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Se semo stufati

...di essere buoni e generosi

  12/04/2021

Di E.V.

Se+semo+stufati

Per chi fosse alla ricerca di un assist evocativo suscettibile di spianare le asperità di un abbrivio integrante incroci non esattamente trasversali la conoscenza delle frasi celebri e degli aforismi cinematografici indubbiamente aiuta.

La questione che intendiamo sviluppare qui non si presta, per quanto da tempo andiamo riflettendo e per quant'altro ancora analizzeremo, a compiacenze manieristiche.

La nostra testata non appartiene certamente alla fattispecie delle testimonianze autocensurate per non dispiacere al pensiero unico. Di cui c'è ampia traccia in un contesto locale, caratterizzato da una concentrazione editoriale fortemente riscontrata da una predisposizione a non praticare il pensiero critico e la dialettica come forma di arricchimento delle percezioni e dei convincimenti.

Qualsiasi anche timida e edificante incursione nelle terre inesplorate del dubbio viene assunta come un intento di diffusione di agenti patogeni dell'infettamento della verità rivelata e incontrovertibile

Da questo punto di vista non abbiamo mai fatto sconti a nessun e non abbiamo alcune intenzione di cominciare a farne adesso (che il conformismo si sta mineralizzando).

Non proprio un “sangue e merda”, che costituiva la griffe della concezione estrema del modo di praticare la militanza e la dialettica; ma, anche, come l'Antonio di “Ceravamo tanto amati”, noi ci siamo stufati dell'eloquio patinato e del giornalisticamente corretto.

Vediamo un po' (per quanto consapevoli della corta gittata della nostra influenza) se il linguaggio diretto possa, se non sbrogliare la matassa di questioni stagnanti da decenni, almeno a rendere chiari i termini delle questioni sul tappeto.

Da un anno l'aggregato politico-istituzionale-informativo cincischia (colpevolmente) attorno al modo di uscire (onorevolmente ed efficacemente) dal tentativo di fornire un'adeguata percezione delle criticità accumulate dalla pandemia e defluite su un deposito incommensurabile di ritardi e perdite di contatto. Non solo con le posizioni di testa, ma anche con le condizioni minimali per reggere il presente ed il futuro.

Perché è al futuro che si coniuga tutto: prospettive, speranze, desideri di cambiamento, annunci roboanti, promesse. E, se è permesso, pare che su questo terreno il contesto locale mostri sguardi abbreviati.

Ecco, appunto, le promesse. L'asso nella manica che neanche il pur spregiudicato mago Do Nascimento azzarderebbe; non si dice per pudore ma per timore di default ingannevole.

Per quanto consapevoli di tediare, ne ricordiamo almeno due. Il megagalattico “pacco” del catartico nuovo ospedale (che come la classica araba fenice viene agitato nei momenti di maggior imbarazzo) e, gioiello ingannevole di ultima generazione, l'offerta di una sorta di new deal roosveltiano padano.

Imperniato sulle peculiarità dell'area (epicentro appunto dell'asta del Po) ed arricchito di spudorati svolazzi senza ritegno.

Soprattutto, con l'aria della sorpresa: ma perché non ce l'avete detto…a saperlo…Già, il Canale Navigabile Milano Cremona Po si è arrestato alla fine della Prima Repubblica. La seconda, in salsa governatoriale, ha semplicemente asfaltato il Consorzio di scopo per la realizzazione e l'Azienda Regionale e dei Porti della Lombardia. Per ricaduta, il vissuto di un progetto, proceduto non sempre con snellezza, è stato riposto nel tubetto. Da cui è stato, per l'éspace d'un matin dedicato alle illusioni, spremuto ed indicato come uno dei pezzi pregiati del recovery.

Per avere spiegazione di tutto questo (della ragione per cui il progetto giace da 30 anni e della ragion per cui viene sbrigativamente focalizzato) a chi dobbiamo citofonare? A quei ragazzotti della banda lombarda di Salvini, buoni a nulla ma capaci di tutto, assurti al ponte di comando e depositari dei destini di territori vessati dalla marginalizzazione?

Come in tutte le fiabe ingannevoli il clou dell'esternazione fatta di promesse irrealizzabili (non perché non lo sarebbero, ma perché non rientrano in nessuno dei radars delle reali intenzioni) dura si e no 24-48 ore.

Poi, arriva il plateau dei salamelecchi delle convenzioni e dei convenevoli: venite a Milano con una delegazione rappresentativa, e con (ci raccomandiamo) una lista completa di desiderata.

È vero che il Grande Fiume è ancora ricco di fauna ittica. Ma non certamente come i bacini della politica popolati da specie pronte ad abboccare a tutto.

È questo in breve l'excursus degli eventi cui ha dato la stura la vicenda del “ratto” della mostra bovina;in cui è impossibile non intravedere, in capo al governo regionale o ad aliquote di esso (comunque autorevoli e decisive), un'intenzionale strategia di modificare l'assetto delle vocazioni territoriali.

Non è, si è ben capito, solo o maggiormente la questione di mostrare gli eccellenti capi bovini a Montichiari (anziché a Cremona); bensì di spostare le gravitazioni da aree (politicamente) poco protette a poli assistiti e favoriti da decenni.

Se, poi, il Governatore Fontana (nella tesi a lui più favorevole) preferisce farsi passare per uno che “aveva frainteso” (d'altronde è un po' su tutto l'anatra zoppa di questo tramonto di legislatura regionale) sono faccende sue. Che interferiscono marginalmente con la tenuta della vicenda, su cui non è più consentito barare.

Abbiamo qualche giorno fa scritto, qui, che più che l'impudenza della tattica diversiva, inforcata per stornare l'assunzione delle responsabilità, offende il conformismo dell'establishment locale che dovrebbe mostrare capacità di interpretazione degli eventi ed ergersi a difesa del territorio, che è parte lesa.

Da un lato, il “ratto” della mostra del bovino è potuto proditoriamente avvenire con la complicità e l'istigazione di determinanti segmenti della Giunta Regionale; perché esecutori (Coldiretti, all'insegna del motto “chi picchia per primo ha praticamente vinto” e mandanti regionali si sono fatti convinti (come direbbe il Commissario Montalbano) di poter operare sul velluto.

Strilleranno per qualche giorno. Manderemo avanti il profili comprensivi (che mentiranno con promesse ingannevoli) e….

Non serve protestare a salve. Se non riusciamo ad armonizzare e a far convergere uno straccio di analisi delle problematiche territoriali, in vista di un programma di riequilibrio delle aree regionali, sarebbe molto più dignitoso non cadere almeno nel tranello dei tavoli di confronto sulle compensazioni.

D'altro lato, questo quadro di squilibrio nella destinazione delle risorse strategiche e nel sostegno delle vocazioni è stato favorito da due varianti.

La polarizzazione della tendenza centralistica alimentata dalle conseguenze della riforma del Titolo V, che ha ancor più disarticolato gli equilibri all'interno della Lombardia e accentuare le sovrapposizioni e le rivalità. Come, d'altro lato, è accaduto durante la gestione pandemica.

Il secondo corno della questione mette in evidenza, come abbiamo anticipato, la quasi assoluta inadeguatezza dell'apparato di consapevolezze e di progettualità dei soggetti comunitari.

Non vorremmo essere irriguardosi, ma è difficile non esternare un senso di smarrimento di fronte alla “tenuità” delle risposte della rete istituzionale del territorio in combinato con la classe (che dovrebbe essere) dirigente.

Manca, soprattutto, il valore aggiunto della cultura politica e dell'articolazione dei movimenti politici, il cui compito principale dovrebbe essere un'offerta progettuale.

Non abbiamo mai mollato l'osso; ma noi siamo parva pars. Di inquietante c'è la circostanza che l'unico movimento (errata corrige: l'unico leader del movimento) che si è inerpicato sui non facili percorsi di una decente ricerca è stato il PD. Un partito che non sarebbe inappropriato definire l'asse portante degli equilibri politici territoriali.

L'unico partito strutturato, che può contare su un significativo bacino di eletti, indispensabili soprattutto per la tenuta dei piccoli Comuni. Mentre la valutazione cambia, ormai in dirittura d'arrivo del mandato, bei Comuni apicali: il Capoluogo e Crema.

Pensare di tirare a campare fino a mandato concluso per un paio d'anni sarebbe decisamente inappropriato. Già da subito appare necessario di una forte discontinuità di progetti (assenti da 20 anni), di convergenze, di uomini nel campo progressista e riformista. Civico, soprattutto!

In questo senso, anche se espresso nei termini dovuti, la testimonianza del segretario provinciale Soldo, per quanto tardiva,appare un segnale rivelatore della permanenza in vita del maggior partito strutturato.

Ciò che deve essere principalmente chiaro è l'assunzione di consapevolezze non già in rapporto alle dinamiche che potrebbero modificare gli equilibri nella rappresentanza dei campi politici, bensì attorno all'accelerazione del processo, in atto da tempo, di marginalizzazione e di irrilevanza, di difficile sostenibilità, del nostro territorio.

E, dato che abbiamo sfruttato il traino dello spunto cinematografico, concludiamo con un titolo di coda dedotto dalla stessa opera.

Rivolgendosi alla platea del cineforum cittadino, l'intellettuale-giornalista Nicola disse, interpretandone l'inadeguatezza, di Nocera “È Inferiore perché ha dato i natali a individui ignoranti e reazionari come voi” (che ne costituite il vertice).

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