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La sinistra e la questione socialista/ 40

  01/08/2024

Di Redazione

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L'incipit di questo editing 40 della rubrica tematica dedicata all'approfondimento ed alla riflessione sulla questione socialista non poteva, considerato che abbiamo da poco congedato l'election montag, caratterizzato dalla chiamata quasi continentale del popolo sovrano, non fare, almeno, cenno a quello che a pieno titolo può essere considerato l'epicentro di interesse delle vicende elettorali e politiche della “famiglia socialista”. Ci riferiamo alle legislative della Francia, che, almeno per chi scrive, hanno condensato gran parte della materia di analisi e di dibattito   l'ultimo mese è stato contraddistinto dall'interpello della permanenza delle ragioni che giustifichino il richiamo alle teorie politiche, di solito si dice del 900 (ma scendendo per li rami, visto che la loro sistemazione è avvenuta a partire qualche decennio prima) dell'800. Troppo lunga la retrospettiva? OK. Ma, un po' per incoercibile convincimento e un po' indisponibilità ad irreggimentarci nella teoria della storia che sarebbe finita, noi continuiamo, nella nostra analisi e nella nostra testimonianza, a riferirci a quell'aggregato strutturato, forse un po' uscito dal “mercato”, che è la famiglia del socialismo europeo. Uscita, si ripete, un po' dal primario rating di un passato ancora recente (che in alcune temperie la suggellava nella fascia alta), ma né con le ossa rotte né con prospettive residuali.

Sono finiti i tempi dei grandi progetti delle assise di Bad Godesberg e di Épinay, il cui indotto progettuale avrebbe ispirato, a livello continentale e nella dimensione delle singole realtà nazionale, la sommità dell'incrocio tra civiltà liberaldemocratica ed equilibrio più elevato di giustizia sociale.

La riflessione, sul punto, sarebbe lunga. Ci limitiamo a dire che caduta del muro e globalizzazione (ancorché archiviata) non sono passate senza danno. Ma è pur vero che, sia pure con qualche livido e con accentuate smagliature, l'intelaiatura del pensiero socialista è, come dimostra la sostanziale tenuta di consenso della “famiglia” alle, come si diceva, elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, vivo e potenzialmente può lottare.

Discorso tutt'affatto diverso deve farsi per il “parente” italiano della famiglia. Manifestamente sottodimensionato in termini di consistenza di consensi, soprattutto di rating politico.

Per far entrare in famiglia il recalcitrante PD, DS, PD, di fronte a tutto ciò che evocasse la connotazione “socialista” si dovette edulcorare con l'aggiunta del qualificativo dem.

Operazione sintattica che in ogni caso (anche pensando agli splendori prestazionali della penultima generazione) non solleva di un ette il basso apporto del “parente” italiano, manifestamente non identificabile in nessuna delle fattispecie dei progetti in cui si articola il pensiero del socialismo europeo.

Sappiamo una cosa: non ci sarà nessun indotto (né per il PSE né il suo referente italiano) dall'aspettativa sinergica, se il “parente povero” nazionale non entrerà nella visuale, teorico-pratica, del range continentale.

E, per quanto possa apparire irrealistico (rispetto alle entità on the ground) l'apporto di quel che resta del combinato teorico lib-lab, erede di oltre un secolo di testimonianza, in capo alla “riserva” socialista, sarà fondamentale.

Ma, come da sempre considera il direttore ed editorialista de La Giustizia, al cui lavoro spesso attingiamo (con gradimento dei nostri lettori), appare ineludibile “nascita di una nuova forza politica riformista, pienamente democratica e libera”.

Un imperativo, questo, che appare ben presente anche nello sforzo locale di testimonianza socialista.

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E Macron ottenne la svolta, fin troppo

Se consideriamo che dopo le elezioni europee Marine Le Pen era ad un passo dalla maggioranza assoluta in Francia, il suo partito il primo e Macron terzo e sconfitto, allora si può ben dire che l'azzardo del presidente francese é pienamente riuscito. Bardella non sarà presidente del Consiglio e Macron non sarà costretto a una complicata coabitazione politica. Le Rassemblement National ha perso. Sarà stata la paura dei francesi di affidarsi a un governo in rotta con l'Europa e, almeno sull'Ucraina, con l'Occidente, sarà per l'accordo tra Ensemble e il Nouveau Front Populaire nei collegi ma la destra francese non solo non ha affatto sfiorato la maggioranza assoluta ma può perfino finire in minoranza se il partito di Macron e tutto, ma pare più probabile buona parte, del Front populaire troveranno un accordo. Ma cominciamo dall'affluenza. Il 66,7% al secondo turno é un record per la Francia superiore anche a quello del 1981. La destra non può nemmeno recriminare sulla bassa affluenza. Prima lista, é quella di sinistra, del Front populaire, che ha conquistato, sovvertendo tutti i pronostici, 180 deputati, Ensemble (Macron) ne ha ottenuti 168 e il Rassemblement (Le Pen) solo 143, mentre les Repubblicains (golllisti) 45. Il centro-sinistra dunque appare l'unica formula possibile, ma si frappone come un macigno la questione Melenchon. La sua France Insoumise é il primo dei partiti del front. Accetterà di svolgere un ruolo marginale, tipo l'appoggio esterno? Facciamo due precisazioni Quel fronte popolare che in Italia richiama la drammatica sconfitta della sinistra e in essa in particolare dei socialisti, in Francia richiama l'opposto e cioè la vittoria della gauche del 1936 e la formazione di un governo col socialista Leon Blum alla sua guida. Il governo Blum durò solo due anni a causa dei conflitti sulla politica economica e soprattutto su quella internazionale tra socialisti e comunisti. Seconda precisazione. Nei quattro punti fondamentali sottoscritti da tutti i partiti del Front, compreso Melenchon, oltre al salario minimo a 1600 euro e l'abolizione della legge Macron che aumentava da 62 a 64 anni l'età pensionabile e il prezzo calmierato per generi di prima necessità e carburante, il quarto punto approva il sostegno politico e anche militare alla resistenza ucraina, definisce terrorista il gruppo di Hamas (cosa che Melenchon si era rifiutato di fare) e sostiene il riconoscimento dello stato di Palestina. L'appoggio in armi all'Ucraina, tuttora, é invece contestato da Sinistra Italiana-Verdi e dai Cinque stelle. Melenchon più filo occidentale di loro? Per ora sì. Ad ogni modo il leader di Place Pubblique, molto vicino ai socialisti, o socialista anch'esso (eletto parlamentare europeo nelle liste del Psf) Raphael Glucksmann, figlio del filosofo Andrè, pare abbia in mano le chiavi della complicata soluzione politica. E'un giovane riformista accreditato da Macron che potrebbe scegliere di offrire a Melenchon una posizione più defilata rispetto al governo oppure rompere con lui. Place Pubblique era nata per unire la sinistra esclusi i comunisti e France Insoumise Vedremo cosa ci riserverà la sorprendente Francia che in pochi giorni ha svoltato a destra e poi a sinistra. Forse anche troppo.

La strada

Non é il film di Fellini che ha vinto l'Oscar. E non é neppure “quella che porta a te”, come cantavano i giovani cattolici nel ‘68 e neppure quella invocata da Giorgio Gaber per sfuggire alla monotonia della convivenza. È una strada laica che ci porta a un obiettivo politico condiviso. Prendiamo il povero Psi. In nome di quale strada invoca la stantia riaggregazione dei socialisti di trent'anni fa e poi caccia quelli che fino a ieri erano nel partito? Lasciamo stare i commissariamenti militari in ogni parte d'Italia, ma qual'é la politica della fantomatica e strabica riaggregazione? Passati dalla lista col Pd alla suggestione di un accordo con Fratoianni alla lista con Renzi alle Europee e alla recente esaltazione dell'Union de la gauche in salsa francese, perché mai si dovrebbe sposare questo appuntamento? In nome di quale progetto? Prima la politica, come scandiva Nenni con lo slogan “politique d'abord”. Rimpiccioliti, perseguitati, impauriti, balbettanti, si biascica di tutto. Diciamo allora che teniamo ferme le ragioni della nascita dell'Associazione socialista liberale e di questo giornale, La Giustizia, manifesto storico del riformismo, che da domenicale divenne quotidiano e che da provinciale si trasformò in nazionale. E poniamo cinque argomenti alla base di qualsiasi progetto. Questi punti, irrinunciabili, sono nell'ordine 1) Una vocazione europeista che contrasti i neo nazionalismi di destra e di sinistra. Il manifesto elettorale della Lega “Meno Europa e più Italia” é assieme un'indicazione suicida (meno Europa equivale a meno Italia) e ridicola (meno Europa di così non c'é l'Europa). 2) L'appoggio alla resistenza ucraina che combatte il neo imperialismo di Putin. Un appoggio politico, morale e militare. 3) Una politica che insieme sia ispirata alla salvaguardia dell'esistenza di Israele e alla lotta contro il terrorismo di Hamas e nel contempo alla legittima aspirazione dei palestinesi ad avere una patria libera dagli insediamenti delle colonie israeliane. 4) La piena collaborazione di tutto il Parlamento per la realizzazione degli obiettivi previsti dal Pnrr. Si tratta di 190 miliardi che devono consentire all'Italia una crescita di Pil e di occupazione. 5) Una riforma della giustizia che preveda la separazione delle carriere dei magistrati, la nomina per sorteggio del Csm, la revisione del carcere preventivo e una profonda riforma del regime carcerario. Questi cinque obiettivi non sono alla base di riferimento di nessuno dei due poli. Anzi nella coalizione di destra e di sinistra ci sono forze decisamente contrarie al sostegno alla resistenza ucraina e nella coalizione di sinistra la maggioranza (Pd e Cinque stelle) è contraria alla riforma della giustizia. Si tratta di capisaldi della nostra identità. Condannare le aggressioni e sostenere la giustizia giusta e non quella politicizzata è un dovere irrinunciabile e coerente con i nostri ideali e con la nostra storia. E' la nostra strada. Può ritrovarsi attorno a questi punti, intanto, il mondo socialista residuo e diviso? Può essere questa una prima fase per poi puntare alla nascita di una nuova forza politica riformista, pienamente democratica e libera da gruppi dirigenti chiusi, da satrapi e da soffocatori del dissenso? Una forza di cultura e d'idee, non un ridicolo partito tardo morandiano. Un movimento aperto e fornito di tutti gli strumenti tecnologici per sondare militanti, simpatizzanti, semplici cittadini. Un nuovo punto di raccolta per giovani e intellettuali che rifiutano la politica attuale e si rifugiano nel non voto. Ma la collocazione, sulla base di quei cinque punti discriminanti, non può che essere autonoma e in contrasto col finto bipolarismo italiano al quale purtroppo pare convertito lo stesso Renzi. Visto che sia a destra sia a sinistra si formano coalizioni che possono vincere le elezioni, ma non governare in modo compatto e stabile un paese, tanto vale superare il maggioritario e tornare al proporzionale. Magico ritorno al passato. Altro che Premierato e partiti padronali. L'uomo solo al comando (o sarebbe meglio dire la donna) non é il farmaco giusto (né la strada) per curare la crisi della democrazia.

Un progetto per i “cespugli” del centro sinistra

Tutti insieme, anche forzatamente, contro i pericoli del centro destra, è il collante ricorrente degli schieramenti alternativi politicamente deboli.

I laburisti in Inghilterra come i socialisti in Spagna dimostrano che le elezioni si possono vincere anche senza mettere in campo delle “macchine da guerra”.

Da anni il centro sinistra italiano, non è più una coalizione con obiettivi di governo pienamente condivisi, ma una sommatoria di partiti grandi e piccoli, pregiudizialmente contro lo schieramento avversario.

La formazione dei campi larghi, sull'esempio del nuovo Fronte Popolare francese, più che esaltare dovrebbe indurre a qualche seria riflessione, per le difficoltà conseguenti nella formazione e attuazione dei programmi di governo.  

Ciò premesso, sarebbe ben più lungimirante preparare i prossimi confronti elettorali, rivedendo alcune impostazioni e parole d'ordine, riqualificando meglio contenuti ed altresì, i rapporti tra le forze politiche della coalizione.

In generale vanno rimarcati principi fondanti della Costituzione quali fra tutti: la libertà e la giustizia sociale, la laicità dello stato, la democrazia  rappresentativa, declinato a tutti i livelli possibili, compreso quello municipalistico.

Prioritari ritengo siano l'impegno per l'approvazione di una nuova legge elettorale, che sostituisca quella vigente, grandemente limitante ed irrispettosa della volontà degli elettori, nonché un progetto politico che razionalizzi l'apporto e la rappresentatività delle forze minori.

A questo ultimo proposito, tra le componenti socialiste, liberal democratiche, repubblicane, radicali e ambientaliste, ( i cosiddetti cespugli ) singolarmente  ininfluenti negli indirizzi delle alleanze, non è più rinviabile l'avvio di un percorso unitario che miri alla legittima rivendicazione della pari dignità politica, nella alleanza, tra tutti  soggetti aderenti.

Perché le specificità esistenti non perdano la loro visibilità, a nessuno deve essere chiesto di annullare le rispettive identità, ma di riscoprile e valorizzarle più utilmente in un disegno unitario.

Personalmente confido molto nell'impegno di tutti i socialisti, ancora oggi punti di riferimento per una potenziale vasta area elettorale, disorientata da tante divisioni e scelte ondivaghe.

Insistere sulle ragioni ed sui torti della diaspora, creatasi con la dissoluzione dello storico PSI, non desta l'interesse nemmeno dei militanti più nostalgici.

Ben più adeguato sarebbe, far seguito alle numerose celebrazioni svoltesi in tutta Italia, in ricordo del centenario della uccisione di Giacomo Matteotti, il lancio di una campagna politico programmatica che stimoli le attenzioni di quanti non vanno più a votare e soprattutto delle nuove generazioni, ove con la riproposizione degli ideali e dei principi del socialismo italiano, siano dettagliate le proposte sostenute per fronteggiare le emergenze sociali ed ambientali del nostro Paese.

L'auspicio è che anche nella provincia di Cremona, ove il frazionamento delle istanze riformatrici penalizza l'influenza sulle scelte locali, maturino delle disponibilità al confronto sul percorso delineato.

È stato e sarà duro...

… il percorso di armonizzazione e convergenza così generosamente e lucidamente delineato da Venturelli, che in questi trent'anni è stato uno dei più autorevoli e costanti riferimenti dei veterans socialisti che non si sono omologati al “verso del legno” dei nuovi contesti e delle correlate lusinghe. Ma che hanno sempre trovato, a dispetto delle asperità, le ragioni e le modalità per professare il loro convincimento nella fondatezza e nell'attualità del riferimento del pensiero socialista. Una testimonianza che avrebbe dissuasi i cuori indomiti. Che si espressa in un ventaglio spesso fortemente caratterizzato e non esattamente coeso nel format.

La testimonianza socialista è andata avanti, nel nostro territorio, grazie alla messa in campo di un associazionismo correlato prevalentemente alle ragioni dell'approfondimento delle ragioni storiche, culturali e politiche e, sarebbe ingeneroso ometterlo, della continuità di testimonianza nel volontariato sociale e nella vita istituzionale del territorio.

A prescindere e a dispetto delle “mostrine” identificative dell'appartenenza a “fratelli maggiori”. Non sempre è stata una passeggiata. Come dimostra la costante azione infiltrante, percepita e favorita nelle mire dei malintenzionati dal timbro universalistico dell'aggregato della testimonianza socialista, che aveva come sbocco un'OPA ostile, con cui incamerare tutti i segmenti impegnati ad approfondire e divulgare l'attualizzazione del pensiero della sinistra riformista. Allo scopo di cannibalizzarne la potenzialità accreditata dalla modalità di testimonianza avulsa da qualsiasi irreggimentazione e omologarla a format di continuità discendenti da autodefinizioni, nome e simbolo.

Noi socialisti “apolidi” non abbiamo mai smesso di riflettere attorno all'ipotesi della costituzione di un aggregato di testimonianza politica, suscettibile di colmare il vuoto di rappresentanza della cultura lib lab. Alcuni preferirebbero far confluire tale esigenza sulla mission modificata dell'associazione Zanoni. Tale ipotesi è impraticabile per un prevalente motivo procedurale (oltre che di merito, in quanto l'Associazione si occupa, per Statuto, solo di ricerca e divulgazione storica). Che fa capo alla circostanza che qualsiasi modifica statutaria chiama in causa i soci fondatori (superstiti). L'Associazione ha praticamente circoscritto la propria attività al completamento della catalogazione della documentazione della Federazione Psi. Che sarà conferita all'Archivio di Stato. Il resto del programma (tra cui il Centenario della morte di Bissolati) è in sofferenza, a causa del sabotaggio, non dichiarato ma fattuale, operato dal vertice comunale (per esso, in particolare, il Sindaco Galimberti). Resta aperta l'iniziativa collegata alla celebrazione dell'80° della Liberazione. Che pensavamo di arricchire con la pubblicazione del saggio storico di Zanoni (ormai praticamente impostata). Il comportamento non collaborante (anche sull'agibilità della sede) per non dire di intralcio del Socio Istituzionale ha indotto il sottoscritto e Clara Rossini (presidente protempore subentrata allo scomparso Davide Viola) a preannunciare all'assessore di riferimento Burgazzi (che, diversamente dal vertice comunale, va ringraziato, insieme ai predecessori Rosita Viola e Berneri) l'intendimento di privarci dei due Soci Istituzionali. Modifica questa che riguarda l'asset associativo, ma non la mission, che resta, ripeto di ricerca storica. Condividiamo, il sottoscritto e Clara Rossini, pienamente la consapevolezza di dotare la testimonianza del socialismo lib lab di uno strumento di agibilità. Che non può identificarsi con nessuna coabitazione col PSI. Per ragioni che non è neppure il caso di considerare. Uno sforzo di armonizzazione e di convergenza dovrebbe essere almeno tentato per dare casa ad un perimetro di ideali e di progetti più ampio della tradizionale cultura politica socialista. Ci abbiamo provato (e secondo chi scrive qui, con qualche risultato) con la Comunità Socialista (purtroppo fagocitata dall'invadenza e dall'interferenza di certi parvenus). Per quanto ci riguarda il format, con una visuale ampliata alle altre culture lib lab, potrebbe ancora funzionare. A questo tentativo reviviscente non mancherebbe l'accompagnamento de L'Eco (il cui baricentro politico/editoriale coincide esattamente con questo profilo) e degli amici della testata. Concludiamo, ben consapevoli dei nostri limiti di operatività, dichiarando la nostra totale disponibilità ad uniformarci e a convergere verso gli indirizzi così ben delineati da Venturelli.

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