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La sinistra e la questione socialista

La parola ai nostri lettori

  23/07/2022

Di Redazione

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A dispetto dello stereotipo secondo cui non ci sarebbe trippa per la libera dialettica politica, pubblichiamo, in una evidenza più congrua alle caratteristiche di un editoriale, la lettera di C.L., una lettrice, ormai diventata una corrispondente fissa, e un contributo più strutturato di Alessandro Gaboardi di Crema. 

Come è facile percepire, ad entrambi non sono sfuggiti né la celebrazione del Congresso Nazionale del PSI né il nostro impegno di divulgazione e di approfondimento. 

Caro Direttore, ho letto con piacere e interesse l'edizione dedicata ai lavori del congresso socialista e più in generale all'aggiornamento della scena politica. È sempre buona regola informarsi su canali diversi, hai un confronto diretto sui vari pensieri politici. Tu parli di politica liquida e priva di slanci condivido la tua tesi, bisogna lavorare per una cultura politica collettiva. Il Partito Socialista riformista deve coinvolgere i cittadini indecisi o disillusi. Il porta a porta ed il passa parola per me è un buon metodo, ecco perché trovo giusto che si allei con le liste civiche che hanno il polso del territorio. Vedremo come avverrà la formazione delle liste per le imminenti elezioni politiche. L'ostinarsi a portare avanti il simbolo unico si rischia di perdere... 

Quanto al precipitare degli standards di residua stabilità/governabilità, sono grata alla testata che mi consente di dare voce alla mia preoccupazione crescente dovuta alla crisi di governo verificatasi nel nostro Paese con effetti devastanti. Avevo già espresso in passato quanto l'attuale classe politica sia incapace ed impreparata ad amministrare. Dobbiamo molto a Draghi: credibilità internazionale, lungimiranza, intelligenza nelle mediazioni e lavoro continuo per il bene del Paese. Conte è stato scellerato a creare un mostro che ora non sa più gestire. Mi piange il cuore sentire la Meloni che inveisce contro i mille Sindaci che hanno firmato per chiedere un Draghi bis.  

Sciaguratamente si è imboccata la strada opposta. Si andrà, ormai è certo, ad un voto anticipato e mi chiedo, di fronte al pericolo di un successo delle destre populiste, se si potrà ancora avere un confronto politico. I politici non solo gli attuali ma anche quelli del passato hanno portato l'Italia vicina al default. Monti prima ed ora Draghi dovrebbero essere ringraziati per il loro lavoro ed invece gli ipocriti vendono solo parole magiche ai creduloni che pensano ancora che problemi complessi si possano risolvere con un colpo di magia e non con progetti a lungo termine per infrastrutture, cultura, istruzione e sanità. Qualsiasi decisione prenderà Draghi per l'auspicabile prosieguo della sua testimonianza nel governo del Paese, gli sono grata perché ha dato prova di integrità morale, serietà e capacità professionali, un esempio per tutti noi. 

Vicenza, 22 luglio 2022 C.L.

Le considerazioni di Martini sono realistiche e da tenere presenti nella nostra campagna elettorale. Ho invece un giudizio diverso del perché Salvini ha trascinato Berlusconi in questa avventura dissennata per il Paese e spero anche per loro due. Il presuntuoso Salvini ha commesso lo stesso errore di quando ha affossato il governo Conte. Voleva mettersi al suo posto. Non aveva tenuto conto delle dinamiche parlamentari e politiche.  Un dilettante allo sbaraglio. Cioè un apprendista che dopo vent'anni di frequentazione della bottega non ha ancora imparato il mestiere. 

Questa volta il tipo voleva, desiderava, entrare in un governo Draghi bis, senza i cinque stelle. La lega avrebbe avuto più posti, più potere di interlocuzione maggiore capacità di condizionamento del Presidente.  

Pensava che le parole di Draghi: "ho tutti concordi o me ne vado" fossero come le sue che un giorno afferma una cosa per ripetere poi l'opposto dopo qualche settimana senza darsi il peso di spiegare il perché. 

Stupisce il silenzio "ufficiale" di Borghetti e dei presidenti di Regione della Lega. Segnale che questo partito è blindato attorno al leader tant'e che i suoi vice sparano cavolate superiori alle sue. Brutto segno se il dibattito interno non si esprime il rischio è quello di una dittatura dei parolai.  

Quel che più stupisce è Berlusconi. Impossibile non abbia capito come andava a finire. Lo stesso Draghi glielo avrà ben detto nel corso della telefonata fra i due. 

Le dimissioni di Brunetta e della Gelmini fanno ben comprendere che l'avranno avvertito. 

L'ipotesi che faccio io e che spero si avveri è che il Cavaliere ha ben capito che Forza Italia finirà ai minimi storici o all'annientamento. Inutile che speri nella generosità di Salvini e Meloni che gli concederanno, quasi sicuramente, qualche collegio in più rispetto alla sua quota elettorale, ma sarà l'ultima trasfusione per un partito emofiliaco. 

Il grande condottiero vuole morire, politicamente, assieme alla sua creatura. 

Tipo "muoia Sansone con tutti i filistei" solo che in questo caso i filistei sono il suo stesso popolo e i suoi maggiorenti che inutilmente sperano di prenderne l'eredità. 

In tutto questo i destini dell'Italia e del suo popolo non contano nulla. 

Leggendo i commenti di forzisti ed ex forzisti locali questa lettura è palese. 

Parlando con alcuni di loro l'amarezza è palese. Con quale spirito andranno a fare la campagna elettorale? 

Crema, 24 luglio 2022 Alessandro Gaboardi 

Difficile, ma necessario, rimettere nel tubetto (almeno in parte) il dentifricio congressuale 

Per quanto intrighi molto l'estensione di questo forum, non possiamo non prendere atto che il suo baricentro (la questione socialista in Italia) nelle ultime ore si sta costantemente riposizionando lateralmente alle priorità dettate dall'incalzare degli eventi.  

Tanto vale, facendo di necessità virtù, metabolizzarlo nel più vasto contesto analitico delle vicende che, forse con un timing imprevisto ma non imprevedibile, finiscono per (se non azzerare) ridistribuire le carte dell'approfondimento. 

Per restare attaccati a quella che era stata un'idea di post-produzione della divulgazione congressuale (che abbiamo, ovviamente coi nostri mezzi disponibili, dato e che continueremo a dare), non potremo in ogni caso non tener conto delle “sopravvenienze” delle ultime ore. Che spostano priorità e visuale su un campo più vasto e impellente. 

Fino a vanificare in parte la mission congressuale del PSI. Immaginata certamente per rimettere, dopo, diciamo, un non breve ciclo di irrilevanza e un filotto prestazionale non esattamente sfavillante, sotto i riflettori la sostenibilità di un progetto di revamping, negli scenari correnti, del partito più antico. 

Diciamo, altresì, che lo spartito dell'assise doveva essere stato immaginato (o ha finito) per dare peso maggiore all'esigenza dell'esposizione mediatica o all'essenziale segnale del con chi sta il PSI. Soprattutto, in vista degli scenari annunciati e materializzatisi in corso d'opera. Non c'è stato, forse in contrasto con i migliori propositi, un confronto reale. Non proprio un'assemblea bulgara; ma, a meno che la tipica impronta relativista del pensiero e della pratica del socialismo italiano si sia smagnetizzata, la questione è che l'unico contributo “dialettico” è venuto dal Direttore dell'Avantionline (la cui posizione è stata protestata da qualche intervento in odore di irreggimentazione), Mauro Del Bue (che abbiamo pubblicato integralmente). Il cui “drizzone” a quella che è apparsa un mission minimalistica, è riassunto nel controcanto: “Un partito piccolo ma con grandi idee”. 

Che non ci paiono abbondare; sacrificate (insieme all'ormai vanificata costituente dei socialisti riformisti, sempre più dispersi e sempre meno influenti nella scena politica) da una premeditazione congressuale tarata su una convergenza più tattica che strategica. 

La deriva della scena nazionale potrebbe consigliare responsabilmente una dialettica interna a piede leggero sull'acceleratore. Ma non potrà, pena la totale/definitiva polverizzazione di quel che resta del movimento socialista strutturato, fare spallucce alle evidenze. 

Diversamente, si ripete, la parabola di un partito (su cui pesano da trent'anni le conseguenze di un ostracismo ormai irreversibile) giungerà ad un punto di non ritorno e farà di un movimento, di cui ricorre quest'anno il 130° della fondazione, null'altro che una delle comparse minori. Rianimate all'occorrenza per allargare il parterre satellitare del prevalent partner. 

Senza infierire (soprattutto, in un momento particolarmente difficile), è da tempo, come peraltro abbiamo osservato più volte, che il PSI ha rinunciato ad una piena funzione di proposta politica ed ha accettato i ruoli di sussidiarietà. 

Sulla base di uno scambio: la rinuncia ad un ruolo politico pieno in cambio del riconoscimento di qualche frammento di (ininfluente) rappresentanza istituzionale. 

Se, diononvoglia, fosse stata questa la ratio del congresso, bisognerebbe aggiungere che mai, come in questa circostanza, il PSI sarebbe salito sul treno diretto ad una destinazione che l'aggiornamento di questi giorni dell'agenda politica necessariamente rivelerà (come sta rivelando) non più attuale. 

Per uscire dalla metafora, diremo che la scelta, intempestivamente adottata, di appartenenza al cerchio magico del “campo largo” (PD, Art. 1 e, appunto PSI), è destinata, tra le tante altre cose, a vanificare qualsiasi resilienza socialista nelle dinamiche politiche. Che, al di là della persistenza di certe pretese egemoniche, indicano altre direzioni. 

In un'altra precedente edizione abbiamo dato spazio ad un editoriale di Domenico Cacopardo che focalizza la scansione performante della sinistra di governo dell'ultimo quarto di secolo. Ignorarla volutamente o non tenerne debitamente conto significa (per i socialisti) consegnarsi alla condizione di accompagnamento, ininfluente, della scansione che (molto confusamente) si sta delineando. Essere parte del desk di un “campo” (che si è ristretto e che non si sa dove voglia parare in termini di offerta politica e di capacità di aggregare consensi di opinione e di suffragi) implica (anche in considerazione dei modi) consegnarsi ad un ruolo di assoluta, ininfluente, sussidiarietà. 

Si dirà che è così da un quarto di secolo e che lo stato dell'arte non offre di più e di meglio ad una testimonianza socialista riformista. La scomposizione, decretata dall'incalzare degli eventi e dal raggiungimento (o quasi) della proverbiale canna del gas, delle posizioni di rendita in capo ai padroni del vapore della seconda repubblica potrebbe riaprire nuovi scenari in cui potrebbe contare il fatto di disporre di un know how di governabilità sostenibile. E, volendo essere tributari di Totò, i socialisti, nonostante le traversie, “lo nacquero”. E, in parte il Congresso, lo ha dimostrato. Basterebbe rimettere nel tubetto il dentifricio del pregiudizio della comune appartenenza al PSE, scaturito dalle conclusioni congressuali come asse orientativo della direzione di marcia in vista delle elezioni di fine settembre. 

Di cui si intravedono tracce nell'intervista rilasciata dal Segretario Maraio a Avantionline. Che pubblicheremo integralmente domani. 

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