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#unitiperlaprovinciadicremona

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  25/08/2020

Di Editoriale

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…come avrebbe consigliato il nostro direttore Zanoni a noi, nei primi anni sessanta del secolo scorso, alle prese coi primi rudimenti dell'attività pubblicistica e, soprattutto, con argomenti delicati.

Per evitare testa-coda e per restare sempre nell'alveo del buon garbo.

C'abbiamo provato. Ma non c'è riuscito di meglio, nel mettere a punto il testo che seguirà. E nell'impostare la presentazione iconografica di una riflessione, in cui è stato quasi inaggirabile l'impulso a triangolare alcuni precedenti in materia, ça va sans dire, di beneficenza “distratta”.

Un accadimento classico nella filiera degli afflati filantropici; di cui lo scrivente ha preso coscienza praticamente ex cunabula. Quando i nonni, ancora a distanza di quasi un ventennio, non smettevano di recriminare lo strano destino delle fedi d'oro (forzatamente) donate il 18 dicembre 1935 alla patria (ed in gran parte defluite nelle tasche di molti gerarchi).

Qualche anno più tardi, a dimostrazione dell'incoercibilità dello slancio umano a trarre profitto dall'afflato solidaristico emergente nei contesti delle grandi tragedie, si sarebbe incaricato, sia pure in una marginale digressione di costume, il film "Il Vigile", diretto da Luigi Zampa e interpretato da Alberto Sordi, di rappresentarne il lato endemico. Il “sindaco” De Sica sarebbe stato colto con le mani nel sacco omaggiando, in piena alcova, all'amante (interpretata dall'effigiata Mara Berni, alcuni peluches raccolti e riservati agli alluvionati. Nel corso degli anni, si sarebbero aggiunte sulla nostra pelle le delusioni del fundrasing delle adozioni a distanza (la cui raccolta finisce per non meno dell'80% per alimentare le spese “generali” delle ong). Figurarsi, quindi, se non fossimo vaccinati! Per di più, il dopo pandemia, si giurò nell'infuriare della disavventura, tipico contesto di pentimenti e di propositi virtuosi, avrebbe dovuto cambiare il mondo.

Si sa, purtroppo, come è andata e sta andando a finire. A cominciare dai riconoscimenti agli “eroi” della sanità e del volontariato. Per planare sulla bufala del nuovo catartico ospedale, che, calato dal cielo del risarcimento dei patimenti biblici, avrebbe, per i cremonesi rappresentato, in quattro e quattrotto, il “mulino bianco” della nuova sanità.

Fummo gli unici ad esortare a diffidare di questo Babbo Natale (timeo Danaos et dona ferentis), ricorrendo, per il titolo, ad un meno accademico "recovery territoriale": qualcosa di molto simile ad un ingannevole libro dei sogni.

Eccoci serviti: a distanza di due mesi, il nuovo megagalattico nosocomio che, come le immancabili vittorie mussoliniane, era da ritenersi cosa fatta (con l'iscrizione d'ufficio dei cauti all'elenco dei disfattisti), è sparito dai quadranti della politica e dell'informazione; mentre i (tantissimi) pifferai magici hanno (con una buona dose di impudicizia) riposto lo strumento …tantum quantum non esset.

Ma, crediamo, per quanto ciò non sia destinato a spostare quasi nulla nell'economia più vasta delle premesse strategiche e delle promesse tradite, che il deragliamento della campagna “Aiutiamo i nostri ospedali - #unitiperlaprovinciadicremona” sia destinato a pesare significativamente sulle coscienze individuali e collettive. Ben oltre il quantum. Nonostante che, in controtendenza a più che giustificate reazioni in senso ritorsivo, abbiamo assistito nei giorni scorsi alla reiterazione di un gesto di incoercibile generosità da parte degli Amici dell'Ospedale. Con cui ancora una volta, il buon cuore cremonese ha messo una pezza (il Pronto Soccorso) ad una delle tante falle dell'incuria di una gestione ospedaliera, più attenta a mirabolanti strumentazioni scientifiche (il Vero) e (più recentemente) alla riorganizzazione (dispendiosa e superflua) dei parcheggi interni che non all'efficientamento di una struttura (volendo ricorrere ad un eufemismo) “trascurata”.

Sotto questo profilo, ed ancor prima di entrare nel merito dell'imbarazzante questione, ci sentiamo in dovere, come donatori, di esternare una perplessità nei confronti dell'esternazione da parte dell'attuale direttore dell'ASST in ordine all'impiego del residuo della raccolta (Non esiste alcun vincolo temporale. Stiamo procedendo con celerità agli acquisti per rispondere alle esigenze reali delle strutture e per rispetto di fronte alla generosità dei cremonesi). 

Un monito questo che deriva sia dal raccapriccio suscitato dalle gestioni ospedaliere degli ultimi vent'anni sia da un gesto cautelativo, finalizzato a ridurre quanto meno il danno dell'inconsiderata performance.

Difficile, come abbiamo appena premesso, sarà, invece, contenere ed invertire la deriva di percezioni innescata dalle rivelazioni, che hanno focalizzato la faccia oscura della Luna.

Un inaspettato lato ignoto di una testimonianza civile che aveva evidenziato, dal suo esordio, una apprezzata correlazione tra il valore etico della coesione comunitaria posta di fronte ad un evento devastante e la concreta mobilitazione popolare, consapevole del valore e del legame con rete ospedaliera di tutto il territorio.

Così avevamo percepito e definito l'iniziativa; non prima, però, di aver ribadito una certa tiepidezza nei confronti di una pratica (la raccolta fondi) che dovrebbe essere desueta in un Paese civile.

In un Paese, cioè, i cui i cittadini pagano (esose) tasse nell'aspettativa di veder riconosciuto il diritto alla controprestazione di servizi; specie nelle emergenze.

Sia quel che sia, avevamo aderito, personalmente e come testata (quante e quali altre hanno aggiunto un gesto concreto al contributo di mediatizazion?), con una donazione (correlata alle nostre possibilità ma non insignificante) che ci impone oggi di ritenerci (insieme a molti altri donatori ed al board della onlus) parte lesa.

A dire il vero, in tempi non sospetti avevamo, incuriositi da certi sentiments colti e rumors circolanti (nonostante il contesto del lockdown) qua e là, indicato un'opportunità “sarebbe importante, e lo affermiamo senza intenti reconditi, che il board che si è sobbarcato l'eccezionale fundrasing fornisca anche un sommario (dettagliato, sarebbe molto meglio) rendiconto del risultato della raccolta e dell'impiego della medesima”.

Riflessione cui, in assenza di riscontri, si era aggiunto l'intervento su La Provincia del Coordinatore della Comunità Socialista del territorio.

Ad eccezione del puntuale e corretto riscontro ermeneutico della Direzione del quotidiano locale, ci siamo sentiti una voce clamante nel deserto.

Poi, evidentemente, quando, contestualmente alla progressione delle indagini, il riserbo non poteva essere ulteriormente mantenuto, è risultata manifesta una versione potenziata delle peggiori congetture.

Prima di procedere oltre in questa riflessione, affermiamo in piena consapevolezza che il testa-coda subito dall'iniziativa non ne inficia (a prescindere dalla nostra idiosincrasia motivata nelle premesse) il grande valore etico-morale, esaltato da un contesto in cui l'embrassons nous era necessario ed augurabile.

Avevamo, tempo fa, scritto: “Un bravo in particolare al cavalier Arvedi, sempre in prima fila ai gesti di (concreta) generosità nel bisogno…” 

A ragion veduta, ci sentiamo di ribadire ora questo riconoscimento al frontman di questa iniziativa di solidarietà e di influenza didascalica, senza del quale, considerando il braccino corto del ceto abbiente dei cremonesi, l'iniziativa sarebbe stata impossibile.

Sicuramente, la maggior delusione dell'imprevedibile scivolone tocca da vicino il cittadino cremonese che in questi ultimi quarant'anni (iniziando dalla donazione del portale della Fiera di inizio anni ottanta e proseguendo col Museo del Violino, il Parco delle Colonie Padane, la RSA Pace fino a giungere al campus universitario delle ex Caserme) ha coniugato generosità concreta e sagace stimolo a realizzazioni suscettibili di innescare futuro per la città.

Ma ciò sinceramente riconosciuto, non possiamo non opporre un rifiuto a circoscrivere l'accaduto ad una fattispecie bagatellare, ad opera (ammesso che lo sviluppo delle indagini dia delle conferme in tal senso) di un mariuolo che ha tradito la fiducia.. 

Pur comprendendo sconcerto ed imbarazzo, la narrazione fin qui somministrata mette a nudo enormi falle sia nella mission sia nella gestione del fundraising e dell'impiego delle somme raccolte. La stessa procedura istruttoria rivela incredibili falle nella filiera. Che hanno reso possibile un'impressionante commissione di violazioni: dal reato associativo, all'appropriazione indebita, all'auto-riciclaggio, alle false fatturazioni, all'aggravante del turbamento sociale. Per le quali non avrebbe stupito (in ragione della gravità penale e della preservazione dal pericolo di fuga, di manomissione della prove, di reiterazione dei reati, di sottrazione del maltolto ai fini di giustizia): l'adpzione di provvedimenti restrittivi. 

D'altro lato, non si può fondatamente affermare che l'ufficio inquirente preposto all'affaire sia stato parco di comunicazione (dispensate irritualmente al di fuori del canale ufficiale delle conferenze-stampa e a beneficio di prescelte fonti divulgative.

Ne è uscito un profluvio di rivelazioni (ovviamente tutte da verificare!) attinenti al filone giudiziario principale  con qualche concessione a  stupefacenti segmenti (come la mancata comparsata del Pippo nazionalpopolare), da considerarsi laterali, anche se non irrilevanti, come entità e come potenziale rilevanza penale.

Che, senza minimamente volerci porre nello stato d'animo e nelle aspettative delle tricoteuses, meriterebbero quanto meno un approccio meno spicciativo ed esimente, rispetto alle conclusioni dell'interpretazione giornalistica (il venir meno della violazione per effetto della restituzione).

Anche su ciò sarebbe auspicabile per l'opinione pubblica un supplemento informativo; nella considerazione che, se l'ipotizzato reo è tale per il filone principale come per questo secondario, i partners dello scoop della presentazione dell'autore di “una vita italiana” (che non ci pare perfettamente coerente con le finalità di un teatro come il Ponchielli e di una istituzione di eccellenza come l'auditorium del MdV) operano nella fattispecie di persona incaricata di un pubblico servizio. 

Ora è pur vero che l'Italia è la patria del diritto e del rovescio, nonché di una burocrazia eccessiva. Ma desta stupore il fatto che le figure apicali di due Fondazioni significativamente partecipate dal Comune bonifichino sul semplice input (quasi un "Mi manda Picone") di un impiegato (tale è stato derubricato il ruolo dell'indiziato) di una sia pur meritoria Fondazione privata somme non rilevanti ma neanche del tutto irrisorie. E, comunque, al di fuori di qualsiasi ritualità.

Tale circostanza rimanda e spiega più di quanto non sia necessario approfondire il contesto in cui è avvenuta la distrazione di una parte dei fondi.

Deve essersi svolto pressappoco così. Il Cavaliere, con la sua autorevolezza a livello internazionale, ha operato fattivamente per far giungere a Cremona i provvidenziali operatori della Samaritan's Purse e, con la sua generosità, ha allungato (di suo) una paccata di soldi.

Perché non impalcarlo a frontman, a influencer per una campagna feconda in un momento di grande difficoltà, per di più allargando ai vertici dell'associazionismo categoriale?

Donde la formalizzazione dello strumento in una onlus ad hoc.

Sotto l'incalzare della drammatica progressione della pandemia e dovendo badare più al sodo che alle forme, si deve aver pensato ad un'intelaiatura essenziale imperniata fondamentalmente sul rapporto fiduciario.

Col senno di poi, con, se non proprio una certa avventatezza, una certa concessione a “viva il parroco!”.

Nessuno verrà passato per le armi per questo. Ma, indubbiamente, andrebbe sempre, se non altro in omaggio al principio di precauzionalità (doveroso anche per “privati” impegnati in missioni di valore comunitario), considerato che il vantaggio dei “mariuoli” risiede negli eccessi fiduciari.

Ora, e ci spiace contraddire sia i benevoli testimoni della tesi della tenuità (“in definitiva è stato sottratto solo il 2,5% del totale della raccolta…”) sia gli interessati in buona fede a circoscrivere il clamore del testa-coda, ma c'è un dovere, anche se la ONLUS appartiene al privato, di trasparenza e di verità.

Senza del quale risulterebbero irreversibilmente feriti sia l'afflato comunitario al solidarismo sia la pratica delle donazioni.

Ma, oltre a ciò, esiste un aspetto difficilmente eludibile, che è rappresentato dalla circostanza che alla raccolta hanno partecipato istituzioni pubbliche, chiamate a dar conto.

Se il board della Onlus non vuole aggiungere all'eventuale contestazione della culpa in vigilando anche le conseguenze delle complicazioni derivanti dalla fattispecie del rango istituzionale di qualche donatore o semplicemente di un animo poco remissivo di donatori singoli, ci pare proprio che non ci sia alternativa ad una operazione di trasparenza.

Che dovrebbe integrare la pubblicazione dei seguenti elementi:

    • atto costitutivo della onlus

    • eventuale conferimento di deleghe operative sul flusso finanziario

    • elenco dettagliato di tutte le donazioni 

    • elenco dettagliato delle donazioni direttamente od indirettamente riferibili ai componenti della realtà associativa

    • elenco dettagliato delle destinazioni

A tale indirizzo sembra riferirsi le second life della Onlus medesima, che nei giorni scorsi, con la nomina del presidente nella persone di Paolo Mirko Signoroni (presidente della Provincia) e di un Consiglio Direttivo, sembra destinata ad imboccare una fase meno pionieristica.

Volendo fare un verso colto, tireremmo in ballo un'autrice da noi molto apprezzata. Lamenta Marguerite Yourcenar: il buon dio ci risparmia la felicità (noi aggiungiamo, derivante dall'impulso della generosità).

Fossimo nei panni del Presidente Signoroni e dei membri del Consiglio Direttivo conteremmo poco sulla praticabilità concreta dell'annuncio “le attività benefiche devono proseguire” (in cui, peraltro, non è chiaro il riferimento se alla continuazione della raccolta ovvero se alla destinazione del residuo della prima fase).

Umilmente, gli consiglieremmo una moratoria. Sia sul flusso in entrata (prevedendo una certa tiepidezza di risposta) che sul flusso in uscita.

Non avendo contezza dell'entità e della specifica delle voci impegnate, risulta impossibile andare oltre un richiamo ad attenersi (scrupolosamente!) alla declaratoria della campagna (un'eccessiva discrezionalità rispetto alla core mission si presterebbe ad eventuali  rilievi di sollecitazione ingannevole).

Che sia un po' deragliato risulta implicito dalle esternazioni emerse dalle indagini e dalle indiscrezioni della stampa (catering, educazione in remoto e quant'altra cianfrusaglia).

Se è permesso un consiglio, non sarebbe male che Signoroni e collaboratori si dotassero di un filtro di valenza tecnica di valutazione a 360 gradi delle priorità. Se necessario in conflitto di interesse con il pressing delle fonti che fin qui hanno avuto voce in capitolo.

Ed assolutamente tenendo conto di una più ampia visuale, territoriale e settoriale.

Da ultimo consiglieremmo a Signoroni di attivare uno “sportello” di interlocuzione con tutti coloro che, avendone titolo ovviamente, hanno in materia chiarimenti da chiedere e suggerimenti da avanzare.

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Riceviamo da Virginio Venturelli, Tommaso Anastasio e Sergio Denti e molto volentieri pubblichiamo

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