Caro Direttore, ogni volta che appare in qualche trasmissione televisiva la signora Giorgia Meloni mi aspetto che esca la voce del collega La Russa …veramente quando sbotta e urla si trasfigura e poco ci manca. Si offende se il suo partito viene accusato di rigurgiti fascisti... Eppure purtroppo nelle sue file e in quelle della Lega serpeggia la natura umana permeata di odio e violenza!! Ahimè, è accaduto ancora!! Come un secolo fa devastazione della Sede sindacale CGIL di Roma. Violenza contro il mondo del lavoro, della democrazia, della libertà, un atto anticostituzionale di squadrismo fascista. Lega non giustifica la violenza e Fratelli d'Italia si limita a criticare il ministro Lamorgese per non aver predisposto in modo adeguato la presenza delle forze dell'ordine …Siamo forse in stato di guerra? Si, loro lo sanno bene e con parte dei loro seguaci e lo ripeto votati all'odio e alla violenza. Il popolo suo malgrado ne viene travolto. Le confesso, ho tremato. La devastazione della Sede Sindacale poteva avere come contraccolpo il desiderio di rispondere con la stessa moneta a questi neofascisti.
Ragionevolmente sembra che lo stato voglia prendere in mano la situazione accettando gli inviti a sciogliere le comunità neofasciste e potenziare i controlli. Felice se i cittadini si stringessero forte uno con l'altro con fermezza e grande rigore per respingere tali continui vili attacchi che non hanno alcuna ragione di manifestarsi.
Rispondiamo, compagni, unendoci al coro di “Bella Ciao” che salirà dalle Sedi Sindacali unite sabato prossimo da tutta Italia. Ultima riflessione: sono convinta che quanto accaduto non favorirà i personaggi della destra domenica prossima al momento del ballottaggio sia Torino e tanto più Roma!! Cordialmente.
Clara Rossini - Cremona, 10 ottobre 2021
SUL PUNTO, MEGLIO ESSERE CHIARI
Innanzitutto, ringraziamo la nostra più assidua corrispondente, Clara Rossini (figlia del defunto primo sindaco elettivo della Liberazione Gino, testimone all'inizio degli anni Venti della deriva liberticida), che quasi quotidianamente contribuisce a rendere vivo il rapporto tra testata e lettori/opinionisti, e i numerosi sostenitori che attraverso WhatsApp ci hanno trasmesso in tempo reale segnali di percezione e consapevolezza sul macigno che neanche ventiquattro ore fa è piombato su un contesto già critico di suo. Che riguarda l'improbo tentativo della Patria (sì, della Patria, in cui dovremmo riconoscerci tutti!) di fuoruscire, dopo quasi due anni, da una tragedia di dimensioni e caratteristiche bibliche.
Nella dirittura d'arrivo di questo tentativo, dai percorsi sorprendenti per un paese come il nostro che nelle percezioni mondiali non occupa i primi posti della coesione e della dedizione comunitaria, si avvertono colpi di coda, dalle cui intenzionalità non è estranea la sommatoria di pulsioni e impulsi a non lasciarsi sfuggire l'”affare”.
Inteso, latu senso, e rappresentativo del tentativo di massimizzare l'aggrappo alle mammelle dei “ristori” e delle provvidenze strategiche e, ça va sans dire, di buttarla in politica.
Sul punto la facciamo breve; sia perché siamo intervenuti ripetutamente e chiaramente sia perché il significato è chiaro.
È cominciata coi no mask, poi coi no vax ed infine coi no pass.
Humus ideale, quello alimentato da mesi di esternazione da parte degli interessi più o meno categoriali “danneggiati” dai provvedimenti anticovid, per infiltrazioni di centrali politiche eversive e professionisti dello scontro.
Quando sono in ballo i destini di sopravvivenza del paese, non si può dilatare il concetto di esercizio delle prerogative liberaldemocratiche.
Ok, l'Italia è una delle nazioni, in cui sovranismi e populismi non esattamente democratici ed illuministici hanno spopolato i risultati elettorali e tenuto la scena mediatica, a sua volta funzionale al dilagamento elettorale.
Da qualche giorno i bacini ribellistici hanno fatto un salto di qualità; le cui modalità non possono in alcun caso ammettere sottovalutazioni e/o erronee iscrizioni nella fattispecie dell'esercizio del diritto di critica.
Sia perché questa supposta “critica” è un'istigazione permanente all'opinione pubblica a violare le disposizioni regolatorie; sia perché le modalità, già border line nel recente passato, stanno travalicando, velocemente e sempre più estesamente, il confine oltre il quale si entra nella sedizione.
Saremmo reticenti se non facessimo menzione dell'intervista rilasciata ieri a Corsera dalla leader di Fratelli d'Italia; intervista nella quale, pur escludendosi formalmente la sovrapposizione alle fattispecie eversive conclamate nei fatti di questi giorni, è impossibile escludere l'ipotesi di una divisione dei compiti della strategia della tensione.
Sostiene Meloni: “Se ripristinerei un regime? No, ovviamente. Chi ci accusa di questo dice che Draghi fa bene a fregarsene del Parlamento” (che ricalca esattamente il “non restaurare non rinnegare” del congresso fondativo del neofascismo italiana)
Per i titoli di nobiltà liberaldemocratica parlano sia il mantenimento nel simbolo di Fratelli d'Italia della fiamma sia, soprattutto, il mai revocato trascorso nelle file neofasciste; da parte di una cui si attaglia bene la delegittimazione cucita addosso ai titolari dell'opposta testimonianza “l'antifascismo militante della cancel culture testimoniato da persone nate 30 anni dopo la Resistenza, che chiedono lo scioglimento di FdI”.
Che tecnicamente, si ripete, non ci sia sovrapposizione tra eversione e opposizione conservatrice/sovranista, praticata da Meloni (presidente del polo europeo conservatore) non è il caso né di negare né di insistere.
Nulla resta com'è e dov'é. Ma non è azzardato rilevare qualche, almeno a livello di conseguenze, sintonia tra il braccio violento e il senior partner istituzionalizzato.
In definitiva, il populismo (e il sovranismo) ripropongono linee d'azione che, in passato, hanno avuto tragiche conseguenze.
Di cui gli scenari in movimento delle ultime ore potrebbero, con la scesa in campo di professionisti dello scontro, essere l'avvisaglia.
Brutto momento questo, d'accordo! Difficile gestirlo, d'accordo.
Ma quando migliaia di persone mettono a ferro e a fuoco la city istituzionale della capitale e dello Stato è difficile non alzare le antenne.
L'assalto alla sede della maggior centrale sindacale (le cui modalità ricalcano la violazione del Campidoglio di Washington) dice da solo del non recondito significato dell'esternazione di Castellino leader romano di Forza Nuova: questa battaglia per noi è strategica
Bene hanno fatto Mattarella e Draghi a telefonare al capo della CGIL.
Mabalza agli occhi e alle percezioni il fatto che la risposta delle forze dell'ordine sia apparsa inadeguata (mandata al contrasto con la linea del contenimento flessibile e con le scarpe con le suole di cartone), e debole rispetto alla minaccia
Un doppio allarme, per la sottovalutazione di ciò che avrebbe potuto succedere e per ciò che potrebbe nelle prossime giornate e settimane
Cento anni fa cominciò così a Cremona. Con la devastazione delle sedi della CdL e del PSI, della stamperia socialista dei due Attilio (Botti e Boldori) ed, accelerando, dell'assassinio di Ghinaglia e Boldori. Poi ci sarebbero stati gli ostracismi per Giuseppe Garibotti e per Miglioli. Allora, con una forte sinistra politica e sociale capace di grande mobilitazione. Oggi quel movimento si è polverizzato ed è privo di un gruppo dirigente e di una base capaci di orientare un'adeguata risposta. Due settimane fa fu minacciato l'ex leader Fim Bentivogli. Ieri simbolicamente è stata violata la sede cgil.La Camera del Lavoro di Cremona oggi ha mobilitato una prima risposta davanti alla sede di Via Mantova. Nelle sedi periferiche, come a Pizzighettone, sono sempre più evidenti i segnali di mobilitazione. La nostra testata è con le organizzazioni dei lavoratori. (e.v.)