Continuerà, grazie all'ampia partecipazione delle donne de L'Eco, ancora per qualche giorno questo dorso rievocativo della giornata della donna. Nella presentazione abbiamo esteso il raggio della riflessione all'universo della questione femminile. Che resta, nonostante alcuni importanti traguardi di tappa, una ferita aperta nella carne di una più ampia emancipazione civile. Per la quale, pur nella consapevolezza della sua assoluta priorità, ci sentiamo di sostenere che il definitivo cambio di fase e di passo non potrà prescindere dal convincimento e dalla testimonianza sinergica delle “due metà del cielo”.
Essendo che nessuna dirittura d'arrivo sarà possibile se non si farà strada l'idea che l'imbocco definitivo non dovrà essere sotteso ad una condizione di diritti ottriata.
Pubblichiamo qui un contributo di Elisa Mancinelli, che giustamente ha inteso focalizzare l'eclettismo (più che opzionato, imposto dalle circostanze e metabolizzato nel DNA) femminile.
Anche e soprattutto nelle tragedie belliche in corso.
Un 8 marzo dedicato alle donne ucraine e russe
8 marzo del 1917: le donne russe scesero in piazza contro la guerra e non si fermarono di fronte ai cosacchi. Erano donne stanche, avevano fame ed erano sole. I mariti erano in guerra, era inverno, e non c'era da mangiare. E allora furono le donne a scendere in piazza. Volevano pane. Per loro, per i lori figli. Furono migliaia le donne russe che scesero in piazza, che si unirono agli operai in sciopero e a tutti coloro che chiedevano pane per lo stomaco e carbone per le stufe. Donne sfinite, di una guerra senza fine che aveva già falcidiato due milioni di russi. Donne stanche: di una monarchia asserragliata nei palazzi del potere, stanche di una società nelle mani di una burocrazia corrotta e di una nobiltà reazionaria. Furono loro, le donne russe, insieme agli operai, a dire il primo deciso no alla guerra.
Un no che oggi è purtroppo attuale, troppo. Un no alla guerra che, beffarda la storia, fa di quelle donne promotrici del no del '17, delle donne in guerra.
Questo 8 marzo, festa delle donne, credo lo si debba dedicare alle donne ucraine e russe: quelle dell'est Europa, tanto vicino ma troppo lontano, che stanno vivendo il dramma della guerra da troppi giorni. Donne in fuga, private del proprio lavoro, dei loro affetti, donne sole. Donne vittime di abusi, di stupri. Donne costrette a fuggire dalla loro casa, da tutto.
Questo è un 8 marzo che doverosamente dobbiamo declinare a loro. Con concretezza nei pensieri e nelle azioni. Quelle donne avranno bisogno di tutto il nostro sostegno. Glielo dobbiamo, è doveroso. Iniziando a pensare all'accoglienza.
Elisa Mancinelli
Segretaria Circolo PD – Consigliere Comunale Pizzighettone