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Lettere a l'ECO /44

Riceviamo e molto di buon grado pubblichiamo

  18/11/2024

Di Redazione

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Sanità

Egregio Direttore, la nostra penisola è piena di mostri. Non mi riferisco agli ecomostri, strutture costruite senza criteri e senza scrupoli: orribili. ma fortunatamente di numero limitato, Penso invece a quei tranquilli edifici che, esaurito il loro compito. sono lasciati lì, inutilizzati. fino a diventare inquietanti scheletri, preda del tempo, c magari dei vandali. E sono moltissimi, più di quanti possiamo immaginare. Lo sa chi conosce le nostre coste, soprattutto adriatiche, ma non solo, dove in posizioni a volte invidiabili ci sono ancora lunghe teorie di colonie. vuote, con porte e finestre magari otturate. e parti che crollano. '... Ma anche qui da noi non mancano spettacoli desolanti.

 Basta aggirarsi nelle nostre campagne, per vedere cascine. piccole o grandi, con i muri paurosamente pericolanti, i tetti scoperchiati e le finestre che sembrano occhi vuoti.

 E la città non è da meno. Forse lo spettacolo e meno vistoso. ma ci sono edifici anche in città, di vario genere. che hanno finito di essere usati e sono li. che aspettano.

Non si sa che cosa. Forse perché demolire non e così semplice.

A questo punto, esprimo un timore, che riguarda il destino del nostro attuale Ospedale: se ne venisse costruito uno nuovo. chissà per quanto tempo l'attuale ce lo troveremo (cioè, lo troverete) in piedi.

E allora accoratamente prego: prima di coprire di cemento il suolo che abbiamo, che è comunque limitato, pensiamoci bene e scegliamo la soluzione meno invasiva, quella del recupero.

Dovremmo farlo persino se fosse più costosa!

Ce lo impongono il rispetto per l'ambiente e l'amore per il nostro Paese.

E poi l'avete visto nelle fotografie dall'alto il nostro vecchio ospedale? Quanti ce ne sono di così belli in Lombardia? Tanto che viene da chiedersi: chissà perché hanno pensato di eliminare proprio il nostro?!

Riflettiamoci insieme"

Ivana Brusati, Sostenitrice del “movimento per la riqualificazione dell'Ospedale di Cremona”, 15 novembre 2024, Cremona..

Come si ha motivo di percepire dalla lettera, pacata, riflessiva, intenzionalmente feconda, della lettrice (e, dal punto di vista della testimonianza civile, nostra “correligionaria”), l'argomento ospedaliero, per quanto “silenziato” dalla “cupola” mediatica, risulta tutt'altro che archiviato dal perimetro dei sentiments aleggianti nell'opinione pubblica e negli ambiti della cittadinanza attiva. Se ne ha, sia pure di sguincio, una riprova dal rimbalzo scenico dei “grandi” della comunicazione (da non confondere con noi “dilettanti”). A cominciare dall'ospitata (rara avis, in una consolidata tradizione se non proprio di censura praticata, sicuramente di (im) par condicio, sul “giornale dei cremonesi. Cui, a dire il vero, con maggior apertura di visuale e di agibilità “dialettica”, da un po' di tempo si aggiunge il settimanale.

L'accreditato (anche come appartenenza al “gruppo” ormai diventato monopolista di tutto) periodico, nel contesto degli interessanti paginoni dedicati allo stato dell'arte della luna di miele, subentrata al rinnovo delle Consiliature, focalizza (nella notevole intervista a colui che ormai interpreta di fatto il crocevia dei “poteri”) la questione, affrontata forse un po' sbrigativamente, del “nuovo ospedale”. Che al di là della, si ripete, sbrigatività, per il fatto di esserci stata, costituisce una novità rispetto alla lunga premessa negazionista.

Il che significa che il problema c'è e che, tra il detto ed il non detto, va affrontato dalle visuali e dalle logiche con cui l'establishment, l'ha fin qui confinato nell'insistito modulo della narrazione ad usum delphini se non della negazione del dissesto della sanità pubblica, certamente del diversivo miracolistico, secondo cui col nuovo nosocomio si annulleranno tutte le criticità.

Oddio, siamo ancora in una piena reticenza, formulata con una modalità da "balena bianca", con uno stile gandhiano però foriero di una percettibile correzione di linea (rispetto al totale negazionismo che vede schierata tutta la classe dirigente locale).

Resta comunque (per quanto potenzialmente correttiva nei toni) una narrazione pur sempre avulsa da una (doverosa) testimonianza di opposizione radicale sia alla baggianata diversiva dell'ex novo sia al costante e irreversibile smantellamento della sanità.  Come diritto universale, irrinunciabile e praticato concretamente. Cui, come si legge nell'intervista, la "sinistra" omologata dall'imperativo della governance, rinuncia anche a partire dall'evocazione.

Spaventa il taglio dei fondi pubblici

Del recente Focus lettori di Eco del popolo ho apprezzato molto la lettera di Elena Tonus. Mi per la scuola, la sanità, la cultura. Una società, specialmente i giovani, sotto acculturati e senza rispetto per valori civici, guarda la pubblicità propagandistica e pensa che il desiderabile sia a portata di mano. Mi duole constatare che la scuola privata sia diventata più creativa e più efficiente nel metodo di apprendimento degli studenti. Sono sempre stata una sostenitrice della scuola pubblica, ma oggi mi devo ricredere: ho due nipoti che frequentano la quinta elementare ed Elisabetta che è iscritta ad una scuola privata è decisamente più seguita e preparata. I tanti episodi di bullismo, di appiattimento nell' insegnamento, di violenza verso i docenti denotano un forte disagio e una scarsa volontà da parte del Governo (di destra) di trovare forme autorevoli di cambiamento. Chi arma la mano di un quindicenne che uccide un suo coetaneo perché gli ha sporcato la scarpa di 500 euro?  È una domanda da porsi alla quale bisogna dare risposte consapevoli e responsabili.

C. L., 16 novembre 2024, Vicenza.

Ovviamente ringraziamo e apprezziamo, condividendo in toto, il contenuto del riscontro della nostra lettrice.

A proposito di infrastrutturazione

Caro Eco del Popolo, ho letto ieri l'ampio interessante focus dedicato dal settimanale alle vicende (in larga parte irrisolte) relative al disincaglio (potremmo dire, della mossa) che, prima o poi, l'establishment istituzionale rinnovato qualche mese fa, dovrà concretamente affrontare relativamente ad un'ampia analisi fattuale dell'infrastrutturazione del nostro territorio, con l'intento di sottrarlo dalla periferizzazione in cui versa da anni. Foriera di un'impasse dello sviluppo. L'epicentro della riflessione riguarda la sorte dell'autostrada Cremona-Mantova. Argomento sul quale la testata non è stata nel tempo reticente. Nella denuncia del quieta movere. Ringrazio per l'attenzione a questo mio scritto ed attendo un riscontro.

Giuseppe Cavalleri, 17 novembre 2024, Cremona.

Caro lettore, innanzitutto è apprezzabile il suo interpello su una questione che ogni tanto occhieggia sulla scena… ma mai nell'intento di scrivere parole definitive. Ho letto anch'io il dossier pubblicato dal settimanale (con cui mi compiaccio per un apprezzabile servizio ispirato da rigore di analisi). Di mio aggiungo un endorsement a favore del fondamento del perno motivante l'investimento infrastrutturale, che è la visione quadrangolare, specie se sinergica, dell'intermodalità. Paolo Carini su Mondo Padano osserva che il Fondo Americano è già entrato con un piede nella porta del bacino emiliano-veneto (con annessione alla Lombardia sud padano orientale) acquisendo il gruppo Setramar del porto di Ravenna. Fintanto che operavano le suggestioni della Via della Seta si avvertiva l'intensità degli sguardi attenti dei cinesi. Le portualità e l'infrastruttura su ferro e gomma non possono operare, né dal punto di vista gestionale né da quello progettuale, con visioni disgiunte.  Dovrebbero capirlo i centri programmatori dello Stato, delle Regioni, delle Autorità interregionali. Vero che piuttosto che niente è meglio piuttosto! Ma stupisce la neghittosità della nostra Regione in materia. Esposta com'è (dopo gli “splendori” di Brebemi, Tem, Pedemontana, che si aggiungono alle performances della rotaia) in un braccio di ferro per la titolarità di una concessione sottesa non già alla realizzazione infrastrutturale ma alla acquisizione di un cespite di scambio. Acutamente osserva Dario Balotta, unanimemente riconosciuto osservatore di questioni trasportistiche, "Non ci sono soldi (tranne, aggiungiamo noi, che per la spesa parassitaria come il reddito di cittadinanza e il superbonus) ma nel resto del mondo ce ne sono in abbondanza". D'altro lato, come non condividere la percezione ineludibile che la mission dei Fondi non può essere avulsa dalla postura feet on the ground.  Dovrebbe essere il concept guida dei pubblici poteri.  È diventato il talent della finanza capitalista (come diceva un tempo la sinistra).  La duplice conseguenza è che la programmazione infrastrutturale e le successive realizzazione e gestione (recanti un evidente rango strategico potenzialmente condizionante le linee di investimento e l'assetto di segmenti nevralgici) vengono affidate all'intervento privato. Oseremmo aggiungere della finanza capitalistica.

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