Gentilissimo Direttore,
un anno fa, in seguito all'emergenza sanitaria, a Crema vennero in nostro soccorso medici ed infermieri cubani, i quali, nonostante i rischi che correvano e lontani dalle loro famiglie e dalla loro patria, lottarono contro il Covid insieme a noi operatori sanitari fianco a fianco, come fratelli. Oggi vengo a sapere che l'Italia ha votato si all'embargo contro Cuba. Per me questo è motivo di disappunto, rammarico ed amarezza. Chiedo che lo Stato Italiano possa rivedere la propria posizione in merito.
Ti invio in allegato il discorso di saluto ai nostri amici fratelli cubani, prima che partissero.
Cari Saluti
Dott. Gigliotti Alberto
ASST Crema
gigliottialberto@tiscali.it
Abbiamo ricevuto dal dott. Alberto Gigliotti, apprezzato medico di Crema operante, come molti altri suoi colleghi, nelle prime linee del contrasto alla tragedia biblica che da un anno tiene in scacco l'intera umanità e l'umanità che ci è più vicina per territorio.
Abbiamo ricevuto una riflessione, rivolta alla decisione del Governo italiano di associarsi all'embargo decretato contro la Repubblica di Cuba.
Una riflessione, opinabile e legittima; che trae presumibilmente spunto dal memoir dell'esperienza maturata un anno fa nella Comunità di Crema, soccorsa da una provvidenziale Brigada inviata da Cuba.
Del valore operativo e sanitario di questo intervento non c'è altro da aggiungere a quanto comunicato in corso d'opera e successivamente allo svolgimento dell'azione umanitaria.
A dimostrazione della nostra condizione di un anno fa (da canna del gas) purtroppo, mutatis mutandis, non molto migliorata ricevemmo aiuti, oltre che dall'occidentale ed attrezzatissima Samaritain's Purse, anche da paesi, diciamo meno abbienti, come appunto Cuba ed Albania. Pareggiare i conti tra il loro impulso solidale e le dinamiche della politica estera sarebbe azzardato. Ma immagino il rammarico degli italiani che sono stati a contatto col beneficio ricevuto in un momento drammatico.
E dei Cremaschi, come operatori sanitari, volontari, amministratori locali, semplici cittadini, che hanno cooperato con la Brigada (al cui invio, per essere franchi, da parte del governo cubano, non era, come comprensibile e giusto, estraneo un intento promozionale) e che ne hanno potuto valutate la dedizione professionale e l'afflato solidaristico.
In situazioni siffatte è normale, anzi auspicabile e fecondo che si stabiliscano relazionalità straordinarie, destinate a cementarsi nel tempo.
Relazionalità, magari riflesse nel microcosmo dell'esperienza, ma giustificate. E, soprattutto, rinvigorite dalle percezioni del momento magico e dalle consapevolezze di aver operato per una giusta causa. E aver incardinato rapporti umani destinati a durare tutta una vita.
Di ciò sono dimostrazione le immagini inviate dal dott. Gigliotti che rivelano fedelmente il sentiment di quegli eventi.
Pareggiare i conti tra il loro impulso solidale e le dinamiche della politica estera sarebbe azzardato. Ma comprendo il rammarico degli italiani che sono stati a contatto col beneficio ricevuto in un momento drammatico. Io, però, mi dichiaro sul piano storico: tra Kennedy e Guevara-Castro non ho mai avuto dubbi. Ma i popoli sono altra cosa dalla realpolitik degli establishments.
Sarebbe auspicabile, per quella visione di cooperazione e di tolleranza che abbiamo sul terreno delle relazioni internazionali, che le ragion di stato inclinassero sempre più verso il comune sentire popolare.