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Lavorare meno lavorare tutti/3

"Dialogo a distanza" fra Bonali e Veronese

  11/08/2020

Di Redazione

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Pubblichiamo l'ulteriore appofondimento di Silvano Bonali che intende, nel suo dialogo a distanza, giungere con Silvano Veronese (Vicepresidente di Socialismo XXI Secolo e in passato componente della segreteria confederale UIL) ad una sintesi "pragmatica" sulla questione. Ci sovviene, casualmente, l'esempio di Luxottica, col suo pionierismo (almeno in Italia) nel welfare aziendale e la flessibilità d'orario con riflessi positivi sull'occupazione e nella conciliazione lavoro-famiglia; è evidente quanto in tali contesti l'evoluzione della governance aziendale punti per sua natura ad incrementare la partecipazione dei lavoratori. Senza "scimmiottare" la cogestione alla tedesca, nonostante l'indirizzo sia quello. Così era con i Consigli di Gestione di Olivetti e il legame stretto con i suoi principi del "comunitarismo". Così sarà (senza fare impropri paragoni col precedente) nel caso della società che nascerà dalla fusione fra il Gruppo PSA ed FCA che prevede negli accordi l'ingresso nel nuovo CdA dei rappresentanti dei lavoratori. Lavorare meno per aumentare l'occupazione si può, ma a patto che i lavoratori partecipino consapevolmente alla vita dell'azienda, condividendone gli obiettivi (migliorandone la produttività e la redditività). Lo Stato poi dovrà fare la sua parte incentivando le aggregazioni di filiera, riducendo il più possibile il "nanismo industriale" che spesso confligge con gli obiettivi sopra citati e accompagnando con opportune agevolazioni fiscali il processo di cambiamento del tessuto produttivo non più compatibile con i mercati globalizzati.

Leonardo Del Vecchio "patron" di Luxottica
Leonardo Del Vecchio "patron" di Luxottica

Innovare le relazioni sindacali in questo senso ci appare logico e i sindacati possono e devono fare la loro parte. Si dovranno abbandonare una volta per tutte le contrapposizioni del passato, anche da parte datoriale. Una cosa è certa: i socialisti tornano a trattare la "loro materia" con grande passione e acume, suscitando, quantomeno e a ragion veduta, l'interesse di molti lettori su un tema che rimane centrale nella vita di ognuno di noi.

Silvano Bonali

Il mio contributo alla discussione sull'argomento non intendeva assolutamente contestare che la questione della riduzione dell'orario normale di lavoro debba entrare nell'agenda politica per dare qualche risposta ai problemi dell'occupazione.

Ho apprezzato il documento “Socialismo e lavoro” sia per le ottime riflessioni e analisi sia per aver inquadrato perfettamente le problematiche da affrontare.

Quello che trovo irritante, demagogico e controproducente è invece il proporre le 35 ore settimanali come slogan ben sapendo che non ci sono attualmente (e nel prossimo futuro purtroppo) le condizioni per realizzare simile risultato.

E ovviamente non mi riferisco al contenuto del documento suddetto ma a chi (vedi ad esempio Giuseppe Tridico presidente INPS) tira in ballo questo argomento con scopo semplicemente propagandistico, per raccogliere facile consenso e senza far seguire proposte o azioni in merito.

L'argomento è molto serio e deve essere affrontato con considerazioni intrise di pragmatismo e concretezza.

E non solo, anche con grande consapevolezza del momento storico che viviamo e mi riferisco al fatto che, purtroppo, il capitalismo è riuscito imporre che lo Stato sia succube del mercato.

Come ben detto nel documento non siamo contro il capitalismo ma dobbiamo correggere le storture che il capitalismo porta con se in particolare negli aspetti sociali.

Concretezza quindi e dobbiamo evitare di evitare di affrontare questo tema in termini “filosofici” o peggio ancora ideologici: usiamo competenza e pragmatismo come sappiamo fare.

Alle buone idee riformatrici che ci indicano le mete finali da raggiungere dobbiamo aggiungere e promuovere una specie di miglioramento continuo che ci faccia avvicinare sempre più al traguardo.

Come ricorda Silvano Veronese nel suo contributo alla discussione, il raggiungimento delle 40 ore settimanali, peraltro a valle dell'autunno caldo quindi in un momento storico difficile, è avvenuto con gradualità, per bacini produttivi, per categorie, per CCNL ed infine per legge.

Lo stesso percorso dovrà essere fatto per ridurre ulteriormente l'orario di lavoro settimanale a parità di salario con attività continue di miglioramento per avvicinarci alle mitiche 35 ore.

Occorrerà l'impegno duro e costante per utilizzare le poche disponibilità economiche che si presenteranno strada facendo sulla riduzione dell'orario di lavoro; il percorso non sarà proprio breve e l'impegno richiesto sarà cospicuo.

Un ruolo molto importante sarà richiesto alle organizzazioni sindacali oltre che alla politica.

Ritornando a noi, alla realtà di oggi, siamo certi che in Italia si lavorino le canoniche 40 ore?

La risposta è negativa purtroppo.

I dati statistici sulle ore lavorate per addetto evidenziano in modo chiaro che vengono lavorate molte ore in più delle 40 canoniche sia attraverso gli straordinari sia non facendo le ferie e non godendo le riduzioni di orario.

Per essere pragmatici e concreti dobbiamo purtroppo utilizzare gli unici metodi che il mercato capisce subito: agire sui versante costi.

Il lavoro non si crea per legge ma nell'attesa di realizzare incrementi di produttività, che al momento sono una chimera, concentriamoci su quanto è già possibile fare.

Ecco alcune proposte concrete:

  • Rendere più costosi gli straordinari rispetto alle ore ordinarie con contributi elevati

  • Rendere non monetizzabili tutte le ferie (anche quelle eccedenti i 20 giorni annui) oppure trattarle come ore straordinarie.

  • Rendere non monetizzabili le riduzioni d'orario e le ex festività oppure trattarle come ore straordinarie.

Con questi interventi avremmo subito un monte ore lavoro significativo presumibilmente trasformabile in breve tempo in nuovi occupati.

Altro tema legato interessante sia alla riduzione di orario che al miglioramento del rapporto attività lavorativa e vita sociale del lavoratore è quello dei turni a ciclo continuo.

Giusto favorire al massimo possibile l'utilizzo degli impianti per incrementare e migliorare la produttività però altrettanto giusto sarebbe migliorare le condizioni del lavoro a turni e non barattando questi incrementi con il salario.

Sappiamo che iI lavoro a turni incide notevolmente sulla condizione della vita sociale e familiare del lavoratore e, come noto, i turni ha anche implicazioni sulla salute dei turnisti; il continuo variare dei cicli lavoro/riposo non è certo il massimo per il nostro corpo.

Su questo tema la politica e le organizzazioni sindacali dovrebbero spendersi subito, anche sulle situazioni già in atto, proponendo che i turni a ciclo continuo non debbano superare le 6 ore giornaliere.

I benefici sarebbero immediati: vita sociale migliore del lavoratore che vivrebbe meglio la propria famiglia, minore stress legato al turno notturno, migliore prestazione lavorativa giornaliera (tagliando le ultime ore di lavoro quelle che soffrono maggiormente dell'effetto stancante), una migliore salute e infine posti di lavoro nuovi.

Come giustamente ricorda Silvano Veronese “Si profila all'orizzonte un lungo periodo di stagnazione se non di decrescita; come socialisti dovremo impegnarci a suddividere con maggiore equità il monte ore di lavoro ed anche il monte salari”.

Avanti quindi con proposte semplici, realistiche con risultati sicuri a breve così dobbiamo agire noi socialisti.

Silvano Bonali

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