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L'EcoRassegna della stampa correlata - "Il dio dell'anarchia"

Di Domenico Cacopardo

  13/04/2021

Di Redazione

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Dedichiamo la presente uscita della rubrica di selezione della stampa socialista e dei contributi socialisti correlati ad una significativa riflessione dedicata da Domenico Cacopardo ad una delle criticità risultata più evidenti nella filiera dei meccanismi preposti al contrasto al fenomeno pandemico.

Che si è incaricato, per quanto la politica appaia restia a farne uno dei punti centrali di analisi e di rimodulazione, di sbattere in faccia le zoppie generalizzate della macchina pubblica ed, in particolare, il clamoroso combinato di inefficienza della tradizionale intelaiatura statale ed il sovrapporsi delle funzioni.

Cacopardo, oltre che affrontare con cognizione di causa (per il suo lungo e prestigioso excursus ai vertici dell'amministrazione pubblica), espone in modo assolutamente franco e chiaro una criticità, che, proprio in queste ore, vede affrontarsi, in una lite da ballatoio, Governatori di opposti convincimenti e vertici governativi, manifestamente tirati per la giacca nell'azione di far prevalere, su materie di rango costituzionale, il primato dello Stato.

Già, le Regioni. Ne abbiamo scritto ieri. In rapporto, soprattutto, alla materia che, da oltre un anno, appare al centro dell'azione di contenimento e di inversione delle conseguenze della pandemia.

La sanità esce con le ossa rotte da un pur comprensivo giudizio prestazionale. La materia va sicuramente, con procedure possibilmente condivise, ricondotta ala ratio della piena competenza, pur con necessari meccanismi decentrativi, dello Stato.

Il picco dello sfascio, denunciato dall'articolo di Cacopardo, è descritto mirabilmente quando viene affrontata la questione della grande spartizione di responsabilità apicali nella filiera sanitaria ed ospedaliera gestita dalle Regioni.

IL DIO DELL'ANARCHIA

È inutile nasconderlo con eufemismi e circonlocuzioni, l'ultimo anno, per l'esattezza gli ultimi 14 mesi, testimoniano un'insanabile inefficienza dell'amministrazione civile del Paese e il fallimento del barocco impianto istituzionale immaginato dai padri costituenti e imbruttito dai suoi attuatori.

Le Regioni, infatti, rappresentano la stolida ripetizione della burocrazia statale, cui esse hanno aggiunto le loro 20 elefantiache burocrazie realizzate a immagine di quella centrale e, quindi, ogni difficoltà preesistente risulta raddoppiata. In più, va sottolineato che, nell'interpretazione fattuale i poteri regionali sono spesso esercitati in modo ricattatorio nei confronti dei cittadini interessati all'espletamento di qualsiasi pratica, soprattutto se riguarda iniziative imprenditoriali e di sviluppo. La molteplicità patologica e tossica delle prescrizioni serve solo a moltiplicare i centri decisionali cui ogni interessato deve inchinarsi e sovente pagare gabella per ottenere ciò di cui ha diritto.

Il potere più penetrante, tuttavia, è rappresentato dalla sanità dalla quale tutte le giunte traggono potere, voti e, spesso, benefici. Il meccanismo è un meccanismo chiuso, fondato sulla cooptazione, talché il sanitario bravo, di spiccate qualità, magari con importanti esperienze estere troverà difficoltà insuperabili nell'ottenere i dovuti riconoscimenti professionali, a meno che non abbia trovato un mentore politico del partito di maggioranza locale o di un forte partito di minoranza, capace di partecipare alla spartizione. In una regione importantissima, il meccanismo è disciplinato dalla legge (regionale). I passi cruciali della carriera sono rappresentati dalla responsabilità di una unità operativa semplice e, poi, più elevata nella scala gerarchica, nella responsabilità di una unità operativa complessa. Al vertice poi ci sono in ordine crescente, il direttore amministrativo, il direttore sanitario (pari grado) e il direttore generale. Ora per essere posti a capo di una unità operativa, occorre avere svolto le relative funzioni (una sorta di "prova") per un periodo più o meno lungo. Nel momento in cui si svolgono le selezioni per individuare gli idonei ai tre incarichi superiori, l'esercizio della responsabilità di una unità operativa complessa è essenziale e ostativo. Ma come avviene il conferimento dei primi due incarichi? Avviene per cooptazione da parte dell'amministrazione Asl od ospedaliera. I "direttori" scelgono tra il personale sanitario e quello amministrativo coloro che possono essere incaricati delle relative mansioni. In soldoni, questo significa che prevale un rapporto fiduciario che, fatalmente, si basa sulla fedeltà che, a salire, arriva sino ai vertici della regione. Va anche detto che, in merito e sui discutibili criteri di scelta, il contenzioso è modesto: ricorrere significa perdere posizioni funzionali e, quindi, parti di retribuzione.

Questo meccanismo infernale, per il quale se non sei nella cordata di governo regionale, rimani allo stadio iniziale o quasi, produce vertici sì fedeli ma spesso inidonei, incapaci di decidere, non coerenti al pacchetto di responsabilità che il sistema attribuirebbe loro specie in una situazione di stress come una pandemia.

Penso che non ci sia nulla da fare e che dobbiamo bere tutto l'amaro calice di inefficienze, con corollario di qualche ruberia, e sperare. La speranza, come noto, è un sentimento residuale che viene in campo quando tutte le risorse della ragione sono venute meno.

È così.

E poi qualcuno si meraviglia che, per la gestione delle vaccinazioni, si sia ricorsi al capo della logistica militare.

Ora, coloro che stanno attenti a giornali e media hanno in quest'ultima settimana appreso che: le vaccinazioni in corso immunizzano al massimo per 6 mesi; che oltre ai necessari richiami presto entreranno in campo vaccini di nuova generazione idonei a battere le sempre più gravi mutazioni del virus. Questo significa che dobbiamo aspettarci un autunno caldo e un 2022 caldissimo, vista la necessità di affrontare virus «più virulenti» con gli strumenti noti e altri che di cui non disponiamo.

E allora? Il Paese è pronto a chiudere di nuovo bottega? A dilatare i tempi dell'inedia ad altri sei mesi o a uno o più anni?

Lo capisce anche un bambino che se è questo lo scenario (terroristico, ma il terrorismo va attribuito a chi disegna pubblicamente prossime drammatiche distopie), il Paese non può chiudere bottega e, quindi, si dovrà convivere con i virus di seconda o terza generazione, tenendo in piedi tutta la catena produttiva e sociale, senza guardare alle conseguenze sulla mortalità. E di conseguenza sarebbe necessario che già da ora si lavorasse a nuove terapie intensive, all'allargamento dei posti delle facoltà di medicina e a tutto ciò che può migliorare la performance sanitaria.

Ne ha scritto di recente Ilaria Capua, la scienziata che, vittima dell'attacco squadristico grillino (a proposito, caro Enrico -Letta- come la metti con il modo di fare dei tuoi alleati elettivi?), si è dimessa da deputato ed è tornata alla sua attività scientifica in un centro di ricerca in Florida: la via è la ricerca e la realizzazione di nuovi strumenti di prevenzione e difesa, di facile utilizzazione. Cerotti, pillole, spray, un armamentario di nuova generazione che potrebbe ricondurre il prossimo attacco virale a trascurabili conseguenze.

Di questo -credo- potrebbe occuparsi sin d'ora il ministro Giorgetti, mettendo insieme l'immediato e il futuro prossimo in una strategia che, oggi, sembra l'unica vincente (possibilmente).

This is Europa's moment

Stronger togheter

Domenico Cacopardo

www.cacopardo.it

Presidente di s. del Consiglio di Stato r.

strada N. Bixio 41

43125 Parma

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