Già, perché, anche se siamo nati con un piede nell'Italia sabauda, in realtà il nostro sdoganamento di babyboomers repubblicani sarebbe avvenuto solo cinque mesi dopo.
Per quanto i contesti degli ultimi anni non incoraggino all'ottimismo, siamo qui ad augurare alla coetanea Repubblica e a noi stessi lunga vita.
Ciò premesso, non possiamo tuttavia testimoniare questa ricorrenza “in automatico”, vale a dire con i medesimi slanci e le medesime, ripetitive letture intercorse in questa lunga temperia.
Quando si vuole manifestare identità e coesione alla Patria nel maggiore dei casi si giura ad un'entità astratta (bandiera, costituzione). Noi vogliamo giurare, in questo 2 giugno 2022, ad un'Italia che é Repubblica, Patria (domestica) e parte della più vasta Patria Europea.
In questo 2 giugno 2022, in cui questi fondamenti di identità e coesione appaiono, al di là della narrazione, molto meno solidi e rassicuranti, per effetto di circostanze suscettibili di metterne in discussione la tenuta.
Molti sono gli inputs che stanno giocando negativamente nello snervamento in atto dei pilastri su cui fonda il modello della Repubblica e della sua Costituzione.
Il primo di essi riguarda, come scrive Sabino Cassese, “il manifesto esaurimento dell'associazionismo politico di massa, attraverso i partiti. I movimenti attuali non sono neanche una pallida rappresentazione del ciclo dei grandi partiti, capaci di associare e mobilitare milioni di consapevoli cittadini”.
A quasi ottant'anni dal quel cambio di fase, che rivoltò come un guanto una nazione, giunta stremata al secondo dopoguerra, sarebbe legittimo attendersi la piena identificazione dei cittadini in quel progetto di modernizzazione e democratizzazione. Suscettibile di ispirare l'approdo generalizzato a convincimenti non partisan sulle linee guida di ispirazione e di identificazione
Fermo restando la più ampia prerogativa di esercizio delle libertà di pensiero e di testimonianza, azzarderemmo che dopo 76 anni di collaudi, parafrasando Benedetto Croce, non possiamo non dirci tutti liberali, popolari, socialisti.
Di partiti c'è bisogno, perché non vi è altro modo con cui la società possa dialogare con i poteri, la piazza farsi ascoltare dai palazzi. I partiti devono ridiventare forze vive.
Diversamente, come sta avvenendo quasi a livello planetario, c'è da temere un'accelerazione irreversibile verso il collassamento del sistema liberaldemocratico.
Col presidente Mattarella l'imperativo non può non essere:
impegnati a costruire la pace, uniti, insieme
Tale è la premessa di presentazione degli autorevoli contributi esterni.
A beneficio dei lettori, che volessero rivisitare lo scenario di 76 anni fa, inseriamo in allegato l'estratto del Capitolo 6 de Il Socialismo di Patecchio.
FESTA DELLA REPUBBLICA 2022 RASSEGNA DELLA STAMPA CORRELATA
74 anni di Repubblica:
una prima e una seconda incompiuta. Una terza forse in arrivo. E le recenti giornate di maggio possono essere intitolate «Festival della retorica», visto che le tante ricorrenze, le morti sono state tutte segnate dagli eccessi verbali, dalle santificazioni immeritate, dalla elegia della santità, anche nei casi in cui la santità non era affatto adombrata in vita. L'assenza di spirito critico e, diciamolo pure, di spirito repubblicano -ricordiamoci che i primi presidenti della Repubblica sono stati Enrico De Nicola e Luigi Einaudi, due liberali, due laici, estranei alle visioni curiali che talora (e oggi) hanno regnato al Quirinale - pubblicamente e irreparabilmente manifestata.
Le parole, purtroppo, pesano e oggi vengono prodotte e pronunciate senza pensare ai loro effetti, al loro significato, alle loro conseguenze. Il pubblico che le riceve è stato vittima dell'impoverimento culturale prodotto da due volontà unite, quella democristiana, influenzata dal discutibile precetto di don Milani (che l'insegnamento deve andare al passo del più lento), e quella comunista volta a conseguire una alfabetizzazione di massa a scapito della qualità dell'insegnamento. Si aggiungano gli estremismi manipolatori dell'informazione che hanno raggiunto il massimo durante la cosiddetta Tangentopoli, con l'esaltazione di personaggi che, visti a 30 anni di distanza, si sono rivelati tutt'altro che risanatori, che asceti. Restano due fatti, rimasti in silenzio in questo maggio delle parole belle piene di note di falsità. Che il pool Mani pulite, contrariamente a ciò che si è detto, nulla a che vedere con Giovanni Falcone e il suo metodo. Il primo capace di usare la detenzione preventiva come una clava, votato a combattere un fenomeno, non i reati e i loro autori, il secondo, campione del garantismo, votato a lavorare sui dati, sulle testimonianze, sulle confessioni, sempre incrociando ciò che veniva a sapere in modo da verificare ogni attendibilità ogni ipotesi investigativa. I primi, quelli di Tangentopoli hanno ottenuto un limitato numero di condanne e molte assoluzioni. Ma altresì hanno ottenuto la fine della democrazia dei partiti, distruggendoli e con la loro distruzione eliminando il circuito su cui era fondata la Repubblica. Altrove, in Germania, i partiti non sono stati investiti dall'ondata moralizzatrice, ma sono stati colpiti i loro dirigenti corrotti. Il secondo ha realizzato il più grande processo della storia, il cui impianto è passato indenne dall'appello e dalla Cassazione, con il più gran numero di condannati che si sia mai visto. Prima e dopo.
Il fatto è che -appunto- ai molti piace parlare. Spararle grosse. Più grosse ancora. Denunziare immaginari complotti, senza entrare nel merito di quelli veri di complotti, tuttavia meno eclatanti di quelli immaginati. Tutte Vispe Terese con il loro retino per le farfalle correndo nei campi più disparati, incapaci peraltro di intercettare e colpire lo sciame di feroci zanzare in circolazione.
Oggi è il 74° anniversario della Repubblica.
Le incertezze fondamentali sul futuro di questo Paese e delle sue istituzioni sono la cartina di tornasole sulla classe dirigente emersa dopo Tangentopoli, destra, centro e sinistra compresi, una classe dirigente votata al “particulare” a scapito dell'interesse generale, agli affari di partito invece che alle questioni di Stato.
Non mi fa tanto impressione un capo-partito che intrallazza con il nemico di turno (sempre lo stesso) della Nazione. Siamo vissuti e siamo cresciuti in modo tumultuoso e imprevedibile avendo un partito che era la vera e propria V^ colonna del nemico. Con una sua organizzazione paramilitare. Con un leader del maggiore partito di maggioranza che, nonostante tutto, si era inchinato a esso sino a chiedergli di diventare maggioranza. Siamo sopravvissuti sino al momento in cui la crisi della potenza egemone della sinistra non è crollata e la sua “branch” italiana -già in crisi di suo, tanto da preferire l'Alleanza atlantica al Patto di Varsavia- si è trovata con le spalle al muro: definire un patto socialdemocratico che potesse ambire al governo del Paese in una chiara alternanza con la Democrazia cristiana o … Hanno scelto l'«o» perché è andato in esecuzione un progetto alternativo, quello della distruzione dei partiti concorrenti.
Ecco i risultati.
Quando l'anno prossimo gli italiani festeggeranno il 2 giugno, un nuovo Parlamento sarà stato eletto: esso sarà la concreta realizzazione di un deficit di rappresentanza e al contempo la istituzionalizzazione di un deficit di competenza.
Un mix per il quale i comunisti di 60 anni fa si sarebbero fregati le mani sicuri che la democrazia liberale, parlamentare ed europea stava per finire.
Nessuno, naturalmente, può predire il futuro con una qualche attendibilità. In passato il cosiddetto stellone italiano ci è venuto in soccorso.
Speriamo che non si sia stancato.
2 giugno, Maraio: difendere l'unità e valori repubblicani
Difendiamo ogni giorno i principi custoditi nella Costituzione. La Repubblica è una conquista e bisogna difenderla, come bisogna difendere lo spirito di unità che negli ultimi tempi ha vacillato. Il 2 giugno è la festa degli italiani, la festa dell'Italia unita. che celebra i migliori valori repubblicani, di libertà e democrazia.