Ai più, richiamati dall'appealing di ben altre offerte strombazzate dal conformismo dei media embedded o frastornati dagli eccessi di comunicazione, forse non giungerà neppure l'eco dell'evento. Il PSI, focus organizzato (nel mare, magnum ma irrilevante a livello di potere politico) di quel che resta del pensiero e dell'organizzazione del socialismo italiano, il 18-19 marzo si riunirà a Roma in Assemblea Congressuale Straordinaria. Straordinaria, perché, pur essendo già stato riunito in sessione ordinaria un anno fa, è costretto a ripetere il rito democratico. Sotto l'incalzare degli effetti dell'iniziativa di una minoranza (sparita dal radar della comunità) che, vonclausevitzianamente, ha inteso continuare la dialettica politica in altre forme (rivolgendosi alla giurisdizione ed impugnando questioni di procedura).
Da non iscritto (e forse neanche completamente allineato ad un format, che, nell'ultimo quarto di secolo, non ha sempre fornito testimonianze virtuose), ma da socialista impenitente che, nonostante le controindicazioni, non volta le spalle, ci sentiamo di segnalare (dalle pagini digitali di una testata che dal gennaio 1889 continua la propria mission) l'evento e di sottoporlo a contributo ermeneutico.
Nonostante le evidenze, che impongono di stare lontani dagli entusiasmi e dalla iattanza, e nonostante le consapevolezze reclamate dalla realtà, continuiamo a ritenere che gli ideali ed il pensiero socialisti non meritino la fine solitamente riservata alla categoria dei nativi.
Qualche errore l'abbiamo commesso; dal punto di vista politico ed anche da quello dei comportamenti morali. Delle conseguenze di tutto questo non usciremo mai definitivamente e non riacquisteremo mai la piena cittadinanza, se non completeremo un ineludibile sforzo di autocoscienza. Che ci porti, pur nella consapevolezza dell'attenuante di non essere stati i soli a praticare comportamenti non virtuosi, a conseguenze coerenti. Tra cui il gesto, da assumere in termini chiari e forti, dell'ammissione e della richiesta di scuse al Paese.
Ah, certo, di tanto in tanto emergono ancora gli indomiti che, per esprimere il massimo della riprovazione, rimettono in pista il termine di “socialista” come aggettivazione di disvalore e di riprovazione.
A tale categoria appartengono i nemici di ieri (che, sul piano etico-morale, ne hanno fatto peggio di Bertoldo in Francia) e la canea della facile vulgata giustizialista.
Un passato non commendevole (ma molto meno di quello dei nostri carnefici) è stato chiuso. Dalla distruzione del nostro movimento, dalla ghettizzazione della testimonianza di chi non si è arreso, da quel destino di irrilevanza, dal punto di vista dell'approdo del nostro contributo di idee, che ci fa sentire appartenenti ad una sorta di minoranza etnica.
Qualcuno, nell'evidente scopo di piegarsi alla condizione “di tenere famiglia”, si è fantasmagoricamente ritagliato accomodotions non esattamente in linea con le premesse della storia socialista (e con la logica).
Ma, quando scatta il “tana liberi tutti”, appare molto difficile vellicare: ognuno per sé e dio per tutti.
Altri, deducendo (con qualche margine di arbitrarietà) da temerari sillogismi, si sono acconciati a sopravvivere in quella sorta di riserva indiana. In cui era possibile avere qualche briciola di rappresentanza politico-istituzionale, ma non la piena agibilità politica, come riconosciuto partner au pair dell'area di centro-sinistra.
Per di più si era caricati (per sopravvivere in tale dimensione e per sperare di intercettare qualche briciola di tribuna) di qualche sgradevole corvée, imposta dagli arzigogoli delle leggi elettorali di rito maggioritario.
Siamo arrivati a fare liste con Dini! Non ricordiamo se ottenendo qualche strapuntino nelle aule parlamentari. Che, anche se vero, non dimostrerebbe che sarebbe valsa la pena. Era la gestione Boselli/Villetti, che non volgiamo assolutamente indicare al pubblico ludibrio. Ma, che, obbiettivamente, ha assommato all'interdetto pronunciato contro il diritto di cittadinanza politica la conseguenza di una sorta di auto-assegnazione ai recinti della sovranità limitata.
Insomma, mentre Berlusconi, a corto di ceto dirigente, faceva man bassa di grands commis di provenienza socialista da immettere nei ruoli di governo, il PDS, DS e PD tolleravano le altre sensibilità che ritenevano naturale mantenere lo sguardo a sinistra (nonostante l'impresentabilità della testimonianza della nomenklatura post-comunista).
La transizione da quel ciclo di ostracismo alla definitiva pulizia etnica venne nel 2008 con Veltroni, che, ponendo le basi di un PD a vocazione maggioritaria (i cui perni erano saldamente collocati nel Porcellum, demonizzato ma fruito), fece chiaramente intendere la direzione di marcia. Il cui approdo non era certamente alla sponde di una sinistra riformista plurale.
Paradossalmente, PSI e DS stavano insieme nella famiglia del socialismo europeo (grazie all'intraprendenza di un ex democristiano), ma in Italia non disponevano delle stesse prerogative.
La profonda crisi del PD toglie qualsiasi residua probabilità alla auspicata ipotesi del completamento della lunga marcia del post-comunismo italiano in senso liberal socialista. Una parte tende ad attestarsi definitivamente in una cultura politica di profilo liberal; un'altra parte (più per motivi discendenti dalla perdita di egemonia sul partito che non per constatazione di emarginazione dal baricentro del progetto politico) pare volersi arroccare in una indefinita eclave di radicalismo.
In teoria, questa temperie di smarrimento e di sciogliete le fila della sinistra italiana aprirebbe praterie alla testimonianza di quel contributo del socialismo italiano, che, a prescindere dalle vicissitudini, è rimasto ancorato ai cardini del laburismo, del socialismo liberale, della laicità, dell'europeismo.
Il Congresso Socialista ha come premesse lo scenario appena sommariamente riepilogato.
Nenni ammoniva ad ispirare la politica ai sentimenti, non ai risentimenti.
Si tratta, oltre che di un fecondo ancoraggio etico-morale, anche di un lascia-passare che induce ad una percezione degli scenari disgiunta dalla prevalenza di impulsi che non siano quelli dei voli alti.
I socialisti non hanno bisogno di sdoganamenti. Certo sviluppare la testimonianza in contesti che sembrano ottundere il profilo illuministico delle coscienze e con limitatezza di opportunità comunicative più simili alle catacombe non può non far avvertire i limiti che incontriamo ed incontreremo.
Massì, diamoci una botta di entusiasmo! Siamo una piccola comunità. Ma siamo consapevoli del fatto che la nostra consistenza, ideale e progettuale, non si deve contare ma pesare. Per la cronaca, nei giorni scorsi, a dimostrazione dell'autorevolezza del pur rimpicciolito socialismo italiano, il Congresso dell'Internazionale Socialista ha eletto proprio Vice-presidente, il deputato italiano socialista Pia Locatelli.
Sia concesso al “simpatizzante” che scrive avanzare un ammonimento: a ranghi separati non si va da nessuna parte. Occorre rinserrare le fila, partendo dall'impegno a porre a revisione e a verifica un know how politico di ispirazione riformista, che dimostra piena validità ed attualità.
Priorità ai valori del lavoro, come perno etico della comunità, alle politiche di pari opportunità di partenza e di valorizzazione del merito, alle politiche di giustizia sociale nella distribuzione delle risorse prodotte e di valorizzazione degli indirizzi tendenti all'associazione dei lavoratori nello sforzo di innovazione industriale, alle battaglie di laicità per il pieno dispiegamento dei diritti civili.
Se la moneta buona (degli ideali socialisti) non è stata definitivamente scacciata da quella cattiva del Gresham (delle pulsioni neo-massimaliste e degli azzardi del populismo) è giunto il momento di dimostrarlo.
Cattiva abitudine, però, quella dei socialisti di praticare il pensiero critico ed il relativismo con le modalità dell'individualismo e dell'anarchismo.
Negli ultimi dieci anni, a livello di impegno per la divulgazione storica e culturale della politica, abbiamo portato a Cremona vecchi (oddio, hanno la nostra età!) talenti, inesauriti e pienamente attuali. Con la metà dei quali una politica (e una sinistra) che volessero risollevarsi ne avrebbero a sufficienza.
Scrivono su importanti giornali e riviste, sono apprezzati conferenzieri, dirigono importanti fondazioni ed associazioni di testimonianza culturale e sociale, sono rimasti socialisti confessi. Ma, se non vuoi essere guardato di sguincio e compromettere la buona ospitalità e la salda amicizia (iniziata nella FGS oltre mezzo secolo fa), stai accuratamente lontano da qualsiasi riflessione che abbia come conclusione la messa in sinergia di queste (sprecate) intelligenze. Insomma rifiutano di mettersi insieme, se non alla condizione di dirigere l'orchestra.
La nostra provincia è una piccola realtà e quel che resta della testimonianza socialista non appartiene ai grandi numeri.
Ma, dal punto di vista, dei rilievi critici appena sviluppati, possiamo chiamarci fuori.
Il rapporto, se non proprio militante, di complice condivisione sia degli ideali che hanno fatto da spartito alla nostra vita che delle analisi dei contesti attuali, non è mai venuto meno.
Alcuni hanno preso strade diverse e divaricanti. Altri hanno aderito al PD riaffermando, però, la loro opzione socialista. Tal altri hanno continuato a ritirare la tessera del PSI. Altri ancora non hanno girato le spalle e si sentono veterani della riserva.
Fatto sì è che da qualche mese, complici magari gli election day (con il loro portato di azzardo che spinge a simulare come potrebbe andare a finire), si sono intensificate e sistematizzate le riunioni, cui è stato attribuito il contenitore di “Comunità Socialista Cremonese”.
Che, ovviamente, non archivia il PSI. Anzi ne fa il perno di una testimonianza di cultura politica, di progettualità, di presenza nella vita istituzionale.
È questa un'esplicitazione del modo plurale con cui si dovrebbe concepire il servizio civile della buona politica. All'insegna della piena cittadinanza di ogni contributo che si collochi in un range a maglie larghe, come premessa di un movimento plurale.
Se è concesso esternare pubblicamente un tratto prevalente dei partecipati approfondimenti fin qui sviluppati, si direbbe che la “base” socialista postula decisamente l'uscita dal bozzolo, in cui è rimasta compressa ed inespressa l'evoluzione del PSI.
Giusta preoccupazione quella di partecipare al diritto-dovere di rappresentanza in senso alle istituzioni. Ma, si son chiesti quasi tutti coloro che partecipano, che senso ha continuare a condizionare la giusta prerogativa di cui sopra alla difficoltà di dispiegare a tutto campo la testimonianza politica?
Rinserrare le fila attorno al PSI, estendere i confini della collaborazione nella vasta rete dell'associazionismo culturale e sociale di ispirazione socialista, stabilire chiari patti federativi di consultazione e, nel rispetto delle reciproche autonomie, di azione comune col campo di centro-sinistra (PD e Radicali).
Il Congresso Provinciale del PSI può essere, almeno qui a Cremona, un'occasione per testare la praticabilità di questo percorso.
Non casualmente l'impostazione del lavoro congressuale astrae completamente dai canoni politico-burocratici tradizionali per sperimentare modalità nuovo di elaborazione e di confronto.
La comunità socialista tutta si è data ancora una volta appuntamento in occasione dell'Assemblea che si svolgerà SABATO 11 MARZO 2017 a Cremona nella sala riunioni della Società Filodrammatica Cremonese (g.c.) con inizio alle ore 9,30.
L'impostazione a temi del dibattito, prevede, dopo la relazione introduttiva del segretario provinciale PAOLO CARLETTI:
-interventi di saluto:
del Presidente della Provincia, dott. DAVIDE VIOLA
del Presidente della Società Filodrammatica GIORGIO MANTOVANI
del prof. MARIO COPPETTI
di CLARA ROSSINI Presidente dell'Associazione Emilio Zanoni
del segretario cittadino del PD GALLETTI
di SERGIO RAVELLI che ricorderà la figura di Marco Pannella
-contributi tematici
del dott. MARIO RICCIO sul testamento biologico e sulla libertà di fine vita
di MINO GROSSI, segretario della UIL, sui temi del lavoro
di GIULIA DANIELI PENCI sulle problematiche della donna nel contesto attuale
di VIRGINIO VENTURELLI, già Sindaco di Madignano
di BEPPE CARLETTI sulle politiche amministrative