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Pandemia Olistica

Gli effetti del coronavirus sulla finanza, sul capitale e sul lavoro, ma non solo

  12/03/2020

Di Redazione

Pandemia+Olistica

Alla fine, con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 11 marzo 2020 e relativi allegati il governo italiano ha optato per l'”opzione dolce” e anche la più gestibile, ovvero, la chiusura di quelle attività non indispensabili. Forse, queste ulteriori misure, si sarebbero dovute attuare prima, ma solo il tempo ce lo confermerà. Ora la priorità è certamente quella di gestire la pandemia. 

In concomitanza della suddetta stretta governativa, abbiamo ricevuto il monito (intimidatorio) dalla Presidente della BCE, Christine Lagarde, che fa il paio con gli aiuti tanto attesi e mai arrivati da quella cozzaglia (ahinoi) di stati chiamata Europa.

La Lagarde, con le sue improvvide (ma chiaramente intenzionali) dichiarazioni sul mantenimento degli indici sui tassi d'interesse con ripercussioni negative sullo spread, mina ulteriormente la capacità dell'Italia di fronteggiare la crisi e, in prospettiva, di non uscirne con le ossa troppo rotte. La seconda, invece, si è vista superare in solidarietà (tre a zero) dalla Cina che ci ha recapitato un contingente di mascherine (quelle che la Germania ha voluto tenere solo per sé) oltre ad una squadra di medici e ricercatori che collaboreranno con lo staff italiano per trattare il COVID-19 e, magari, trovare un vaccino, oltre alla disponibilità a rispondere in via del tutto privilegiata ad una nostra eventuale commessa di n.1000 ventilatori polmonari di cui abbiamo un urgente bisogno.

Ancora oggi il mondo del lavoro si interroga se questa ulteriore stretta sarà sufficiente ad arrestare il contagio da COVID-19, i cui effetti collaterali potrebbero segnare profondamente il sistema economico e finanziario di un paese come il nostro già compromesso.

Da una parte, i sindacati che chiedono lo stop di molte più attività, a cominciare da quelle produttive, non in grado di garantire a lavoratrici e lavoratori l'adeguata sicurezza durante lo svolgimento delle loro mansioni e, dall'altra, gli industriali, gli artigiani ma, soprattutto, i commercianti che vorrebbero maggiore sostegno dallo Stato per fare fronte all'emergenza.

I rappresentanti dei lavoratori hanno da tempo iniziato con le agitazioni e gli scioperi, mentre gli industriali, su tutti, denunciano l'irresponsabilità da parte delle controparti. Anziché perdersi in sterili contrapposizioni, perché le parti sociali non stipulano un patto per affrontare in sinergia l'emergenza? È un diritto sacrosanto che da un lato si voglia tutelare la salute dei lavoratori, ma sono comprensibili anche le necessità delle imprese che vedono profilarsi ingenti danni all'orizzonte se non addirittura l'irreversibile chiusura delle loro attività.

Accennavamo prima ad una catastrofe mondiale (anche) di tipo finanziaria che, molto probabilmente, avrà impatti recessivi maggiori rispetto a quella del 2006 anche perché, vista la “natura del male”, questa impatterà pesantemente anche sui titoli e sui fondi assicurativi, nei quali, è bene ricordarlo, rientrano i fondi previdenziali e il welfare integrativo di lavoratori di tutto il mondo …insomma, ci pare il classico “cane che si morde la coda”!

Alla luce dei fatti, è incontrovertibile come la finanziarizzazione abbia ormai messo radici ovunque nel tessuto socio-economico mondiale. Dove sta dunque il giusto compromesso fra le parti sociali in “apparente conflitto” sulla gestione ed il contenimento del contagio?

Forse sarebbe più fruttuoso per tutti un patto sinergico che affronti l'evenienza, rallentando ma non fermando del tutto l'economia, mitigando al massimo il disagio di chi dovrebbe recarsi a lavoro senza la minima prevenzione. Quindi, prima cosa, trovare gli elementi che uniscono e sopra abbiamo evidenziato uno degli aspetti per cui Capitale e Lavoro in questo momento si trovino davvero sulla stessa barca che affonda. Secondo, si potrebbe banalmente estendere le disposizioni del “Titolo X - esposizione ad agenti biologici” contenute nel Testo Unico sulla sicurezza (D.Lgs. 81/2008) a tutte, ma proprio tutte, le realtà aziendali. Le aziende che non comunicheranno al rispettivo Ispettorato Territoriale del Lavoro di avere raggiunto un accordo con le RSU o con i sindacati su tali disposizioni, verranno ispezionate ed eventualmente, in mancanza di prevenzione, fermate. La via di gestire localmente la chiusura o meno delle attività produttive ci pare la più sensata rispetto a quella di un Decreto che le rada, a prescindere, tutte al suolo, virtuose o meno che siano.

Sul fronte politico, invece, a parte il fronte bipartisan registrato contro le dichiarazioni della Lagarde, lo schieramento di centro-destra, con a capo Lega e Fratelli d'Italia in primis e poi Forza Italia, i quali invocano addirittura la legge marziale, lo scenario rimane ancora quello delle barricate fra governo ed opposizione. Alla faccia del “tutti uniti per il bene dell'Italia e la salute degli italiani”! Purtroppo, la possibilità che i nostri politici partoriscano di concerto azioni volte a mitigare concretamente gli effetti del coronavirus, a partire dal semplice richiamo affinché il popolo italiano ritrovi quel necessario senso di unità che eviti di aumentare i danni collaterali della crisi, è vana speranza. A questo punto, il rischio di un collasso sistemico sarebbe, unicamente, direttamente proporzionale alla durata dello stato emergenziale.

Ecco come gli effetti del coronavirus non si limitano solo ad intaccare la salute delle persone, ma incidono ed incideranno per molto tempo sulla finanza, sul capitale e sul lavoro, segnando profondamente le nostre vite, oltre l'emergenza.

Ah, già, e gli effetti sulla politica?

Tranquilli, tanto quella vive su Marte.

  

Tommaso Anastasio 

Al limite dell'etica civile e della deontologia

Ha cominciato a girare insistentemente tra i social un audio in cui un'avvocatessa del foro bresciano, peraltro qualificatasi, dispensa una non richiesta ricetta giurisprudenziale: “Se fermato non pagare l'ammenda. Gesto che integrerebbe un'esplicita ammissione di colpa e conseguente l'omologazione della condanna penale. Contattate subito l'avvocato di fiducia o quello assegnato d'ufficio.” Fin qui con apparenti migliori intenzioni, assolutamente gratis e con ampia disponibilità a futura memoria (se posso essere utile, sono qui).

Di passaggio, si fa notare che la sollecitudine parte in un giorno in cui lo scenario bresciano di partenza è sotto attacco di un accelerazione del contagio

Detta una personale opinione su un versante sanzionatorio (nei confronti dei pescati in castagna) all'acqua di rosa, non possiamo non trattenerci dal chiosare come ai limiti dell'etica civile e della deontologia la sollecitudine a fornire dritte preventive ai violatori, che già nelle prime 24 ore non appaiono pochi.

Sarà pure un disinteressato parere legale, ma in un momento drammatico finisce per assumere, magari non intenzionalmente, il profilo se non di un'istigazione alla disobbedienza un'implicita rassicurazione. Per i non pochi che continuano a ritenere la violazione del decreto una risposta ai concussi diritti personali o comunque un gesto bagatellare. Da non sanzionare e, se possibile, da mettere in burletta

Resta invece un comportamento suscettibile di recare un pregiudizio alla comunità e come tale va severamente sanzionato. Se ne facciano una ragione coloro che non possono restare in casa ed i legali che mettono le mani avanti per assisterli preventivamente.

Bellissima testimonianza civile e collettiva

Evidentemente la proverbiale acqua alla gola allarga i cuori ed apre le menti.

Perché l'iniziativa, il cui contenuto è facilmente desumibile dalla manchette di supporto al titolo, non è rivelatrice solo di un afflato comunitario ad alzo zero, ma di un implicito messaggio scaturente da consapevolezze e letture più vaste della condizione del nostro territorio.

Un pool di dieci realtà associative economico-categoriali e di volontariato (primo firmatario la Fondazione Buschini-Arvedi), in un battibaleno ha mandato in onda una decisa risposta all'emergenza virus. È stata fondata #unitiperlaprovinciadicremona, che ha come scopo la raccolta di fondi per aiutare gli ospedali del Territorio (Crema, Cremona, Oglio Po), manifestamente in grave difficoltà.

La raccolta confluirà nella disponibilità delle direzioni generali che gestiranno in autonomia il ricavato finalizzando la generosità all'acquisizione immediata di macchine per la respirazione assistita nelle terapie intensive, maschere per la ventilazione dei pazienti con insufficienza respiratoria.

Non ci sarebbe molto altro da aggiungere. Se non il riconoscimento di una testimonianza destinata a fornire un contributo concreto e a restare, comunque, iscritta nella memoria storica collettiva, a lungo.

È un'iniziativa che parte da un input territoriale e che innesca una solidarietà per alcuni versi sconosciuta tra soggetti sociali non sempre coesi.

La classe dirigente della comunità provinciale appare implicitamente più consapevole delle criticità, immediate e sedimentate, ed indica nella coesione il principale fattore di resilienza.

La nostra testata aderisce all'iniziativa ed invita i Soci dell'Azione Zanoni e gli aderenti alla Comunità Socialista Territoriale a partecipare concretamente alla raccolta.

Flash Mob a base d'applausi

Per ragioni d'anagrafe, ma soprattutto di gusti soggettivi, non amiamo nessuna inclinazione al gesto ostentato.

Ogni cosa al proprio posto. Una regola questa non scrupolosamente osservata negli ultimi decenni; quando l'applauso, gesto liberatorio di consenso, ha pervaso anche circostanze chiaramente incongrue (come l'estremo saluto).

Diciamo che la partecipazione, singola e comunitaria, al dolore potrebbe essere espressa nel raccoglimento. Considerando, proprio in circostanze come queste, il silenzio come la forma più alta di comunicazione.

Facciamo un'eccezione per l'invito oggi dilagato in molti social, con cui si invita per sabato 14 marzo – ore 12 ad un flash mob: Tutti alle finestre per un lungo applauso di ringraziamento a tutti coloro che stanno lavorando per noi negli ospedali e di incoraggiamento a noi.

Non giuriamo sulla congruità del gesto. Ma osiamo sperare che possa essere uno dei molti, che magari con altre modalità, possa essere rivelatore dei sentimenti di gratitudine verso gli artefici dell'avamposto nella lotta e della consapevolezza della coesione comunitaria.

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