Sabato 18 ottobre 2014, presso la sala Bonfatti della Camera territoriale del Lavoro, si è svolto, in una interessante cornice di partecipanti e con un qualificato panel di relatori, l'annunciata rievocazione delle lotte sociali che, all'inizio degli anni ottanta dell'Ottocento, avviarono un profondo mutamento nei rapporti di classe ed incardinarono teorie politiche e movimenti destinati a connotare gli scenari post-unitari.
L'evento, immaginato come un po' tardiva rievocazione del 130° anniversario di quelle lotte anticipatrici e del 120° anniversario della costituzione della Camera del Lavoro di Cremona, approdo organizzativo di quelle lotte ed, in assoluto, una delle prime del panorama nazionale, è partito dall'incipit della relazione della Prof.ssa Maria Luisa Betri, direttore del Dipartimento di Studi Storici dell'Università Statale di Milano; che ha fissato, appunto, nei moti della boje il detonatore dell'impulso all'emancipazione sociale, economica e civile di strati fin lì confinati in un'interminabile servaggio della gleba.
La Prof. Betri, dal punto di vista scientifico un'autorità nel campo dell'indagine di questo segmento di storia contemporanea, ha delineato, nel suo contributo, un dettagliato scenario delle condizioni di vita e di lavoro, ma anche di impostazione del settore agricolo e pre-industriale; di cui l'arretratezza e l'ingiustizia sociale costituivano una cifra importante, ma non la sola.
La relatrice, che ha ricordato di aver dedicato la propria tesi di laurea all'allora inedita esperienza della Cooperativa di lavoro Cittadella di Stagno Lombardo, ha offerto un'ampia analisi sugli sbocchi, nella realtà del territorio e della nazione, che avrebbero dato vita, tra l'altro, alla formazione del Sindacato, della mutualità, della cooperazione.
Mimmo Palmeri, segretario responsabile da poco confermato alla guida della Camera del Lavoro, ha ricordato, in una relazione ricca di spunti e di richiami, che la CdL, nata dalla testimonianza civile e sociale di grandi protagonisti, come Leonida Bissolati e Giuseppe Barbiani, portava, in quel 1893, a sintesi esperienze di mobilitazione e di lotta sindacale, fino a lì categoriali (bracciantato agricolo, filande, edilizia, tipografi, ferrovieri).
Il progetto di un coordinamento orizzontale di tali espressioni settoriali puntava ad attivare da subito un coordinamento in grado di elaborare un indirizzo comune dei desiderata di quelle categorie; in modo portare il contrasto sociale ed aziendale verso una moderna e più incisiva contrattazione collettiva.
Palmeri nel suo contributo ha evidenziato il rapporto sinergico tra il nascente sindacato e le istituzioni locali, che sostennero concretamente quelle lotte.
Fabrizio Superti, ricercatore storico e Sindaco di Persico Dosimo, ha rilevato che la scintilla dell'ondata di scioperi, destinata ad estendersi in gran parte della regione padana, partì nel 1882 da Pieve d'Olmi. Il Sindaco Fiorini, espressione di un'amministrazione costituita unicamente da imprenditori agricoli, mostrò un profilo fortemente innovatore. In quella temperie, infatti, i rapporti di lavoro erano ancora regolati da un patto risalente al 1816. Determinante sarebbe stato il suo impulso ad un nuovo contratto più avanza e più giusto; per il quale i lavoratori affrontarono quelle impegnative lotte. Il Sindaco Fiorini avrebbe pagato con la costrizione alle dimissioni quel suo schierarsi a sostegno del lavoro.
Paolo Carletti, consigliere comunale socialista, autore di una tesi di laurea in giurisprudenza, espressamente dedicata ai temi in trattazione, ha offerto un'ampia panoramica dell'organizzazione produttiva agricola e delle condizioni sociali in quel periodo. La coltura cerealicola la faceva indubbiamente da padrona sul nostro territorio, ha esordito. L'esempio di modernità nella produzione ed attenzione a metodi di lavorazione in uso all'estero, appreso e sperimentato dalla Latteria Sociale di Sesto è, in verità, un caso più unico che raro; ricordiamo che, perlopiù, l'industria casearia versava in pessime condizioni, logica conseguenza dell'ignoranza con cui era condotta e di questo Mina Bolzesi si lamentava così: “ non ci sarà mai progresso vero, se non penseremo ad istruire e ad istruirci”21 ritenendo, per di più, che quasi nessuno nel circondario "legga giornali d'informazione agraria" o studi libri di tecniche agrarie. Dimostrazione di quanto sostenuto dall'autore sta nel fatto che il comizio agrario, nato e voluto dagli agricoltori più progressisti per sostenere ed indirizzare l'evoluzione agricola, contava 200 soci tra proprietari e conduttori di fondi, contro i più di 2.000 presenti sul territorio provinciale.
Carletti è poi passato ad analizzare il cambio di passo che quelle lotte sociali avrebbero impresso negli equilibri sociali e politici e nella formazione dell'organizzazione del movimento dei lavoratori.
Una più ampia cronaca dell'interessante convegno verrà offerta, grazie al lavoro di Giuseppe Azzoni, in una prossima edizione de L'Eco del Popolo.
E.V.
21 Mina Bolzesi, opera citata, pagina 98.