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Quelle donne socialiste cremonesi che la storia non ricorda

  21/11/2022

Di Ennio Serventi

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J'aimerai toujours le temps des cerises

Et le souvenir que je garde au coeur.

Jean-Baptiste Clemént

Caduto il fascismo venne l'epoca dei comizi, ne ricordo tantissimi. Alla fine degli anni quaranta passò da Cremona anche Angelica Balabanof, la social democratica russa amica di Lenin, con il quale fu poi politicamente in disaccordo. La ricordo già vecchia e un tantino incurvata. Si raccontava che avesse avuto una storia anche con Mussolini. Parlò al teatro “Filodrammatici”, presentata da Francesco Guzzini, che parlando arrotava la “erre” come i francesi e fu vice direttore del settimanale Avvenire, organo del Fronte della Gioventù dei partigiani e dei reduci, quando il direttore ne era Fiorino Soldi. Lo conobbi al Partito Socialista Italiano, prima che se ne andasse, seguendo una delle tante scissioni che periodicamente svuotavano il partito. Sul giornale dei socialisti cremonesi “Eco del Popolo”, Emilio Zanoni dedicò all'oratrice un articoletto feroce, titolandolo La befana balabanova.

Tutti gli anni, il 20 settembre la sarta insieme ad altre donne del movimento femminile socialista, portava fiori alla lapide che ricorda “Giacomo Pagliari ucciso a Porta Pia nel combattimento che fu ultimo ad atterrare una dominazione sacerdotale non voluta da Cristo e dalla storia”.

Voglio ricordarne alcune di quelle donne, oscure e dimenticate militanti nel Partito Socialista Italiano quando il simbolo era la falce ed il martello appoggiati su di un libro aperto e, nello sfondo, il sol dell'avvenire, delle quali nessuna storia del socialismo parlerà mai.

SAFFO SERAFINI, maestra elementare, romagnola mangia preti con nonno “garibaldino, difensore della Repubblica Romana, ferito da piombo papalino” come sembra recitasse il cenotafio. Il pensiero della compagna Saffo Serafini affondava nel repubblicanesimo mazziniano, seguiva le teorie educative riconducibili a Francisco Ferrer, fondatore della “Escuela Moderna”. Saffo fu la prima a parlarmene. Francisco Ferrer fu giustiziato nel 1909, non gli venne perdonato il suo ribellarsi, in campo educativo, al predominio della chiesa spagnola.

DIRCE SALA, maestra elementare, incubo di diverse generazioni di scolari, crocerossina volontaria al fronte nella guerra 1915-18, bissolatiana e anticomunista feroce ma attiva collaboratrice con loro nel Movimento dei Partigiani della Pace.

GIOCASTA ANSELMI MALINVERNO, maestra elementare, figlia dello scultore Adamo che portava la cravatta alla Levalier e scolpì i monumenti a Ferruccio Ghinaglia ed Attilio Boldori, oltre a belle figure femminili. (“Ha riempito il cimitero di donne nude” era il rimprovero della sarta.)

LINA CANESI MANFREDI, animatrice della Cooperativa Artigiana Femminile. 

VALERIA MORANDI TAJÉ, veniva da Torricella del Pizzo con la “littorina” delle tranvie provinciali, i binari correvano a lato della via Giuseppina. Dopo la deposizione dei fiori non mancava di dire, scuotendo leggermente il capo come a volere sottolineare il rimpianto per la morte dell'eroe, i primi versi del Cinque Maggio: “Ei fu. Siccome immobile, / dato il mortal sospiro”. In anni successivi, nella sua casa, incorniciate, teneva appese ad un muro liriche d'amore – Cet amour, Dejeuner du matin, Pour toi mon amour – che una voce sparse per lei in un giorno d' autunno),  

ALBA CAMOZZI, (forse operaia all'A.T.A.-Pirelli), con Pietro Giazzi (Gip) e Cabrini il socialista che proveniva dall'Azione Cattolica. Morì giovanissima, quando tornai da militare non c'era più. “Vieni con me” mi disse Alba quella sera, dopo la riunione nella cooperativa allora sotto i portici della frazione Gera, tenuta in preparazione della festa per l'otto marzo; RITA SCAGLIOLA STERZATI, moglie del musicista, MARIA LAZZARI, LUIGINA ANTONIAZZI, ADELIA LARINI, EMILIETTA ROSSI, che abitava in via Carso, ADELINA MAGGI (figlia del calzolaio Dismo, uomo di profonda spiritualità e grande bestemmiatore, il pittore cremonese noto come “Cavour” gli aveva dedicato un graffito e alcuni versi pubblicandoli sul giornale umoristico-satirico cremonese Padus). Lei, la Adelina, si definiva socialista umanitaria,  prediligeva Ignazio Silone. Dal nome della protagonista di un bella canzone argentina, presi a chiamarla Adelita.

ANGELA BALZI, operaia alla Ceramica Gosi si salvò dalla silicosi, abitava alla cascina Carbonera sulla strada per Porcellasco. Io uscivo dall'adolescenza, lei aveva qualche anno in più. Dopo il lavoro veniva in bicicletta alla storica sede del Partito Socialista Italiano, in via Manzoni 2, dove si parlava di politica e di futuro e non di affari. Poi, innamorato come solo può esserlo un adolescente o chi si sente portare via il tempo, a piedi, l'accompagnavo verso casa. Camminavamo affiancati percorrendo sempre le stesse strade, sfiorando i muri delle stesse case, lei spingeva la bicicletta con le mani camminando sul marciapiede al margine dell'acciottolato. All'osteria del Bersagliere, passato il ponte sul canale, giravamo a sinistra, per quello spazio, oggi irriconoscibile, che fu anche di Padre Cristoforo. Largo e sterrato si apriva fra il Cavo Cerca, che scorreva al fondo di una profonda fenditura sotto passando la via per Mantova, ed il più lontano colatore Pippia, entrambi scomparsi, come è scomparsa l'antica fornace per la cottura dei mattoni. Del primo monastero cremonese dei frati minori cappuccini rimane chissà ancora per quanto, un tratto di muro d'angolo e un tetto. Ci lasciavamo oltre i binari di via Persico, alla santella che esiste ancora, come esiste ancora, chiusa ed abbandonata in attesa di diventare un'altra cosa o di scomparire per sempre, la cascina Carbonera. La santella era piantata ai margini della via in luogo solitario in uno spazio d'erba calpestata e  vecchie foglie  scricchiolanti al passo, fra la strada e il fosso, toccata dai rami bassi dai platani giganti. A quel limitare arrivavo prostrato, soffocato dal pudore che in tutto quell'andare mi aveva impedito e ancora mi impediva di mettere nelle parole quel che sentivo. Una sera d'estate al momento di lasciarci, Angela improvvisamente mi abbracciò con un abbraccio che ricordo infinito, appoggiò la guancia alla mia dicendomi: “lo so che mi vuoi bene”. Fu la prima e unica volta, come uniche furono le parole affettuose di quella sera che lei solo disse e che io non riuscii a pronunciare. Poi, chissà il perché, ci perdemmo di vista. Mi rimane di Angela la sua immagine in una fotografia di gruppo, dove a malapena si intravede, fatta ad una manifestazione di partito, e il ricordo che indelebile conservo.

Ennio Serventi

Grazie, compagno Serventi

Non solo per l'autorizzazione a replicare sulla nostra testata socialista il bel memoir (già pubblicato con la dovuta evidenza dal quotidiano online CremonaSera), ma anche per l'importante lavoro di ricerca storica e di divulgazione che da anni ti vede impegnato nella realtà civile e culturale cremonese.

Dice talvolta l'attuale contesto, sempre più refrattario a conoscere la storia, recedant vetera. Col risultato che, con il nuovo equilibrio di governo, ci troviamo, volenti o nolenti, a fare i conti con una storia che non avremmo mai voluto si rimaterializzasse.

Di cui Giorgia è solo il picco più evidente. Mentre ci troveremo a misurarci sempre più con il risultato del processo di liquefazione del pensiero politico e della partecipazione popolare alla vita pubblica.

Ennio Serventi, che ai tempi della Prima Repubblica non ha mai (nonostante ne avesse i numeri) rivestito responsabilità di vertice, è stato uno dei primi compagni che ho conosciuto nel mio primo approccio con la “Federazione” del Partito e con la Federazione Giovanile Socialista, di cui era stato a lungo un generoso e costante animatore.

Le cose che scrive qui, in questo importante aggregato tematico, per chi scrive non costituiscono novità. Perché, nel corso degli ultimi 60 anni in cui ci siamo e continuiamo a relazionarci, questi profili e questi avvenimenti non abbiamo mai smesso di approfondirli e fissarli.

Nonostante, è utile dichiararlo, che le nostre testimonianze militanti si siano divaricate nel tempo.

Serventi traccia dei profili, diciamo, un po' in difformità rispetto ai correnti parametri con cui si parla e si scrive delle donne impegnate nella testimonianza politica.

Nel suo scritto escono ritratti di protagoniste della vita quotidiana che i saputi definirebbero “di Voghera”; ma che, a ben vedere, fornirebbero, per la loro carica ideale e per la tenacia della loro partecipazione, un ineludibile spunto di emulazione, anche in questi scalcagnati scenari.

Ennio si è soffermato su una carrellata, che è rappresentativa di una parte della storia socialista declinata al femminile. Noi ne abbiamo scritto qualche anno fa in Il Socialismo di Patecchio e su questa testata, nella rubrica Commiati e ricordi (in cui, ahinoi, fissiamo profili di emeriti che man mano ci hanno lasciato e che hanno voluto precederci sulle rive del lago appenninico di Pupi Avati).

Noi, se Serventi ce lo consente, aggiungiamo al testo di Serventi alcune immagini relative ad alcune protagoniste citate e aggiungiamo altre donne socialiste del nostro territorio che “che la storia non ricorda”.

Di cui abbiamo scritto ne “Il Socialismo di Patecchio”. Come Regina Ramponi, antifascista, partigiana delle Brigate Matteotti operanti nel Casalasco, appassionata maestra elementare e nel dopoguerra dirigente socialista locale e provinciale, nonché Consigliere Comunale.

O come Severina Rossi, insignita 15 anni fa dall'Associazione della targa Zanoni per l'approfondimento della storia dell'antifascismo. Ma prima di questo edificante epilogo la compagna Severinaavrebbe dovuto attraversare un quinquennio di peripezie, legate alla sua testimonianza ideale.

Ai primi di agosto del 1944 la G.N.R. diede avvio ad una vasta operazione di repressione che culminò, in ottobre, nell'arresto di numerosi militanti socialisti e comunisti; un'operazione, che, per vastità e profondità, arrischiò di compromettere il lavoro, giunto già a promettenti risultati, di potenziamento della struttura politico-militare, in quanto arrivò a decapitare il vertice matteottino con l'arresto del Ten. Corbari e di altri esponenti socialisti di primo piano, tra cui Madoglio di Bonemerse e Severina Rossi di Soresina.

Gli arrestati furono trattenuti, in un primo tempo a Cremona, a Villa Merli, sede operativa dell'Ufficio Politico Investigativo, con i mezzi “investigativi” che si lasciano immaginare, e, più tardi, dopo essere transitati dal Carcere Giudiziario di Cremona (dove Corbari venne sottoposto ad un supplemento di stringenti interrogatori, che fronteggiò con grande coraggio; forse anche per questo, fu al centro di un ardito tentativo di liberazione, da parte del GAP guidato da Ruggeri), furono tradotti, a disposizione del Tribunale Speciale, al Carcere S. Agata di Bergamo.

Fatto sì é che Majori chiese un accertamento clinico sull'effettivo stato di salute in relazione all'ipotesi di una sua traduzione a Bergamo. Di tale accertamento fu incaricato il Dott. Emilio Priori (indimenticato presidente degli Istituti Ospitalieri, nonché artefice del “nuovo ospedale realizzato nel 1970), che certificherà l'intrasportabilità del detenuto.

Circostanza che avrebbe rinviato l'esecuzione di tutti gli arrestati, tra cui Severina Rossi.

Severina Rossi, giovane sartina autodidatta, rientrò a Soresina, impegnandosi come Delegata Femminile Provinciale del PSI in una inesauribile attività politica, che subirà una temporanea pausa (lo si deduce dal n° 106 del 10 maggio 1947, con cui il gruppo dirigente socialista le rivolse un saluto e un augurio alla vigilia delle nozze, che la condurranno a vivere a Milano). Severina, col matrimonio, cambierà solo residenza, non già ideali e impegno civile.

E, dato che abbiamo citato Emilio Priori, come non ricordare il suo braccio destro nell'impresa della realizzazione della moderna struttura ospedaliera, Maria Galliani. Negli anni 50 e 60 impegnata a livelli di vertice nella vita istituzionale locale!

Richiamo questo che ci sprona ad una considerazione, per alcuni versi autocritica, nei confronti dei criteri di selezione, da parte del gruppo dirigente socialista dell'epoca, delle posizioni di vertice interne e delle rappresentanze istituzionali.

Galliani si può dire che per alcuni decenni sia stata la donna socialista “più in vista” nella governance istituzionale cittadina. L'attuale contesto, in cui preme la mai completamente risolta questione della parità di genere nelle professioni e nella vita pubblica, ci esorta ad ammettere che quelle valorose donne socialiste, apprezzate per il loro idealismo, per la loro preparazione, per la loro appassionata testimonianza, per la loro dedizione, raramente varcavano l'ambito delle responsabilità nelle sezioni, nel direttivo provinciale, nel Sindacato.

Tra queste non possiamo non ricordare, in aggiunta alle compagne della CdL citate da Serventi, anche Savina Ruggeri, per tanti anni al vertice del Sindacato dei lavoratori delle confezioni.

E concludiamo con la citazione da cui, in verità avremmo dovuto cominciare.

Da Marcella Filippini, la “Marcella” per eccellenza, titolare dell'osteria di corso Vittorio Emanuele angolo Ettore Sacchi. In realtà la qualificazione professionale risulta un po' riduttiva (anche se risponde al vero che la sua osteria fu per tanti anni l'incubatoio e la location in cui fermentarono le idee che avrebbero portato alla redazione de L'Eco del Popolo, alla costituzione del PSI e della Camera del Lavoro).

Infatti, come si ha motivo di dedurre dalla lettura delle memorie scritte dalla figlia, Marcella fu molto di più nel rapporto con Leonida Bissolati. Fu complice di quei generosi fermenti civili e ideali, fu appassionata partecipe, fu amica di Bissol.

Ricordarla qui appare più che doveroso.

Le gallerie
Le “quote rosa” degli anni 50
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Diffusione domenicale dell’avanti! affidata a giovani attiviste
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Maria Lazzari – direttrice INCA CGIL
Maria Lazzari – direttrice INCA CGIL
Regina Ramponi, maestra, antifascista, partigiana delle Brigate Matteotti di Casalmaggiore
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Alba Camozzi attivista della sezione socialista e della CdL di Pizzighettone
Alba Camozzi attivista della sezione socialista e della CdL di Pizzighettone
La madre del caduto matteottino Carlo Signorini
La madre del caduto matteottino Carlo Signorini
Maria Galliani – vice del Presidente degli Istituti Ospitalieri Emilio Priori.
Maria Galliani – vice del Presidente degli Istituti Ospitalieri Emilio Priori.
Severina Rossi, dirigente socialista e partigiana della Brigata Garibaldi
Severina Rossi, dirigente socialista e partigiana della Brigata Garibaldi
Marcella Filippini, titolare dell’omonima osteria in cui fu fondata la nostra testata
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