Caro Direttore, leggendo le notizie dalle varie testate giornalistiche viene voglia non solo di denunciare la Sanità pubblica, che funziona male, ma anche la Politica che parla ma concretamente non fa nulla per aiutare i malati a trovare soluzioni ai loro problemi. Iniziamo con le liste di attesa che sono lunghissime, anche un anno, e quando solleciti la risposta è sempre quella mancanza di personale. A Vicenza non c'è bisogno di ricorrere alle Cliniche private, in Ospedale la visita in libera professione dal Primario la puoi avere dopo una settimana. È vergognoso perché chi se lo può permettere è sempre privilegiato. Chi non ha neppure i soldi per pagare le bollette deve aspettare "l'urgenza" ossia il ricorrere al Pronto soccorso, rischiando magari la vita!!! Grazie per avermi ascoltato.
Caterina Lozza,Vicenza, 29 luglio 2022
Che ti devo dire, Enrico. Se dopo queste uscite ottengono ancora credito e voti significa che i cittadini brontolano ma si disinteressano. Molti, che io conosco e incontro spesso nei vari gruppi hanno da tempo, smesso di fare visite specialistiche con il servizio sanitario. Il motivo non è spesso o solo il tempo di attesa ma una sfiducia verso il professionista del servizio pubblico. Il professore è di frequente lo stesso che il paziente incontra nello studio privato, ma in questa nuova veste il dottore ha il tempo necessario per ascoltare il paziente, mettere in correlazione le diverse patologie, indicare le terapie da seguire e fissare i tempi delle successive visite. Il privato non può però prescrivere i medicinali a carico del servizio sanitario, perciò il paziente/cliente si rivolgerà al medico curante. Quest'ultimo si incavolerà ma farà buon viso e cattivo gioco. Si sentirà offeso e umiliato nella sua capacità professionale e lavorerà, comprensibilmente, di malavoglia. È una catena al deprezzamento.
La scarsa fiducia nell'istituzione sanitaria fa il paio con quella verso tutte istituzioni pubbliche, ma non solo. Si pensi alla sfiducia verso le banche e alla poca considerazione che la gente ha dei sindacati e dei partiti.
È nei fatti la rottura di un patto societario. La società italiana si sta sfaldando.
La sanità era forse l'unica istituzione della quale gli italiani, tutti, andavano orgogliosi. La pandemia ha svelato una realtà fragile e che si auto-elogiava dei suoi scarsi risultati.
Attenti però a non confondere la disaffezione come se fosse un male recente e imputare la colpa, come si è fatto e come si fa, alla politica.
Erano anni, ancor prima di tangentopoli che la partecipazione attiva e collettiva latitava sia nei partiti che nelle associazioni e financo nelle cooperative.
Le assemblee dei partiti, nelle diverse sezioni, anche nel "monolitico" PCI, faticavano ad avere presenti le percentuali necessarie per approvare i bilanci. Questo accadeva anche nelle associazioni come le ACLI e perfino nelle cooperative. Tant'e che si modificarono gli statuti e intervenne anche il legislatore modificando gli articoli relativi alle società in nome collettivo e alle cooperative.
Di fatto abbiamo accentuato in modo esagerato l'individuo, il cittadino, perno importante della società ma solo se collegato con un atteggiamento solidale e fraterno, non dico con tutti i popoli, come sarebbe giusto, ma almeno con gli italiani.
Alessandro Gaboardi, Crema, 29 luglio 2022
I nostri due affezionati corrispondenti non hanno messo di mezzo molto tempo tra la notizia appresa dal quotidiano La Provincia e le riflessioni del caso.
E, poiché tutto il mondo è paese, noi stessi, con un anticipo di 24 ore, siamo stati sintetizzati sullo stesso argomento dal Corriere Trentino. Altra Regione, altra Provincia (per giunta Autonoma), ma stesso problema. Nonostante che, come avevamo considerato qualche giorno fa sull'Eco, la sanità trentina, restata più aderente al format pubblico (soprattutto in termini di controllo territoriale), avesse fin qui retto meglio.
Addirittura la governance della Provincia Autonoma, passata quattro anni fa al centrodestra (anche a causa di una sconsiderata “riforma” orientata alla chiusura degli ospedali territoriali), aveva lestamente riavvolto il film di quello che sembrava il ciclo dell'”aziendalizzazione”.
Inopinatamente, però, e con qualche ora di anticipo la sanità trentina (si ripete, sin qui dai buoni standards prestazionali) preannuncia di volersi rivolgere ai privati, per evitare il pendolarismo dei suoi utenti attratti dall'offerta esterna.
Mah…Il nostro problema (pur andando a parare lì, vale a dire alla sussidiarietà della sanità privata) è, purtroppo, diverso.
L'azienda, pubblicando un bollettino di guerra (al confronto del quale la rotta del Piave sarebbe una bagatella), non solo non riesce a giustificare il disastro dei tempi prestazionali, ma annuncia che dovrà ricorrere alla stampella privata.
Riassumendo: un quarto di secolo fa il governo regionale Formigoni aveva “aziendalizzato” (asfaltandola) la rete ospedaliera spacciandola come condizione per l'esercizio dell'opzione in capo all'utenza tra offerta pubblica ed offerta privata.
In soldoni, si sono trasferite risorse correnti (col convenzionamento) ed investimenti a favore della sanità capitalista e in danno a quella pubblica.
Il risultato (dequalificazione del servizio, soprattutto nelle aree periferiche) si è visto ben presto; anche attraverso lo splafonamento dei tempi di attesa delle degenze e delle prestazioni specialistiche.
La pandemia ha fatto il resto. E la post-pandemia ha, se fosse stato possibile, ha addirittura infierito. La sanità lombarda non è manifestamente in grado di reggere i compiti d'istituto. Andrebbe più che commissariata, militarizzata (come è stato fatto per la campagna vaccinale).
Oltre alle miliardate scivolate sui gruppi privati (ampiamente funzionali ad allargare il differenziale qualitativo) in via permanente, un anno fa si è appreso che quasi la metà delle destinazioni straordinarie del ministero alla Regione sarebbero state girate alla spedalità capitalistica, perché quella pubblica non sarebbe stata in grado di rientrare negli standards prestazionali. Donde, appunto, la notizia che, nonostante le maggiori risorse, la Sanità lombarda non si attrezza per il recupero e si affida al sostegno privato.
Una conferma che più in basso di così non si sarebbe potuto andare.
E pensare che solo qualche giorno fa lo storytelling mediatico aveva per l'ennesima volta dato conferma dell'ospedale nuovo ormai cosa fatta. Ben sapendo che (a parte il solo finanziamento delle spese progettuali) l'ospedale nuovo non si farà (non si dovrà fare!) e che è giunto ormai il punto di non ritorno della totale asfaltatura della sanità territoriale. Di fronte a cui la politica ed il territorio si devono far sentire.