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Libertà di culto (?)...e neutralizzazione delle contestazioni civili

Abbiamo ricevuto da Clara Rossini e di buon grado pubblichiamo

  09/05/2021

Di Redazione

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Carissimo direttore, ancora una volta dai quotidiani balzano all'occhio articoli sconcertanti. Sconcertanti perché sembrerebbero una fake news, una, anche se inutile, presa in giro. Inutile perché nessuno ritroverebbe nei propri pensieri ciò che ancora, dopo tante riprovazioni, possa succedere nella nostra città, nel nostro civico cimitero. Alla dichiarazione di corteo non autorizzato dovrebbero seguire gli atti previsti per impedirlo o dissolverlo. Poca gente non armata, si presume, non dovrebbe costituire un problema per chi si trovi nei paraggi...quindi perché non agire in questo senso?  

Libertà di culto...la dottrina fascista viene ritenuta una religione? Da chi?  

Talvolta anche nella mia mente risuonano come un gradito ritornello i ricordi di famiglia, la fede genitoriale, i canti partigiani...ma è un mio patrimonio e, pur se ne vado fiera, lo custodisco, gelosamente. Pochi giorni fa davanti al nostro ospedale solo pochi fischietti per protestare contro la malasanità lombarda. Protesta autorizzata ma con “ juicio “...Volere dall'alto rispettato, anche se l'amarezza, tanta amarezza rimane. Nel caso di una manifestazione osteggiata, condannata di anno in anno perché ritenuta contro la legge (sovrana?), nessuno interviene e nell'aria riecheggiano ricordi che feriscono. Rispetto chi difende le proprie idee, non si può cancellarle dalla memoria se qualcuno si ritiene fiero del proprio passato, ma macchiarlo con disubbidienza civile è triste e inutile. Inutili anche le rimostranze che ogni volta scaturiscono e premono perché tali episodi non debbano più ripetersi, eppure...perché rinverdire antichi dissapori quando sia i partecipanti che i contrari sono persone intelligenti, cittadini desiderosi di non dar adito a nuovo odio o nuovo rancore? Chi può districare l'annoso problema e magari risolverlo definitivamente? Non resta che porre ai posteri l'ardua sentenza? Rimandare alle Calende Greche?? Ma per favore...rispetto e rigore forse non faciliterebbero una svolta definitiva alla vergognosa diatriba? 

Clara Rossini

Presidente onorario dell'Associazione Emilio Zanoni  

figlia di Luigi (Gino) Rossini, antifascista e partigiano, primo Sindaco elettivo del secondo dopoguerra 

Affinché la presentazione non renda la lettera di Clara anodina, precisiamo subito che ci è di grande aiuto rispetto alla volontà di far percepire il suo contenuto come un contributo, che si spera collettivo, alla congrua percezione del fatto segnalato più che lamentato. 

Pandemia o non pandemia, gli epigoni così ben configurati dall'aforisma di James Russell Lowell (“Soltanto gli sciocchi e i morti non cambiano opinione”, in cui sostituiamo, per non venir meno al dovuto rispetto, a sciocchi il termine paracarri), non hanno voluto mancare all'appuntamento con un gesto collettivo di “libertà di culto”. 

Un culto, diciamo così, autogestito visto che all'accreditamento di una così surreale giustificazione ha fatto mancare la copertura l'officiante (un radiato dai ranghi della chiesa cattolica, in passato ingaggiato a seguito del probabile divieto da parte della Curia Vescovile a prestarsi a questa pantomima). 

Essendo evidente che non di cerimonia religiosa di suffragio si tratta (e si trattò sempre nel passato), bensì di reiterazione di una testimonianza storico-politica, rivolta a rinverdire le gesta dei “trucidati” (alias i caduti della RSI e i giustiziati per reati non esattamente amnistiabili). 

Una volta annusata l'aria di una certa rilassatezza nel rigore dell'attenzionamento e nel perseguimento (non esclusivamente per le vie giurisdizionale verso) dei rigurgiti neofascisti, gli epigoni del motto neofascista (non rinnegare non restaurare) cominciarono a metà anni sessanta del 900 col non rinnegare. 

Fu così che a Cremona, in occasione (se non andiamo errando col ricordo) delle celebrazioni del Ventennale della Liberazione, gli ambienti nostalgici incardinarono le onoranze funebri della RSI. 

Del che chi scrive è ben conscio visto che nella notte tra il 27 e 28 aprile 1965, insieme ad altri attivisti imberbi delle organizzazioni giovanili di sinistra e di Nuova Resistenza, fu tradotto, a seguito di una retata della Celere, in camera di sicurezza per aver sovrapposto, sui manifesti di annuncio del suffragio dei “trucidati” affissi sulle staccionate del cantiere dell'erigendo palazzo delle banche di Piazza Roma striscioncini di denuncia dell'illegalità. I fasci avevano affisso gli annunci del suffragio per la carogna di Predappio. Altri tempi…sicuramente! Fatto si è che il gruppetto dei minorenni antifascisti fu illegalmente fermato ed intrattenuto per una notte in Questura; mentre la parte opposta da allora in poi avrebbe continuato una prassi in evidente spregio, non tanto alla verità storica, ma a precisi divieti di legge. 

Con questo precedente alle spalle, chi scrive è ben consapevole dei sentiments correnti; che consegnano la spiegazione di tali violazioni alle conseguenze di percorsi non sempre lineari della difesa delle conquiste della Liberazione. 

Si pensa che le nostre società siano vuote, sfibrate; che non valga la pena rischiare per qualcosa che forse è un lusso. Fatalisticamente si mette in campo l'assuefazione ai traumi, alle “discontinuità”, il ripiegarsi nel proprio particolare, il deporre gli strumenti della comune testimonianza civile. Tutti gesti che svuotano la democrazia e la libertà e rendono, alla distanza, sempre più vulnerabile il sistema per il quale, settant'anni fa, l'Italia, umiliata da una guerra assurda e da vent'anni di dittatura, si batté e vinse. 

In privato, al riparo di orecchi indiscreti, poi qualcuno (del comune campo resistenziale) accenna ad una liberatoria e giustificante scrollatina di spalle, per azzardare che, passato lo giorno (il 28 aprile, ça va sans dire), passeranno anche le pulsioni vanesie dei tributari delle onoranze (fatte, ne siamo sicuri, per autocompiacimento piuttosto che per convinzione di far breccia nella tenuta della democrazia e per “restaurare”). 

Se rebus sic stantibus (la percezione di un background di letture e propositi non esattamente saldissimi nel campo resistenziale), ci si può, per ragioni logiche interrogare su alcuni recenti passaggi. 

Pur condividendo lo spirito e le finalità, sia consentita una domanda (a questo punto retorica): ha senso non far mancare la giusta denuncia e addirittura promuovere una petizione popolare per l'inasprimento del divieto di apologia se poi le “onoranze” (con l'aggiunta del violato Regolamento recentemente approvato dal Consiglio Comunale in materia di requisiti per pubbliche manifestazioni) improrogabilmente ricapitano!? Cimitero blindato?! Mah...Uno scenario che accredita una sorta di gioco delle parti accettato: loro (una ventina di mi spezzo ma non mi piego, in esaurimento) che rivendicano il diritto di pregare (sic); noi, che abbiamo da poco celebrato i nostri due martiri (caduti per mano dei "trucidati"), denunceremo…Forse....In tal modo suffragando l'orrida equivalenza degli opposti martiri e delle opposte ragioni. La giustificazione sarà: Abbiamo fatto ciò che potevamo...per mitigare... Mah...Scusate il disturbo della riflessione improvvida. 

Capita così da quasi sessant'anni. Quest'anno c'è l'aggravante del violato Regolamento e del permesso chiesto e respinto. 

In via riservata si spiega che la gestione dell'ordine pubblico rientra nella competenza della Questura. La quale, presumibilmente deve aver stimato che non convenisse alzare il livello di guardia per uno scontro destinato all'éespace d'un matin. Meglio una gestione flessibile, anche considerate le temperie complicate di loro. 

È una giustificazione, che non ci sentiamo di screditare. Soltanto ci sorprende che ogni qualvolta la gestione dell'ordine pubblico (encomiabile per la repressione dei reati “comuni”) si trova di fronte ad episodi potenzialmente sovvertitori dei perni della Repubblica, si ricorre al modulo flessibile, del contenimento. 

Fu così, per chi non ha perso la memoria, per la devastazione della città operata dagli “antifascisti” dei Centri Sociali (una linea poi fortunatamente corretta dalla giurisdizione). 

Come abbiamo osservato qualche giorno fa, la faccia feroce si fa quando si impedisce di suonare il fischietto per contestare il Governatore Fontana. 

Ci conforta la solidale testimonianza di Clara Rossini. Nell'auspicio che queste riflessioni colgano nei lettori l'esatto spirito che è di interrogare le coscienze. 

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