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La sinistra e la questione socialista /32

  01/02/2024

Di Redazione

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Rassegna della stampa correlata

No al patto Psi-Fratoianni di Mauro Del Bue

Dopo aver promesso liste del solo Psi, dopo aver garantito che il Psi avrebbe fatto parte di una lista del socialismo europeo, dopo aver bussato invano alla porta di Calenda, il segretario del fu Psi ha annunciato l'accordo con Sinistra italiana e Verdi per le elezioni europee. Comprendo bene che l'accordo non abbia nulla di politico e sia stato perseguito con l'unico obiettivo di una sua elezione al Parlamento europeo, impossibile presentando la lista del solo Psi, e anche, per via del divario delle preferenze coi candidati di quel partito, entrando nelle liste del Pd. Restavano Calenda e Fratoianni, non importa se distanti anni luce l'uno dall'altro, non importa se l'uno è per dare armi alla resistenza ucraina e l'altro é per l'uscita dell'Italia dalla Nato, e chi se ne frega della politica, poi. Il fu Psi é un reperto inossidabile a qualsiasi coerenza ideale. E degli sporchi sionisti che ne facciamo? Li consideriamo davvero dei genocidi? Fratoianni è per il sì, il segretario del Psi non si pronuncia ma se per essere candidato deve dire sì anche lui lo farà. Io penso che a questo scempio non si sia mai arrivati dalla fine del Psi, 1993, ad oggi. Non sono neppure originali i nostri eroi. Tabacci più di Depretis é maestro di trasformismo. Usa la sua intelligenza che conosco e apprezzo per cambiare continuamente alleati. Dal partito di Casini alla Unione di centro, poi Più Europa con Emma Bonino, e addirittura Impegno civico con Gigi Di Maio. Metteva in palio un simbolo che permetteva la presentazione di una lista e poi si faceva eleggere da un'altra lista, di coalizione. Adesso Tabaccino pare aver raggiunto addirittura un accordo con Fratoianni al quale un simbolo non dovrebbe servire. O sbaglio? E qui la cosa mi pare sconcertante. Forse Tabacci ha capito il mondo ed io no. Perché restare legati agli ideali e alle storie? Uno vale l'altro. Il segretario del Psi arriva anche su questo secondo o primo dei non eletti. Sul piano personale, visto che non ce l'ho con lui, gli auguro perfino di essere eletto. La questione é tutta politica. Chi non appoggia la lista Psi-Sinistra italiana-Verdi non ha che una scelta da fare. Manifestare pubblicamente il suo dissenso, salutare l'allegra brigata di via di Santa Caterina e iscriversi all'Associazione socialista liberale. Saranno in tanti.

Associazione Socialista Liberale: nasce la “Casa del Riformismo”

Carlo Calenda e Mario Raffaelli per Azione, Oreste Pastorelli e Francesca D'Ambra per i Socialisti Liberali, Elena Bonetti per il movimento PER, hanno annunciato la nascita di questa nuova alleanza politica destinata a incarnare i valori moderati della sinistra dal riformismo socialdemocratico alla cultura democratica e popolare, al liberalismo democratico. “Con oggi prende avvio un percorso prima che politico di natura culturale” ha esordito Calenda, “e la cultura equivale alla libertà perché è la consapevolezza dei propri diritti oltre che la capacità di disporne”. Con una vocazione terzo-polista questa alleanza, legata da vincoli federalistici, sarà il vero centro sinistra del paese con quanto basta di “centro” e quanto di “sinistra moderata e democratica”. L'obiettivo sarà quello di realizzare una alleanza stabile. “Questo è un patto di collaborazione permanente, perché dopo le Europee lavoreremo per creare un unico soggetto politico” ha affermato Calenda, per una autentica e seria politica di riforme del paese in un senso moderno e sostenibile che lo porti a più alti livelli di perequazione sociale ed equità economica, con lo scopo di dare un approdo ai tanti elettori moderati che si annidano tra la grande marea di cittadini che scelgono, ormai in misure consolidate, la opzione del “non voto”. Non sarà quella di strappare voti alla Meloni o al duo Schlein-Conte la strategia della nuova area politica ma piuttosto di recuperare l'astensionismo elettorale dei delusi e diciamolo a volte anche disgustati. Elena Bonetti ha infatti ribadito che “il futuro è costruire un soggetto politico nel quale convivano le anime socialiste, popolari, repubblicane legate dal vincolo della natura democratica che superino le contraddizioni e i radicalismi del bipolarismo”. Mentre Mario Raffaelli ha ricordato che “Violante liquida la storia della prima repubblica limitandola al dibattito tra La Dc e il PCI dimenticando la grande stagione di riforme lanciata dal riformismo socialista a partire dal divorzio e lo statuto dei lavoratori. Si è trattato di un disegno preciso di cancellare la memoria storica del riformismo socialista italiano. Di qui il disegno di creare un partito non centrista ma centrale, che sia da volano per scardinare la tenaglia del bipolarismo”. La conferenza stampa è stata aperta dal saluto di Oreste Pastorelli e di Francesca D'Ambra i quali nel riassumere le vicende che hanno portato alla nascita del movimento Socialista Liberale hanno sottolineato l'importanza di tale patto federativo per la riaffermazione degli autentici valori riformisti. All'appello manca una componente che rappresenti la cultura libertaria di tradizione radicale, ma manca poco perché ciò avvenga e ben presto l'area politica sarà bella che completata per affrontare le prime sfide elettorali delle Europee e delle prossime amministrative. Ricco il parterre con Enrico Buemi, Ettore Rosato, Maria Stella Gelmini, Alessio D'Amato, Daniele Fichera, Giulio Sottanelli, Enrico Verini e Gianni Padovani.

Associazione Socialista Liberale: il valore delle idee

Siamo socialisti e del socialismo abbiamo acquisito la sua straordinaria tradizione riformista e umanitaria. Ma siamo convinti dell'estrema attualità di un suo efficace e produttivo rapporto con la tradizione del liberalismo sociale. Per questo ci vogliamo definire socialisti liberali. Turati ha aperto le porte alla collaborazione coi governi liberali dei primi del secolo scorso contestando le involuzioni autoritarie e demagogiche del socialismo rivoluzionario, Carlo Rosselli teorizzò col suo libro pubblicato nel 1930 il socialismo liberale, Saragat e il Nenni del dopo 1956 seppero rompere col comunismo, Craxi praticò il lib-lab dopo essersi ricongiunto appieno col riformismo. Siamo gli eredi di una luminosa tradizione oggi spesso volutamente ignorata. Siamo i vincitori di una lunga competizione a sinistra, siamo stati dispersi da una grottesca criminalizzazione politica. Vogliamo risorgere perché da queste fonti si può seminare per un futuro migliore in questi tempi difficili e per taluni aspetti fin drammatici. Abbeverarsi agli ideali, al valore delle nostre idee per rilanciare la politica e per nobilitarla.

Forum dei lettori

Una testimonianza socialista orientata alla famigliarità

Gentile direttore, quando morì mio padre, sindaco di Cremona in carica dal 1946, mia madre che lo aveva sempre sostenuto nei suoi atti coraggiosi di ragazzo del 99 che abbraccia la militanza partigiana, si fermò a riflettere. GINO era un uomo buono, socialista di fatto e di cuore. Al suo funerale partecipò una gran folla, era amato è stimato. Noi figli eravamo ancora piccoli, Emilio 13 anni, Lino 11 ed io 4. Mia madre, insegnante elementare, accettò un altro lavoro per unire i vari proventi necessari per mantenere da sola la famiglia e indirizzarci agli studi. Non accettò né aiuti dal partito né dall'Amministrazione comunale che le proponeva di ritirare gli stipendi che Gino non aveva mai accettato. Non conosco i motivi per cui in famiglia fu evitato di parlare di politica. Gli ideali di mio padre continuarono però a brillare nelle nostre testoline naturalmente votate al socialismo. Trascorrono gli anni e seppur non inserendoci nell'agone politico, soffriamo nel constatare come   l'agire correttamente e onestamente si stia allontanando dai vertici del potere. Una sporca storia dove chi ha il coraggio di ammettere i propri errori viene messo alla gogna mentre altri nemmeno spariscono e alcuni tengono ancora la testa alta. Chi paga per tutti però trascina con sé la credibilità del proprio partito. Non si ha la forza di reagire, di mostrare il viso pulito, di riprendere le redini di tutti i buoni intendimenti che hanno portato alla libertà e alla democrazia il nostro Paese. Chi segue altri partiti ha idee più chiare? O si affida fiducia a chi urla più forte o promette e poi non mantiene? Ritornare ad aggregarci per poi appoggiarci ad altri che a loro volta, per non scomparire, accettano compromessi, che senso ha? È libertà? È democrazia? O ci si racconta favolette?? Difficile ritrovare fiducia e grinta oggigiorno, se in passato non si è stati in grado di sbandierarli … Personalmente desidererei non sentirmi stretta in una morsa manovrata da chi ancora accetta qualsiasi compromesso. Credo nelle belle persone che hanno a cuore gli interessi e le necessità della società in cui vive, qualsiasi sia il credo politico. Unità di intenti e di valori col coraggio di manifestarli e combattere lealmente per realizzarli. GINO, pur già malato, favorì il nascere della Fiera agricola e del bestiame, per risollevare le povertà delle campagne …chiese a chi ancora teneva soldi elargizioni per chi dopo la guerra non aveva più nulla. E le ottenne senza che la distribuzione fosse condizionata da tessere politiche diverse … è così difficile tornare a quei tempi senza ombre di imposizioni dall'alto che vanificano un buon operare per l'interesse di tutti?  Mi scuso, caro direttore per essermi dilungata. Ma il socialismo vero ci e' sfuggito di mano; anche se continua a palpitare nel cuore di chi ne ricorda i fulgidi esempi di chi l'ha difeso e onorato. Un abbraccio 

Clara Rossini, Associazione Emilio Zanoni, Cremona
Clara Rossini, Associazione Emilio Zanoni, Cremona

Una ricerca di senso

Vabbé…ce ne siamo fatti una ragione. Perché avevamo abbozzato un altro titolo per questa chiosa (all'editoriale di Mauro Del Bue e alla lettera di Clara Rossini). L'abbiamo cambiato in un meno scapigliato (aderendo al consiglio del più prudente Virginio Venturelli).

Pagato dazio alla sintassi dell'incipit (che avrebbe dovuto orientare una nota più scanzonata) entriamo nel merito.

Diciamo subito che, al di là delle apparenze, l'Editoriale della nostra gemellata testata prampoliniana, dice molto più delle apparenze del senso che dovrebbe improntare l'idealismo e la testimonianza di chi vorrebbe dire qualcosa di coerente e sostenibile in materia di aderenza e di attuale praticabilità della teoria socialista. In Italia, entrata, da oltre un trentennio, in una condizione di “fuori corso”.

In contrasto e forse a dispetto con tutti coloro che, dalla seconda repubblica in poi hanno intravisto anche nei più minuti interstizi la condizione per non revocare definitivamente un passato (fatto di tante luci ma anche di qualche ombra) e, lo diciamo, spinti da un afflato di generosità interpretativa, intravedere la condizione per non chiudere la “ditta” ed essere utili ancora alla causa.

Praticando, implicitamente, una postura di rimpianti e di non detto.

Diciamo che l'operazione asfaltatura, andata a regime all'inizio degli anni 90 ma quasi sicuramente in nuce in una precedente temperie, del più antico partito (in assoluto e della sinistra), venne a collocarsi nella particolare congiuntura caratterizzata dall'incertezza degli approdi reali della stagione caratterizzata dal tentativo di cambiare radicalmente decennali equilibri (su cui peserà in modo determinante l'indotto della caduta del muro) e, non marginalmente, l'ombra lunga di un modello politico, fondato sui partiti e, da un certo punto in poi, sulla “partitocrazia”. Venuta a noia (o forse in odio) ad una costituency, sicuramente plagiata da una colossale campagna neoqualunquistica. Che avrebbe fornito carburante all'azione del giustizialismo.

In passato abbiamo scritto (senza peli sulla lingua) che il “nuovo corso socialista”, inequivocabilmente foriero di un restyling radicale del PSI, nato a Genova il ferragosto del 1892 e testimone di battaglie politiche e civili certissimamente fondamentali per la modernizzazione del Paese, non aveva tenuto conto dell'impatto di una strategia politica e di governo, generosa e preveggente, su un sistema rigido, impermeabile alle innovazioni (specie quelle che mettevano a repentaglio le posizioni di rendita dei due partiti maggiori e dei soverchianti interessi castali, permeabili a qualsiasi riformismo suscettibile di incidere nell'intelaiatura dei poteri).

Sia come sia il percorso era tracciato, nel senso che il destino di obsolescenza programmata e forzata del PSI fu fin da subito irreversibile. Forse un aiutino avrebbe potuto venire da una gestione meno accigliata e più propensa all'autocritica, almeno su questioni difficilmente impugnabili.

Anche se può dispiacere, ripeteremo qui che la scelta dell'”esilio” diede il colpo finale.

I “cocci” sarebbero stati raccolti (insieme all'umiliazione dei portatori sani di idealismo e di generosa militanza) da una comunità politico-organizzativa che si mostrò subito interessata a non abbassare la claire e a restare sul mercato della testimonianza politico-istituzionale.

Da allora (per dire dell'inconsapevolezza dell'impraticabilità, non solo del modulo in cui aveva operato nella doppia decade 70-80, ma anche di uno standard molto inferiore), quel che era restato del partito di Turati, Nenni, De Martino, Craxi cambiò, per effetto di un downgrading, tanto umiliante quanto soprattutto caratterizzato da insignificanza.

Negli equilibri tra i campi e nell'incidenza nella definizione delle strategie e delle linee tattiche.

Pagare moneta, vedere cammello. Trent'anni di scambio tra introito di qualche strapuntino di rappresentanza negli ambiti elettivi versus arrendevolezze giunte alla disponibilità umiliante a cambiare sigla, simbolo, nome e partners coabitante nelle “riserve” delle liste di accompagnamento, ideate per lucrare gli interstizi del maggioritario.

Una postura di rimpianti e di non detto, quello della piccola nomenklatura che da qualche tempo ha intensificato la mozione delle nostalgie, per rastrellare qualche granello di disponibilità a ritornare alla militanza socialista, agitando un immarcescibile impulso al branding. In barba a tutte le controindicazioni, di cui hanno ben scritto Del Bue e Clara.

Di noi e della nostra testimonianza editoriale tutto si può dire che siamo omissivi. Non abbiamo mai ritirato tessere (anche se non abbiamo mai rifiutate tentativi di armonizzazione e convergenza). Ci siamo applicati all'approfondimento e alla divulgazione della cultura storica del socialismo riformista. In particolare, azionando la leva dell'Associazione Zanoni, concepita prima di tutto un progetto di custodia e valorizzazione delle fonti documentali, come base insopprimibile e inaggirabile della valorizzazione dei perni culturali che sottendono alla testimonianza degli idealismi enunciati e praticati.

Certo, abbiamo anche esercitato legittimamente la prerogativa pubblicistica di stare sulla critica politica. Cui, a partire dal 2020, abbiamo dedicato molta attenzione in termini di contraddittorio all'indirizzo della piccola nomenklatura nazionale prostrata prima al PD di Letta e, adesso, da quel che vediamo ad una subalternanza (suggerita dalla disperazione per la sopravvivenza di qualche strapuntino di visibilità e forse di posticini) in una partnership che è quanto di più innaturale per l'ispirazione e la storia del socialismo italiano.

Localmente, assistiamo al triste e cinico tentativo di cucire questo squallido tentativo di sopravvivenza ad un passato, fatto di tante luci e qualche ombra. Passando cinicamente da una fase di subalternanza al PD ad un'alleanza con la sinistra radical! Con Soumahoro, compreso.

E tentando di cucirlo addosso a figure intemerate come quella di Mario Coppetti.  Qui non è un problema di libere vedute, tutte rispettabili. Ci si organizza nel nome di Coppetti, campione della socialdemocrazia, per distribuire tessere ai nostalgici e per chiedere voti in alleanza (subalterna) con la sinistra rifondarola, antieuropea, antioccidentale, filoislamica. Si sono superati i margini anche del nauseabondo vassallaggio/prostrazione a Letta nel 2022, ancor più umiliante degli analoghi precedenti e avaro di risultati (l'elezione di qualche segretario socialista vagabondo). Con la caduta di ogni residua vergogna, l'alleanza con SI pone il PSI fuori dalla famiglia socialista europea.

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