Quasi sicuramente non si sarebbe potuto fare nulla di diverso da quanto congegnato con questo election day, che finirà, sia pure forzatamente, col diventare un concentrato di chiamata alle urne per tutta l'annata in corso. Peccato, perché, come abbiamo sostenuto nell'abbrivio del focus dedicato all'election day, non è bello, come sostengono giustamente i fondamentalisti referendari, che la chiamata alle urne per un quesito così cruciale per l'ordinamento istituzionale non sia ad hoc. I tempi della procedura confermativa non lasciavano scampo ad un aggregato, su cui pesa un'infinità di variabili. Tipo l'impraticabilità di calendari elettorali a puntate diffuse. Contro cui congiura un contesto reso precario sia dall'inesaurito fenomeno pandemico con tutti i suoi annessi sia da una resilienza che si presenta tutt'altro che semplice e facile.
L'agenda politico-istituzionale, rimodulata da una situazione straordinaria, finirà per sacrificare una congrua preparazione sia del referendum sia della vasta tornata dedicata al rinnovo dei vertici istituzionali periferici. Quest'ultima si ridurrà, c'é da giurarlo date le premesse, ad una sorta di corrida per l'aggiudicazione del potere in palio. In tal modo sacrificando tanto una ponderata valutazione del consuntivo del mandato in scadenza e dei programmi proposti, quanto un'analisi più generale, di tagliando oseremmo, dello stato complessivo dell'ordinamento amministrativo periferico.
Ne abbiamo fatto cenno nel primo articolo; segnalando lo stato di sospensione dell'ente intermedio per eccellenza, che è la Provincia, e la condizione di non ritorno in capo alla progressiva degenerazione (rispetto alle originarie finalità) dell'istituto regionale. L'abbrivio di questa riflessione, come si ricorderà, ha dedicato molto spazio anche ai rami più bassi della rete amministrativa locale. Che sono i Comuni e, specificatamente, i Comuni di piccola entità e di contesto periferizzato. Non sappiamo quando. Ma un'analisi minimamente fattuale e responsabile non può non mettere nel conto un'accelerazione della condizione di residualità e di ulteriore decadimento della funzione essenziale di un'istituzione, che rappresenta il segmento pubblico a più diretto contatto col sentire della popolazione, per di più investito della funzione di presidio del territorio.
Da anni segnaliamo questa esigenza di recupero delle consapevolezze nella direzione di uno sforzo corale di rimodulazione del modo di essere e di agire della complessa rete amministrativa locale. Le tornate elettorali, con il loro mettere a confronto programmi e testimonianze civili dovrebbero costituire l'opportunità più acconcia. Sull'assoluta ininfluenza su questo piano della tornata di fine settembre non sarà necessario interpellare le Sibille. Basti il fatto che ad occuparsene in via quasi esclusiva è la nostra testata di nicchia. Al di là della legittimità delle differenziazioni, non si potrà imputare la nostra testimonianza di minimo sindacale. Sol se si ricorda il profluvio di analisi e di proposte concrete (ad esempio, la Consulta dei piccoli Comuni) su cui abbiamo cercato di attirare l'attenzione (in parte riuscendovi) dei diretti protagonisti della vita amministrativa e dei players della vita politica (in ciò totalmente fallendo), si avrà facile riscontro della nostra determinazione a farne uno degli argomenti centrali del nostro impegno.
La terza uscita del focus riguarda l'unico Comune di una certa consistenza e di un certo rango politico chiamato alle urne, che è Soncino.
Avremo, nel prosieguo, modo di analizzare più da vicino le dinamiche che hanno contraddistinto il mandato in esaurimento ed il quadro in movimento in vista della presentazione dell'offerta politico-programmatica per quello futuro.
Ora, per quanto il timing dei preliminari risulti schiacciato, siamo ancora nel perimetro propedeutico. Giocato prevalentemente sul terreno molto semplificato degli schieramenti preconfezionati e delle candidature tout court.
Ben consapevole del pericolo di deriva di queste premesse, la Rete delle Comunità Socialiste già all'inizio di luglio si era, come si suol dire, fatta sotto con un endorsement sicuramente non generico, destinato prevalentemente ad incardinare un perno suscettibile di contribuire ad aprire nuovi approcci alle percezioni ed alle consapevolezze dell'appuntamento. Tale fu l'ipotesi di lavoro formulata dall'assemblea socialista svoltasi a Crema ed interpretata dai portavoce Venturelli ed Anastasio
La Rete delle Comunità socialiste della provincia di Cremona, segue con interesse e qualche preoccupazione, l'avvio del dibattito tra le forze che si richiamano allo schieramento di centro sinistra, in vista del rinnovo amministrativo del Comune di Soncino.
Insieme ai socialisti soncinesi, riteniamo sia giunto il tempo di superare lo stallo che si è generato dai tatticismi e dalle forzature in essere, puntando alla condivisione di un percorso unitario, sia nella definizione del programma elettorale, che nella scelta dei candidati.
In questa ottica, per razionalizzare politicamente la situazione creatasi, lanciamo una proposta pubblica, a tutti coloro che si sono già espressi in merito, affinché riscontrino la loro disponibilità a concordare preliminarmente i presupposti di seguito riassunti:
• iniziale stesura di un documento comune, riportante le ragioni a supporto della costituzione di una larga coalizione, alternativa a quella in carica;
• formazione di una lista civica, cementata da un “patto amministrativo” credibile e partecipato, col quale i componenti ed i soggetti promotori se ne assumono formalmente gli impegni;
• indizione, in caso di più disponibilità, di una consultazione aperta ai cittadini sostenitori della lista, per la scelta definitiva del candidato a sindaco.
I socialisti di Soncino, confidano di leggere e di ricevere risposte positive e quindi contribuire al raggiungimento degli obiettivi fissati.
A seguito di tale premessa, pochi giorni dopo il vertice socialista d'intesa con Silvano Bonali, referente di Soncino, lanciava un appello
alla sinistra soncinese e a tutto il fronte civico non allineato col centrodestra, affinché si esca una volta per tutte da un'impasse che sta andando unicamente a vantaggio dell'attuale Giunta. La chiamata all'unitarietà dei socialisti vorrebbe ricomporre le migliori forze del civismo locale attorno ad un progetto di ampio respiro e condivisone fino ad esprimere un candidato sindaco forte o,nel caso, passare attraverso la consultazione popolare per definirne il leader.
Di tali pronunciamenti tutto si può dire tranne che difettino di chiarezza e, soprattutto, di un prevalente garbo di apertura e di impulso progettuale. In cui era e rimane ben evidente la cognizione del carattere complesso della realtà politica soncinese. Per tradizione consolidata, arricchita da un consistente patrimonio di apporti associativi, vivaci e non sempre riconducibili a sintesi facili e scontate. Aggettivazioni, che per quanto riferite ai movimenti politici, apparirebbero reticenti nella descrizione di quel contesto “balcanico” che per tanti anni è stato il il centro-sinistra post-comunista.
Avrebbe potuto essere questo l'interlocutore destinato a trarre maggior vantaggio dall'endorsement socialista, ispirato dalla volontà di ricondurre la “dialettica” sui binari della ragionevolezza e della prevalenza della progettualità. Ma di questa linea-guida la “ditta” della sinistra, alle prese con l'inesauribile duello tra competitors interessati solo alla propria emersione, ha colto solo il lato utilitaristico. Che era il salvagente lanciato in direzione di percorsi ispirati dai canoni delle moderne liberaldemocrazie. Per essi intendendosi la prevalenza dell'impegno programmatico e la selezione allargata delle candidature.
I socialisti esprimevano, altresì, l'impegno a ricondurre a sintesi il loro campo, che, in questi ultimi anni, era stato diviso dalla scomposizione dei blocchi tradizionali inferta dall'esaurimento della prima repubblica e riaggregati nella seconda repubblica.
Ogni lunga marcia comincia, come direbbe un compagno della sezione comunista di Pechino, da un primo passo. Ma, evidentemente, per verificare l'aforisma, si deve convenire sull'unicità del traguardo della marcia. Ai boiardi dem, paralizzati da rivalità balcaniche e dal terrore dell'irrilevanza, non interessava andare molto lontano; bastava chiudere le loro beghe. Non certamente un percorso più impegnativo, come avrebbe potuto prefigurare la proposta socialista, fatta di sforzo progettuale, di confronto sul territorio, di selezione partecipata del personale politico, di primarie... Già il progetto e le primarie, la griffe dell'esordio del PD nel 2007.
Il PD, come ricorda oggi Cazzullo sul Corriere, nacque con due ambizioni: unire i riformisti italiani in una forza a vocazione maggioritaria in grado di governare da sola ed un partito di sistema interlocutore del baricentro politico europeo risultante dall'asse popolari-socialisti. Nacque con un metodo: le primarie, che però sono state utilizzate non per scegliere leadership ma per rafforzare leadership già scelte. Nella fattispecie di Soncino, a ridosso delle elezioni comunali di settembre i due perni (un po' come avvenne nella “Marcia su Roma” di Risi, in cui Gavazza cancellava inesorabilmente le promesse della rivoluzione fascista) sono stati espunti bellamente da quello che doveva essere la dorsale connotativa del promesso partito riformista. D'altro lato, anche oggi il deputato dem Pizzetti ammonisce
una forza riformista, che impone l'agenda politica anche attraverso l'impulso di quel patrimonio di amministratori locali dentro e fuori il PD, non deve smarrirsi e non deve perdere le culture riformiste e liberali. Riflessioni generali queste che rimbalzano sulle cattive posture del PD provinciale e soncinese.
Si dice che chi picchia per primo picchia due volte. Forse consapevole di averla fatta grossa sul terreno della buona creanza, i comunicatori del centro-sinistra mettono le mani avanti parlando di incomprensioni. La peggior incomprensione accade quando almeno uno degli interlocutori non vuole essere compreso Ma, al punto cui è giunta la questione, è difficile concludere diversamente che alla “ditta” bastava disinnescare gli ordigni attivati da oltre un decennio, riavvolgere la pellicola dell'ultima disfida all'ok corall (che vedeva contrapposte le candidature di un antagonista di comodo a quella di un attempato ex sindaco ed ex democristiano (la cui auto-qualificazione di esponente PD giustificherebbe qualsiasi preventivo distanziamento dal proposito di militarvi). Soprattutto, bastava rinserrarsi nel perimetro dem, nelle logiche della nomenklatura, negli arcigni bastioni della difesa dalle contaminazioni con potenziali papi stranieri.
I socialisti non hanno mai preteso il vitello grasso per il figlio prodigo ritornato a casa. I socialisti anche in questa circostanza hanno testimoniato un percorso di chiarezza e di aderenza alla priorità data ai programmi, alle cose, alle convergenze, al superiore interesse comunitario. Non sono stati compresi solo dalla nomenklatura dem. Mentre si fa strada nell'opinione pubblica la percezione di una testimonianza di postura verticale. Leggiamo un intercorso social in cui (presumibilmente) giovani osservatori si messaggiano, stupiti
D: Esiste ancora il PSI?
R: A Soncino sì … e con una certa rilevanza! Incredibile …non lo sapevo, a 27 anni dalla fine ingloriosa del craxismo…Evidentemente hanno mantenuto un'identità e intendono mantenerla, a quanto pare…
Alleghiamo integralmente il Comunicato giuntoci dalla Rete delle Comunità Socialiste della provincia di Cremona