Con l'editoriale di Mauro Del Bue, direttore della rifondata testata prampoliniana, riprendiamo la rubrica “confronti”.
Una via nuova
Serve una nuova via ai socialisti riformisti e liberali. Serviva anche trent'anni fa. L'errore di fondo compiuto fu quello di costruire il futuro dei socialisti facendo rinascere il Psi. Dal 1994 il sistema politico italiano si era profondamente rinnovato. Ai partiti identitari avevano fatto seguito partiti post identitari, senza tradizione storica, senza radicamento sociale. L'unico partito che aveva resistito era il Pds, frutto della svolta di Occhetto che, dopo la fine del comunismo, aveva deciso di cambiare il nome al Pci. Per i socialisti, travolti dall'azione politica del Pool Mani pulite, era una atroce beffa della storia. Si pensò dunque, anche per “non mollare”, come ci suggeriva Ugo Intini, di rianimare le sparse e ferite membra del vecchio Psi. I risultati più brillanti si conseguirono alle elezioni europee del 1999 con lo Sdi al 2,1%, eguagliato da analogo risultato del Nuovo Psi alle europee del 2004. Risultati insufficienti e peraltro non paragonabili ai dati conseguiti alle consultazioni politiche (lo Sdi non si é mai presentato e il Nuovo Psi ha conseguito l'1% alle elezioni del 2001). Cosa c'era di sbagliato in tutto questo? C'era un'ambizione frutto più di un desiderio che dell'analisi della realtà. Non si poteva far rinascere il Psi in un sistema in cui non c'era più un solo partito della cosiddetta prima Repubblica. E in cui l'elettorato si stava abituando a votare non più per identità dei singoli partiti, ma per possibilità di vittoria delle varie coalizioni. Certo i comunisti avevano un erede nel nuovo sistema politico, e così i democristiani, non parliamo dei liberali e dei missini. Gli unici che l'erede non l'avevano erano i socialisti. Ma in due occasioni il possibile erede ha bussato alla nostra porta. La prima quando Marco Pannella lanciò la Rosa nel pugno. Laici, liberali, libertari, socialisti erano i quattro aggettivi che meglio di ogni altro rappresentavano la nostra storia recente. Ma la bella idea é deragliata subito per un insieme di pretese e personalismi. La seconda si é verificata con la nascita del Terzo polo, un soggetto riformista che aveva preso le distanze dal Pd. Il Psi ha preferito guardare al Pd e senza ottenere peraltro alcun vantaggio. Ma Renzi e Calenda il Terzo polo non l'hanno fatto decollare, anzi hanno deciso di dividersi. Resta però intatta la prospettiva lanciata da Calenda di una federazione di riformisti, comprendente Azione, liberali e socialisti, mentre Renzi pare avviato a una soluzione centrista e prevalentemente cattolica. All'appello di Calenda i socialisti devono rispondere. L'associazione ha già manifestato con un documento la sua disponibilità. Se son rose fioriranno. La via nuova é necessaria.
Nato a Reggio Emilia nel 1951, laureato in Lettere e Filosofia all'Università di Bologna nel 1980, dal 1975 al 1993 é consigliere comunale di Reggio, nel 1977 é segretario provinciale del Psi, nel febbraio del 1987 è vice sindaco con le deleghe alla cultura e allo sport, e nel giugno dello stesso anno viene eletto deputato. Confermato con le elezioni del 1992, dal 1994 si dedica ad un'intensa attività editoriale (alla fine saranno una ventina i libri scritti). Nel 2005 viene nominato sottosegretario alle Infrastrutture per il Nuovo Psi nel governo Berlusconi. Nel 2006 viene rieletto deputato nel Nuovo PSI. Nel 2007 aderisce alla Costituente socialista nel centro-sinistra. Nel 2009 é assessore allo sport e poi all'ambiente nel comune di Reggio. Dal 2013 al 2022 dirige l'Avanti online.
Recenti editoriali
Da dove ci eravamo lasciati….
Come suggeriscono le evidenze, abbiamo dovuto, nelle ultime settimane, incanalare la scaletta editoriale dando priorità a temi che sono risultati non eludibili o rinviabili rispetto al baricentro sia delle attenzioni locali (No nuovo ospedale, No Impianto biometano, sanità) sia dell'evidenza nazionale e mondiale.
In ciò siamo stati aderenti al palinsesto del vecchio Eco di zanoniana memoria, in cui si miscelava l'attenzione alle questioni territoriali con la dorsale politica e militante.
Quest'ultima, per il venir meno del dante causa, uscita un po' dal nostro radar o comunque se non marginalizzata affidata ad un timing discontinuo.
L'argomento della sinistra e della questione socialista resta uno dei cardini del telaio della nostra testata. Lo riprendiamo qui con un recente editoriale del compagno Mauro Del Bue, rifondatore della prampoliniana e quasi coeva testata. Noi siamo prossimi, il 4 gennaio 2024, alle 135 candeline! Avremmo tanto voluto “festeggiare” la ricorrenza insieme a quella del 100rio della scomparsa del nostro fondatore. La sopravvenienza pandemica e, soprattutto, la inspiegabile ed ingiustificata bigiata del “Socio Istituzionale- Comune di Cremona” ha messo piombo al piede dell'iniziativa. Senza, tuttavia, affossarla Perché, potete giurarci, sarà riproposta. Infatti, i Sindaci passano…ma non le testate storiche socialiste.
Restare fermi al palo?
Gentile direttore, devo ringraziarla per aver proposto e continuato a proporre gli eventi di un passato ricco di valori, di ideali, di bella gente che per difenderli combattevano e mettevano in pericolo la propria vita. Il socialismo era il peggior nemico di una assurda dittatura ma anche la speranza che si potesse iniziare una vita dove tutti avessero gli stessi doveri, supportati dagli stessi diritti. Nel periodo precedente si era costretti a prendere la tessera dell'unico partito riconosciuto, ora chi alimentava la speranza di una diversa realtà si iscrive al partito per sostenere chi si adopera per il bene comune. Si diceva che tutti erano socialisti, eppure qualcosa non ha funzionato. Siamo rimasti in pochi a desiderare una rinascita, tanto tempo perso senza riuscire a difendere il nostro sentire e il nostro ben operare. I dìis: chi ‘l è tròp bòon ‘l è cuiòon… così altri senza pudore, allargandosi, si sono appropriati del pensiero della gente comune per inculcare nuove esigenze e spaziare verso altri egoistici orizzonti.
Naturalmente chi non ha dimenticato è rimasto fedele, non poteva fare altrimenti perché, quando si crede e si vive consapevolmente un modo di essere, si auspica che qualcosa avvenga per tornare ad una società migliore. Ricerca negli altri compagni una via per tornare a ritrovarsi in tanti, si rinnova tutti gli anni la tessera …ma tutto rimane come prima. Gli anni passano, ci si ritrova a chiedersi che valore abbia rinnovarla se ci si accorge che è solo per rispettare la propria coerenza ma senza vedere alcun cenno di rinascita tutto attorno o più su. Lascio ad altri, a tanti altri la libera opzione su questi aspetti, che sono politici ma anche “tecnici”. Io credo che ci si debba rinnovare offrendo ai giovani un approfondimento della storia che li ha preceduti. Allargare la base della nostra audience, rilanciare le aspettative che da troppo tempo non si sono realizzate, spegnendo il desiderio di rinnovare un impegno quando la voce non riesce a farsi ascoltare. Le delusioni penalizzano quindi intestardirsi nel limitare alle solite riunioni vuol dire restare fermi al palo.
Tanto di cappello sia a chi si dedica con passione al proprio lavoro storico culturale, sia a chi organizza incontri per confrontarsi, capirsi, aiutarsi per stabilire altri contatti, rinascere. Ognuno può credere nell'idea che lo ha sospinto a tenere accesa nel cuore la convinzione di poter migliorare la vita di tanti, la comprensione tra i vari ceti sociali per cancellare ogni diseguaglianza, vivere in armonia e… (sperando che non si riveli solo un'utopia).
È questa l'intelaiatura delle consapevolezze e dei propositi che costituisce il riferimento dei socialisti, che nella e con la Comunità ritengono di non dover disertare (nelle modalità suggerite dai cambiamenti dei contesti) la testimonianza nella vita pubblica.
Un abbraccio.
Parafrasando Shakespeare
Caro Direttore, ripercorrendo il non breve trascorso comune, di idee politiche e di militanza sotto la testata de L'EdP, sai quanto siamo vicini e quanto io apprezzi la tua memoria storica per leggere il presente. Ma rimangono alcuni nodi irrisolti, se non, forse, delle ferite aperte. Accenni frequentemente specie nella rubrica dedicata ai “Confronti” al socialismo rosselliano. Beh, io quella visione l'ho adottata da tempo. Un socialismo utopico, da utilizzarsi come mezzo e non come fine per rincorrere il sol dell'avvenire senza mai toccarlo, pena l'ennesimo totalitarismo (ahimè socialista), alla faccia del motto "giustizia e libertà".
Questa visione mi ha portato a riflettere su una società di individui liberi il cui unico dovere (e non obbligo) dovrebbe essere quello di perseguire quel motto.
Nel concreto: via i privati da tutto ciò che è di interesse pubblico. Ora che sei caduto dalla sedia, ti faccio alcuni esempi.
Le big pharma perseguono il profitto o la salute delle persone? L'OMS è finanziato per tre quarti dai privati (tra cui le big pharma), dunque il controllato è pure il controllore. Gli Stati aderenti stanno firmando un accordo che cederà molta sovranità a questo organismo mondiale dalla gestione opaca e privatistica!
E così nei mass media mainstream, servi delle élite mondialiste che propinano le loro veline dagli stessi titoloni, con le stesse linee editoriali (pare pare su tutte le testate occidentali). Sono riusciti ad ammantare un'oligarchia unica con le tante finte democrazie nazionali. Allora a che serve votare?
E così pure nella cosiddetta "green economy". Von Der Leyen vuole "purificare" l'€uropa, ma lo sa che devastazione porta nel terzo mondo la produzione di batterie su scala mondiale? Certo che lo sa. E quanto sfruttamento minorile c'è nelle miniere per l'estrazione delle "terre rare"? Certo che lo sa. E quanto carburante fossile occorre bruciare per fornire l'energia elettrica a questi mezzi elettrificati? Anche questo lo sa.
Poi i conflitti pilotati con la Russia che fa parte dei BRICS (acronimo coniato da un economista della Goldman Sachs!) per indebolire l'€uropa e giungere ad un nuovo standard monetario, dal Gold Standard passando per il Gold Exchange Standard (I e II guerra mondiale) fino al nuovo ordine monetario con la valuta digitale, impiantata sull'identità digitale e la "società del controllo". Espropriazione dei beni privati col combinato del signoraggio e dell'usura bancaria. Altro che liberismo, comunismo 2.0!
Viviamo nell'epoca delle crisi: la crisi geopolitica, la crisi pandemica, la crisi economica, la crisi climatica... In epoca di crisi si sa, le deroghe alle libertà e ai diritti sono all'ordine del giorno in nome dell'emergenza. Evito di annoiare con altri esempi che si conoscono benissimo.
Dunque, siamo entrambi rosseliani in quanto a visione, su questo non ci piove, ma non ho capito se leggiamo gli eventi allo stesso modo, con le stesse lenti, col dizionario orwelliano del bipensiero per difenderci e scovare gli inganni del potere. Altrimenti che giornalismo ne verrebbe fuori? Solo ideologico? Che per carità sarebbe già qualcosa, ma quanto varrebbe nella ricerca della verità oggettiva? Ricordi? Giustizia e Libertà, ma anche merito e bisogni in alcune declinazioni.
Abbiamo parlato dei comitati contro la centrale a biometano e il nuovo ospedale che sono da preservare e valorizzare, ma con quale sfogo politico? Altrimenti non vedo un'alternativa all'andazzo nichilista della politica locale. Sono movimenti innocenti single-issue -non me ne vogliano i proponenti- ma miopi e dal respiro corto che verranno fagocitati dagli stessi che il problema l'hanno creato (sistematizzando e narcotizzando il dissenso). Ci rimane il diritto-dovere di votare, oppure la disobbedienza civile di non andare al voto. Tanto, con questi tecnocrati apolidi insinuatisi come una metastasi nei gangli del potere, dove vogliamo andare? Ecco perché (parafrasando Shakespeare) rincorro il profumo di una rosa cambiandone solo il nome. Il nome originale come tutto il resto è ormai corrotto irrimediabilmente.
Questa è solo la mia - delirante? - opinione. Al prossimo incontro-dialogo.
Lettera firmata.
Se la testimonianza socialista…non può fare a meno della copertina di Linus
Quasi impossibile non comprendere tra quali delle due opzioni in campo (in materia di format della testimonianza ideale) si sia posizionato l'editorialista de L'EdP. Sempre molto attento a questa priorità tematico-editoriale, ma anche, diciamo, molto determinato, pur assicurando la massima apertura possibile alla contaminazione del pensiero critico, a non farsi fraintendere.
Ebbene questo editorialista, pur professando coerentemente le ragioni delle proprie scelte ideali di tutta evidenza di stampo socialista, da oltre trent'anni “professa” in assenza di tessera. La ragione? Quella principale è l'assenza dell'incontro tra domanda ed offerta.
Ovviamente nella realistica percezione di profondi mutamenti di contesto; soprattutto in materia di coincidenza tra aspettative ed identificazione del campo in cui militare.
Trent'anni che, dal punto di vista strettamente numerico temporale coincidono tra la prima tessera (1962, anno del 70° della fondazione) e l'ultima.
Eppure, senza tessera (ma non derogando dalla coerenza agli stessi ideali e motivazioni) abbiamo “praticato” ugualmente e siamo invecchiati.
Acquisendo elementi di riflessione e di rifunzionalizzazione dell'intelaiatura delle visioni e delle motivazioni, quelle del precedente trentennio militante come quelle in corso d'opera del successivo (da “apolide”).
Il Partito, luogo franco, rifugio sicuro, carta d'identità, condivisa ed ostentata, strumento di testimonianza e di lotta per l'attuazione di grandi ideali. Già…era stato questo lo strumento con cui alla fine dell'800, soprattutto, le masse entrarono nella vita pubblica allo scopo di esercitare il loro diritto di cittadinanza attiva (fin ad allora prerogativa esclusiva dei ceti di alto rango) e, dato che c'erano, di incidere in un profondo cambiamento dell Stato e della Società.
Se tale fu l'incipit motivazionale alla base della democrazia di massa, dobbiamo aggiungere che, nel format dell'ultima fase espressa alla fine del 900, i partiti si riveleranno (pur in un curriculum molto edificante, dal punto di vista dell'evoluzione delle masse, del loro consapevole approdo al diritto-dovere di appartenenza concreta alla democrazia) una controindicazione per un'ulteriore evoluzione positiva dell'intero sistema liberaldemocratico.
Da strumento di raccolta di militanti accomunati dagli stessi ideali divennero ciò che Pannella avrebbe battezzato “partitocrazia”. Dell'ulteriore trasmutazione nella seconda e successive repubbliche non mettiamo conto entrare.
Già questo sarebbe abbrivio sufficiente per comprendere le ragioni per cui chi scrive qui ritiene che sia possibile “militare” senza la copertina di Linus, fatta di un aggregato di feticci (tessera, simbolo, nome, riti).
Come dimostra l'editoriale di Del Bue (questo e i non pochi altri precedenti), la “via nuova” c'è ed appartiene all'ordine delle percezioni e delle opzioni per chi ritiene esistano ancora le condizioni per “professare” il socialista.
Scriveva recentemente Maraini: l'intelletto ha bisogno di un linguaggio complesso e creativo. L'espressione intollerante rivela una semplificazione dell'intelligenza. Incapacità di adeguarsi e di misurarsi col nuovo. Tempi di paura e regressione. Far branco per difendere spesso irrazionalmente l'identità.
L'altra chicca mutuata come sostegno al nostro voler essere fuori dal coro la mutuiamo (come il postino Ruotolo, abituato a copia incollare quello che gli serviva) Cazzullo, quando in materia di imperativo per la sinistra riformista, ritiene ineludibile quanto segue: Parlare ai ceti popolari, come fanno le famiglie laburista vincenti, non è in conflitto col ceto medio. Tenendo insieme diritti civili, protezione sociale, la tutela dei contribuenti corretti. Un partito velleitario e confuso sarà sempre minoritario e irrilevante.
Il restante più particolareggiato coming out, suivra. Soprattutto, se i nostri lettori non saranno tirchi nell'offrire spunti.