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L'EcoRassegna della stampa correlata - "Le socialdemocrazie del nord avanzano" - "La condanna di Bobo"

Di Domenico Cacopardo e Mauro Del Bue

  18/09/2021

Di Redazione

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Dedichiamo la presente edizione della Lavagna al tema messo a fuoco da due significative riflessioni dovute alla penna dell'editorialista (e molto altro) Domenico Cacopardo e del Direttore dell'Avantionline Mauro Del Bue. 

Riflessione di ispirazione più “generalista” la prima e più “tematica” la seconda; ma entrambe accomunate dall'analisi delle vicende del pensiero socialista, in Europa, in Italia, nelle istituzioni amministrative territoriali. 

Analizzare questo sforzo di approfondimento fa bene all'arricchimento delle consapevolezze sia di quei socialisti, che non hanno appeso al chiodo la determinazione (o la velleità) di riprendere un percorso, se non proprio “militante”, idealmente “impegnato”, sia di quei cittadini democratici, interessati almeno teoricamente a che si riannodino i fili di un'orditura del sistema liberaldemocratico, decentemente sostenibile (in cui ci sia spazio e giustificazione di ruolo per una sinistra riformista). 

Si è sostenuto per anni che la versione “governante” del socialismo continentale si sia suicidata nella transizione teorico-pratica alle versioni “neu Mittel” e “neu Labour” (rispettivamente tedesca la prima e inglese la seconda). Con ciò volendo dimostrare che l'eccesso di zelo a voler (nel sistema maggioritario secco come quello britannico e nel proporzionale corretto tedesco) interpretare ruoli egemonici nel centro moderato fosse esiziale per le fortune di rappresentanza con rango “maggioritario” delle aspettative sociali e culturali vagamente orientate in senso socialista. 

Da cui il maggior capo di imputazione: aver pedissequamente interpretato il “mandato” dei “poteri forti” artefici della transizione dal capitalismo sociale (sulle cui basi fu costruita una durevole stagione di sviluppo, di benessere e di equità) alla versione “turbo” di un capitalismo globalizzato subentrato nel ruolo di indirizzo strategico tipico della politica. 

In effetti, non si può negare che tale interpretazione, in alcuni casi ed in alcuni periodi, si sia rivelata, in alcuni casi ed in alcuni periodi, eccessivamente zelante; fino a far perdere di vista almeno in parte i fondamentali della “ditta”. 

Soprattutto, sul terreno della percezione dei cambiamenti in corso a livello del portato di “mani troppo libere” per quanto si riferisce all'evasione fiscale transfrontaliere (che ha fortemente ridotto il gettito indispensabile per un welfare decisamente bulimico) e alla conduzione delle politiche occupazionali (significativamente compromesse dall'innovazione tecnologica, dalla liberalizzazione della pratica de localizzante, dalla licenza di ipersfruttamento). 

Per effetto di tale analisi, la base sociale e l'establishment dei movimenti europei lib-lab ritracciarono, ad un certo punto, il loro bacino di riferimento lungo le linee interpretative della sinistra radicale. È il caso scolastico del Labour inglese nella versione della leadership di Jeremy Corbyn, che, giunto alla fine corsa delle prove elettorali, ha impattato nelle peggiori performances in assoluto. 

La nuova stagione politica rende percepibile il senso di un ritracciamento teorico aderente all'idea di un format di realistico equilibrio nella rappresentanza delle ragioni della governabilità (sui perni dell'esperienza dell'alternanza o della collaborazione tra i moderati “popolari” e quelli liberalsocialisti) e della rappresentanza della costituency ideale. 

Come efficacemente osserva Domenico Cacopardo, si sta delineando l'ipotesi di un ritorno in ruoli di centralità del movimento laburista nei tradizionali contesti di prevalenza. 

Una prospettiva questa destinata a reggere se i movimenti socialisti, nazionale e continentale, dimostreranno di essere in grado di armonizzare e convergere tutte le sensibilità del bacino di riferimento (di cui fa eccezione la recente espulsione di Ken Loach, seguace di Corbyn fino agli eccessi antisemiti). 

Per converso, oltre ai segnali di convergenza provenienti dal contesto europeo, una certa traccia di sostenibilità dell'impulso alla convergenza è venuta un anno fa dalle parti dei Democrats a stelle e strisce. Che hanno saputo trovare un fecondo compromesso (elettorale e, speriamo, gestionale) con la “sinistra” tradizionale (rappresentata da Bernie Sanders) e dalle tendenze radical delle nuove generazioni. 

Difficile trovare in questa analisi un qualche riferimento utile a configurare lo status della “sinistra” italiana, praticamente sparita dai radar da molto tempo. 

La creatura che avrebbe voluto/dovuto essere la “cosa nuova”, capace di prendere per mano il tradizionale bacino della sinistra politica e sociale, si è praticamente liquefatto in un pratica di governo fine a se stessa e priva di qualsiasi credenziale progettuale. 

Insieme all'acqua sporca ha finito per essere buttato via anche il bambino. Vale a dire che alle conseguenze dell'asfaltatura, da parte del postcomunismo italiano sempre recisamente impermeabile a qualsiasi riconversione in senso socialdemocratico, dell'unico interprete della dottrina liberalsocialista, si è andato accentuando il testa-coda di qualsiasi ipotesi di rifondazione di una sinistra riformista. 

Anche su questo dovrebbe interrogarsi il parterre, prevalentemente divergente, di quel che resta degli endorsement socialisti. Ma questo costituisce un profilo che l'analisi di Cacopardo neanche sfiora. Mentre ci affidiamo all'LOCCHIODELBUE per toccare in profondità lo stato di catalessi che contraddistingue il percorso di convergenza socialista. Ne sono prova le polemiche innescate dalla scesa in campo di Bobo Craxi per le amministrative di ottobre. 

Non sappiamo, come Del Bue, se la lista di appoggio del candidato dem a Roma sia la risposta giusta per evitare di consegnare il governo Capitolino nuovamente ad avventure populistiche o ad aggregati reazionari. O sia un generoso e sensato tentativo per ricollocare nelle dinamiche politiche la voce socialista. Dalle nostre parti, un siffatto progetto si è vieppiù rivelato impraticabile per effetto della autoreferenzialità e dell'autosufficienza dell'attuale centro-sinistra locale. L'election day del 3,4 ottobre, i cui prodromi ne rendono manifesta la sofferenza di tenuta, diranno se l'investimento della Comunità Socialista sul progetto Civico possa meglio servire l'aspirazione al buon governo territoriale. (e.v.

Le socialdemocrazie del nord avanzano

Nell'ordine: Ionas Gahr Störe, leader laburista Norvegese; Olaf Scholz, candidato SPD; Kleir Starmer, leader Labour Party; Bernie Sanders, Senatore “socialista” USA; Kenneth “Ken” Loach, regista inglese “impegnato” 
Nell'ordine: Ionas Gahr Störe, leader laburista Norvegese; Olaf Scholz, candidato SPD; Kleir Starmer, leader Labour Party; Bernie Sanders, Senatore “socialista” USA; Kenneth “Ken” Loach, regista inglese “impegnato” 

di Domenico Cacopardo

Gli scenari europei presentano una prima novità, la cui importanza andrà valutata nei prossimi 3 mesi: l'opposizione di centro-sinistra ha vinto le elezioni politiche del 12-13 settembre, consegnando la presidenza del governo a Jonas Gahr Stoere, leader dei laburisti e, a suo tempo, vice di Jens Stoltenberg, già primo ministro e, attualmente, segretario generale della Nato. Sembra altresì che il partito laburista disporrà, da solo e, quindi, senza gli alleati, della maggioranza parlamentare.  

Si è votato con sistema proporzionale e recupero nazionale dei seggi non attribuiti nelle circoscrizioni. 

Temi fondamentali della campagna elettorale il cambiamento del clima e la gestione dei giacimenti petroliferi nel mare del Nord.   

Stoere (e lo riferisco pensando al fair play italiano) ha ringraziato la prima ministra uscente Edna Solberg (conservatrice) per i suoi 8 anni di governo, affermando che è stata brava e coerente ai suoi principi.  

La seconda novità, imminente, riguarda le prossime (tra 10 giorni) elezioni generali in Germania. Esce di scena, in ogni caso, Angela Merkel e i sondaggi danno in vantaggio la SPD (i socialdemocratici di Olaf Scholz). Alcuni giornali italiani si spingono a prevedere una vittoria così ampia della SPD da assicurarle la maggioranza dei 709 seggi del Bundestag.  

Dal canto nostro, prendiamo, come sempre, con cautela i sondaggi, ma prendiamo atto delle possibilità che essi attribuiscono ai socialdemocratici. 

Il destino della prossima legislatura tedesca sembra segnato soprattutto dal ritiro della Merkel, il cui sostituto ai vertici della coalizione democristiana CDU-CSu, Armin Laschet (presidente della Renania settentrionale-Vesdtfalia) non dispone del consenso della Cancelliera e, quindi, sarà costretto alla ricostruzione di una proposta politica adeguata ai tempi nuovi che sono maturati, con il Covid e il manifestarsi indiscutibile di un drammatico cambiamento climatico. 

Per Scholz, oltre ai temi ecologici, conta l'essere il ministro dell'economia in carica e di avere, con la sua azione, conquistato un'ampia stima.  

In ogni caso, questi due appuntamenti indicano, salvo conferma (elezioni presidenziali francesi di primavera) quel movimento del pendolo che premia, nelle democrazie adulte e alternativamente, la destra e la sinistra. Destra e sinistra che inglobano componenti centriste, votate alla stabilità e al perseguimento delle costanti che caratterizzano le politiche degli stati. 

È quindi opportuno dare un'occhiata alla situazione italiana e alle prospettive della sinistra nostrana ci siano o non ci siano elezioni generali nel 2022. 

Nei giorni scorsi, Enrico Letta ha parlato al popolo del Pd disegnando una prospettiva secca: «O con noi o con la destra», versione aggravante l'antico «O con noi o contro di noi» che tante sciagure ha prodotto per chi lo pronunciava. 

L'affermazione di Letta connota in modo negativo il posizionamento attuale del Pd e le sue prospettive. Invece, infatti, di porsi il problema di definire una piattaforma per il futuro prossimo e imminente, rivolta al rilancio economico e sociale del Paese e ai giovani, cui attribuire il ruolo cruciale che meritano, il leader pdino si attesta sulla logica degli schieramenti, dimenticando che, anche qui, da noi, essa non può essere vincente soprattutto per un partito come il suo che, proprio sotto la sua direzione, s'è radicalizzato. La stessa campagna, ondivaga e insicura, sui diritti ha trascurato il piccolo particolare della pandemia e della profonda crisi da essa prodotta. Se in casa scoppia un incendio tutti contribuiscono a spegnerlo e sarebbe singolare o pazzesco che i figli ponessero la pregiudiziale di ottenere certezze sull'eredità, sul rispetto cioè dei propri diritti patrimoniali. 

Ora, diciamocelo francamente, nessuna situazione è compromessa né a destra né a sinistra. Varrà nelle prossime settimane ciò che, da un lato, proporrà il governo Draghi nelle bollenti materie all'ordine del giorno, e varrà la capacità delle forze politiche di essere interpreti, di parte, ma interpreti, delle esigenze della collettività nazionale. 

Tre anni circa di finanza allegra introdotta dal governo Conte-Salvini e proseguita, causa sopravvenuta Covid-19, ci hanno abituato male. Adesso occorre iniziare a fare i conti, realizzando le riforme (528) concordate con Bruxelles e che rappresentano il vangelo della nostra ripresa con modernizzazione del sistema, e, tra esse, quella fiscale, avendo in mente che presto dovrà essere coniugata con la parsimonia, contando sull'eccezione PNRR, la più grande iniezione di capitali della storia nazionale. 

Almeno oggi appare difficile immaginare un Letta e un Pd agganciati al processo in corso e capaci di portarlo avanti.

La condanna di Bobo

Mauro Del Bue 13 settembre 2021 LOCCHIODELBUE

Vittorio (Bobo) Craxi non é solo figlio di Bettino, ma da tre decenni é un dirigente socialista, eletto nel 1990 consigliere comunale a Milano, e poi, dopo la fine del Psi, candidato dal nuovo Psi, in alleanza con la Casa delle libertà nel 2001, al collegio uninominale di Trapani ed eletto deputato. Animatore, assieme a Saverio Zavettieri, di una lista chiamata i Socialisti, ed aderente al centro-sinistra, nel 2006 é stato nominato da Romano Prodi sottosegretario al Ministero degli esteri. Adesso ha accettato di capeggiare la lista del Psi di Roma presentata in appoggio alla candidatura di Gualtieri. A prescindere dal consenso o meno per le sue scelte passate e presenti, pesa su di lui come un'assoluzione o più spesso una condanna l'impegnativo cognome. Anzi Bobo viene soprattutto giudicato, nel bene o nel male, utilizzando il paragone col suo più illustre genitore, infausto invero fu il suo finale di vita, che pure si elevò a leader nazionale ed internazionale. E che oggi viene da più parti rivalutato dopo la condanna senza appello che gli venne inflitta non solo da una magistratura strabica, ma da quasi tutti i partiti di allora, compreso il nostro. Quella di Bobo pare una condanna a vita, quella di essere valutato, nel modo in cui parla in rapporto all'oratoria del padre e nelle cose che sostiene un coerente o meno suo successore. Quasi mai come Bobo Craxi, dunque, ma come Bobo, figlio di Craxi. Deve essere una bella sofferenza. Taluni, oggi é particolarmente di moda, lo ingiuriano perché il padre non avrebbe condiviso la sua scelta di presentarsi capolista del Psi a Roma, sentendosi evidentemente in grado di evidenziare la volontà dei defunti. Qualcuno che si definisce, con un grado di arroganza financo inimmaginabile, “vero socialista”, attribuisce a chi non la pensa come lui la patente di falsario. Qualcun altro asserisce che il figlio di Craxi non può stare dalla parte dei suoi carnefici. A prescindere dal fatto che Bobo da questa parte é collocato da quindici anni, chi ha scelto di stare dalla parte di chi sventolava cappi e puntava alla caccia al cinghialone o di chi aggrediva Ugo Intini e circondava via del Corso è convinto davvero di essere dalla sola parte giusta? Ho vissuto momenti di forte dissenso nei confronti di talune scelte di Bobo. Mi dicono che Calenda abbia rifiutato di comporre una coalizione con liste di partito e che questo giustifichi la scelta conseguente che i socialisti romani hanno dovuto adottare. Ne prendo atto. Sarebbe stata quella di Calenda una scelta più consona per tutti i socialisti. Da parvenu della politica il buon Carlo si sente evidentemente più forte da solo. E noi non potevamo che prenderne atto. Resta la possibilità, in un soggetto democratico o anche in una presunta area socialista, di dissentire. Ma offendere, aggredire, invocare lo spettro e la maledizione di un padre, non é atteggiamento da socialista. Appartiene invece ai più grigi periodi della Inquisizione e del terrorismo staliniano. Mettere contro un padre, defunto 21 anni orsono, a un figlio che quel padre ha sempre difeso, e confondere le due persone, come se l'azione dell'una dovesse svolgersi nell'esclusiva memoria dell'altra, é un modo di svilire e violentare la libertà politica di ciascuno e costringerla nel soffocante recinto di una memoria distorta ad arte. 

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