Pubblichiamo molto volentieri le "riflessioni" del Dott. Attilio Galmozzi, medico dell'ospedale di Crema e assessore alla formazione e innovazione nello stesso comune. Balzato agli onori della cronaca ai primi di marzo per la famosa denuncia: "L'ospedale di Crema non può essere un Lazzaretto" (apparso sui media locali e nazionali) con la quale criticava apertamente la gestione di quella che da li a poco sarebbe diventata la Pandemia da Coronavirus come l'abbiamo conosciuta.
Oggi torna a rincarare la dose, senza mezzi termini sull'ipotesi molto concreta di investire parecchie centinaia di milioni in un nuovo mega nosocomio a Cremona, anziché dibattere sulle storture e trovare i giusti correttivi a ciò che oggettivamente non ha funzionato. Un malessere, quello della sanità pubblica -quasi un ossimoro - che viene da lontano e che ha mostrato tutti i suoi limiti proprio nel momento di maggior bisogno; che non può essere risolto se non mettendo mano a tutto il sistema nel suo complesso.
Smettiamola. Davvero smettiamola di ipotizzare mega ospedali e ricostruiamo un Sistema Sanitario che riparta da territorio e competenze. Non servono mega ospedali e nemmeno istituire reparti iperspecializzati che si contendono i pazienti. La Lombardia ha più cardiochirurgie dell'intera Francia. Non è un derby calcistico: chissenefrega. La Coppa del Mondo l'abbiamo vinta noi nel 2006, nonostante la testata di Zidane a Materazzi. Serve più territorio. Servono ambulatori di medicina generale, attrezzati, aperti più ore al giorno, con specialisti ed infermieri che intercettino i pazienti precocemente, che impediscano che un problema di salute a basso impatto diventi un enorme problema di salute. Servono più risorse ai territori e serve un nuovo patto per la salute. La sanità fondata sui rimborsi, sui numeri e sui DRG è fallita miseramente. Il fatturato vada a farsi benedire. La Lombardia ha più privati accreditati che posti letto, suvvia. Esiste un privato d'eccellenza e un pubblico d'eccellenza. Esistono competenze. Sfruttiamole al meglio.
Serve una Bad Godesberg della sanità, nazionale e regionale. Meno ragioneria e più programmazione. Negli ospedali deve finirci chi ha necessità di un'assistenza a medio-alta intensità, deve arrivarci chi ne ha bisogno. La prevenzione, questa sconosciuta, va fatta fuori. L'educazione sanitaria non la fai durante una visita ambulatoriale di 7 minuti perché i parametri ti impongono questi tempi assurdi. L'ospedale deve integrare il territorio, non lo deve sostituire. Così come il Medico di Medicina Generale deve avere strumenti e risorse per operare in modo ottimale. Basta bigliettini fuori dagli ambulatori come al banco affettati dei supermercati; e basta liste di attesa infinite per esami strumentali. Basta call center che ti dicono "all'ospedale pubblico, per la sua ecografia addominale ho posto tra 18 mesi. Nel privato x dopo domani". Non è una gara di automobilismo, dove sventolano le bandiere del Cavallino Rampante o della McLaren.
Servono ospedali attrezzati, che eroghino prestazioni coerenti, non migliaia di esami inutili. Serve un privato che affianchi il pubblico, non che lo debba sostituire. Serve una programmazione nazionale e una regionale che siano coerenti. Non 20 sistemi sanitari regionali, che parlano 20 lingue diverse, con 20 standard diversi. Per i derby c'è il calcio.
E' il tempo di una riforma della Sanità, non lifting temporanei. Si aprono e chiudono tavoli come nei pic-nic. No, non serve questo. Serve una riforma complessiva, con risorse certe, scevra da interessi e ideologie.
Formiamo più medici, più infermieri, più OSS, con stipendi allineati alla media europea, con un pacchetto di aggiornamenti coerenti. Negli ospedali e nei territori servono più medici e più infermieri, serve più presidio territoriale. Il COVID ce l'ha insegnato, cazzo se ce l'ha insegnato. Seppur tremendamente bastardo, tiriamo fuori qualcosa di buono da quella emergenza. Altrimenti avremo speso vite e tempo per nulla.
Attilio Galmozzi