Un incipit fortemente assertivo: al bando ogni banalità. Tipo…come passa il tempo! Anche se l'ovvietà integra effettivamente lo smarrimento del trascorrere del tempo. Sembrava cosa di ieri il profilo tracciato in occasione del 10° della scomparsa. Gli é che quando si ripercorrono non convenzionalmente i tratti biografici, c'è sempre spazio ed opportunità per l'attualizzazione del profilo.
Al tempo del dramma pandemico e del disastro sanitario, ça va sans dire, che è prevalente e comprimibile l'impulso orientato ad un'attualizzazione della figura di Giacomo Carnesella sul versante della testimonianza civile prevalente. Quella dell'impegno nella politica ospedaliera, che, oseremmo affermare, ha griffato il suo profilo pubblico.
Già un anno fa, in occasione del flash mob dei nastrini gialli (l'ultima mobilitazione popolare contro il deragliamento della sanità pubblica locale) fu facile cogliere la voce di scoramento di una pantera grigia: “cosa direbbero di questo disastro Majori e Carnesella!?”.
Avremo modo nel prosieguo della nostra testimonianza editoriale di fornire una dettagliata rivisitazione storica della politica sanitaria di quegli anni.
Qui, oggi riproponiamo quel senso di sconcerto, nel combinato interrogativo/esclamativo; che è lo stesso che affiora nelle nostre consapevolezze ogniqualvolta veniamo posti dal fact cheking quotidiano del disastro in caduta libera.
Niente è pedissequamente sovrapponibile in una lunga scansione temporale.
Risparmieremo qualsiasi minimale simmetria che potesse discendere dal valore personale. Ci limiteremo a sottolineare l'incomparabilità sia del tasso di motivazione civica (potremmo osare: di mission) sia, diciamolo pure, di senso del ruolo e di preparazione al ruolo.
Proviamo a simulare il timbro del comportamento di personaggi, come Carnesella, Majori, di (Celo) Cottarelli, di Balzarini di fronte alla consegna del superiore livello di comando di ridurre (nel tempo) i 1300 posti letto (dell'entrata a regime del nuovo nosocomio, di cui furono missionari, nel tempo Giuseppe Garibotti, Emilio Priori e Maria Galliani espressione del sentire di un'intera comunità impegnata a rivendicare il diritto primario della salute. Ed, in sequenza, di depotenziare a beneficio della sanità privata (impegnata, invece, a fare della sanità, più o meno di eccellenza, un'occasione di profitto economico). E, da ultimo, dopo aver pagato pesantemente, con un impressionante carico di morti, di sofferenze, di inenarrabili rischi e carichi di lavoro per gli operatori, di metabolizzare e rendere operativa la “conversione”dell'ospedale di Cremona (e si teme per la sorte degli altri due AST della provincia) in hub a servizio dell'intera regione.
Un moderno nosocomio, realizzato con la messa a frutto delle generose donazioni del popolo cremonese, incardinato su elevati standards scientifici e di operosità del personale medico, paramedico, ausiliario, tecnico ed amministrativo, soprattutto, un presidio territoriale attento alle aspettative del cittadino-utente è stato sistematicamente smantellato.
Ecco, facendoci interpreti del sentiment degli apostoli che l'avevano reso grande, questo “direbbero …Majori e Carnesella!?”.
Abbiamo voluto così ripercorrere il tratto prevalente della testimonianza di Giacomo Carnesella (e con Lui dei protagonisti di quell'epoca), che può e deve fornire ancoraggi per la resilienza auspicata in momenti così difficili.