Si sarà notato che in uno scenario ipnotizzato dalla catastrofe pandemica è completamente scomparsa qualsiasi scala di priorità tematica. Semplicemente non esistono altre questioni che non siano il complesso aggregato, quasi mai affrontato lucidamente e razionalmente, del Coronavirus. Quasi che le problematiche potessero essere affidate ad una condizione di sospensione; a prescindere dalla loro incombenza e dai danni derivanti dalla loro marginalizzazione.
Così, ovviamente, non è; perché dovrebbe essere presente nelle capacità pauci-percettive dei tempi correnti che l'accantonamento disinvolto di questioni nodali per un sistema-paese incrostato dalle arretratezze non lascerà conseguenze neutrali.
Volendo pagare il dovuto tributo, almeno di citazione, alla centralità pandemica, osserveremo che l'aggravamento delle conseguenze di un ordinamento pubblico geneticamente irrazionale ed inefficiente getta visibilmente luce ed interpretazioni sul divario tra domanda e risposta comunitaria.
Con il che ci riferiamo espressamente alla difficoltà a trovare, in un modello in cui la frammentazione e la “concorrenza” delle funzioni fanno premio sull'efficacia e la tempestività dell'azione istituzionale, le ragioni e le sponde sistemiche suscettibili di potenziare le risposte comunitarie.
Eviteremo qui di riaprire i cahiers de doléances focalizzati sull'incomprensibile idiosincrasia a trovare anche uno solo dei bandoli della matassa istituzionale.
Solo meno di due mesi fa si è fornita una versione fraudolenta delle conseguenze salvifiche di una riforma “istituzionale”, suscettibile (nelle intenzioni dei proponenti) di un benefico effetto domino su tutto l'impianto istituzionale.
Saremo pur in presenza di un'ancor attiva pena biblica, destinata a catalizzare attenzioni e testimonianze attive, ma ci rassegniamo a registrare che sulla totale inoperosità conseguente all'esito referendario pesi la perdita definitiva dell'innocenza del ceto politico.
Senza voler mettere troppa carne al fuoco, ci pare di poter (forse, dover) segnalare che l'agenda della vita istituzionale non lasci molti margini alla vaghezza.
Giustamente la Comunità Socialista Cremasca segnala che all'orizzonte si avvicina uno dei frequenti election days; che, per quanto in teoria dedicati ai rinnovi dei consessi istituzionali periferici, in realtà alimentano un'incessante campagna elettorale “generalista”. Dato questo che non fa bene né alla compostezza sia del sistema rappresentativo sia dell'opinione pubblica e che, implicitamente, spiega le ragioni tanto delle endemiche barricate contro ogni provvedimento dei pubblici poteri quanto la ormai quasi assoluta impossibilità di conseguire risultati coesivi ed efficienti in un drammatico momento.
Soprattutto, appare in tutta la sua angosciante evidenza l'impossibilità di una rotta capace di conseguire un virtuoso sforzo di redistribuzione dei pesi tra poteri centrali e periferici.
Troveremo il modo per un approfondimento più particolareggiato su tale versante; ma, se è consentita la riflessione, appare del tutto inspiegabile la ragione per cui, soprattutto in scenari così eccezionali, non si riesca a riequilibrare il rapporto, in termini di attribuzioni formali e concrete risorse, tra il centro e la periferia.
Diciamo subito che non intendiamo assolutamente militare a favore di una ulteriore dilatazione delle funzioni concorrenti, colpevolmente messe a punto dalla famigerata riforma del Titolo V (anzi!). Intendiamo, invece, denunciare (ancora una volta) l'irragionevolezza delle conseguenze pratiche tra l'evidenza della centralità del “fronte interno” (di qualsiasi guerra e/o di qualsiasi calamità in cui viene di tanto in tanto investito il Paese), costituito di fatto dall'amministrazione periferica e una marginalità di ruolo e di risorse, inversamente proporzionale. Un “fronte interno” che, come in tutte le precedenti eccezionalità, continua ad essere mandato in trincea con metaforiche suole di cartone.
Ecco, si sarà ben compreso, ci riferiamo al fatto che, anche in questa eccezionale congiuntura, la periferia amministrativa svolge, in aggiunta alla funzione di referente pubblico a più diretto contatto con la popolazione, anche un fondamentale ruolo di supplenza delle carenze in capo ai superiori poteri.
In barba a tutto ciò l'ente intermedio, la Provincia, vandalizzata dal “contributo” di un ex ministro dem (che dovrebbe avvertire il pudore dell'abbandono di qualsiasi magistratura pubblica, continua, nonostante la prova di insostituibilità, ad essere un'entità istituzionale sospesa.
Per non dire della drammatica condizione in cui opera la fattispecie, come da anni denunciamo, delle piccole entità comunali, in particolare di quelle insediate nei territori geopoliticamente periferici e marginalizzati da un tracotante centralismo (che prima era statale e adesso è diventato anche e soprattutto regionale).
Fa bene la Rete delle Comunità Socialiste a non mollare l'osso in questa testimonianza e a evocare, su questo terreno, la necessità di un abbandono delle suggestioni ideologiche che hanno fin qui orientato i vecchi partiti strutturati come i nuovi movimenti. A favore della riscoperta e del rilancio della cultura del municipalismo; come linea-guida discendente da una sistemazione teorica e pratica capace di orientare la priorità della motivazione civica.
La Comunità socialista verso i prossimi rinnovi amministrativi
Ribadito il negativo giudizio sulle modifiche della Costituzione, decise nel periodo del federalismo modaiolo del passato, soprattutto in materia, sanitaria, oggi esaltate dalla conflittualità in corso, tra lo Stato e le Regioni, sui provvedimenti limitanti la diffusione del coronavirus,
la Comunità socialista cremasca, in vista dei prossimi rinnovi amministrativi, ritiene altresì opportune alcune riflessioni sulle conseguenze derivanti dalle varie leggi intercorse, in ordine alla separazione delle responsabilità politiche rispetto a quelle delle strutture burocratiche.
Contrariamente alle previsioni del legislatore, infatti, in questi anni i miglioramenti attesi, in termini di efficienza e di produttività delle amministrazioni pubbliche, non si sono per nulla realizzati, al pari dei risparmi nei costi degli iter procedurali, pure promessi.
La semplificazione e la qualità della vita politica, alla luce del narcisismo di molti “governatori e primi cittadini”, del numero sproporzionato di liste civiche, della loro ipocrita attestazione di essere estranee ai partiti, quando ne concordano il sostegno elettorale, restano delle chimere.
Pari valutazioni meritano altresì diversi effetti della legge n. 81 del 1993, che insieme alla elezione diretta del sindaco e del presidente della provincia, (a decorrere dell'anno 2000 anche del Presidente della regione), ha portato a sistemi e prassi presidenzialiste, ridotto e squilibrato il rapporto politico-amministrativo nella gestione dei governi locali, demotivato le riunioni consiliari, svuotate di competenze, largamente assegnate alle Giunte.
Nel complesso e contradditorio quadro appena sintetizzato, la Comunità socialista cremasca, ritiene utile l'avvio di confronto politico nella nostra zona, sui temi richiamati, partendo proprio dal rilancio dei valori della democrazia e della partecipazione attiva, ridimensionati dagli attuali assetti istituzionali dei Comuni.
Al di là delle norme vigenti, a partire dalle prossime elezioni che si terranno a Rivolta D'Adda, Spino d'Adda, Palazzo Pignano, Pianengo, Izano, Cremosano e Campagnola, nella primavera 2021, nonché a Credera Rubbiano e Crema nel 2022, riteniamo importante individuare e modulare, ovunque, forme di confronto aperte a tutti gli eletti, oltre a quelle previste dalla legge.
Ciò premesso, la Comunità socialista cremasca, ritiene, nel momento che stiamo attraversando, prioritario ogni sforzo teso al superamento degli squilibri sociali, delle ingiustizie economiche e delle distanze tra chi ha il posto fisso e chi, non avendo un reddito sicuro, rischia di uscire dal mercato del lavoro senza tutele e senza protezioni.
In generale, nei Comuni inferiori ai 15000 abitanti, ci adopereremo per la formazione di coalizioni rappresentanti le diverse sensibilità del centro sinistra, con una spiccata condivisione degli indirizzi strategici del territorio, come preambolo delle scelte amministrative locali, nonchè prima di ogni discussione sui candidati sindaci.
Nella città capo comprensorio, esplicitamente ci poniamo l'obiettivo della presentazione di una lista espressamente di area socialista, a cui potremmo rinunciare solo a fronte di rilevanti novità, comunque rispettose e riconoscenti la nostra storica identità.
In questa ottica, ci rivolgiamo ancora una volta al potenziale e tuttora disperso elettorato socialista, perché, nei prossimi mesi, ci aiuti a rafforzarci e quindi a rientrare nella più importante amministrazione comunale del Cremasco, orgogliosamente con le nostre forze, senza chiedere ospitalità ad altre liste o partiti.