La stampa locale ieri ha aperto su dati e notizie davvero sconfortanti. In provincia nel 2022 si sono persi tantissimi posti lavoro, la vertenza della ex Bertarini di Sesto ed Uniti sembra arrivata alla conclusione peggiore per i 54 dipendenti e un'altra crisi del tutto simile si sta profilando in un'azienda del Cremasco. Questo è il mondo del lavoro oggi: nessuna crisi economica conclamata, nessun particolare allarme, RSU e dipendenti all'oscuro di tutto. All'improvviso avviene lo smantellamento dell'azienda, i macchinari vengono smontati durante le ferie e si trasferisce la produzione altrove. Nulla sembra poter fermare la volontà dei padroni che scelgono di chiudere stabilimenti perfettamente funzionati fregandosi altamente di chi per anni ha permesso loro di fare profitto. E lo Stato di fatto legalizza la delocalizzazione delle attività senza mettere in campo nessuno strumento reale di prevenzione e di tutela dei posti di lavoro. È l'effetto dell'iniziativa economica lasciata in mano solo al mercato, alla finanziarizzazione e alla legge del profitto. È lo smantellamento del lavoro e dell'iniziativa economica come sanciti dalla Costituzione, dove la libertà d'impresa è sempre possibile purché non sia in contrasto con l'utilità sociale e non calpesti la dignità delle persone. Ormai si licenzia con un sms o si costringono le rappresentanze sindacali a inaccettabili comunicazioni online!
La politica ha responsabilità enormi nei confronti dei lavoratori a causa delle pessime riforme del lavoro avviate dagli anni '90. Ma il "Governo dei migliori" poteva porre un argine serio alle crisi più o meno camuffate e alle delocalizzazioni fatte a esclusivo vantaggio dei padroni: c'era in campo una proposta di legge promossa dai lavoratori della GKN e da diversi parlamentari (oggi componenti di Unione Popolare) in cui lo Stato con la partecipazione dei lavoratori vincolava la proprietà a un piano di uscita dalla crisi condiviso dalle parti in causa, dava pieno riconoscimento ai lavoratori e alle rappresentanze sindacali, stabiliva sanzioni per la proprietà per il mancato rispetto del piano, dava il diritto di prelazione dell'attività alla cooperativa eventualmente costituita dagli ex dipendenti per continuare la produttività del sito industriale e lo Stato diventava garante di tutto il processo con la possibilità di rilevare la proprietà dell'azienda e avviare percorsi industriali di riconversione della produzione in senso ecologico. Proposta di legge respinta da tutte le forze politiche presenti nel governo Draghi. La politica invece potrebbe fare molto e dare strumenti legislativi reali ai sindacati e ai lavoratori per difendere i posti di lavoro. Per questo è nata Unione popolare: per essere utile e concretamente vicina alla classe lavoratrice, nella quotidianità e nel lavoro politico nelle istituzioni.
Simone Antonioli, Francesca Berardi, Silvano Gottardi, Erica Maria Erinaldi.
Abbiamo recentemente dato notizia della proditoria chiusura dell'azienda; proditoria non solo perché rivelatrice delle posture di un'imprenditoria che si comporta come i padroni delle ferriere, ma perché fa emergere un profilo industriale che sta tra la totale assenza di richiamo all'etica sociale (che dovrebbe essere anche nel bagaglio civile degli imprenditori) e le furbizie di Totò e Peppino (propensi a tirare pacchi).
Nelle ultime ore gli sviluppi propendo ormai inesorabilmente all'imprimatur padronale sull'irreversibilità.
A giorni si svolgerà presso la sede della Camera del Lavoro una nuova assemblea dei lavoratori.
Anche se, per ragioni di schiettezza, dobbiamo dire che emerge negli speech e negli script della rappresentanza qualcosa di più di un timbro rassegnato, destinato a sfociare nelle più nefaste conclusioni.
Sul piano politico, restiamo sconcertati dall'afonia dei players che dovrebbero, specie i movimenti di ispirazione sociale, far sentire la loro voce.
Allo stato, l'unico che si è fatto sentire e valere è stato il consigliere regionale dem Piloni.
Altra voce è quella di Unione Popolare, che ha diramato il comunicato da noi appena pubblicato.
Le nostre analisi coincidono quasi completamente. Sconcertano sia le dinamiche ciniche sia la circostanza da verificare che nell'asset societario del "padrone" ci sia una rilevante presenza del movimento cooperativo. Il Sindacato, poi, si è fatto uccellare! Ci sa tanto, a questo punto, che non ci sia molto spazio per riacciuffare la vertenza. Come ultima, disperata, didascalica risposta c'è solo una campagna di boicottaggio dei prodotti e della Coop che si è resa complice, forse ispiratrice di questo misfatto sociale