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Hong Kong 31 anni dopo Tienanmen

Flash Mob Radicale (dialettico)

  05/06/2020

Di Enrico Vidali

Hong+Kong+31+anni+dopo+Tienanmen

Si è svolto nel pomeriggio di ieri, nel cortile municipale Federico II nei pressi delle lapidi che ricordano Giacomo Pagliari e Leonida Bissolati, l'annunciato flash mob organizzato dall'Associazione Radicale di Cremona per sensibilizzare l'opinione pubblica e denunciare l'abominio antidemocratico perpetrato dalla Repubblica Popolare Cinese a danno di quel che resta delle prerogative liberaldemocratiche nella realtà post-coloniale di Hong Kong.

Avevamo ricordato nel precedente servizio di annuncio della manifestazione che nel giorno del massacro di Tienanmen, consumato 31 anni addietro e derubricato nella categoria dell'”incidente”, la nomenklatura di Pechino, con la copertura delle marionette del parlamento legislativo ed il compiacente accompagnamento dell'organo legislativo autonomo, ha portato a compimento una restrizione del sistema di libertà che omologa in tutto e per tutto l'ex colonia inglese alla madrepatria comunista.

La manifestazione, assolutamente pacifica, si è svolta, in un contesto meteorologico da tregenda incupito dalla rarefazione dei passaggi; circostanza che, ben lungi dal demotivare gli organizzatori ed immiserire l'iniziativa, esalta la coerenza e la forte testimonianza dei piccoli ma evidentemente determinati circoli liberaldemocratici. Per i quali quei valori vanno difesi, senza se e senza ma, in tutto il globo.

La mobilitazione, composta e silenziosa, ma non meno remissiva si è avvalsa degli slogan-sandwich di denuncia recati dalla quindicina di partecipanti, guidati dal vertice dell'Associazione (la segretaria Maria Costanza Loffi, il presidente Luigi Camurri, il Tesoriere, Alessandro Borghi).

Partecipanti anche il Presidente del Consiglio Comunale di Cremona, Paolo Carletti, la consigliera comunale radicale Stella Bellini e Sergio Denti in rappresentanza della Comunità Socialista Cremonese, ufficialmente aderente all'iniziativa.

Come percepibile dall'ammiccante sottotitolo c'è stato un risvolto dialettico in un pannel che avrebbe dovuto essere aderente agli schemi di univocità e di compostezza delle manifestazioni pubbliche organizzate.

Già dalle prime battute ed ancor prima che i partecipanti si disponessero coi loro slogans è ruzzolato nel parterre l'inopinato, inaspettato “contributo critico” di un cittadino (manifestamente dai tratti) cinese soi disant residente a Cremona.

Il quale, bisognerebbe aggiungere, con una compostezza incongrua con il diritto degli organizzatori di manifestare univocamente per quanto civile e tollerata (fino al punto del confronto), ha rimarcato sia l'infondatezza della denuncia del restringimento del sistema delle libertà nell'ex colonia britannica (applicabile solo nel caso di commissione di violenze e di turbativa dell'ordine pubblico) sia l'atteggiamento di unidirezionalità che risparmierebbe la repressione in atto contro i manifestanti, soprattutto, di radici afro-americane negli States.

L'eloquio del “contestatore”, sia dal punto di vista dell'appropriatezza linguistica che del percorso logico, ha indotto i presenti a pensare ad un attenzionamento cinese di tipo professionale. Che, in qualche misura, potrebbe (anche per l'uso del selfie) essere percepito come un episodio se non di intimidazione, sicuramente di pressione.

L'ardimentoso “contributo” critico è già stato riscontrato in corso d'opera.

Gli è stato fatto notare che le ascendenze ideali e politiche di tutti i partecipanti escludevano, pur all'interno del pregiudizio della dottrina comunista, un'ostilità nei confronti della Lunga Marcia.

Altrettanto gli è stato fatto notare che si deve all'iniziativa aperturista del ministro degli Esteri, il socialista Pietro Nenni, se già a metà degli anni 60 la Cina fu sdoganata in Italia e tendenzialmente in Europa.

Ma queste aperture, concepite come prologo alla convivenza ed alla cooperazione tra i popoli, non dovevano ed essere concepiti come liberatoria e complicità con un sistema politico che fa della soppressione di minimali diritti di democrazia e di libertà civili l'asse portante di una Repubblica Popolare, la cui emancipazione si è svolta solo all'insegna dello sviluppo economico del moto di Dengxiaoping “andate ed arricchitevi”.  Che presupponeva un sistema turbo-capitalista ma privo di libertà.

 Talmente privo di libertà da renderlo poco dissimile (e lo diciamo con sofferenza) ai sistemi autoritari occidentali del passato. Non a caso, 31 anni fa nelle ore della carneficina di Piazza Tienanmen scrivevamo sulla prima pagina dell'Eco del Popolo una forte, sofferta denuncia, che recava un titolo non equivocabile “Dalla Cina una conferma: il comunismo non si riforma”.

Su ciò, riferisca il nostro non richiesto ma tollerato contraddittore (ai suoi danti causa, o ai suoi inputs algoritmici, alla comunità cinese cremonese da noi tanto rispettata) che la prospettiva di lucrare qualche trickledown economico dalla potenza economica planetaria non è barattabile con la difesa dei diritti civili e della liberaldemocrazia. Qui a casa nostra e ovunque.

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