Il socialismo italiano: TOO GOOD TO GO
Decisamente il forum, spontaneamente aperto forse sulla scia dell'idealismo mai sopito in chi non ha girato le spalle alle vicende del socialismo italiano e di quella che ne è l'alfa simbolica di questa lunga storia iniziata il ferragosto del 1892 a Genova, non avrebbe potuto augurarsi miglior successo di riscontri.
L'abbiamo affermato, facendone la punzonatura esattamente una settimana fa, e lo ribadiamo di fronte ad una rispondenza che ne coglie il senso e l'esortazione: la ricorrenza deve ammonire dall'assumere posture recriminatorie sui “destini cinici e bari” alla base del deragliamento.
Bensì (e ci pare che se ne sia adeguatamente colto il profilo giusto) deve orientare, se si è convinti che nell'attuale sistema politico manchino una sinistra larga ed orientata in senso riformista ed un forte radicamento nel modello liberaldemocratico, a porre la prima pietra di questa resilienza, rappresentata dalla dottrina politica e dalla testimonianza associativa del socialismo liberale.
Non ripeteremo qui quanto già più volte sostenuto sul terreno dell'ineludibilità del percorso propedeutico ispirato da senso di armonizzazione e convergenza delle varie sensibilità e visioni. Diciamo semplicemente che senza di esso il piagnisteo nostalgico e l'osservazione ombelicale non schioderanno di un millimetro la condizione statica, che vede il socialismo italiano privo di diritto di tribuna nella dialettica politica e di influenza nella determinazione delle dinamiche della vita pubblica.
Qualche spiraglio si è aperto, ad opera soprattutto della continuità delle attività editoriali che si richiamano alla lunga storia socialista e che in qualche misura sono speculari alla volontà di risorgere come movimento erede di questi 129 anni di storia feconda e come entità strutturata.
La ripresa postferiale dirà se, ad esempio, i preannunci della recente conferenza del PSI e della facilmente intellegibile sussidiarietà tra il palinsesto della rinata edizione milanese dell'Avanti e il progetto politico che vi traspare in filigrana, approderanno alla concretezza. Una concretezza che andrà testata, dopo troppi anni di “tutti a casa” forieri di disabitudine ai gesti collettivi ed individuali della militanza, dal riscontro effettivo della “base” antica e delle nuove leve.
Nel nostro territorio tale predisposizione è manifesta da tempo ed è decisamente pronta ad integrarsi in dinamiche più vaste.
Da qui partendo la nostra testata non farà cadere il minimo cenno della volontà di confronto e di testimonianza. In questa edizione ospitiamo le riflessioni di Antonio Biffi, nota figura socialista di Stagno Lombardo, e di Alessandro Gaboardi, apprezzato dirigente aclista cremasco. (e.v.)
Caro Enrico, non so se succede anche a te, ma ogni volta che leggo commenti propositivi di compagni che ancora si sentono socialisti, provo la stessa emozione ed entusiasmo di quando ho iniziato a ristrutturare casa. La sensazione e convinzione che stiamo facendo qualcosa di importante per il nostro futuro. Si parte con un progetto magari stringato, legato a un budget che ci limita, poi via via che i lavori avanzano si cercano soluzioni migliori, si investe molto di più. L'importante è partire con un buon progetto, una buona squadra, buone idee, capacità di confronto e capacità decisionale. So che non sono solo….
Un caro abbraccio. A presto.
Antonio Biffi (Stagno Lombardo)
PARTITO SOCIALISTA, PARTITO DELLA SINISTRA
Caro Enrico, colgo il tuo sollecito inserito nelle puntuali osservazioni che hai fatto sulla storia del Partito Socialista, a commento dei due saggi di Formica e Del Bue.
Non mi addentro nella storia, molto tribolata del Partito che bene hanno riassunto altri.
Mi limito a valutare con spirito oggettivo, spero, l'esperienza di questo ultimo trentennio.
Parlo perciò di quanto conosco e vissuto, non di quanto mi hanno raccontato. Essere e dichiararsi oggettivo sul proprio vissuto è temerario, ma il tempo di osservare l'avevo e il desiderio di capire anche.
Si tende a considerare il punto di svolta dell'eclissi politica con la triste scoperta della tangente pagata al presidente socialista dei Martinit, sfociata poi nell'apertura della stagione di tangentopoli.
In realtà la questione era già aperta da tempo, in particolare a Milano e nell'hinterland. Improvvise fortune di spregiudicati assessori e amministratori locali facevamo molto chiacchierare. Quando incontravo parenti, amici e conoscenti e apprendevano che ero un amministratore socialista mi guardavano in modo complice ammiccando. Avevo ben da dire che era un pregiudizio instillato e predicato in particolare dai compagni comunisti ma la realtà era che la fotografia di una parte degli amministratori del nostro partito si era parecchio lasciato andare a comportamenti poco consoni che probabilmente in parecchi casi poco avevano a che fare con il finanziamento al partito. Ricordo che un nostro dirigente mi presentò il faccendiere di un imprenditore Monzese che aveva acquisito opzioni di una grossa proprietà nel Cremasco. Questi riteneva, potendo contare sull'appoggio dei dirigenti del partito, che gli avrei aperto tutte le porte che già avevo chiuso ai vecchi proprietari. Inutile dire che fu disilluso ma questo ci dice del clima che c'era ancor prima dello scoppio di tangentopoli.
Che questo non fosse solo un problema del Partito socialista, poco conta, conta il fatto che il sentimento delle persone per bene era cambiato o stava cambiando nei nostri confronti. Una guida intelligente e capace avrebbe dovuto cercare di porvi rimedio, mentre Bettino cercò solo di minimizzare.
Ecco. Bettino. Credo che già allora la malattia lo avesse reso meno lucido e sicuro. Bettino non era più il lucido interprete delle ragioni del no al referendum sulla scala mobile indetto dal PCI che inflisse uno schiaffo a Berlinguer e alla CGIL. Cinque anni prima. Toppò in modo maldestro invitando a non andare a votare sul referendum Segni del 1991 per l'abolizione delle preferenze. Di motivi oltre alla salute, ne aveva più di uno: Le frizioni con Martelli, i problemi con Milano e con il cognato, la situazione fluida con la DC e con Berlinguer che si presentava come l'uomo del rigore e della morigeratezza, lo avevano parecchio indebolito. A questo si aggiungano i problemi con Scalfaro e Scalfari.
È pur vero che durante i processi di tangentopoli fu l'unico uomo politico a parlare da politico in modo lucido e trasparente. Ma la frittata era già fatta.
Gli oppositori avevano già vinto.
Io credo che la crisi del PSI ci sarebbe stata anche senza tangentopoli ed anche senza la caduta del muro di Berlino e la conseguente trasformazione del PCI.
Il quadro dirigente aveva cercato di cambiare pelle al partito ma ci era riuscito solo in parte. Le differenze di idealità e progettualità sarebbero poi emerse nel momento della diaspora. Chi si ritirava nel privato, chi andava con i comunisti, chi metteva tutto il suo impegno a servizio del Cavaliere.
Una formazione politica più coesa avrebbe saputo trovare uno spazio limitato nel quale manifestare una presenza riconoscibile. Così non è stato.
A Crema e Cremona non siamo stati da meno che a livello nazionale. Non riuscivamo ad essere propositivi, assistevamo ad uno sfarinamento della classe dirigente locale con persone capaci e da sempre socialiste che desiderose di continuare la loro azione si candidavano con altre formazioni. Abbiamo avuto sindaci socialisti eletti nelle liste di Forza Italia ed altri nelle liste del PCI/PDS, vedi ad esempio lo scomparso sindaco di Montodine Ferrante Castelli che fece più di una legislatura.
Le voci, come la mia, che chiedevano inutilmente di presentare liste con il simbolo PSI erano sempre tacitate. Ritenevo, forse nostalgicamente, che la presenza nelle elezioni, anche con risultati sicuramente insoddisfacenti, fosse elemento necessario per mantenere la residua aggregazione dei tanti che si vergognavano ad esporsi perché insultati o sbeffeggiati, ma avevano in cuore la convinta adesione al socialismo.
Continuammo, purtroppo a presentarci in coalizioni raffazzonate non raggiungendo alcun risultato. L'unica volta che riuscimmo a far eleggere un nostro candidato inserito nelle liste del PD sbagliammo malamente la strategia comunicativa e collaborativa diventando ininfluenti.
Abbiamo ripreso recentemente, con fatica, ma con qualche risultato, con il nostro Consigliere Gianantonio Rossi.
Siamo quindi in cammino a livello locale ma senza una presenza qualificata e costante sui media a livello nazionale sarà difficile ripartire.
Alessandro Gaboardi (Crema)