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L'EcoRassegna della stampa correlata - "Una ritrosia Letta e riletta…"

Di Mauro Del Bue

  12/06/2021

Di Redazione

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Una ritrosia Letta e riletta…

Mauro Del Bue 10 giugno 2021 L'EDITORIALE 

 

Parlo di quella che si manifesta nelle parole del leader del Pd Letta a fronte dei rilievi critici sull'atteggiamento della sinistra post catto-comunista a proposito dei crimini commessi da famiglie musulmane contro le donne, che possono sfociare anche in orrendi delitti, come avvenuto nella mia Novellara, nei confronti della pakistana Saman. 

Letta rifiuta “le strumentalizzazioni” a proposito dell'ennesimo delitto avanzate da chi rimprovera la sinistra di non avere ancora maturato una coscienza critica sufficiente. Vale per la verità per la sinistra, per le femministe, per tutti coloro che giustamente protestano con cortei, manifestazioni, sit in, contro ogni forma di violenza che si determina nelle famiglie italiane. Letta, a proposito del delitto della diciottenne che aveva rifiutato le nozze combinate, parla di “femminicidio”. Altri, dello stesso fronte, continuano a paragonarlo agli atti cruenti consumati da sentimenti di gelosia, da interessi pecuniari, da follia, perpetrati nel nostro Paese. E questo non solo è sbagliato, ma è anche improduttivo ai fini di frenare nuovi atti tribali ispirati a credenze religiose. È sbagliato perché si tratta, dai casi di Brescia, quello sfociato nell'omicidio di Hiina nel 2006, uccisa solo perché si vestiva all'occidentale e quello, tentato, di Jamila, segregata in casa e salvata dall'intervento della Questura e dei mediatori sociali nel 2016, da quello di  Pordenone, l'omicidio di Saana, solo perché fidanzata con un italiano nel 2009, a quello commesso in provincia di Modena, a Novi, e cioè l'assassinio della madre di una giovane, condannata a morte dal padre con una pietra nel 2010,  a quello del 2012, il caso di un'indiana incinta di tre mesi e ammazzata dal marito solo perché indossava i jeans, a quello perpetrato nel 2013 (un cugino viene chiamato dalla famiglia perché violenti la figlia solo colpevole di vivere all'occidentale) fino a quello che risale al 2014 (un marito fa strage della moglie e dei figli solo perché lei non voleva portare il velo), di episodi tenuti insieme dalle stesse ragioni e dagli stessi abominevoli ideali. Tutti questi dati sono riportati da Panorama, 4 marzo 2015. E questo fino agli ulteriori atti barbarici consumati sulle figlie (Il Corriere della sera dell'8 giugno scorso parla di ben 65 di loro sfregiate sempre per gli stessi motivi). E che dire del rapporto con la scuola, visto che è documentata l'impossibilità di continuare gli studi dopo l'obbligo per molte di loro su imposizione del padre. Ma la specificità della situazione di famiglie di religione islamica che impongono un rito purificatorio delittuoso di stampo arcaico deve essere ben collegata alla più generale condizione della donna, alla quale non viene riconosciuto alcun diritto di parità con l'uomo, forse riprendendo la Sura IV, versetto 34, An-Nisà (Le Donne) che recita: “Gli uomini sono preposti alle donne, a causa della preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre”. Si tratta di un problema che merita dunque di essere considerato e trattato nella sua essenza e non confuso e paragonato a quello di altre violenze. E bene ha fatto Della Vedova, leader di Più Europa, a pretendere la costituzione di una Commissione per i diritti civili, come più volte richiesto all'Italia dall'Europa. Per di più se non comprendiamo la necessità di studiare profondamente l'origine di questa cultura violenta e sopraffattrice non riusciremo a combatterla. Certo coi mezzi della repressione e della vigilanza, ma anche con un'opera. A sfondo culturale. Per farlo dobbiamo però essere convinti che i valori di fondo della società liberale, usciti dalla Rivoluzione francese e difesi a prezzo della vita col Risorgimento e la Resistenza, sono i migliori. E che dunque vanno salvaguardati e fatti trionfare contro quelli teocratici, autoritari, intimidatori e repressivi di altre culture. E, soprattutto che l'integrazione non è un obiettivo che si raggiunge con un impossibile compromesso tra libertà e integralismo, tra parità tra uomo e donna e sopraffazione dell'uno sull'altra. Chiunque viene da noi deve accettare non solo le nostre leggi ma anche il nostro modo di vivere. La sinistra post cattocomunista recalcitra, con l'eccezione del governatore Stefano Bonaccini. Si intimidisce e s'impappina. Ha paura di scivolare nel razzismo o di ammettere, come scriveva Leibniz, di vivere “nel migliore dei mondi possibili”. Non sarà il nostro mondo il migliore in assoluto ma migliore (anche se certo non privo di deragliamenti e di eccezioni) di quello che si esprime con la violenza e la sopraffazione dei diritti umani, con gli omicidi in famiglia, con l'imposizione assoluta di una religione e con la pretesa di velare le donne, assolutamente sì.

Deriviamo la licenza di estrapolare paro paro l'editoriale del Direttore dell'Avantionline, Mauro del Bue (che, in realtà, riprendiamo spesso, non per pirateria bensì in omaggio e coerenza con l'auspicio di far rete nella testimonianza della sopravviveza dell'editoria di cultura socialista) se non altro dal postino Ruotolo (le poesie non sono di chi le scrive ma di chi le usa). 

Questo editoriale, dedicato ad una quanto mai riflessione indotta dalla vicenda della povera Saman Abbas, interroga tanto le coscienze civili quanto le consapevolezze politiche (soprattutto, del campo della sinistra). 

Lo scritto di Del Bue è assolutamente condivisibile. Anzi sarebbe capiente per una recrudescenza della già severa critica al PD. A modesto avviso, la costruzione del progetto liblab dovrebbe mettere in conto l'incorporazione di una presa di distanza dalla sindrome di Stoccolma degli stereotipi del politacally correct. Di una sinistra, che non trova il bandolo della matassa per un progetto e sponsorizza, appunto, gli stereotipi. Capaci di scaldare forse solo i cuori dei testimonials. Sono socialista, ateo, laico, tollerante e aperto alle "culture ". Ma, almeno a casa mia (tale ritengo l'allocation Italia) desidererei non contribuire ad alibi e complicità, derivanti da eccessi di "comprensione". Le derivazioni tribali di "culture" incivili e violente, intollerabili anche se consumate a distanza, costituiscono non un deterrente, bensì una condicio sine qua non. Le prerogative e i diritti derivanti dalla tolleranza e dalla libertà dei costumi non possono fornire un alibi per consumare sotto i nostri cieli le aberrazioni della notte dei tempi. Su ciò la mia interpretazione del liberalsocialismo non ammette sconti. Condivido gli "stimoli", come quelli insiti nell'editoriale, al ritracciamento di una linea suicida. Che, fin qui, sul piano dei consensi d'opinione e dei voti, ha rappresentato una mano santa per le fortune dei movimenti sovranisti. Saranno mica tutti razzisti quei 40% di italiani che postulano accoglienze sostenibili, programmate, coerenti con un'integrazione feconda e congrue alla preservazione del nostro vivere civile. Derivazione delle acquisizioni illuministiche. 

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