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ECO-Election day giugno 2024 /novem

Nuova Consiliatura a Cremona

  29/06/2024

Di Redazione

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I temi della gestione del territorio

Caro direttore, mi riferisco all'editoriale postato ieri e credo che Pizzetti e soci non cambieranno politica rispetto alla gestione dei servizi. L'avessero voluto fare questa era l'occasione. Sui temi della gestione del territorio e della sanità rimandano la palla, per competenza, alla Regione. La sanità poi la risani solo con un piano nazionale e con finanziamenti che non ci sono.

Sandro Gaboardi, 28 giugno 2024, Crema
Sandro Gaboardi, 28 giugno 2024, Crema

Il bene comune

Ho letto il lungo ed esaustivo editoriale sulla nuova Consiliatura a Cremona. Ci sono molte criticità da risolvere, bisogna con umiltà, da parte degli eletti, che si trovi una scelta che unisce e non lottare per ciò che divide. È il bene comune che si deve perseguire, la cittadinanza ha bisogno di un'amministrazione riformista e che punti al sociale.

Caterina Lozza, 28 giugno 2024, Vicenza
Caterina Lozza, 28 giugno 2024, Vicenza

Consapevolezze dell'oggi e reminescenze del passato

In occasione della ricorrenza dei trent'anni dal tradimento da parte dell'amministrazione comunale di allora della volontà popolare espressa tramite il Referendum consultivo contro la localizzazione dell'inceneritore nella zona di San Rocco, vorrei condividere una mia testimonianza di quel periodo ritenendo che possa essere utile conservare la memoria di una storia che non può essere rimossa, a maggior ragione oggi che torna ad essere di cocente attualità con la bocciatura del progetto dell'impianto di biometano proposto da A2A nello stesso sito.

Il Referendum svoltosi il 18 giugno 1994 rappresentò uno dei più alti momenti di partecipazione mai visti a Cremona. Il suo tradimento fu uno sfregio che aprì nella comunità locale una ferita che ancora oggi fatica a rimarginarsi. Per una coincidenza che suona come una sorta di beffarda nemesi della storia, proprio il 18 giugno 2024 si è svolta in Provincia la conferenza dei Servizi che ha portato alla bocciatura del progetto del nuovo impianto di biometano.

Stavolta i cittadini hanno scelto la strada della valutazione tecnica del progetto ed è interessantissimo osservare come tra i rilievi effettuati oggi dagli Enti preposti si ritrovino, oltre a numerosi nuovi elementi, criticità tecniche già rilevate nei primi anni 90 in una relazione commissionata all'ENEA dal Comune che si concludeva precisamente con una valutazione di non idoneità del sito prescelto per la costruzione dell'inceneritore.

Nel 1994 il movimento popolare rappresentato da “Cremona Pulita” e dal “Comitato Contro l'inceneritore” ottenne una limpida vittoria politica. Il Comitato BiometaNO Cremona riscontra oggi una schiacciante vittoria sotto il profilo tecnico e amministrativo. Peraltro, benché il Comitato abbia scelto di non confrontarsi direttamente nell'agone elettorale appena conclusosi ritenendo che in temi ambientali debbano essere patrimonio di tutti, non può sfuggire che più del 50% degli elettori che hanno votato al primo turno delle recenti amministrative abbiano premiato candidati dichiaratamente contrari alla localizzazione dell'impianto di biometano in quel comparto. Il tutto senza contare i consensi ottenuti dai candidati contrari all'impianto che si sono presentati nelle liste a sostegno del neoeletto sindaco Virgilio. È lampante, inoltre, che in un clima generale di dilagante astensionismo, nonostante l'assenza di competizione tra liste contrapposte nei due comuni di Gerre de Caprioli e Bonemerse i cittadini hanno confermato con affluenza plebiscitaria i due Sindaci uscenti che coraggiosamente si erano contrapposti al progetto.

Oggi come allora, siamo testimoni di una vittoria popolare manifesta, frutto di partecipazione attiva, impegno, serietà, competenza e sacrificio. Oggi come allora siamo portatori di una visione di futuro sostenibile alternativa a quella delle amministrazioni che hanno supportato progetti industriali inadatti al contesto. Oggi come allora serpeggia in città la paura che la vecchia ferita si infetti a causa di un nuovo tradimento per miopia e incapacità di visione e di ascolto del territorio e per sudditanza verso l'interesse speculativo del grande gruppo di turno. In definitiva, per immobilismo e incapacità di sondare nuovi scenari che consentano a questo territorio di uscire dallo stato di emergenza ambientale perenne in cui versa.

Ed è per questo che mi pare importante conservare la memoria dello strappo democratico avvenuto il 28 giugno 1994, il giorno in cui il Consiglio Comunale allora in carica consumò quel tradimento. Ricordo ancora l'emozione mia e di tanti altri giovani attivisti che, vocianti e pieni di entusiasmo, avanzavamo verso il centro città tenendo in pugno lo striscione su cui campeggiava la scritta “Blocchiamo la costruzione dell'inceneritore”.

Mentre un piccolo gruppo dirigente imponeva alla città letture surreali dell'esito referendario fondate sul “calcolo di democrazia virtuale che ci consente di sommare gli astenuti ai contrari” (così si espresse l'allora vicesindaco!), sullo scalone che accede alla sala consiliare dei Quadri sciamava una folla di cittadini provenienti da culture politiche lontanissime tra loro. Accanto ad Autonomia Operaia si potevano trovare socialisti, democristiani, comunisti, ambientalisti, uomini di destra, moderati, liberali, artigiani e commercianti, operai, impiegati e studenti, raffinati intellettuali borghesi e artisti.

In sintesi, l'anima della città.

E il segno di quanto fosse intensa l'energia di quella stagione sta in alcuni aneddoti che vale la pena ricordare perché ci aiutino oggi a comprendere il valore della partecipazione e l'importanza dell'ascolto di quel respiro.

Tra la folla c'era un uomo colto e barbuto che raccolse da terra un cartello preparato dagli autonomi che però si erano poi vergognati di esporlo, temendo forse di essere espulsi dalla sala. Sopra c'era scritto con variopinti caratteri cubitali Inceneritevi i coglioni. Quell'uomo mite e così distante dagli ambienti della contestazione antagonista ebbe il coraggio di difendere le idee comuni facendosi carico della rabbia dei più giovani ed assumendosi per loro la responsabilità di un gesto così forte. Altri tempi si dirà; in effetti per certi aspetti è così, se si pensa che con i 20.000 voti traditi del Referendum oggi si potrebbe eleggere un sindaco al primo turno.

Eppure da quella stagione un insegnamento collettivo si può trarre anche oggi. A patto, però,

che non se ne perpetui la mistificazione del ricordo come qualcuno, per convinzione o per imbarazzo, per molti anni ha cercato di fare.

Solo chi ricorda quanto erano fredde le notti a Forte Apache può realmente testimoniare il valore di quella battaglia sulla quale un manipolo di dirigenti di partito pose un coperchio di ghisa, armeggiando in sala rossa abbarbicato a pregiudizi ideologici che ancora oggi condizionano alcuni ambienti politici cittadini. Sono passati trent'anni e in molti non sono ancora riusciti a capire quanta visione e quanta idealità ci fossero dentro a quel fenomeno; quanta energia. Quanto autentico civismo messo in pratica nei piccoli gesti di una comunità fiera.

Ricordo gli sguardi di gratitudine degli agenti della digos che con garbo rifiutarono il tè caldo che offrii loro mentre di notte ci scrutavano intirizziti dalla loro auto parcheggiata in via San Rocco per capire se stessimo tramando rappresaglie contro i fascistelli che avevano dato fuoco alla baracca del presidio avanzato, posta proprio nel terreno oggi occupato dall'inceneritore.

Ricordo anche che una sera qualcuno portò Gino Paoli al bar del presidio. Mi parve un marziano atterrato nel bel mezzo della lotta. Gli chiesi come fosse finito lì e lui con ammirazione inaspettata mi rispose che si trovava a Cremona da amici e che aveva chiesto loro di essere portato nel luogo ‘più vero della città per bere qualcosa'. Questo aneddoto mi torna sempre in mente ogni volta che qualcuno cerca di screditare quella stagione.

Ricordo che un pomeriggio, mentre noi distribuivamo volantini in un blocco stradale morbido in via San Rocco, un ragazzotto che si faceva chiamare ‘Fabo' aveva teso un cavo in una via del centro. Un atto assurdo e pericoloso da cui ci dissociammo tutti. Il primo a prenderlo a sberle fu proprio Bini, il leader degli Autonomi. Non abbiamo mai saputo se quella testa calda avesse imparato la lezione di come si conduce una lotta rispettosa del prossimo perché quel ragazzo morì qualche mese più tardi tuffandosi da uno scoglio.

Piangemmo in tanti. Anche chi non ne sopportava i modi sempre un po' sopra le righe.

Perché avevamo imparato a lottare assieme nel rispetto delle differenze ideologiche.

La stroncatura del biometano da parte degli Enti preposti ha riproposto oggi la centralità del

tema della tutela dell'ambiente e dei beni comuni nello sviluppo del territorio ed ha smascherato la persistenza di un tratto di arroganza politica nel rifiuto del confronto opposto dall'uscente amministrazione. Oggi siamo consapevoli che ancora una volta la partecipazione ha vinto e che da qui si può ancora partire nel confronto con la nuova Amministrazione. Questa città vuole aprirsi al futuro e non è disposta ad accettare altri tradimenti. Noi ci siamo!

Luigi Lipara, Presidente Comitato BiometaNO Cremona
Luigi Lipara, Presidente Comitato BiometaNO Cremona

Cuor contento… il ciel l'aiuta...

Disvelamenti postumi

Entra a pieno regime la postproduzione del lungo ciclo che ha portato all'esito della competizione che porterà all'insediamento della Consiliatura 2024-2029.

Non si può dire che sia stata una passeggiata lineare. Che ha esaltato la competitività più a beneficio di mortaretti mediatici che non un serrato confronto sulle reali distinzioni della merce messa sul banco.

Vi si provvede in remoto. Più che un sussulto resipiscente, per la consapevolezza che si avvicina il formale insediamento, che innescherà la lunga marcia gestionale.

Certamente continuerà il confronto dialettico con le sue code di mimetizzazioni. Ma prima o poi bisognerà prendere il toro per le corna.

Perché un conto è raccontarla…altro è cominciare ad incardinare passaggi concreti.

Su questo versante il primo cittadino appena eletto (che, in materia di rinnovamento di idee ed uomini, per essere coerente è, se non erriamo, sulla breccia da tre consiliature) ha cominciato ad esternare le idee guida per la formazione della governance del piano alto.

Da quanto esternato si coglie l'impressione che i ragionamenti non pareranno ad un'effettiva, auspicabile riqualificazione della “squadra”, bensì si snoderanno lungo un percorso di consequenzialità agli impegni di “scambio”.

Sfortunatamente (per il comunicatore) la carne da cannone da sottoporre a turn over ha, a dispetto di una lunga persistenza nel ruolo dei presumibilmente interessati, standards generazionali bassi. Il futuro immediato tiene in serbo l'idea di una "purga" dettata da regolamento di vecchie ruggini ovvero di un surreale approdo nei ranghi della "ditta" di nuovi talenti scelti in base a priorità anagrafiche, capaci di mimetizzare l'assenza di preparazione al ruolo?

Quanto ad una descrizione dettaglia (e a questo punto irrilevante dal punto di vista della formazione di un giudizio) il Sindaco eletto si applica ad una tardiva illustrazione dei prodromi e delle dinamiche che hanno condotto alla coagulazione dell'alleanza vincente. Alla luce delle menzognere descrizioni si ha invece l'impressione che si sia trattato di una convergenza ausegemachte, fatta in casa. Che non è un detto comune utile a veicolare l'idea più che dell'informalità di un senso di extraterritorialità rispetto alle regole, le convenzioni, il galateo. Che pretenderebbero o semplicemente consiglierebbero che le decisioni riguardanti la messa a punto di scesa in campo per strategie e per candidature avvenissero in contesti trasparenti. E non a domicilio, in studi legali diventati crocevia di intelligenze collettive sostitutive della funzione dell'associazionismo politico. Anche in ciò, come peraltro si evince dal paginone intervista rilasciata all'autorevole settimanale sempre più confezionato e percepito come voce del padrone, emerge un preoccupante aggregato di inconsapevolezze, di pressapochismo, di astrazione dalle convenzioni formali e sostanziali. Di aderenza ai sentiments ed ai rumors manifestamente percepibili e plasticamente non tenuti in nessun cale in sede di ricognizione dei preliminari dell'avvio di una lunga marcia finalizzata ad invertire il trend elettorale generale ( che insieme al percepibile diffuso negativo contesto di opinione dava contendibile la governance civica). Un avamposto obnubilato dall'imperativo di non lasciarci le penne ma di strappare lo scalpo della prevalenza elettorale e del reinsediamento nell'esercizio del potere. D'altro lato, tutto ciò risulta evidente dall'esternazione postuma: " la presentazione iniziale...un momento non preparato fino in fondo..Non uscivano grandi strategie...ma si percepiva grande coesione". Un outing questo che rivela lo spirito e il rango di "una squadra eterogenea" assemblata dall'impulso non già di delineare un consuntivo prestazionale derivante dall'incrocio tra domanda ed offerta pregresse e progetti per il futuro comunitario, bensì di scongiurare l'evenienza "di non essere confermati". Ebbene il fulcro operativo individuato inizialmente nella location privata e nelle adiacenze lavorative era destinato a diventare quella situation room, in cui diversamente dalla promessa churchilliana di tears and blood, veniva messa a punto una articolata ferrea strategia di conferma nei ruoli gestionali. Non c'è bisogno di esternazioni dai diretti ideatori della "macchina da guerra" congegnata allo scopo. In cui è stata ideata un'intelaiatura di sinergie finalizzata a trarre indotti certi dalla leva di moltiplicare il consenso numerico dal tasso di rappresentatività tratto da una costituency variegata e, senza offesa alcuna, abborracciata al limite della razionalità e correlata all'impresa di mettere a punto un'offerta di governo civico. Con l'intervista rilasciata in piena post-produzione elettorale l'eletto certifica la quasi totale assenza di sedimi cognitivi del passato-presente (circostanza che suona sinistra sul terreno dell'etica civica), ma autorizza anche la percezione del permanere di una totale assenza di linee guida strategica. Cosa ci si può attendere (da osservatori e opinionisti non embedded a queste logiche e apparati di potere)? Che la squadra degli eletti si barcameni nello sforzo di fuoriuscire dalle proprie inconsapevolezze, dall'assurdità di un posizionamento in un'ottica critica (in pieno contrasto con il dato ineludibile di essere eredi di una dinastia abbarbicata per un terzo di secolo alla gestione) e nel disperato tentativo di praticare il classico "colpo al cerchio e uno alla botte". Indiscriminatamente applicati a questioni tematiche su cui le governances pregresse (in particolare quelle delle ultime due Consiliature) hanno totalmente "ciccato" impronta e soluzione. Che il combinato tra vigorosa cittadinanza attiva (cui, come nei casi, di biometano, ospedale, malaria, speculazione sui suoli la maggioranza si è messa di traverso) e sanzionamento elettorale hanno portato all'evidenza del che fare (adesso che hanno rivinto). Altrettanto sinistramente s'avanza la soluzione dell'ineludibile passaggio alla costituzione dell'assetto esecutivo e del generale riequilibrio del più vasto asset gestionale, che non può non avere attenzione alla "sostenibilità " delle candidature individuali e di gruppo. Anche se non potrà eludere il redde rationem degli incassi degli scambi e degli equilibri interni.

C'è un ultimo, inaspettato impulso resipiscente nella sintassi didascalica del primo cittadino. Lo estrapoliamo letteralmente. "La macchina amministrativa. È il mio cruccio. Il motore dell'amministrazione deve essere rinnovato e, su tanti aspetti, andare in automatico". Mentre la seconda parte dell'esternazione appare, anche per effetto delle diffuse claudicanze espositive del Sindaco (che non è nato ballerino, ma che non dispone di fondamentali comunicativi fluenti) un po' criptica, il "nocciolo" è di una solare evidenza fattuale. In 35 anni hanno spianato le preesistenze autogestionarie dei servizi comunali (serre, verde, decoro, strade, emergenze, cimiteriali) confluendo il tutto all'outsourcing (appalti con privati e, soprattutto, colonialismo A2a).  Ma, dopo aver praticato dal 1990 al 2000 ( decennio, prima, delle giunte anomale e,poi, del collaudo definitivo dei nuovi padroni) il sistematico progrom applicato alla preesistente dirigenza, reclutata con pubblici concorsi e collaudata a livello prestazionale, ma indotta agli esodi più o meno volontari (in quanto non in odore di "fedeltà" al nuovo ciclo), il combinato politico amministrativo ha sistematicamente applicato standard reclutativi non esattamente ispirati dalla prevalenza di procedure trasparenti e di superiori requisiti curricolari.  Dopo 30 anni i nodi vengono al pettine. E il nuovo Sindaco (anche se nell'esternazione prevale un senso di scaricabarile a futura memoria) mostra di accorgersene. Sul punto ci sia concessa una "puntura di spillo" (occhiello dei corsivi su Eco del nostro maestro Patecchio). Che sintetizziamo in un "simul stabunt simul cadent". Ci riferiamo non già all'eventualità di un cambio di fase nello status sia degli appena eletti sia dei "burosauri" (etimo Silvano Ambrogi), che costituiscono (in aggregato sinergico e castale con gli "eletti"), la cosiddetta "macchina". Nel suo complesso approdata a standard bulimici. 30 anni fa l'apparato funzionariale era di meno di una decina di dirigenti (cui si aggiungeva una quindicina di capiufficio). Non disponiamo di un aggiornamento (circostanza cui concorre il fatto che il Comune, diversamente da tutte le testate ha escluso la nostra dal novero degli interlocutori accreditati).  Ma ci pare di ricordare che le posizioni "apicali" siano praticamente raddoppiate con l'aggiunta di quasi una trentina di posizioni sub apicali. In un rapporto "sinergico" e speculare dei due profili apparentemente separati. Nel che appare evidente il linkage relativo ai "trattamenti", riconosciuti alla dirigenza elettiva e, in una visione equivalente, a quella, diciamo, di carriera. Finiamo qui, perché non appartiene al nostro format pubblicistico l'impronta qualunquistica.  Semplicemente vorremmo azzardare che se esiste un limite prestazionale, in capo alla "macchina" municipale (di emanazione politica e di rango burocratico) esso non ha come scaturigine anche i "trattamenti"

L'euforia è molto contenuta, scrive il cronista/analista della cerimonia del passaggio del testimone. Verrebbe da dire: te la do io l'euforia! Un sentiment/postura che, considerato lo sfascio prodotto, l'assenza di ordinati e fecondi propositi, il modo e l'entità della performance elettorale, dovrebbe essere decentemente bandita per lasciar posto a ben diverso approccio al cambio di fase innescato dalla nuova Consiliatura

Giustamente Pizzetti, che, a prescindere dalla (ancora inspiegabile) rinuncia ad un ruolo che competeva per statura, professionalità, consuntivo prestazionale, consapevole della transizione in atto, è sempre più il perno, da un lato, della gestibilità futura del competitor risultato vincente ma consegnato, nella sua inconsapevolezza, ad un probabile destino  di ininfluenza strategica e, dall'altro, di una coraggiosa sutura di profilo istituzionale prima che politico di un consesso elettivo, privo di coesione nell'indirizzo progettuale e nel senso di camaraderie.

Riprendendo il fiato della lunga premessa ed il filo di una lucida saldatura tra passato, recente e remoto, ed un sentiment a valere per l'immediato futuro, Pizzetti esterna consapevolezze fattuali sulle ragioni della vittoria mutilata. Che assomiglia di più ad una sconfitta, limitata ad un virtuale no contest. Che prescinde dal risicato esito delle urne, ma che allunga un'inquietante ombra sulla "governabilità " effettiva della Consiliatura. Il cui vernissage è griffato da un esordio griffato dall'esatto contrario motivazionale di quanto esorcizzato dall'eletto preferito dalle preferenze "dobbiamo smettere di partire sempre dal presupposto che siamo i più bravi e che gli elettori non ci hanno capito". Un riferimento, quello di Pizzetti, che calza a pennello con la permanenza in capo alla nomenklatura dem del cardine autoreferenziale (così ben delineato da Bertolt Brecht) sfociante nell'assunto " il popolo non ha capitola Direzione del partito allora cambiamo il partito". Un "partito" che come comunità di idealismi, di militanza attiva, di forte e consapevole componente della vita amministrativa non esiste più (neanche virtualmente. Questo asserto (ben lontano da un inclemente volontà di imprimere simbolicamente il tallone sul grugno), peraltro, non viene tenuto in nessun cale da un minimale obbligo di valutazione del più ampio andamento nel contesto territoriale. Dove (e questo certamente è un dato negativo per la tenuta degli equilibri) il PD o l'aggregato che dir si voglia di centro sinistra ormai, con l'eccezione del capoluogo e del vicecapoluogo (dove con una studiata strategia di intercettazione dell'indotto derivante dal clientelismo, dello scambio, della sistematica occupazione degli interstizi della relazionalità politica, riesce, ormai da tempo e specificatamente nei giorni scorsi a restare in sella, sia pure per il rotto della cuffia). Nel resto della provincia, scendendo per li rami e limitandoci a focalizzare le realtà comprensoriali, il centro sinistra è da anni fuori mercato. Aveva resistito (ci sembrava per merito) a Soresina. Ma una popolazione, da anni alle prese con una periclitante sicurezza, ha presentato il conto. Tra i Comuni storici regge (bene e con merito) Gussola. Il dato generale è che la sinistra, lato sensu, è sempre più fuori mercato. Perché o soccimbre nella pugna elettorale e non è in grado neanche di allestire decenti programmi e liste.

Avendo lasciato il posto ad insignificante aggregato di apparatchik che, come scandisce Pizzetti in termini di rimando delle motivazioni al base del getto della spugna da parte del segretario Soldo (l'unico appartenente al vertice che in questi anni abbia professato un indirizzo di non satrapia ma di disponibilità sinergica nei confronti delle sensibilità emarginate della sinistra riformista), "fa solo amministrazione e finisce per identificarsi con questa attività ". Aggiungiamo noi: fa solo cattiva, arrogante ed autoreferenziale gestione del potere amministrativo. E questo l'alert lanciato da Soldo (al quale rivolgiamo l'appello a non disertare il campo della sinistra riformista ma a diventarne uno dei riferimenti), ma anche da Pizzetti. Il cui assunto inevitabilmente non potrà, per la forza implicita del ragionamento e l'autorevolezza del personaggio, non essere testato in un ruolo che non può essere relegato solo al rating tripla AAA delle preferenze. Ma che deve trarre consapevolezza e motivazioni dello stato di fatto e dall'imperativo di riprendere per i destini del capoluogo e di un più vasto territorio una lunga marcia di progetti per il futuro. Il cui background non può essere rappresentato dalla sommatoria degli stracci lanciati dal ballatoio dalle indigene casalinghe (non di Voghera, ma di Cremona). L'intero consesso della appena omologata Consiliatura del sentirsi pienamente protagonista del "tavolo" strategico su cui per il prossimo quinquennio e quasi certamente per i successivi Cremona scriverà le linee di un futuro sostenibile. In cui siano assicurati alle nuove generazioni il diritto ad una educazione/formazione di livello qualificato congruente all'aspettativa di un lavoro nel proprio habit, alle fasce adulte una accettabile qualità della vita, alla terza età un accompagnamento di livello. Secondo chi scrive l'outing di Pizzetti è clamorosamente claudicante nella persistenza nel pregiudizio nei confronti dell'amplissimo parterre dei portatori dei no tematici. Anziché contribuire, anche nel nuovo mandato, all'ulteriore marginalizzazione per di più indifferenziata di questa diffusa testimonianza civile, Pizzetti dovrebbe cominciare a rappresentare il punto di confluenza dialettica delle ragioni in campo. Alcune sono effettivamente incardinate in inestricabili pregiudizi ideologici. Altre, invece, dovrebbero rappresentare i cardini di una testimonianza civile e sociale per una sinistra riformista che voglia legittimamente definirsi tale e tale essere percepita. Ci riferiamo a tutto quel retroterra motivazionale dell'opposizione al cosiddetto nuovo ospedale ma nella realtà confluente nella denuncia della privazione del diritto alla cura della salute e nell'inversione della sanità privatizzata e territorialmente spianata, nella denuncia dell'aggravamento dell'insalubrità atmosferica (per effetto della concentrazione dei fattori inquinanti, come nel caso dell'impianto biometano), della sostanziale abdicazione all'esercizio delle funzioni programmatorie in campo urbanistico a vantaggio di tutti gli stakeholders della deregulation della destinazione (prevalentemente speculativa dei suoli) e, vogliamo sul punto essere chiarissimi, dell'arbitrario riconoscimento alla cosiddetta multiutility partecipata di un potere sostitutivo.  Sarebbe come pretendere di interpellare, circa il menù del Thanksgiving, il pollaio dei tacchini Ma, conclusivamente, non possiamo non mettere metaforicamente con le spalle al muro un ciclo storico comunale che in 35 anni ha smantellato la visione etica del municipalismo, anche nel suo profilo di gestione aziendale ( se si pone mente al fatto che in prima assoluta le aziende municipali nacquero qui e a Milano per iniziativa degli apostoli del socialismo riformista). Se Pizzetti vorrà confermare di che stoffa è fatto il suo phisique (in tal modo accreditando il fondamento della tormentata opzione, in capo ai vetrans della Comunità Socialista, del voto disgiunto protetto  finalizzato alla sola preferenza) gli consigliamo di mettere mano a questo inverecondo suicidio rituale che è stato il percorso attraverso cui (dalle giunte anomale PCI DC in poi) la "ditta" ha minato la sostenibilità di un'azienda sanissima e competitiva, sottoposta ad un processo sistematico di cannibalizzazione finalizzato all'acquisizione di risorse necessarie alle politiche di spreco comunale. Sul punto non è inappropriata la richiesta alla nuova Consiliatura di avviare un'indagine atta a stabilire inoppugnabili percezioni dei fatti e delle responsabilità.  Nonché di tentare, pur nella consapevolezza dell'impraticabilità del riavvolgimento della pellicola, almeno tentare un'organica agenda di visione e di passi finalizzata ad una generale tutela degli interessi cittadini nei confronti della concessionaria multiutility e, per quanto reso improbo dalla pochezza del rating (inoppugnabilmente testato dai fatti)del ceto amministrativo e politico, al riposizionamento dell'indecorosa ed umiliante condizione di partnership all'interno dell'asset societario.

Sconsolatamente, a questo punto, da affetti da ipermnesia aggravata dall'incontenibile impulso a non farsi sfuggire nulla di quanto avviene nei processi politici, non possiamo non appellarci, raffrontando la postproduzione dell'election day di questo giugno 2024, al proverbiale “nihil novi sub sole”.

Esattamente cinque anni fa la Comunità Socialista espresse le perplessità che oggi L'Eco del Popolo reitera. Bando alle ciance riproduciamo più sotto l'articolo. Con la speranza che repetita juvant.

PS. Approfittando della pazienza dei lettori comunichiamo quanto segue:

I Soci fondatori dell'Associazione Zanoni rendono pubblica la decisione presa un anno fa di revisionare l'asset. Che rinuncerà alla presenza dei Soci Istituzionali Comune e Provincia. Quel che resta della Comunità Socialista, dopo i tentativi di reiterata infiltrazione, confluirà nel club Amici dell'Eco del Popolo. Mission: l'innesco di una testimonianza di sinistra riformista.

Dall'archivio L'Eco Politica e Istituzioni

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