partendo da tale incontrovertibili assunto, però, se la Legge Del Rio avesse dovuto costituire l'incipit di una intensa stagione di riforme istituzionali, allora, pur in scansioni non dilatate, avrebbe dovuto essere congegnata meglio. Fermo restando il giusto indirizzo di semplificazione e di ottimizzazione dell'intelaiatura amministrativa periferica, la legge 56/2014, se non proprio una boiata pazzesca, si sta rivelando quanto meno un caso conclamato di eterogenesi dei fini. E non si può dire che sia stata affrontata dalla ricorrente levata di scudi da parte dei soliti contras portatori dei cosiddetti interessi originari. La realtà delle istituzioni locali non ha, infatti, neanche abbozzato e si è messa, pur rilevando macroscopiche incongruenze, alle stanghe per vedere come applicare sul campo gli indirizzi contenuti in un progetto quanto meno evanescente ed inconsiderato.
I Sindaci, già portatori sani di gravi problematiche, si sono messi alla prova, dando vita a quello che si rivelato un collegio commissariale di liquidazione della Provincia e togliendo le castagne dal fuoco allo Stato ed alle Regioni. I trecento e passa consiglieri comunali del territorio hanno provato anche a capire la direzione di marcia ed il modo più acconcio per arrivare al traguardo. Il sottosegretario Pizzetti, nel frattempo entrato nella stanza dei bottoni del riformismo istituzionale, la deputata Fontana, i consiglieri regionali della provincia, in particolare Alloni e Malvezzi, il giovane ma collaudato presidente provinciale Vezzini ed il validissimo consigliere Davide Viola, il dirigente dell'ANIC lombarda Rossoni non si sono certamente tirati indietro. Ne sono scaturiti approfondimenti, incontri di lavoro, convegni di studio e di confronto (ultimo in ordine di data quello organizzato dal bravo Sindaco Antonio Grassi di Casale Cremasco); la cui progressione, pur nello sforzo intenzionalmente feconda, sta sbattendo la testa contro una situazione figlia di traballanti presupposti e, soprattutto, delle neghittosità dei livelli istituzionali superiori, nonché, andrebbe aggiunto, dal riemergere a livello locale di pulsioni grette. Siccome alle cose è sempre bene dare un nome, ci riferiamo al “contributo” del borgomastro cremasco. A complicare le cose di un contesto territoriale non esattamente omogeneo com'è storicamente quell'ircocervo, che è il territorio provinciale, sono intervenuti gli assist depistanti della Madia, ministro della riforma burocratica, e del governatore lombardo che, con l'ipotesi cantonale, ha fornito una performance frikettona. Ecco allora emergere un ulteriore profilo non semplificante: la distinzione tra Area Vasta (il livello intermedio destinato a sostituire la Provincia) e l'Area Omogenea (la rete omogenea territoriale di natura socio-economica ed ambientale), i consorzi comunali e le funzioni associate. Alè! Una mano santa per uno scenario-ginepraio in cui, ripetiamo brilla l'assenza di un segnavia autorevole ed univoco. Dimostrando di essere più Kennediana di quanto si sospetterebbe, la classe dirigente ed il ceto pensante del territorio cerca di capire, elaborare, azzardare, proporre. L'Eco del Popolo, che in assoluto era stata, nel settembre, la prima voce consapevole delle potenzialità ma soprattutto delle criticità dell'impulso riformista, riapre con questa edizione il dossier Area Vasta; con un significativo contributo di Virginio Venturelli, Sindaco socialista per molti anni del Comune di Madignano e protagonista della politica del territorio.
e.v.
In allegato l'intero Dossier Area Vasta quater con il contributo di Virginio Venturelli