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“La bóje, la bóje e debòto la va dessora! (Ribolle, ribolle e di botto tracima)”

Questo pare sia stato il grido di battaglia dei moti contadini della valle padana nella seconda metà dell’Ottocento

  06/04/2020

Di Redazione

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A trent'anni dalla proclamazione del Regno d'Italia, la massa dei lavoratori non poteva che esprimere delle legittime aspirazioni, la più radicale delle quali è proprio quella dei diritti. Le lotte di quella seconda metà del XIX secolo mostravano la piena consapevolezza del fatto che si stava dando vita ad uno strumento di crescita civile delle masse e di diffusione, in vista di concreti approdi emancipativi, delle idee che erano state alla base di quelle lotte del 1882-85.
Dieci anni più tardi, nel 1893, sotto  la  presidenza  di Giuseppe Garibotti, fu inaugurata la  Camera  del  lavoro  di  Cremona. All'assemblea fondativa si  riuniscono i  rappresentanti della  Società  Generale  di  Mutuo  soccorso,  della  Società  femminile,  della  Società  lavoranti  prestinai,  della  Società  tipografica,  della  Società  muratori, dell'Unione  mutua  istruttiva,  della  Cooperativa  tipografica, della Lega Contadini, della Cooperativa Ghiaiaioli, della Società lavoranti parrucchieri,  della Cooperativa  Carrettieri e della  Società  edificatrice  operaia che  ne approvano lo Statuto.
Le condizioni dei braccianti erano tra le più difficili, ma la  prima  azione  di  massa  guidata  dalla  Camera  del  lavoro  fu  lo  sciopero  delle filatrici. E, benché la retribuzione di queste “schiave bianche” – come le definiva la stampa operaia di allora – era sufficiente per garantire la fame e non  la  vita,  lo sciopero  non aveva  la  ragione  immediata  in  una  vera  rivendicazione  salariale  (chiedevano  un  centesimo  di  aumento  all'ora!),  ma  nella richiesta di un'ora di lavoro in meno. L'orario di lavoro delle filatrici era di 13 ore piene in estate e 12 in inverno, le mondatrici lavoravano 14 ore al giorno  (con  le  mani nell'acqua  bollente). Chiedevano,  inoltre,  l'abolizione  delle  multe  e  dei  castighi  previsti  dai  regolamenti  di  fabbrica  per  il  minimo  errore tecnico.

In quel quadriennio, dai primi moti fino agli scioperi che si svilupparono maggiormente nel mantovano, i contadini vennero organizzati in due Associazioni: la Società di mutuo soccorso tra i contadini della provincia di Mantova che operava principalmente nel circondario di Mantova e nel Basso mantovano fino all'Oltrepò e l'Associazione generale dei lavoratori italiani che operava principalmente nei territori al confine con il Cremonese. Entrambe le associazioni furono formalmente fondate nel 1884. Lo sciopero durò parecchi mesi causando la reazione governativa. Nel marzo 1885 lo sciopero venne soffocato dall'intervento dell'esercito e circa 160 persone vennero arrestate, delle quali 22 furono rinviate a giudizio. Il Collegio di difesa era composto dall'avv. Giuseppe Ceneri, dall'avv. Ettore Sacchi (di cui proprio oggi L'Eco ne ricorda il 96° anniversario della sua morte a firma di Sergio Ravelli) Radicale cremonese già deputato e futuro ministro e dal giovane avv. Enrico Ferri, già noto giurista mantovano. La giuria popolare della Corte d'Assise di Venezia, con sentenza del 27 marzo 1886, assolse i ventidue imputati.

Di li a poco, nel 1889 vi fu la fondazione de L'Eco del Popolo per mano di Leonida Bissolati.

Ringraziamo per il suo contributo, il Presidente del consiglio comunale, Avv. Paolo Carletti, il quale ci ha gentilmente inoltrato la sua tesi di laurea (che alleghiamo), dedicata proprio a quel periodo storico pregno di avvenimenti e di cambiamenti che portarono, se non ad un esatto allineamento in materia di diritti e conquiste sociali delle masse operaie e contadine italiane con quelle dei paesi più avanzati d'Europa, quantomeno ad un loro riavvicinamento. Senza dimenticare, poi, che da quegli stessi moti di rivendicazione dei lavoratori e dalla loro presa di “coscienza di classe” nacque il “Partito Operaio Italiano” di ispirazione socialista (1882) che confluì nel “Partito dei Lavoratori Italiani” (1892) fino ad assumere la denominazione definitiva di “Partito Socialista Italiano”.

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