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Le sanguisughe di Giulietta

  19/10/2024

Di Redazione

Le+sanguisughe+di+Giulietta

Assolviamo ad un poco eludibile preliminare ermeneutico circa la “cifra” narrativa adottata dallo scrittore e scienziato Remuzzi. Perché l'assist delle “sanguisughe”, che pure, come vedremo hanno un ragguardevole fondamento clinico, in qualche modo intriga l'interesse dei lettori.

Inoltre, andrebbe precisato, è scontato il fatto che anche i migliori approfondimenti medico-scientifici, affidati alla divulgazione ed alla educazione sanitaria e civile, riescono meglio nella loro mission se possono avvalersi sia della sapienza e del rango dell'autore sia dell'appealing narrativo.

Sotto questo punto di vista il saggio e la performance oratoria alla conferenza di ieri appaiono inequivocabilmente di rango superiore.

Ma, a vantaggio della percezione del messaggio insito nel bel libro (che sarebbe buona cosa divulgare), partiamo con un incipit accattivante tratto dalla presentazione.

Cosa ci insegna la storia di Giulietta, la figlia di Manzoni curata con le sanguisughe? E quella del «macellaio» che operò la regina Vittoria per un ascesso all'ascella? È ancora valido il paradosso di Veronesi? E perché Steve Jobs ha aspettato ad operarsi dopo aver scoperto per caso di avere un tumore? Sono solo alcune delle storie ordinarie e straordinarie raccontate in questo libro per spiegare la complessità del progresso in medicina, i giganteschi passi avanti nella scienza ma anche i drammatici passi indietro nella vita reale di medici, infermieri, esami e farmaci. È la contraddizione del mondo in cui viviamo dove si fanno trapianti impensabili fino a poco tempo fa ma è sempre meglio non ammalarsi a Natale, o di lunedì. Dove lo studio del DNA schiude infinite possibilità ma non si fanno dormire a sufficienza i pazienti. Dove il tempo medio dedicato da un dottore al suo ammalato è di soli otto minuti e la vita umana vale meno di quella di un'automobile. Il realismo della conoscenza che il Direttore dell'Istituto Mario Negri infonde a piene mani in queste pagine, insieme all'erudizione e agli aggiornamenti più affascinanti sulle ricerche più recenti, è la cura migliore per guarire dalle illusioni e aprire gli occhi sul passato e il presente della nostra salute, del sistema sanitario, dei robot che ci curano, dei capisala stressati, delle cure palliative, delle trasfusioni e di molto altro che riguarda tutti noi molto da vicino.

Se questo è l'abbrivio della presentazione dell'opera, diciamo subito che, sin dall'inizio e dal sottotitolo (“E altre storie sul progresso e le contraddizioni della medicina”), si comprendono bene le intenzioni dell'autore in materia sia di opzione del timbro narrativo (molto piacevole ed invitante) sia di volontà di infondere consapevolezze intorno ad una materia invece dispensata (dal ceto politico e dai media) non sempre con la dovuta indipendenza e con il dovuto rigore. Quasi mai, andrebbe concluso sul punto, con la volontà di affidare l'esternazione alla fattualità ed all'esigenza di incoraggiare consapevolezze e, se necessario, severi giudizi sullo stato delle cose, attorno ad un argomento che dimostra (insieme a molti altri) il vasto arretramento sociale e civile.

Avendo scelto di recensire (ovviamente nel limite della competenza di chi scrive qui) il libro, ci è parsa (onde favorirne la giusta percezione) fornire di seguito l'orditura editoriale, da cui in sintesi traspare l'ampia ed articolata area del severo e rigoroso percorso analitico.

Profilo dell'autore e conferenziere

Dal 1° luglio 2018 il Professor Giuseppe Remuzzi ricopre la carica di Direttore dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS.

Il Prof. Giuseppe Remuzzi si è laureato in Medicina e Chirurgia a Pavia nel 1974. Nel 1977 si è specializzato presso l'Università di Milano in Ematologia Clinica e di Laboratorio e nel 1980 si é specializzato in Nefrologia Medica presso la stessa Università. Dal 1996 al 2013 ha ricoperto l'incarico di Direttore del Dipartimento Pubblico-Privato di Immunologia e Clinica dei Trapianti di Organo (collaborazione tra Ospedali Riuniti di Bergamo e Istituto Mario Negri), dal 1999 è direttore dell'U.O. di Nefrologia e Dialisi e dal 2011, Direttore del Dipartimento di Medicina dell'Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XXIII (ex Ospedali Riuniti) di Bergamo.

Fin dall'inizio della sua attività il Prof. Remuzzi ha affiancato al lavoro clinico in Ospedale un'intensa attività didattica e di ricerca. Da quando l'Istituto Mario Negri ha aperto la sua sede a Bergamo, il Prof. Remuzzi coordina tutte le attività di ricerca della sede di Bergamo dell'Istituto Mario Negri e dal 1992 del Centro di Ricerche Cliniche per le Malattie Rare ‘Aldo e Cele Daccò' a Ranica (BG).

La sua attività scientifica riguarda soprattutto le cause delle glomerulonefriti e i meccanismi di progressione delle malattie renali. In particolare vanno considerati i risultati degli studi ” REIN” (che hanno dimostrato l'efficacia del trattamento con ACE inibitore nel rallentare e in alcuni casi arrestare la progressione del danno renale, evitando la dialisi, nelle nefropatie croniche con proteinuria) e BENEDICT (che hanno dimostrato che è possibile nel diabetico prevenire il danno renale e cardiovascolare). Il Prof. Remuzzi ha anche fatto molti studi nel campo del rigetto del trapianto. In questo settore gli studi recenti del Prof. Remuzzi e dei suoi collaboratori hanno dimostrato per la prima volta che è possibile ottenere nell'animale la sopravvivenza indefinita di un organo incompatibile senza farmaci antirigetto “educando” il timo a riconoscere l'organo trapiantato come proprio.

Nelle sue ricerche ha inoltre affrontato il problema del grande divario tra limitata disponibilità di organi da trapiantare e crescente numero di pazienti in attesa di un trapianto. Con un approccio innovativo (trapianto di due reni di persone anziane in un solo ricevente, dopo accurata valutazione delle condizioni degli organi) queste ricerche hanno permesso di aumentare il numero dei trapiantati. Le ricerche più recenti riguardano le possibilità di rigenerare i tessuti e creare organi in laboratorio utilizzando cellule staminali.

Èl'unico italiano ad essere membro del Comitato di redazione delle riviste “The Lancet” e “New England Journal of Medicine” (1998-giugno 2013); è stato uno dei vice-direttori della rivista “American Journal of Kidney Diseases” e fa parte del comitato editoriale di “American Journal of Transplantation, Kidney International e Clinical Journal of the American Society of Nephrology”. E' stato nominato membro dell' “American Association of Physicians” di Washington e del “Royal College of Physicians” di Londra. E' stato insignito di “Jean Hamburger Award” (2005, Singapore) da parte della Società Internazionale di Nefrologia. Nel 2003 è stato nominato Professore Onorario presso l'Università di Maastricht e Professore Aggiunto dello Scripps Research Institute di La Jolla, Stati Uniti e nel 2008 Professore Onorario presso l'università di Cordoba, Argentina.

È membro del “Gruppo 2003”, scienziati italiani più citati al mondo della letteratura scientifica (Institue for Scientific Information, Philadelphia). Ha ricevuto nel 2006 il riconoscimento di Commendatore della Repubblica ed è stato insignito dalla Società Americana di Nefrologia (ASN) del più prestigioso premio nel campo della nefrologia, il “John P. Peters Award” (novembre 2007). Ad aprile 2011 ha ricevuto l'ISN AMGEN Award durante il Congresso Mondiale di Nefrologia a Vancouver. A novembre 2011 è stato il vincitore della terza edizione del premio internazionale per la nefrologia "Luis Hernando" assegnato dalla Iñigo Alvarez de Toledo Renal Foundation (FRIAT) a Madrid.
Dal giugno 2013 è stato presidente della International Society of Nephrology (ISN) per il biennio 2013-2015. E' ideatore del progetto chiamato "0 by 25": Zero morti per insufficienza renale acuta non curata entro il 2025 nei paesi poveri. La speranza è che l'ISN contribuisca nel corso del decennio prossimo a far sì che si possa ridurre il tasso di mortalità dell'insufficienza renale acuta a livello globale.

A giugno 2015 è stato nominato "chiara fama" Professore di Nefrologia del Dipartimento Scienze Biomediche e Cliniche dell'Università degli Studi di Milano.

Ad Aprile 2018 ha ricevuto il Premio “Lennox K. Black International Prize for Excellence in Medicine” dell'Università Thomas Jefferson di Philadelphia.

Il Prof. Remuzzi è autore di più di 1440 pubblicazioni su Riviste Internazionali e di 16 libri, è editorialista del Corriere della Sera.

Cronaca della conferenza

A concorrere al largo successo della conviviale ha concorso, oltre che il retroterra delle credenziali medico-scientifiche e narrative dell'autore, il combinato della professionalità di chi ha condotto l'evento (Giorgio Mantovani, Presidente della Società Filodrammatica Cremonese, l'editore/direttore del blog Zanolli e il dott. Pietro Cavalli).

Con la sapiente introduzione di Mantovani, con i sapienti stimoli di Zanolli e con l'interlocuzione di Cavalli ne è uscita una accorta, comprensibilissima, appagante falsariga di approfondimenti, congrui alla materia, che andava delibata in sintesi ma in modo che uscisse un quadro esaustivo nella sua organicità.

Sintetizzeremmo, per la stessa ragione, il percorso della conferenza in simmetria con l'intelaiatura del libro e, volendo azzardare (per chi l'aveva già letto e per chi, auspicabilmente, lo leggerà nel prosieguo), con l'aspettativa delle cose implicite nell'approccio.

Diciamo subito che, da questo punto vista, il lavoro di Remuzzi (la cui verve informativa compare spesso sul Corriere della Sera) costituisce una organica, severa reprimenda nei confronti (questo lo definiamo noi) del processo controriformista con cui negli ultimi trent'anni si sono smantellati le premesse e le impostazioni iniziali del Servizio Sanitario Nazionale.

Che a fine anni 70 del 900 ebbe come riferimento il modello Beveridge scaturito appunto dal Rapporto Beveridge che portò alla nazionalizzazione della sanità britannica nel 1948 per formare il National Health Service.

Altri Stati, nello sviluppo del proprio sistema sanitario, imitarono successivamente il modello inglese, come Spagna e Italia, che abbandonò il modello Bismarckiano ispirato dalla mutualità. Anche il modello nordico prevede una sanità di tipo Beveridge, ma sono in pratica molto decentrati rispetto a quelli degli Stati dell'Europa centro-meridionale.

Vero, ha lucidamente sottolineato l'oratore, che il modello sanitario universale (contrapposto al sistema nordamericano) si è andato, se non proprio sfaldando, largamente assottigliando. Per effetto di una generalizzata spending review (che ha interessato tutto l'Occidente), ma anche di ampia controtendenza, ispirata in senso antisociale e in favore della privatizzazione (del profitto, aggiungiamo noi).

Intervenuto sul mutamento di sentiment della classe medica, il dottor Cavalli siamo stati una medicina diversa. La nuova generazione medica è molto più preparata scientificamente e tecnicamente informaticamente, ma ha una bassa propensione al rapporto col paziente. 8 minuti è il tempo che il medico dedica al paziente. Negli Usa di meno. Dobbiamo accompagnarli, i pazienti nel percorso curativo e riabilitativo.

I protagonisti della conferenza ha ben scandito e all'unisono una serie di concetti.: Non c'è un solo SSN,ma col decentramento delle attribuzioni 20 SS regionali con evidenti difformità di prestigio e di qualità e di prestazione. È necessario ritornare alle origini del diritto costituzionale di cura della salute. Al riconoscimento della sostenibilità della professione medica e della professione infermieristica (preziosissima). Cosa c'è dal salvare del passato? Ovviamente l'impronta ispiratrice. Avendo, però, attenzione alle opportunità offerte dal progresso. La scienza si costruisce per tentativi e sul passato. E le tecnologie, se sapientemente adottate, sono una grande opportunità. Come la farmacologia e la discendente industria. I cui costi di produzione frequentemente non giustificano i prezzi, che sono ispirati dalla legge della massimizzazione del profitto.

Riferimenti

Il Rapporto Beveridge

Ispirato alle coeve politiche sociali degli Stati Uniti e della Nuova Zelanda, il piano faceva un ulteriore passo in avanti nell'universalità della copertura e nella corrispondenza a un minimo nazionale delle uniformi prestazioni previste, indispensabile per condurre un'esistenza dignitosa. Esso teorizzava l'intervento dello Stato come garanzia della pienezza dei diritti sociali per tutti i cittadini tramite un sistema che li seguisse "dalla culla alla tomba", assicurando reddito, alimentazione, alloggio, istruzione cure mediche. Alla sua base vi era uno stretto legame tra una politica sociale e una politica economica nazionale tendente alla piena occupazione. Il piano ambiva inoltre a comprendere tutti i rischi possibili e ad assicurare livelli minimi di vita civile, bandendo così "la miseria in tutte le sue forme". Esso andava incontro sia, nella sua universalità, agli intenti delle organizzazioni operaie sia agli interessi dei ceti medi, lasciando poco spazio - in un sistema a contributi fissi, bassi e unitari - a logiche redistributive.

Il programma di sicurezza sociale disegnato nel rapporto venne realizzato dopo il 1945 dal governo laburista e suscitò ampia attenzione anche fuori della Gran Bretagna, quale punto di riferimento di tutti paesi che restarono nella sfera di influenza occidentale.

l modello Beveridge, detto del sistema sanitario nazionale, è un modello sanitario fondato sul ruolo centrale del governo nel finanziamento e nella fornitura delle cure sanitarie della popolazione, sulla base che esista un diritto universale alla salute collegato al solo possesso della cittadinanza.

In alcuni ordinamenti, come quello italiano, per l'accesso totale alle prestazioni del Servizio sanitario nazionale non è nemmeno necessario possedere la cittadinanza, ma semplicemente essere residenti nel territorio dello Stato ovvero, per le prestazioni urgenti e indifferibili, perfino soggiornarvi irregolarmente. Il modello prevede l'esistenza di un soggetto terzo di tipo pubblico, pagatore delle prestazioni, chiamato anche terzo pagante.

Il modello Beveridge nasce a seguito del Rapporto Beveridge che portò alla nazionalizzazione della sanità britannica nel 1948 per formare il National Health Service. Altri Stati, nello sviluppo del proprio sistema sanitario, imitarono successivamente il modello inglese, come Spagna e Italia, che abbandonò il modello Bismarck negli anni '70. Anche il modello nordico prevede una sanità di tipo Beveridge, ma sono in pratica molto decentrati rispetto a quelli degli Stati dell'Europa centro-meridionale. Il principale vantaggio citato dai sostenitori di Beveridge è l'accessibilità praticamente universale che non richiede di pagare alcuna assicurazione o cassa malati, spesso è anche citata una riduzione dei costi dovuta al fatto che il governo controlla nei fatti il mercato, cosa che però può tradursi in un aumento dei tempi d'attesa, vero punto critico dei sistemi Beveridge secondo indici come l'Euro health consumer index, che definisce l'asserzione "Bismarck Batte Beveridge" come caratteristica permanente del panorama sanitario europeo.

Protagonisti contemporanei della transizione al Welfarestate

Clement Richard Attlee, I conte Attlee (Londra, 3 gennaio 1883 – Westminster, 8 ottobre 1967), è stato un politico e militare britannico, primo ministro del Regno Unito dal 1945 al 1951.
Presidente del Partito Laburista dal 1935 al 1955, fu un sostenitore dello stato sociale e del consenso postbellico. Come primo ministro supportò la nazionalizzazione di diverse industrie e la fondazione del National Health Service, il servizio sanitario gratuito del Regno Unito.

La sua politica si rifaceva al new liberalism ed era un riformista moderato; l'abolizione del sistema capitalistico non era un suo obiettivo.

Aneurin Bevan (New Tredegar, 15 novembre 1897 – Asheridge Farm, 6 luglio 1960) è stato un politico britannico.
Minatore gallese e attivo sindacalista, entrò ai Comuni nel 1929, divenendo uno dei leader della sinistra del Partito Laburista.
Ministro della sanità e della ricostruzione nel 1945, realizzò la nazionalizzazione del sistema sanitario inglese con la creazione del servizio nazionale di sanità

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