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Anniversari, ricordi e commiati

Fulvio Pesenti, Evelino Abeni, Graziano Arbosti

  28/12/2024

Di Redazione

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Anniversari: Fulvio Pesenti

Abbiamo ricevuto e molto di buon grado pubblichiamo l'invito diramato da Luciano Capretto ai referenti del gruppo Amici di Fulvio a partecipare alla breve cerimonia per ricordare nel nono della scomparsa la figura dell'indimenticato Fulvio Pesenti.

Questo incontro sarà un'occasione preziosa per ritrovarci e per riflettere insieme sul cammino che abbiamo percorso, fatto di amicizia, di impegno politico, dedizione nelle istituzioni e lavoro appassionato nella società. Un cammino che ci ha visti uniti, pur nella diversità di valori e ideali, ma sempre accomunati dalla volontà di contribuire al bene comune.

Vi invito con tutto il cuore a partecipare e a estendere l'invito ai vostri amici e conoscenti che hanno avuto modo di conoscere e apprezzare Fulvio e il suo contributo.

Ci vediamo oggi, 28 dicembre 2024, alle ore 11:00. Sarà anche un'occasione per salutare Amedeo Viciguerra e gli altri amici con cui abbiamo condiviso una parte importante del nostro percorso, fatto di dialogo, confronto e impegno per una società migliore. Non vedo l'ora di vivere insieme questo momento di condivisione e memoria.

Ricordi. Evelino Abeni, nel trigesimo della scomparsa

Ciao, Evelino

L'incipit per questo tentativo di segnalazione del luttuoso evento e di un sia pur sintetico ritratto esistenziale dello scomparso l'abbiamo dedotto (e di in ciò siamo certi di aver compiaciuto l'aspettativa del diretto interessato) da un whattsapp giuntoci (a dimostrazione dell'immediatezza dei circuiti digitali) da parte di un nostro conoscente (figlio di un da tempo scomparso segretario di un'importante cellula del PCI) e nostro lettore/corrispondente (che da tempo opera a Bruxelles ed è residente nel Milanese).

Ci scrive (anzi ci chatta):

È morto Evelino Abeni. Lo ricordo quando da giovane dirigente della FIGC veniva a casa di mio per raccogliere i dati del tesseramento. Di solito veniva con  Mainardi, tuttora vivente. In effetti, i coetanei di mio papà (Garoli, Antoniazzi, Fogliazza, Anna Rossi…) mandavano i giovani a fare il giro dei segretari di sezione per raccogliere le quote.

Descrizione un po' sommaria, ma congruale fattuale delle modalità del primo step di ingresso in quello che un tempo si definiva “apparato”. Il cui concept era imperniato nell'imperativo di mettere alla prova più che un candidato a progressioni di responsabilità e di carriera, un (anche questa locazione corrente a quei tempi) “rivoluzionario a tempo pieno”.

La “gavetta” significava, appunto, entrare nella filiera basica, nel contatto profondo e diretto “con la materia prima”, costituita dalla “base”, concepita come aggregato associativo e, prima ancora, materia prima antropica.

Ovviamente, non a tutti gli aspiranti era garantito il medesimo cursus honorum (inteso come progressione di crescenti livelli di responsabilità, di riconoscimenti e, diciamolo pure, di onori.

Alla fascia apicale arrivavano (essendo esclusi immotivati favoritismi) i più temprati, determinati e, soprattutto, testati sul campo; che prevedeva la messa a prova un po' in tutti gli ambiti di ciò che, in tutta la cosiddetta prima repubblica, si definiva, lato sensu, movimento popolare e, stricto sensu, apparato, o “macchina” politico-organizzativa comunista.

Aggiungiamo (da partecipante, per qualche temperie, alla accezione fatta concretezza del “social comunismo) che (fintanto operò il cosiddetto “patto di consultazione” PCI-PSI derivante dal “Fronte Popolare”) le cose funzionarono così anche in casa dei “cugini” dell'apparato socialista.

Questa chiosa serve ad accreditare chi scrive qui come conoscitore di quella stagione politica e, in particolare, delle logiche e dei metodi con cui venivano selezionate le “carriere” (termine bruttissimo, ma efficace) nell'apparato interno, che costituiva la filiera di accesso nella realtà circostante degli organismi di massa (sindacato e cooperazione) e dei mandati istituzionali. Di cui, e non solo per anticipare questo Trigesimo, abbiamo dato ampia illustrazione pubblicando il bellissimo memoir di Giuseppe Azzoni, dedicato a quella temperie politico-istituzionale degli anni 80, in cui lo scomparso avrebbe avuto, come ebbe (ed anche oltre quella decade) un ruolo importante e universalmente riconosciuto.

Si inforcava l'appartenenza ad una comunità che prima di essere politica era aggregato identitario di testimonianza ideale, su cui la totale dedizione costituiva prerequisito anche per chi sarebbe fermato ai piani bassi delle responsabilità e ei riconoscimenti.

Nel delineare ex post questo excursus, che prima di essere esistenziale era idealistico e testimoniante, ci muove la sollecitudine di “salvarne la fonte”, di darne contezza e tramandarlo; come tracciato virtuoso, assolutamente degno di appartenere alle consapevolezze permanenti. Non solo, si ripete, di conoscenza di testimonianze idealistiche e civiche virtuose, ma di linea-guida permanente per chi si ponesse a disposizione per ruolo di cittadinanza attiva.

D'altro lato, non possiamo non sottolineare che quando si imbocca, come nel caso di Abeni e dei molti altri che in questi anni abbiamo ricordato, l'opzione di testimonianza ideale, di militanza in un movimento, di assolvimento di un mandato, restano implicite le posture comportamentali (anche dal punto di vista didascalico).

Le stagioni prestazionali di queste scelte cambiano col tempo e la mutevolezza degli scenari. Ma, si ripete, come nel caso di Abeni, si può anche non essere più investiti di mandato, ma non si appendono (ci esprimiamo così, ricordando il suo amore per il teatro) mai gli scarpini. Non si va mai definitivamente in quiescenza. Restando, come fece lui per i successivi vent'anni, in servizio permanente per la causa.

Si è ricordato l'apprezzato e attivo contributo dato all'amministrazione del teatro comunale servizi (che ne fece una riconosciuta “autorità” sul terreno della conoscenza tematica e ad un tempo di una dirittura di equilibrio e di realismo). Ma noi ricordiamo anche in questa circostanza il suo riconosciuto rating di competenza in quasi tutte le materie amministrative (in particolare, in quella sanitaria, in cui diede un positivo apporto nel corso delle due Consiliature regionali). Di cui non raramente ha fruito anche la nostra testata, sui cui negli ultimi anni sono apparsi scritti competente e fecondi.

Che erano sempre frutto di un comune, incoercibile impulso a rivisitare i fatti del passato e ad attualizzarli, con finalità costruttiva, nel presente.

Ci mancheranno gli incroci, divenuti nel tempo occasionali, ma sempre reciprocamente appaganti e edificanti per gli intenti di continuare ad essere veterans della riserva.

Scriveva Pupi Avati qualche giorno fa a proposito (a valere per tutti e soprattutto a conforto degli agnostici o non credenti) dell'aspettativa di un deposito in cui, dopo la morte, confluisce il vissuto di ognuno. In cui resti traccia di un “noi” e di un “io” reso intatto sia da buone radici sia da una ininterrotta aderenza ai ricordi e ai rimpianti delle pagine edificanti del percorso esistenziale. Scevra da nessuna concessione alla nostalgia del passato e del presente, ma fiduciosa e carica dell'aspirazione a tramandare momenti contestuali destinati ad essere percepiti come eccezionali ed irripetibili.

Nostalgia di valori di cui la più recente contemporaneità si è, temiamo irrimediabilmente, disfatta. È quanto sovente consideravamo nei conversari degli ultimi anni.

Commiati. Professor Graziano Arbosti

Della scomparsa abbiamo appreso tardivamente e solo dal partecipa al lutto su Corsera della Fondazione Kuliscioff (che lo ha ringraziato per la generosa collaborazione). Avevamo chiesto di Lui due giorni fa ad un medico cremonese. Senza esito. Ci eravamo persi di vista da almeno 30 anni. Prima lo avevamo conosciuto come grande medico a tutto tondo (in possesso di cinque specializzazioni). Era approdato a seguito di regolare concorso (eh… usava così prima dell'aziendalizzazione), all'Ospedale di Cremona, come Primario del Reparto Ospedaliero di Medicina del Lavoro. Che, come è facile apprendere dall'articolo apparso su Eco in materia di attenzione alla tutela della salute dei lavoratori, costituiva una priorità nelle ansie degli amministratori della USSL 51. Che nel volgere di breve tempo aveva attrezzato la medicina preventiva (oltre che del lavoro, di quella scolastica e sportiva). Non fu così dappertutto. Infatti, il Reparto fu costituito, in Lombardia solo a Cremona e Bergamo. Portammo avanti molti progetti insieme. Mi invitò, come relatore, in quanto investito di responsabilità politiche e gestionali in un'azienda (alcuni operatori dei quali aspiravano combusto) all'Assemblea dell'associazione dei Medici del Lavoro. Attivammo numerosi progetti screening nei luoghi di lavoro più critici (tra cui una modifica avveniristica e conforme alla tutela della salute dei lavoratori, che modificò con la pressurizzazione la postura dei lavoratori). Ettore Manes, consigliere delegato della USSL lo coinvolse in un programma importante relativo alla tutela della salute dei lavoratori agricoli. Analagomente, in un rapporto molto fecondo con le rappresentanze aziendali sindacali e i Sindacati fu avviato un avveniristico e sistematico screening di massa. A principiare dalla aziende “più chiacchierate” in materia di pericolo per la salute in fabbrica. Tra cui la questione del solfocarbonismo, molto presente alla Pirelli di Pizzighettone. Apparirebbe, oggi, incredibile, ma il Reparto era logisticamente attrezzato come una qualsiasi divisione ospedaliera con prevalente attività diagnostica e ambulatoriale. Grazie alla presenza, oltre che del Primario, anche di una équipe di valenti ed entusiastici giovani medici e di operatori paramedici. E, siccome Arbosti era anche molto brava e riconosciuto tale, dopo qualche anno e dopo aver consolidato la struttura permanente, sarebbe approdato a Milano come dirigente Responsabile di un importante IRCCS, dovrebbe avrebbe concluso la sua carriera, di medico e di scienziato.  Della Sua scomparsa sono dispiaciuto. Umanamente (perché siamo stati amici) e politicamente (perché militò nel socialismo riformista a fianco dei leaders milanesi Tognoli e Aniasi). Ciao, Graziano.

Dall'archivio L'Eco Commiati e ricordi

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Anna Rossi

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Nei giorni scorsi, improvvisamente e prematuramente, il compagno Stefano Bastoni è scomparso a Piadena, dove aveva condotto la sua vicenda umana e testimoniato il suo impegno professionale, politico e civile

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