È iniziata, con l'omologa dell'organo esecutivo, la Sindacatura Bergamaschi; risultata, come ben noto, vincente (e bene) al ballottaggio di due settimane fa. Chi vince prende tutto il piatto, bellezza!
È nella logica del poker e, si parva licet, anche del maggioritario comunale.
Il nuovo borgomastro si è presentato in modo solare a cospetto del dante causa e ruolo, che è il corpo elettorale. Ha incrociato il fioretto con i competitors (con un fair play che fa onore a lui e a tutti gli altri). Ha convinto e vinto.
L'aggregato politico, risultato maggioritario, per tutta la Consiliatura sarà ai remi per operare fattivamente e per dimostrare congruità tra il dire il fare. Quello minoritario, invero non monolitico, fornirà, con l'azione di controllo, critica e stimolo, un contributo eticamente non inferiore.
D'altro lato, ripetiamo, gli antagonisti, pur qualcosa concedendo all'animus pugnandi (senza del quale la già distratta opinione pubblica faticherebbe a distinguere le offerte), hanno fornito (e ciò, in questi tempi un po' così, è di particolare conforto) una apprezzabile prova civile. Qualche sdrucciolata sul terreno del compiacere la tendenza leaderistica, che ha fatto approdare a Crema alcune “vedettes” della scena nazionale (con indotti incongrui alle aspettative, ci poteva stare; al pari di qualche concessione, da parte della sinistra radical e del centrodestra, alle suggestioni demagogiche (come il revival campanilistico e la riapertura del Tribunale).
Si ripete, tutto ciò ci poteva stare. Il clima, se non proprio rilassato, sicuramente civile, del confronto si ripercuoterà, se le rose fioriranno, nel corso della consiliatura; quando il superiore interesse comunitario passerà all'incasso, chiedendo convergenze concrete.
E, diciamolo francamente, anche se gli va riconosciuta una condizione significativamente al di sopra della media territoriale (grazie alla costante ed intraprendente testimonianza di corpi intermedi sociali ed economici molto attivi e lungimiranti), Crema non è totalmente esente dalle problematiche di periferizzazione territoriale (e, quindi, di marginalizzazione nei criteri di destinazione delle risorse pubbliche, dei presidi di servizio, degli sviluppi infrastrutturali), comuni a tutta la provincia.
Quanto se ne senta parte oppure no (magari inseguendo la suggestione di un dumping dialettico nei confronti dei superiori poteri istituzionali) e quanto sia disponibile a mettersi saldamente nella sala regia officiata dell'operazione di inversione della tendenza (fin qui praticata) dell'ognuno per sé e dio per tutti lo sapremo in corso d'opera.
D'altro lato, il fatto che (in questi trent'anni di dopo prima repubblica) tutta la rete istituzionale territoriale abbia perso di vista qualsiasi analisi di insieme dei comuni destini è cosa arcinota. Parlarne è quasi esercizio di crudeltà. Anche se, nei primi giorni di scuola della nuova consiliatura, sarebbe colpevole essere evasivi.
Nell'ultimo quindicennio, il territorio coincidente con quella che affettuosamente viene definita “la repubblica del tortello” è stato assistito da un eccezionale favore astrale di sovra rappresentanza nei ranghi dei superiori poteri: un vicepresidente, ops un vicegovernatore regionale, un ministro, un deputato europeo, due parlamentari nazionali, un consigliere regionale (nei ranghi dell'elettoralmente prevalente centrodestra) e due consiglieri regionali (nei ranghi dell'elettoralmente prevalente centrosinistra).
Nella prima repubblica con un siffatto overbooking di eletti si sarebbero fatti sfracelli, sul terreno della capacità di attrarre risorse ed investimenti pubblici. In teoria, perché, a parte il sempre inconcluso collegamento tra l'area metropolitana e il comprensorio cremasco (avamposto del territorio provinciale) nessun helycopter money e nessun trickle down hanno dispensato nulla a favore del riequilibrio di un territorio, che, nonostante i superiori ostracismi ad una corretta destinazione delle risorse, ha mostrato il proprio valore di intraprendenza e di vitalità.
E non è azzardato inquadrare il profilo performante di quella folta rappresentanza elettiva come del tutto avulso da una testimonianza di impegno a favore del territorio sistematicamente discriminato da Regione e Stato. Anzi, assurdamente, avulso e contestualmente fungente da guardia pretoriana territoriale, officiata della difesa e della copertura; come è avvenuto e sta avvenendo nel settore della sanità pubblica e nel prolungamento della metropolitana, delle negligenze e delle aporie in capo agli assetti di potere istituzionale (in cui, in teoria, avrebbero potuto avere voce in capitolo).
Tale, se non lungo, comunque non breve preambolo, si giustifica con la rilevazione di una serie di circostanze che, da un lato, l'approccio del confronto elettorale e, dall'altro, dell'entrata a regime del nuovo consesso elettivo hanno trattato da sinecura.
Non che candidati e corpo elettorale si siano guardati solo l'ombelico delle cose attinenti alla gestione della quotidianità; ma poco ci manca. Perché sul ruolo del Comune Vicecapoluogo Provinciale e del Comune di riferimento comprensoriale si è speso poco. Colpevolmente? Per consapevolezza di scheletri nell'armadio e/o di inadeguatezza?
Chi ha vividi ricordi di come funzionava il Consorzio Intercomunale Cremasco ha solo l'imbarazzo della scelta nel decrittare la più acconcia categoria alla fonte di questo vistoso limite progettuale.
Il Capoluogo da oltre un quarto di secolo ha finito di essere riferimento del territorio pertinente. Ma non solo; perché è diventato, anziché elemento di convergenza, motivo di sgretolamento dell'intesa circondariale. Si pensi, alla vicenda del SCRP (sul quale qualcuno ha azzardato uno spericolato “il territorio cremasco ritrova l'unità”).
Spericolato ma sempre auspicato, forse ineludibile, approdo di testimonianze e di fattive azioni, se non altro imposte dalla consapevolezza che, in assenza di visuali più lunghe e di volontà convergenti, il testa-coda nella sostenibilità del ruolo amministrativo dei Comuni è cosa certa.
Su questo terreno, abbiamo detto, nessuna nuova. Che, ricordando il piglio divisivo dell'uscente, sarebbe buona nuova. Ma non basta questa presa d'atto un po' ribassista. Ci sia consentito da osservatore esterno, ma non disinteressato e/o preconcetto, dire che la nuova Consiliatura può (deve!) fornire l'opportunità (ineludibile!) comune a tutta la rete amministrativa di ritornare sul pezzo: l'armonizzazione e la convergenza di lettura e di intento di un destino territoriale comune.
Diciamo questo perché se Athenae clamat Sparta non rideat. …
Essendo che, su questo ordine di underperform, il carico di responsabilità in capo a Cremona, è ancor più severo. Per effetto della condizione di Capoluogo dell'intera Provincia (per quanto ovviamente possa valere questo requisito, a seguito dello svilimento dell'ente intermedio) e, diciamo con tutta franchezza, per una diserzione del compito che ha dell'incredibile.
Lo diciamo anche perché Atene-Cremona e Sparta-Crema sono sulla stessa barca (del completamento della marginalizzazione dai circuiti istituzionali) e, insieme alle altre 111 entità municipali, devono scendere in campo, se non altro per arrestare la deriva della sempre meno sostenibile entità municipale.
Lo diciamo anche a futura memoria, perché approssimandosi la quiescenza di questa non indimenticabile Sindacatura (di Cremona), qualcuno dovrà pur aprire le danze su questo tema centrale.
Quanto all'approdo della procedura elettiva dei nuovi organi gestionali, abbiamo dato, nella precedente riflessione, prevalentemente rivolta ai risultati e alla loro interpretazione sul significato politico.
Nelle more della quotidianità politica, ci siamo trovati di fronte all'annuncio della formazione della Giunta Bergamaschi. Su cui il sempre acuto (nelle percezioni e nelle interpretazioni) Antonio Grassi ha scritto: “Bergamaschi sceglie un mix tra nuovo e antico”. Ora, ci asterremo dal solito spiegone.
Così come, però, non potendoci astenere, per il profluvio delle analisi dispensate sulla lunga stagione elettorale cremasca e dell'impegnativa triangolazione tra le sue dinamiche e su quelle potenzialmente analoghe alle viste per Cremona, non ci va di ispirare il nostro speech a Trilussa “se voi l'ammirazione de l'amichi nun faje capì mai quello che dichi”.
Ciò premesso dichiariamo di condividere appieno Grassi. La “squadra” di Bergamaschi è esattamente (dal punto di vista curriculare e della rappresentanza dell'usato e del nuovo) quel mix. Aggiungeremmo, senza nulla togliere a un giudizio neutro ma positivo, che la squadra è minuziosamente rappresentativa delle sensibilità individuali e dei “pacchetti” di cui si compone l'asset societario. Ovviamente di quelli prelazionati nella composizione del Consiglio.
Non proprio un Cencelli, ma quasi. Se Bergamaschi o la vera, supposto che ci sia, stanza dei bottoni avesse voluto osare, avrebbe potuto anche performare un maggior senso di discontinuità rispetto al passato e rispetto allo scontato (del minimo un assessore per lista, tante quote rosa ecc…).
Di nostro, pur non conoscendo approfonditamente ognuno dei componenti, possiamo affermare che avere come stretti collaboratori gente come Fontana, Bordo, Nichetti disponi di qualcosa di più di un paracadute.
Dopo aver ciò premesso (in qualche modo plaudendo alla coerenza del volto nuovo di Bergamaschi), ci sentiremmo, di osare due suggerimenti. Il primo riguarda l'opportunità che emerga coerenza di ispirazione negli indirizzi di scelta, tra gli incarichi di primo livello (la Giunta) e quelli di completamento (partecipate ecc). Il Sindaco scelga senza ricorrere al bilancino delle compensazioni. Scelga il meglio, nell'interesse della macchina gestionale. Il secondo, invece, punta ad una visuale più politica. Abbiamo sin dall'inizio accompagnato questo percorso approdato all'elezione dell'esordiente vertice comunale con la riflessione che esso potesse costituire un'occasione di sperimentazione di un nuovo modo di incardinare nella vita istituzionale. Riferito alle ascendenze politiche generali, ma più confacente alla realtà locale ed all'impulso di esaltare, più del passato ma anche delle propensioni medie del presente, la priorità dell'incidenza del riformismo (come fonte di ispirazione e come modulo gestionale).
Solo vivendo e osservando, sapremo se il prosieguo della testimonianza della sindacatura Bergamaschi si rivelerà coerente e congrua con il profilo dichiarato.
Abbiamo già avuto modo di segnalare qualche voce dal sen fuggita in discordanza. Ora non è che perché, essendo passato lo giorno, puoi gabbare lo santo.
Così come non puoi, come nel giorno dell'oca, tornare, dopo che ha presentato un volto nuovo, alla casella numero uno del gioco che hai praticato negli ultimi trent'anni.
Perché se fossero state queste le intenzioni, sarebbe stato meglio manifestarle nei modi più opportuni al corpo elettorale e ai partners dell'alleanza.
Alcuni dei quali avrebbero ovviamente gradito, una volta sfangati i presagi più nefasti che pesavano sui risultati, ritornare alla casella del gioco ispirato dall'idea del “campo”.
In cui “c'è una coalizione di centrosinistra a propulsione PD e civiche che…” (estratto della dichiarazione del vicesindaco di Cremona dall'intervento in Consiglio Comunale di ieri)
Dichiarazione in cui vistosamente riecheggia l'idea di una struttura di alleanza di centro sinistra in cui, fatti salvi i pesi determinati dalla rappresentatività dei consensi, non c'è un senior partner, bensì un (absolutely) prevalent partner. Se fosse così, sarebbe opportuno che ci si spiegasse e ci si capisse da subito nell'ambito del “campo”.